L'armata Brancaleone

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L'armata Brancaleone

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

Vittorio Gassman (Brancaleone) e Gianluigi Crescenzi (Taccone)

Titolo originale

L'armata Brancaleone

Lingua originale italiano e latino
Paese Italia
Anno 1966
Genere Commedia
Regia Mario Monicelli
Sceneggiatura Age e Scarpelli, Mario Monicelli
Produttore Mario Cecchi Gori
Interpreti e personaggi

L'armata Brancaleone, film italiano del 1966 di Mario Monicelli con Vittorio Gassman, Gian Maria Volontè, Enrico Maria Salerno.

Frasi[modifica]

  • Poco tengo, poco dongo. (Abacuc)
  • Aquilante della malasorte! (Brancaleone)
  • Aquilante, malo caballo! (Brancaleone)
  • Brancaleone da Norcia non fece mai a mezzo con nessuno! (Brancaleone)
  • Pa(v)ato! (Teofilatto) [parando un colpo nel duello contro Brancaleone]
  • Dammiti, prendimi, prendimi e dammiti! Cuccurucù! (Vedova) [a Brancaleone]
  • Prendimi e dammiti! Godiamo e pecchiamo! (Brancaleone) [alla Vedova]
  • Seguimo Aquilante; lui conosce la via della fuga! (Brancaleone)
  • Mordivoi sifonai, nun v'avessi visto mai! (Abacuc) [nei momenti di pericolo]
  • Sarai mondo se monderai lo mondo! (Zenone)
  • Longo lo cammino ma grande la meta. Vade retro Satàn. Vade retro Satàn. Vade retro Satàn. Contro il saracino seguiamo il profeta. Vade retro Satàn. Vade retro Satàn. Vade retro Satàn. Sanza armatura, sanza paura, sanza calzari, sanza denari, sanza la brocca, sanza pagnocca, sanza la mappa, sanza la pappa... (Pellegrini) [al seguito del Monaco Zenone in cammino verso la Terra Santa]
  • Transitate lo cavalcone in fila longobarda![1] (Zenone)
  • Abbiate fede nello cavalcone! Isso è forte! (Zenone) [per mostrare che non c'è pericolo di crollo, salta sopra un precario ponte, ma il ponte crolla e Zenone sparisce nel precipizio]
  • Ove vai, buon padre? (Brancaleone) [guardando precipitare il monaco Zenone dal ponte]
  • Oh, gioveni! Quando vi dico "sequitemi miei pugnaci", dovete sequire et pugnare! Poche fotte! Se no qui stiamo a prenderci per le natiche. (Brancaleone)
  • Lo patre mio, barone di Norcia, morette quando io era in età di anni nove. Mia madre riandette a nozze con uno malvagio, lo quale avido dei beni miei mi consegnò ad uno sgherro, homo di facile pugnale, acché mi uccidesse. Ma non lo facette: preso di rimorsi mi abbandonò in uno bosco, ov'io sopravvissi, solo, e crebbi libero e forte come una lonza. Arrivato all'età degli anni venti mi appresentai allo castello per reclamare il mio, ma infrattanto matre et patrigno si erano morti dopo aversi scialacquato cose et ogni bene. Tanto che quando io dissi: "Brancaleone sono, unico legittimo erede di ogni cosa che avvi", lo capitan de' birri gridò: "Bene, e tu pagherai li debiti! Afferratelo!". Al che io brandii l'arma, ferii due guardie e fuggii... [malinconico] da allora vado errando e pugnando... (Brancaleone) [a Matelda]
  • Non mi portare da Guccione, non lo voglio. Te voglio. Sono tua pecorella. Brancami, leone. (Matelda) [a Brancaleone]
  • A tuo ammaestramento. Sai tu qual sia, in questa nera valle, la risultanza e il premio d'ogni sacrifizio umano? Calci nel deretano! D'ora in poi verrò nomato lo cavaliere amaro! O almeno credo! (Brancaleone) [a Taccone]
  • Amici, fradèi [fratelli], soldati! Una cosa sola 'emo a facere [dobbiamo fare]: scapùma! (Mangoldo)
  • All'erta, miei prodi! Vi siete finora coperti di merda! Copritevi oggi di gloria! (Brancaleone) [poco prima di cadere nella fossa preparata per i nemici Saraceni]
  • Ahò! Io [quelli] manco li cognosco, eh! (Fabbro) [ai Saraceni che guardano la trappola in cui Brancaleone e i suoi sono caduti]
  • Glorioso cavaliere, sanza lo tuo valore or non sarebbe quivi a ringraziarti et salutarti con tutte le sue genti Brancaleone da Norcia, patrone e signore di Aurocastro, sue vigne et suoi armenti. Concedimi dolce signore la permissione di ospitarti per lo manducare et per lo bevere allo mio castello. (Brancaleone) [al misterioso cavaliere che lo ha salvato dai Saraceni e che si rivela poi essere colui al quale è stata sottratta la concessione imperiale su Aurocastro]
  • Bene, miei duri, bando agli scoramenti. Fora i petti, dritte l'armi, alte le insegne, baldanza! (Brancaleone)
  • Prudenzia: queste son lande scanosciute e salvatiche. Due arditi in avanscoperta (Brancaleone)

