Mario Gozzini
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Mario Gozzini (1920 – 1999), scrittore, politico e giornalista italiano.
La giustizia in galera?
[modifica]- [...] come concepire la pena, come ordinare il carcere? Pura retribuzione, o vendetta, della comunità lesa nel suo diritto di sicurezza e di tranquillità, oppure anche tentativo di promuovere e di favorire la liberazione del condannato dalla scelta delinquenziale? Se non ci si abbandona a un istinto sommario ma si vuole riflettere secondo razionalità, bisogna riconoscere che la seconda alternativa, per quanto complessa e difficile, difende meglio, più a fondo, l'interesse collettivo. Il pianeta carcere con i suoi abitanti non può essere considerato qualcosa di siderale, di «totalmente altro» da noi che ne stiamo fuori. È una parte della società che, a causa dei suoi comportamenti antisociali, dei reati commessi violando le leggi, sconta la pena inflitta al termine di un processo non solo legittimo ma doveroso, inderogabile. Dunque la società libera non può lavarsene le mani come se non la riguardasse, deve, al contrario, farsene carico. [...] non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose (la prevenzione, di cui tanto si parla, non è delegabile interamente agli organi di polizia, è compito di tutti [...]). (cap. 1, 2: p. 6)
- Della cultura diffusa di cui si è accennato fa parte integrante la convinzione che i delinquenti nascano tali, con uno stigma nel Dna, e deliquenti moriranno. [...] Conseguenza ineccepibile: una volta cacciati in galera, gettate la chiave, altro che tentare di «rieducarli». [...] danno fastidio le garanzie legali per l'imputato prima, lungo il processo, per il condannato alla reclusione poi, in esecuzione della pena inflitta dai giudici. Conclusione coerente, le invocazioni ricorrenti alla pena di morte. (cap. 2, 5: p. 33)
- [...] sono più che mai convinto [...] dell'interesse generale di incentivare i delatori [...] Non meno opportuno sarebbe, a mio avviso, che non si facessero mai i nomi dei collaboratori fino al momento in cui devono comparire in dibattimento per testimoniare. Sicuro, mi pare, d'altronde, che i soldi per la protezione loro, e delle famiglie (anche allargate), sono spesi bene, non solo perché attenuano il rischio delle intimidazioni e delle vendette ma perché servono a far capire ai criminali, ancora latitanti o in galera, che lo Stato fa sul serio, che nelle sue istituzioni non si cede più a patti scellerati. Quanto poi all'uso processuale dei collaboratori è altra, e complessa questione [...] Diremo soltanto che coloro i quali intentano e sviluppano polemiche astiose contro i magistrati appaiono fortemente sospetti di collusioni criminali, donde il personale interesse privato a delegittimare procure e tribunali [...]. (pp. 48-49)
Bibliografia
[modifica]- Mario Gozzini, La giustizia in galera? Una storia italiana, Editori Riuniti, Roma, 1997.
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