Andrea H. Japp

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Andrea H. Japp, pseudonimo di Lionelle Nugon-Baudon (1957 — vivente), traduttrice e scrittrice francese. Come traduttrice ha anche usato lo pseudonimo di Hélène Narbonne.

Incipit di alcune opere[modifica]

Fattori di morte[modifica]

Randolph, Massachusetts, 3 settembre

Charles J. Seaman represse per la centesima volta in quel giorno, in quella settimana — in quei sei giorni, per essere più esatti — l'impulso sempre più forte di mandare tutto al diavolo, di battere i pugni sul piano di noce della sua sontuosa scrivania da dirigente. Gli sarebbe piaciuto fracassarsi le falangi, fratturarsi tutte le ossa delle mani, fino a ridurle due moncherini, in modo da soffrire per qualcosa di reale, definito, descrivibile. Si trattenne, ricacciando i singhiozzi che gli serravano la gola e gli facevano sussultare il diaframma.

Finché il male non vi separi[modifica]

Svolgere il tempo. Forzarlo a divenire una retta, perché dal passato derivava il presente, sarebbe nato il futuro.
Gli interrogativi che fino a quel momento avevano guidato la sua vita sfumavano, si dissolvevano. Una nuova consapevolezza le permetteva di agire: la ribellione. Basta con gli incidenti, le coincidenze, il destino. Solo una volontà contava: la sua. Julia Holmer, alias Helen Taylor-Caedon si era sempre orientata con le parole, l'etimologia, la filosofia: incidente, dal latino accidens, «ciò che accade». Un termine che non contiene nessuna nozione di dramma, di catastrofe. Solo un accadimento, come una piccola casualità, né buona, né cattiva.

I numeri del buio[modifica]

James Irwin Cagney posò delicatamente il fascicolo con la copertina giallo pallido, allineando in modo pignolo il bordo con l'angolo destro del piano di plexiglas fumé della scrivania.
Posò lo sguardo sulla grossa boccia di vetro dentro cui erano annegate delle rotelline di orologio e che gli serviva da fermacarte, e sui pesciolini che nuotavano pigramente sullo schermo del suo computer, ripromettendosi di chiedere a Morris di cambiare l'immagine sul salvaschermo, eliminando quei pesciolini che l'avevano ormai stancato. Quella con le ellissi concentriche che si allungavano come elastici e poi si ritiravano di colpo non era molto meglio; quelle figure richiamavano alla sua mente certi strumenti di tortura usati una volta dai servizi segreti per far parlare gli agenti nemici catturati, o delle catene cromosomiche aberranti. Chissà, forse era meglio lasciare semplicemente lo schermo nero, immobile, come un terzo occhio capace di animarsi, ma solo quando fosse assolutamente necessario.

Il seduttore[modifica]

Julia Holmer provò a scuotersi di dosso il sonno, quel coperchio di oblio sintetico che costruiva ogni sera con l'aiuto di compresse lunghe e sottili, simili a grani di riso.
Si rigirò nella cuccetta con un mugolio, mentre senza che lo volesse le sue dita stringevano il lenzuolo inzuppato di sudore e saliva. Ma i grani di riso rilasciavano nel suo sangue molecole così potenti da sottrarle la forza di controllare la mente.

Bibliografia[modifica]

  • Andrea H. Japp, Fattori di morte, traduzione di Giuseppe Settanni, Mondadori, 2001.
  • Andrea H. Japp, Finché il male non vi separi, traduzione di Paola Lanterna, Piemme, 2007. ISBN 9788838433344
  • Andrea H. Japp, I numeri del buio, traduzione di Giuseppe Settanni, Mondadori, 2000.
  • Andrea H. Japp, Il seduttore, traduzione di Paola Lanterna, Piemme, 2006. ISBN 883848581X

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