Dialoghi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Brancaleone si rivolge ad Abacuc, Mangoldo, Pecoro e Taccone, dopo che costoro gli hanno avanzato la proposta del feudo di Aurocastro]
    Brancaleone: Voi sapete chi io sia?
    Pecoro: None.
    Brancaleone: Avrete sentuto, suppongo, lo nome di Groppone da Ficulle.
    Mangold: Mai coverto.
    Brancaleone: [evidentemente contrariato] Groppone da Ficulle fue lo più grande capitan di Tuscia. E io son colui che con un sol colpo d'ascia lo tagliò in due. Lo mio nome – stare attenti! – lo mio nome est Brancaleone da Norcia! Ulrico, signore di queste terre, fa offerta allo vincitore di questo torneo della nomina a Gran Capitano d'Arme, nonché della mano di sua figlia Lucrezia. Fate conto che Brancaleone da Norcia have già in pugno la nomina et lo ricco matrimonio, quindi sgombrate, omeni da poco, voi e lo vostro misero feudo pugliese!
  • [Brancaleone si rivolge all'armata]
    Brancaleone: L'homo allo mio servizio non teme né piova né sole né foco né vento!
    Mangold: Lo qvale servizio? Semo tutti allo pari!
    Brancaleone: Silenzio! Io vi sono duce! E però [perciò] mi dovete obbedienza e dedizione. Lo nostro cammino sarà cosparso di sudore, lacrime et sanguine. Siete voi pronti a tanto? Respondete a una voce. [Brusio] Siete voi pronti a morire pugnando? Noi marceremo per giorni, settimane et mesi, ma infine averemo castella, ricchezze et bianche femmine dalle grandi puppe. Taccone: 'nnalza le insegne!
    Taccone: No le tengo!
    Brancaleone: Bene! E tu levale in alto! E voi, bifolchi, ponetevi all'ombra di esse, escite dalla fanga, che io farò di voi cinque un'armata...
    Abacuc: Duce, semo quattro.
    Brancaleone: Be' io farò di voi quattro!, un'armata veloce et ardita che sia veltro e lione al tempo istesso! Avanti verso Aurocastro, nel core di Puglia! Avanti miei gagliardi! In marcia! [finalmente dopo diversi colpi di sprone Aquilante si muove, ma nella direzione sbagliata] Seguite!
    Abacuc: Ma dove va quello là?
    Pecoro [dopo aver richiamato l'attenzione di Brancaleone con un sonoro fischio]: De qua!
  • Teofilatto: Cedete lo passo.
    Brancaleone: Cedete lo passo tu!
    Teofilatto: No, è a te cedere, io son cavaliere...
    Brancaleone: Et io che sono? Le hai viste le schiere mie? O non hai occhi?
    Teofilatto: Ne ho almeno quanto tu hai la lingua.
    Brancaleone: Allora è lo cervello che ti ammanca!
    Teofilatto: Mah, forse, ma non lo core... a piedi o a cavallo?
    Brancaleone: No no, caballo no!
  • Brancaleone: Ascia?
    Teofilatto: Eh?
    Brancaleone: No, dico... ascia?!
  • [Brancaleone e Teofilatto dopo aver terminato il duello parlano tra loro con il fiatone]
    Brancaleone: Ah... la milza!
    Teofilatto: No... ivi... ci sta lo fegato.
    Brancaleone: Sì?... Spesso mi dole.
    Teofilatto: Bollitura di cetrosella... cicoria... zolfone, malva, finocchio tutto insieme... bere a digiuno.
    Brancaleone: Bon rimedio?
    Teofilatto: Eeh!... ti ribolle dentro come sciacquare una botte... poi per lo dietro ti esce uno gran foco... e sei guarito|[2]
  • Mangold: Lo bizantino capa dura ci segvìta ancora.
    Brancaleone: Non li prestate bada.
  • Brancaleone: Ehi, una cittade.
    Pecoro: E che pò esse?
    Brancaleone: È certamente San Cimone... o Bagnarolo... o anco Panzanatico... o altro loco che io non saprei.
  • Vedova: No! Su quello letto no!
    Brancaleone: Lo perché? Dammiti prendimi cuccurucù!
    Vedova: No! Vi morì lo meo marito.
    Brancaleone: Ulla, quando?
    Vedova: Iere.
