Andrea G. Pinketts

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Andrea G. Pinketts

Andrea G. Pinketts (1960 – 2018), scrittore italiano.

Citazioni di Andrea G. Pinketts[modifica]

  • L'amore, nella vita, è il raro momento in cui ci si incontra attendendo qualcun altro.[1]
  • La stessa differenza che intercorre tra un mandante e un esecutore. Mandare è elegante, sia che si mandi un mazzo di fiori, sia che si mandi affanculo qualcuno. Il gesto è leggero, etereo, perché privo dell'abbruttimento inevitabile presente nella fisicità. L'intenzione si fa parola e la parola, sì, diverrà gesto, ma gesto altrui, di quello che porta i fiori, di quello che va a fare in culo. L'esecutore, diciamolo, è più volgare. Il fattorino del fiorista che porta le rose imprecherà toccandone le spine. Il tipo mandato a fare in culo si scontrerà con l'ingombrante opulenza del deretano.[2]
  • Domanda: "Cosa c'è fuori dal bar?". Risposta: "Fuori dal bar c'è fuori dal bar". Non ci sono più bottiglie allineate sotto la specchiera. C'è il disordine e, se ti vuoi specchiare, devi farlo in una vetrina di un negozio. Le auto vanno chissà dove. Rallentano come belve domate da un semaforo... poi ripartono. I bambini escono dalle scuole dove li aspettano le mamme e i maniaci. Tra qualche anno li aspetteranno le fidanzate e gli spacciatori di droga. Meglio così. È bello avere qualcuno che ti aspetta. Fuori del bar c'è il resto del mondo con la sua colonna sonora di clacson e di "stronzo, io venivo da destra". Fuori dal bar sei più basso. Nel bar eri più alto del juke-box, fuori sei più basso del grattacielo di fronte. Fuori dal bar ci sono i mendicanti sciolti sugli angoli come pupù di cani dopo la pioggia. Fuori del bar c'è il sole o la luna, a seconda di a che ora esci dal bar, a testimoniarti che il tempo è passato mentre tu finivi la birra, e che diventerai vecchio, vecchio, coi capelli bianchi come la schiuma della birra che hai bevuto per non pensarci. Fuori dal bar ci sono i cani randagi, quelli che vorrebbero avere un collare e al momento, purtroppo, hanno solo le pulci. Fuori dal bar ci sono gli ubriachi: quelli che sono stati buttati fuori dal bar. Fuori dal bar c'è un deserto pieno di gente. Meglio stare nel bar.[1]

Fuggevole Turchese[modifica]

  • Dio non paga mai, va a scrocco. Aspetta solo che qualcuno gli offra da bere, o comunque, gli faccia delle offerte. Bel parassita, Dio.
  • Non c'è niente che galoppi come la fantasia di un cowboy
  • Del resto sono i gesti immotivati quelli per cui si cercano mille motivazioni.
  • Io ignoro la modestia. È troppo modesta per essere presa in considerazione.
  • Mi sento come un equilibrista su una moneta che non cade né a testa né a croce. Gesù Cristo ci ha giocato una sola volta ed è uscita croce.

Ho fatto giardino[modifica]

  • Qualcuno si chiede perché esistano nell'economia di una storia personaggi che appaiono e scompaiono come fossero stelle cadenti. Allora vi voglio confermare il fatto che nella vita ogni persona diventa prima o poi un personaggio che si rimuove da solo. Si rimuore da solo. Si muore da soli. Nonostante tanti amici.
  • Pasqua è una grandissima rottura di uova.
  • Nonostante il detto: " Natale con i cowboy... (per via del bue e l'asinello)... e "Pasqua con chi vuoi", non va esattamente sempre così. Se a Pasqua ti ritrovi con una fidanzata petulante e decidi di farti un viaggio esotico, di quelli che a Pasqua fanno solo gli imbecilli, sei costretto a portartela dietro. Così non è più "Pasqua con chi vuoi", ma Pasqua con chi devi.
  • Le donne, per quel che mi riguarda, si dividono in quattro categorie: quelle che ci sono state, quelle che ci stanno, quelle che ci staranno. E quelle brutte.
  • Non desiderare la donna d'altri. Prenditela!
  • Il culturismo fa malissimo, come la cultura del resto. In un caso o nell'altro ci si sente temporaneamente onnipotenti in via di miglioramento.

