Giuseppe Allievo

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Giuseppe Allievo (1830 – 1913), filosofo e pedagogista italiano.

Saggi filosofici[modifica]

  • [...] si domanda: l'unione della mente nostra colla realtà, del soggetto coll'oggetto è dessa una verace e fedele rappresentazione delle cose conosciute o non piuttosto una mera apparenza, un sogno, un'illusione destituita di realtà? Gli oggetti, che noi crediamo conoscere, son dessi in sé veracemente tali quali noi li pensiamo e li giudichiamo, o non sono punto conformi alle idee che noi ce ne siamo formati giusta il tenore delle leggi della nostra intelligenza? In altri termini la natura assoluta o noumenica delle cose è dessa conforme od affatto discorde dalla loro natura relativa e fenomenica?
    Problema gravissimo e pauroso quant'altro mai è questo, che qui si agita intorno alla veracità e realtà oggettiva delle umane cognizioni; questione terribile di vita e di morte per l'umano pensiero, perché da essa pendono le sorti della scienza tutta, e la stessa vita pratica muta d'intendimento, di valore, di pregio a seconda della soluzione che altri dà al proposto problema. Poiché se l' uomo dopo tante fatiche e tanti sforzi per rintracciare il vero, fosse da un'inflessibile logica condotto a sentenziare che la verità reale ed oggettiva è un vano desiderio, anzi un tormento della nostra mente; che tutto il nostro sapere non è che illusione e vuoto fantasma, che noi non conosciamo che le apparenze, non già le realità quali esistono in natura; oh! in allora bisognerebbe pur dire, che la nostra esistenza è una maledizione, e lo spirito (osserva il Jacobi) dovrebbe aver paura del pensiero siccome della più orribile di tutte le cose. (Questioni di logica e gnoseologia, pp. 31-32)
  • Cartesio e Kant cercarono entrambi nella coscienza la prima verità immediata, da cui pigli le mosse la scienza. Ma qual è poi il fatto primitivo della coscienza, e quindi la verità che si presenta la prima di ogni altra nell'ordine logico dello sviluppo del pensiero umano? Pel filosofo francese [Cartesio] il primo atto posto dall'anima nostra è un ragionamento entimematico[1], mercé cui lo spirito umano apprende sé stesso come esistenza pensante: io penso, dunque sono. Per il critico di Koënisberg [Kant] il pensiero primordiale da cui iniziasi la cognizione è un giudizio. Federico Krause sostiene in contrario, che il fatto primitivo della coscienza, il punctum saliens del sapere è la nozione del me umano pura, semplice, indeterminatissima: in sua sentenza, il soggetto nostro prima di determinare sé stesso col mezzo di un giudizio o di un ragionamento, prima di affermare di sé la tale o talaltra proprietà particolare, afferma ed intuisce in modo confuso tutto sé stesso senza né escludere né designare veruno de' suoi attributi, od atti, o modi di essere; ed in questa indeterminala intuizione, che noi abbiamo della nostra essenza una ed intiera al di sopra di ogni distinzione, risiede a suo avviso il punto da cui ha da muover la scienza. Così Krause si avvisava di aver innovata e compiuta la teoria di Cartesio e di Kant su questo momentoso[2] argomento. (Saggi di logica critica, pp. 148-149)
  • Quanto poi al panteismo, [...] Krause si tenne sicuro di averlo scansato col pronunciare che Dio è personalità ed intelligenza infinita, che egli non è né lo spirito, né la natura, né l'umanità in particolare, ma la loro unità superiore e quindi distinta, l'essenza eminente, in cui sono contenute le essenze finite non come parti integrali di un tutto, ma come i colori si contengono nella luce che permane distinta da essi. L'universo tutto è in Dio, ma non è Dio: l'essenza divina è l'identità di essenza di tutte le cose mondiali, ma non è né ciascuna di esse in particolare né il loro aggregato: epperò questa immanenza od inesistenza di tutte cose in Dio non è, agli occhi di Krause, panteismo, ma teismo, o meglio pan-en-teismo (tutto in Dio). (Saggi di logica critica, pp. 150-151)
  • Afferrare il movimento speculativo di Kant, di Fichte, di Schelling e di Hegel per dominarlo e ravviarlo incentrandolo sopra un nuovo principio, fu questo il lodevole ed ardito tentativo di Krause. Ma il tentativo fu duramente contrastato: le menti germaniche quasi invasate dallo spirito dominatore del secolo non vedevan più nulla al di là del puro idealismo; esse giravano con moto necessario dentro all'orbita fatale del trascendentalismo, e mal sentivano il richiamo di un nuovo centro speculativo, che tentava spostare quei quattro soli del mondo germanico. Federico Krause moriva un anno dopo di Hegel; ma il suo sistema rivive tuttora nella scuola da lui fondata. (Saggi di logica critica, pp. 150-151)
  • Mentre le scienze tutte vanno dalla mano de' loro cultori ricevendo uno sviluppamento sempre più ampio e più felice, mentre il cielo, la terra, gli animali, le piante e perfino i metalli vantano ciascuno una compiuta scienza peculiare, l'educazione, quest'organo cosi poderoso di civiltà, trova per ora a mala pena un cantuccio nell'ampiezza dell'enciclopedico edificio. (Saggi di antropologia e di pedagogica, p. 252)
  • Interrogate Secrétan che cosa egli pensi del suo Assoluto nel primo suo momento di indeterminazione, o di libertà; e vi risponderà che è tutto ed è niente, perché come libertà è ancor nulla; essa potrebbe non realizzarsi; che è reale, cioè determinato perché esiste, e nel medesimo tempo non è reale, perché egli è indeterminato, non essendo altro che libertà; che infine esso non è essenzialmente Dio, essendo essenzialmente libero, cioè indeterminato; tantoché Dio non è personale di sua natura, né diventa persona se non nell'atto medesimo della creazione. È questo un linguaggio ontologico che starebbe a meraviglia in bocca di Hegel allorché discorre del suo Assoluto indeterminato, in cui l'essere ed il nulla si identificano insieme, e che induce in altri il sospetto e la tentazione di credere che il Dio di Secrétan altro non sia che l'Idea di Hegel vestita alla cristiana. (Saggi di filosofia critica, p. 341)

Note[modifica]

  1. Cfr. voce su Wikipedia.
  2. Importante.

Bibliografia[modifica]

  • Giuseppe Allievo, Saggi filosofici, Tipografia di Gareffi Francesco, Milano, 1866.

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