    Brancaleone: Iere? Di che malanno?
    Vedova: Come di che malanno? Dello gran morbo che tutti ci piglia, la peste.
    Brancaleone: Aaaaahhh! Viaviaviaviaviaviavia! Aita aiiitaaaaaa! [Brancaleone getta a terra la vedova e corre via urlando]
  • [I membri dell'armata si disperano perché entrati in una città appestata. Lì vicino Teofilatto, non entrato nella città, li fissa con sguardo tra lo spensierato ed il divertito. Brancaleone lo nota]
    Brancaleone: È lo vero. Tu non entrasti nella cittade.
    Teofilatto: Non mi voleste...
    Brancaleone: Tu sapevi della peste, e non ce lo dicesti!
    [Brancaleone gli si avvicina, ma Teofilatto lo tiene a distanza con una lancia]
    Teofilatto: Pussa là! Stammi lontano o ti trapasso!
    Brancaleone: Ah verme di Bisanzio! Noi impestati e tu a riderne?
    Teofilatto: Eeeh eheh eh...
    Brancaleone: Impesto anco te!
    [Tutta l'armata si avventa su Teofilatto che gridando cerca di fuggire]
    Brancaleone: Pugnamolooo! Afferratelo! Sputazzatelo! Dategli le bave del gran contagio! Lo morbo!
  • [L'armata si è unita ai pellegrini del monaco Zenone; Brancaleone parla con alcuni di questi]
    Brancaleone: Ma tu come mai sei qua?
    Pellegrino: Io tengo gotta e renella. Lo buon monaco Zenone mi ha assicurato la salute. Andemo a Taranto, dove se radunano armate, navi e poi andemo a Gerusalemme a pugnare contro gli Africani, sacranon!
    Brancaleone: Giusta, pugnaremo, spalla a spalla, contra i Neri in Terrasanta! E voi miei buoni, che tenete, eh? Tu avesti lo braccio monco, in quale battaglia? A Batilonta? O a Sutri, contra gli Svevi?
    Monco: A casa sua, indove isso mi trovò abbracciato con la mogliera sua e mi mozzò lo braccio! [indica un penitente a fianco di Brancaleone che trasporta un macigno sulle spalle; inoltre Teofilatto aggiunge al suo già grave peso il proprio bagaglio]
    Brancaleone: Be'...
    Penitente: Dopo lo sconcio, pentiti e amichi, lasciammo la maiala e partummo ambodue con lo monaco Zenone per le Terre Sante!
    Brancaleone: Comprendo.
    Penitente: Ora io porto questo pietrone per maggior penitenza.
    Brancaleone: Bene, tutti a pugnare, tutti alle Terre Sante! E tu, mio buono, perché sei con noi? [abbracciandolo]
    Barbaro: Isso è lebbroso!
    [Brancaleone subito si scosta, disgustato e spaventato, e tenta di pulirsi]
  • [Il monaco Zenone è precipitato da un ponte sospeso: Brancaleone e l'armata discutono sul da farsi]
    Abacuc: E adesso?
    Mangold: Tornemo inditro, no?
    Taccone: E la peste?
    Teofilatto: Mondi semo, lo monaco lo disse. Isso è sparuto... chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto!
    Taccone: Che ve lo siete scordato lo voto? In Terrasanta dovemo ire. Dio lo vole!
    Brancaleone: Pace, pace! [indicando Teofilatto] Isso tiene ragione. Isso. Semo sciolti dallo voto. [indicando il buco tra le assi del ponte] E se de ogni fatto dovemmo trarre la sua significatione, issa è questa: Dio non lo vole. Deus non vult, est clarum!
    Teofilatto: No no no, non lo vuole, non lo vuole...
    Brancaleone: Ergo, riprendemo la marcia! Avante verso Auroca...
    Teofilatto: Shhh... eh, ehm... non lo nomare lo loco, o li avremo ai calcagni.
    Brancaleone: ... sì, vero è... Bene, ommeni, sciolti eh, sciolti...
  • Penitente: Addo' ite?
    Brancaleone: Ahh... così.. sanza meta...
    Penitente: Venimo?
    Brancaleone: No, no.. ite anco voi sanza meta, ma de un'altra parte...
  • [Matelda sulle rive di un fiume, nuda, bacia Brancaleone: questi però si ridesta accorgendosi che gli altri dell'armata li stanno fissando e copre la ragazza con il suo mantello]