Incipit de Il dente del pregiudizio[modifica]

Non ricordo chi ha detto che gli occhi sono lo specchio dell'anima. Non certo un dentista.[3]

Il senso della frase[modifica]

Incipit[modifica]

Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il "senso della frase". Il senso della frase è Privilegio poiché, se lo possiedi, permette a una tua bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata. Nel caso poi, una volta tanto, tu ti decida a dire la verità, quella vera, quella che puzza perché non si lava con gli eufemismi, quella brutta perché non si ritocca né si abbellisce con la chirurgia estetica del ricordo, nel caso tu dica la verità, la verità pelosa, la verità arrapata, se possiedi il senso della frase la verità avrà l'aspetto un po' puttanesco eppure di classe di una bella menzogna.
Il senso della frase è il sesso della frase, il suono della frase, il significato della frase. Il senso della frase battezza la frase, la estremizza e anche se la degrada col turpiloquio, la promuove comunque rendendola, alla fin fine, definitiva. Il senso della frase è il punto di arrivo del concetto espresso quando la frase è ancora nell'utero. È il punto di non ritorno. Un "punto e basta". Un punto esclamativo ma, soprattutto, 666 punti esclamativi.
Diabolico senso della frase, io ti possiedo e ti amo. Fiato alle trombe di Eustachio, rimbombino le tube di Fallopio. Così è e così è stato.
Non so se si nasca con il senso della frase. Di sicuro ci si muore.

Citazioni[modifica]

  • Strano uomo, Pogo. Un vago alcolismo e certe fissazioni lo facevano apparire a un osservatore superficiale, come uno strambo trentenne, signore e padrone del proprio taxi e della propria vita. Un caratterista. Una macchietta di Rorschach.
    Poi improvvisamente, nel corso di una conversazione casuale, ciò che era sembrato pittoresco, folcloristico, diventava inquietante, e Pogo, da qualche misterioso recesso da qualche sacca di conoscenze acquisite forse in qualche sua precedente vita, confondeva Arquà Petrarca, nei Colli Euganei, con Arqa Tagh nella catena del Kum Lun in cui si trova l'Ulugh Muz Tag coi suoi 7.723 metri d'altezza. I suoi interlocutori sbigottivano: che Pogo conoscesse tutti i nomi delle strade di Milano, era giustificato dal provvisorio ruolo di taxista, ma che Pogo annoverasse tra le informazioni in suo possesso, insospettabili, dettagliatissime notizie sulle catene montuose della Cina occidentale, sui grandi mammiferi, sulla lavorazione del vetro, sui crostacei decapodi bracuri, e su Randit Singh, il leone del Punjab, colorava il mistero di mistero.
    Pogo era antico. Forse c'era sempre stato. E poteva essere pericoloso come una creatura abissale di Lovecraft. Il cliente di Pogo gli chiedeva: "Mi potrebbe portare a Premadio. È una frazione di…" si sentiva immediatamente rispondere: "Del comune di Valdidentro. Dove c'è la centrale idroelettrica che ha, se non sbaglio, una potenza di 144 megawatt".
    "È sorprendente. Come fa a saperlo?"
    "Saranno cazzacci miei. Babbo di minchia." (p. 47)
  • C'è un gioco sottile nel risveglio. Una fase in cui la morte ti corteggia, lusingandoti, per protrarre il sonno e convincerti a non svegliarti mai più. La morte ha la prima mano. Ti presenta caleidoscopicamente ciò che ti attende non appena avrai aperto gli occhi. Di che sudare freddo in un letto caldo. Poi, ti fa una controproposta: ti invita a tenere gli occhi chiusi, come se tu fossi il testimone di un imminente delitto mafioso. Quindi, gioca la carta del torpore: un asso pigliatutto che si porta via i tuoi progetti per il passato, ramazza l'angoscia di un presente onnipresente come Dio, ti assicura che nel futuro, per tua fortuna, non ci sarai.

Il vizio dell'agnello[modifica]

Incipit[modifica]

Il cadavere leggeva il giornale del giorno prima alla pagina degli spettacoli. Gli occhi aperti, sbarrati, erano appiccicati al foglio asciutto sull'erba bagnata.
Guardandolo dalla strada asfaltata, si sarebbe detto un corpo sdraiato con il volto affondato nel foglio di un giornale. Non stava leggendo, naturalmente, visto che era morto. Né prendeva il sole, né aspettava l'improbabile sole delle sette e trenta del mattino. Ma soprattutto non stava leggendo, a meno che, chi può dirlo, l'anima, prima di abbandonare il corpo ormai inservibile per andarsene chissà dove, non si fosse trattenuta un altro po', giusto per vedere, per pura curiosità, cosa davano al cinema Odeon e cosa pensava un noto critico televisivo, un po' civettuolo, di un recente special tivù sulla reincarnazione.

Citazioni[modifica]

  • Il giorno dopo è sempre così. Il giorno dopo qualsiasi cosa. Un anno bisestile, una passione non corrisposta, una sbornia di liquore dolce. Non riesci ad abituarti all'idea di essere già al giorno dopo. Ti ritrovi nel tuo primo pomeriggio del tuo primo di gennaio a metà novembre e ti accorgi di essere stonato, perché fuori tempo. Per gli altri è un giorno come un altro. Per te, è un giorno come te. Sei in ritardo. Non sei ancora uscito da ieri ed è già domani, anche se gli altri lo chiamano oggi.
  • Nei cimiteri, per quanti fiori ci siano, non è mai primavera.
  • Cos'è il rimorso? La paura della responsabilità di ciò che hai fatto o le manette a un attimo vissuto perché vivo? Il rimorso è una tomba su cui piangere lacrime di coccodrillo.

