I sette peccati capitali (film 1952)

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I sette peccati capitali

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

Paolo Stoppa ed Eduardo De Filippo in Avarizia ed ira

Titolo originale

Les Sept Péchés capitaux

Lingua originale francese e italiano
Paese Francia, Italia
Anno 1952
Genere commedia
Regia Eduardo De Filippo, Roberto Rossellini, Yves Allégret, Claude Autant-Lara, Jean Dréville, Georges Lacombe, Carlo Rim
Soggetto Barbey d'Aurevilly, Léo Joannon, Jules Amédée, Hervé Bazin
Sceneggiatura Eduardo De Filippo, Charles Spaak, Carlo Rim, Jean Aurence, Pierre Bost, Diego Fabbri, Roberto Rossellini, Liana Ferri, Turi Vasile
Produttore Turi Vasile
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani


I sette peccati capitali, film italo-francese del 1952, regia di Eduardo De Filippo, Roberto Rossellini ed altri.

Incipit[modifica]

Una buona azione, signore e signori, liberatevi dai vostri peccati! Sono tutti là, a farvi le boccacce! Che cosa aspettate? Avanti, signori! Cinque franchi a palla! Che cos'è il peccato, signore e signori? La peggiore di tutte le cose! Un pazzo ha detto che per gustare il piacere bisogna avere dei vizi. Ah, il piacere, la migliore delle cose! Sì, ma poi c'è il rimorso, che è la peggiore! (L'imbonitore)

Frasi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Egregio signore, è un'epoca dura per gli artisti, piena di materialismo. Nessuno s'interessa più al clarinetto. Ed è un errore. Ha visto, quello che se n'è andato è l'unico mio allievo. È un peccato. Pensi che una suonata di clarinetto può sostituire un pasto. Può calmare i dolori più gravi. (Eduardo)
  • La superbia: peccato dei grandi, virtù dei poveri. (L'imbonitore)
  • [La gola] Qualcuno vuol sostenere che sia un peccato un po' in ribasso a causa dei tanti cibi in scatola. (L'imbonitore)
  • Essi non sapevano che chi aveva battuto alla loro porta era la piccola Chantal. Non immaginavano quel che si agitava nella coscienza ancora turbata della bambina. Travolti com'erano dalla lussuria avevano dimenticato che i nostri figli ci guardano e molto spesso ci giudicano. E guai a noi se i nostri atti avranno macchiato la loro innocenza. (Voce fuori campo)
  • Camilla, vieni qui, cara. Tu non hai ancora capito che cos'è il gatto. Il culto del gatto viene dall'Oriente, così come la luce. I faraoni lo adoravano come un dio. È Mu, Mao, Miao. Il maschio era il simbolo della libertà, la femmina dell'amore. (Orfeo)

Voci correlate[modifica]

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