    Brancaleone: Che fate! Manigoldi ribaldi, guatate?!
    Taccone: Perché, 'n se po' guata'?
    Brancaleone: No!
    Mangold: Io guato!
    Brancaleone: No, tu non guati!
    Teofilatto: No no, noi guatiamo. Da poiché a causa della pulzella non si può andare ad Aurocastro, almeno che ella ci sollazzi. Anzi, levati che mi pari!
  • [Brancaleone, chiuso in una gabbia, pensa a Matelda]
    Brancaleone: Perché infangarmi così? Non fui io ad abusar di lei.
    Teofilatto: Male facisti: quando la femmina ti si offre è periglioso rifiutarla, ella di poi si vendica.
    Brancaleone: Ma io non potea ghermirla. Ella era per me pura e ignara come una colomba, e tengo per certo che ella cedette inconsapevole ai turpi raggiri di uno ribaldo che se mi cade intra le mani giuro allo Iddio che io...!
    Teofilatto: Ma che ribaldo, egli fece quello che tu dovevi fare se fossi stato maggiore conoscitore di femmine.
    Brancaleone: Io avea giurato di mantenerla pura. Brancaleone da Norcia non farà mai torto a una vergine!
    Teofilatto: Sì, vergine... Baldracca vorrai dire!
    Brancaleone: Come osi, verm...! [Brancaleone fa per alzarsi ma sbatte la testa contro la sbarre, ma subito si riprende e rincorre Teofillato reggendo la gabbia] ...verme di Bisanzio! Menzognere! Bocca venefica e cinico spregiatore! Ora ti colgo io sai! Aspetta che ti afferro, fetido calzare! [Brancaleone perde l'equilibrio e cade rotolando giù per la china dentro la gabbia]
  • Abacuc: Cristianucci, cristianucci! Facemo modo di giugnere presto alla rocca! Vecchio sono e tutto acciaccato (coff! coff!) e bisognoso, di buono dormire, buono mangiare, buono bevere e niente facere.
    Fabbro: Ma i dov'è che iate?
    Mangold: A Bengodi, cojon mio.
    Taccone: Semo li felici sordati di nobile cavaliere, di magnanimo duce e splendido eroe. Vienci anco tu!
    Fabbro: E quanno arriva? Quanno?
    Abacuc: Chi?
    Fabbro: Lo nobile cavaliere, lo duce, lo splendido eroe!
    Abacuc: [indicando Brancaleone ingabbiato] Ma isso è!
  • [Brancaleone ed i suoi sono al cospetto della corte di Bisanzio, aspettando il padre di Teofilatto. Brancaleone è meravigliato di come essi si mostrano, immobili come statue e lo sguardo fisso, come fossero estrapolati da un'icona bizantina]
    Brancaleone: Quali impreviste sembianze... chi sono?
    Teofilatto: L'ultimi duchi di Bisanzio, sangue prezioso e malato mischiato a sé stesso; membra febbrili, fiacche alla spada, ma ratte al pugnale, dedite a ogni amplesso. Gente meglio da perdere che trovarla.
    Abacuc: E quello scanno voto [scranno vuoto]?
    Teofilatto: Ah, è riservato al padre mio, questa è l'ora della sua preghiera. Aspettiamo isso.
  • Brancaleone: Quella pallida ma appetibile chi è?
    Teofilatto: Mia sorella.
    Brancaleone: No, intendo quella a latere con la faccia di baldracca.
    Teofilatto: Mia matre.
  • Teofilatto: Che ne diresti di mia zia Teodora? Fece morire lo suo sposo di pugnale avvelenato tra spasimi d'inferno...
    Brancaleone: Verga!
    Teofilatto: Per compiacere allo suo amante.
    Brancaleone: Lo quale?
    Teofilatto: Quello col bacile. Isso si chiama Cippa.
    Brancaleone: Verga!
  • [Brancaleone recupera a mani nude un bracciale dal fondo di un bacile ricolmo di vino bollente]
    Teodora: Non temi lo dolore, mi piaci.
    Brancaleone: [cercando di rimanere impassibile al dolore] Non havvi di che!
  • [Teofilatto a Brancaleone parlando di sua zia Teodora, notoriamente godereccia]
