Idelfonso Nieri
Aspetto
Idelfonso Nieri (1853 – 1920), filologo italiano.
I caratteri
[modifica]- Indole diverse delle donne e degli uomini che si accapigliano – Io mangio maccheroni quando mi riesce imbattermi in una baruffa di donne. Ci ho un gusto matto quando vedo due donne che si accapigliano e si sbefanano, e s'acciuffano per i capelli e si sgramignano la faccia e si strappano i vestiti addosso e coll'unghie e a sannotti si sfregiano per il viso; e si rilevan le fedi di battesimo in mezzo alla strada. Perché le donne son fatte così, se nulla nulla arrivano a dirsi una mezza parola, subito cominciano a scoprirsi gli altari e mettono all'aria il presente e il passato. (p. 19)
- Le mamme – Le mamme vanno in brodo di giuggiole quando possono raccontare i gesti de' loro bimbi; e come si smammolano a ridirli tutti, e li contano come vere prodezze, se han passato una mezza notte senza piangere, e se han mangiato la pappina tutta in una volta, e se hanno fatto una risatina, e tutte le altre gran valentie de' figlioletti quando son piccini, e ci si perdono d'intorno. (pp. 25-26)
- Uomo prudente – Io ho occhi e non vedo, orecchi e non sento, bocca e non parlo: quello che la gente fa e quello che la gente dice per me è ben detto e ben fatto. Giro il mondo, sono per le strade di mezza notte e di mezzo giorno, e ho bisogno d'essere in pace con tutti; e è tanti e poi tanti anni che faccio questa vita e non ho mai avuto un mezzo affronto da nessuno. Da tutte le parti che vado, da per tutto mi vedon volentieri e mi voglion bene che non si dà. (p. 29)
- Uomo chiuso – È furbacchione quello lì, e nel su' libro non ci si legge; quando non crede bene di aprir bocca o per il luogo o per la gente, sta abbottonato e non ci ricavi una sillaba; ma quando può o crede di potere, che è fra quelli che vuol lui, allora sgorgia e si sbottona anco le mutande. E che lingua, bimbi miei! Guai a chi gli capita sotto! Lo trincia come la ricisa. (p. 37)
- Donna paurosa d'ammalarsi – La zia di Gigino uu! se la vedesse! Quella sarà vero, resta nel mondo. Come si riguarda! Se si deve mutare la camicia, o se deve mutare le lenzuola al letto, le stende al sole e ce le tiene una giornata per paura che abbiano a essere umide. Quando va nell'orto anche per isvelgere una cipolla si mette la puntina in capo e una al collo!... (p. 38)
Scritti linguistici
[modifica]- Quando leggo gli ammirabili Fioretti di San Francesco, mi affliggo e mi sento rodere dall'invidia a vedere come con tutto il nostro sforzo non siamo capaci di arrivare al modello di quell'ignoto traduttore. Dicono: «È la fede!» No, non è la fede! La fede è di tutti i tempi e di tutti i luoghi: è la qualità delle parole che dà tanta efficacia al pensiero e tanta, come dicono, unzione agli affetti. La fede, ripeto, è propria di tutti i tempi, ché in tutti i tempi tutte le religioni, non che la nostra, hanno avuto veri e profondi credenti, ma se avranno a mano strumenti sfasciati e scordati gli stessi Paganini e Sgambati non ne usciranno a onore. La buona lingua dunque non viene più spontaneamente alla penna e alla bocca, vinta e umiliata dal miscuglio di quell'altra, da cui siamo circumsonati, per usare un verbo ovidiano, da tutte le parti specialmente da quelle da cui meno si converrebbe: dal Governo e dalle Scuole. (cap. VI, p. 284)
- Nel Times di Londra di due o tre anni fa ci era un notevole articolo in cui l'autore si lamentava dei troppi forestierismi e barbarismi che gli scrittori usavano a rifascio senza nessuna necessità imbastardendo così la lingua dello Shakespeare e del Milton. Questo in parte è un effetto necessario del mondo moderno che sempre più si mescola e confonde senza riparo; in parte è un vizio ingenito a certa gente: ricchi, nobili, altolocati di non voler aver nulla a comune col volgo:Gente che incoccia maledettamenteE infatti i più di costoro in che si distinguerebbero dal volgo se non portassero sempre i guanti e non dicessero maman quando il popolo dice mamma e gilet mentre il popolo dice panciotto? (cap. VI, p. 285)
d'esser di carne come tutti siamo;
e vorrebbe per babbo un altro Adamo.
- Conosco un Ugo, sangue purissimo lucchese, lucchese nella parlata, lucchese nell'anima, che scrive il suo nome Hugo, e non darebbe quell'H esotico per tutto l'oro del Potosì! gli parrebbe di non esser più nulla! Come certi pianfortisti o violinisti dal lungo zazzerone spiovente sulle spalle e dai nomi con tre o quattro x e y; guai a levare quegli x e y, guai a tagliargli que' capelli! quel volgaccio degli uditori non crederebbe più nemmeno che sapessero che due crome valgono una semiminima. (cap. VI, p. 286)
Bibliografia
[modifica]- Idelfonso Nieri, I caratteri, a cura di Giuseppe Lisi, Neri Pozza Editore, Venezia, 1953.
- Idelfonso Nieri, Scritti linguistici, a cura di Amos Parducci, Società Editrice Internazionale, Torino, 1944.
Altri progetti
[modifica]Wikipedia contiene una voce riguardante Idelfonso Nieri
Wikisource contiene una pagina dedicata a Idelfonso Nieri
Commons contiene immagini o altri file su Idelfonso Nieri