Explicit[modifica]

La comunicazione si interruppe. Nell'attesa che Caroli pescasse un altro gettone, mi rincuorai sul futuro degli eroi immaturi. Forse, quella sera, al telegiornale, la verità su Angiolotta Lavarini non sarebbe emersa. E a me sarebbero rimaste solo una polpetta ammuffita e una foto di Fabrizio.
Ma noi avevamo Vanni. Un giorno Vanni sarebbe diventato una stella televisiva, ci avrebbe portato tutti davanti a una telecamera. Pogo, Caroli, Fabrissi e io. Qualcuno di noi ci sarebbe andato con entusiasmo, qualcun altro controvoglia, ma avremmo finito con l'ambientarci e un giorno, inaspettatamente, ospiti dello show di Vanni, o con Vanni ospite al nostro show, avremmo, di straforo, raccontato tutto e fatto giustizia.
Un giorno... Domani...

L'assenza dell'assenzio[modifica]

  • Il dolore è sordo, il dolore è muto. Il dolore è sordomuto. Sordo perché ascolta solo se stesso, muto perché non ci sono parole che possano parlarne.
  • La noia. La noia andrebbe calpestata con scarpe con la para. Diventerebbe paranoia, una malattia mentale meno pericolosa.
  • Una casa senza libri è come una pornostar senza vagina.
  • In Molise, violente bufere avevano costretto la Polstrada a consigliare l'uso di catene per raggiungere i comuni di Capracotta e Pescopennataro. E chi voleva raggiungerli? Gli abitanti cercavano di andarsene da una vita. (p. 266)

L'ultimo dei neuroni[modifica]

  • Alice si innamorò così, come scoppiava a ridere o a piangere. Scoppiò ad amare.
  • No. Begonia non era una ninfomane. Cercava semplicemente un pezzo di lego che combaciasse con la sua anima, passando per la vagina.
  • Per Dirk, del saloon di Laigueglia, che è stato il Penultimo dei Neuroni e mi ha lasciato, oltre a un'immortale amicizia, una grossa responsabilità il cui nome indiano è traducibile in: "Gatta da pelare".

Lazzaro, vieni fuori[modifica]

Incipit[modifica]

Per molto sono andato a letto tardi.
La differenza tra me e Proust.[4]

Citazioni[modifica]

  • La maturità è un'invenzione dell'uomo che non può ammettere di non essere migliorato.
  • Mai attaccare bottone con una sarta: conosce il trucco.
  • Il passato è bello perché è passato, prima era bello perché era presente. Se cercate di far diventare presente il vostro passato, come minimo sbagliate la coniugazione dei verbi.
  • L'uscita, qualsiasi uscita, è il momento più importante della vita di un uomo. Puoi sempre riscattare una cattiva entrata con una buona permanenza, puoi sfondare la porta del prossimo e costruirgliene una blindata, puoi iniziare con lo schiaffeggiare una donna e se sai rallentare la mano puoi improvvisare una carezza. Ma l'uscita è la cosa più definitiva di te. Non la puoi rimediare neanche con un ritorno.
  • Mia madre era costantemente preoccupata per me; ciò la tranquillizzava. Quando non era preoccupata, cominciava a preoccuparsi. La missione delle madri non è la procreazione, quanto la preoccupazione. Anche le amebe partoriscono, ma, per quanto ne so, se ne fregano.
  • Intendiamoci, niente di cui vergognarmi, ma la vergogna ha una metratura squisitamente personale.

Nonostante Clizia[modifica]

  • Diffidare esclude il conforto di una bugia – regalo. Le bugie sono sempre regali. Le verità si pagano.
  • Non c'è niente di peggio che tentare di rimediare una gaffe (oddio, qualcosa c'è. Gli snuff movie, per esempio).

Note[modifica]

  1. a b Da Spara pure, è un papero, in Sangue di yogurt.
  2. Da Il conto dell'ultima cena.
  3. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  4. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Andrea G. Pinketts, Fuggevole Turchese, Mondadori, 2001.
  • Andrea G. Pinketts, Ho fatto giardino, Mondadori, 2006.
  • Andrea G. Pinketts, Il conto dell'ultima cena, Mondadori, 1998.
  • Andrea G. Pinketts, Il senso della frase, Feltrinelli, 1995.
  • Andrea G. Pinketts, Il vizio dell'agnello, Feltrinelli, 1994.
  • Andrea G. Pinketts, L'assenza dell'assenzio, Mondadori, 1999.
  • Andrea G. Pinketts, L'ultimo dei neuroni, Mondadori, 2005.
  • Andrea G. Pinketts, Lazzaro, vieni fuori, Feltrinelli, 1992.
  • Andrea G. Pinketts, Nonostante Clizia, Mondadori, 2003.
  • Andrea G. Pinketts, Sangue di yogurt, Mondadori, 2002.

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]