    Teofilatto: E vanci, è grande amatora.
    Brancaleone: Ma Cippa non se ne dole?
    Teofilatto: E sì che se ne dole, ma a te che te ne cale?
    Brancaleone: A me? Niente!
    Teofilatto: E allora...
  • [Il padre di Teofilatto raggiunge lo scranno; Abacuc si presenta ed inizia le trattative]
    Abacuc: Zeffirino Abacuc, Mastro di Finanze del signor Brancaleone, che lo figlio tuo Teofilatto fece prigione in combattimento. Dice l'Antico: "Grande valore, grande prezzo". E grande è lo valore dello figlio tuo, ma per l'omaggio dovuto a te, tenero cuore di padre, chiedaremo piccolo prezzo, tremila...
    Duca dei Leonzi: Tremila cosa?!
    Abacuc: Petecchioni d'oro, no?
    Duca dei Leonzi: No!
    Abacuc: No? E che vvoi, lassarci tuo figlio prigioniero? Sottoposto a fatica e bastonate? Una sorte ben dura, core di patre! Facciamo duemila, va'!
    Duca dei Leonzi: No! Portatevelo e bastonatelo a vostro piacimento, che sarà anche lo mio!
    Teofilatto: [sottovoce] È ita male...
    Duca dei Leonzi: Vergogna del nome nostro, pecora nera! Ladro e fannullone! Isso è figlio bastardo che io ebbi controvoglia da una serba della gleba! Né un soldo d'oro, né di stagno, questo è lo suo prezzo!
    Abacuc: Va bene, ma sempre figlio tuo rimane! Facemo mille petecchioni, e contenti li sapienti e li minchioni!
    Duca dei Leonzi: E voi, suoi complici spregevoli, al terzo suono dovete essere fuori da qui, o sarete trafitti a punta di veleno!
    [Al rintocco del gong gli arcieri bizantini tengono sotto tiro il gruppo]
    Abacuc: Le punte avvelenate! Guarda, guarda! Mordevoi sifonai, nun v'avessi visto mai!
    Teofilatto: [sbrigativo] Andemo.
    Abacuc: Spigni la cassa ché nun la lasso!
  • [Gli abitanti di Aurocastro lasciano Brancaleone ed i suoi fuori delle mura, per "stangare li carnefici". Teofilatto vede in lontanaza una nave dalle vele nere]
    Teofilatto: I Pirati Saracini!
    Brancaleone: Ecco lo perché di quella scritta sopra la cartapecora: "Lo nero periglio che vien dallo mare"! Sun li Pirati Saracini, che dallo mare vegnono ogni anno a manobassa facere!
  • [Appesi col didietro penzolante sui pali aguzzi]
    Brancaleone: Sempre viveste da foemine, cercate lo meno di morire da omeni.
    Teofilatto: E lo chiami morire da ommeni questo?
  • [Brancaleone e gli altri membri dell'armata mentre aspettano il rogo legati al palo]
    Fabbro: Bella fine!
    Brancaleone: Non è per la fine che fo doglianza, ma per lo principio. Io fui tratto in inganno da quella pergamena.
    Taccone: È lo vero. Fu colpa nostra, se stemo qui. Perdonaci Brancaleone.
    Brancaleone: A che vale ora recriminare, fratelli? Amiamo e perdoniamo nell'ora del trapasso.
    L'armata in coro: Amiamo e perdoniamo.
    Teofilatto: Ascolta Brancaleone: anco io ti feci grave torto, e voglio confessare.
    Brancaleone: Sparambia lo fiato fratello. Nulla mi tange omai. Amiamo e perdoniamo nell'ora del trapasso.
    L'armata in coro: Amiamo e perdoniamo.
    Teofilatto: Ascolta. Io chiedo il tuo perdono. Fui io ad abusare di Matelda.
    Brancaleone: Ah! Traditore infamato! Homo di frode! Fango! Schifezza di Bisanzio! Vien qui che t'azzanno! Maladetto!

Note[modifica]

  1. Da osservare l'invenzione linguistica della fila longobarda che sostituisce la comune fila indiana, espressione che sarebbe risultata assolutamente anacronistica.
  2. Il dialogo è una chiara citazione dell'analoga scena tra Totò e Aldo Fabrizi nel film del 1951 Guardie e ladri diretto da Mario Monicelli e Steno.

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