Charles Baudelaire

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Charles Baudelaire

Charles Pierre Baudelaire (1821 – 1867), poeta francese.

Citazioni di Charles Baudelaire[modifica]

  • De Maistre ed Edgar Poe mi hanno insegnato a ragionare.[1]
  • I Cinesi leggono l'ora nell'occhio dei gatti. [...] Io, se mi chino verso la bella Felina [...] vedo sempre distintamente l'ora in fondo ai suoi occhi adorabili: sempre la stessa ora, un'ora vasta, solenne, grande come lo spazio, senza divisioni di minuti né di secondi – un'ora immobile che non è segnata sugli orologi, ma che è lieve come un sospiro, rapida come un'occhiata.
    E se qualche importuno venisse a disturbarmi mentre il mio occhio riposa su quel delizioso quadrante, se [...] venisse a dirmi: "Che cosa guardi lì, con tanta attenzione? Che cosa cerchi negli occhi di quell'essere? Ci vedi forse l'ora, o mortale prodigo e infingardo?", risponderei senza esitare: "Sì, ci vedo l'ora, che è l'Eternità!".[2]
  • Il male viene fatto senza sforzo, naturalmente, è l'opera del fato; il bene è sempre il prodotto di un'arte.
Le mal se fait sans effort, naturellement, par fatalité; le bien est toujours le produit d'un art.[3]
  • Il romanticismo non consiste precisamente né nella scelta del soggetto né nell'esatta verità, ma nel modo di sentire.[4]
  • La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un'armonia generale, non solo nel gesto e nell'armonia delle membra, ma anche nelle mussole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffe in cui si avvolge, che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità; nel metallo e nel minerale che le serpeggiano intorno alle braccia e al collo, aggiungendo le loro scintille al fuoco dei suoi sguardi, o tintinnando dolci alle sue orecchie. Quale poeta mai, nel ritrarre il piacere prodotto dall'apparizione di una bellezza, oserebbe disgiungere la donna dal suo abito? E qual è poi l'uomo che per la strada, a teatro, al parco, non abbia goduto, nella forma più disinteressata, di una toeletta sapientemente composta, e non ne abbia attinto un'immagine inseparabile dalla bellezza di colei a cui apparteneva, così facendo delle due entità, della donna e della veste, un tutto indivisibile?[5]
  • La malinconia, sempre inseparabile dal sentimento del bello.[6][7]
  • [Victor Hugo] Quando si pensa a cos'era la poesia francese prima della sua comparsa, e quale ringiovanimento essa abbia avuto dopo di lui, quando si ponga mente un poco a quello che sarebbe stata senza la sua venuta; quanti sentimenti misteriosi e profondi che sono stati espressi sarebbero rimasti muti... Nessun artista è più adatto a mettersi in contatto con le forze della vita universale, più disposto a prendere incessantemente un bagno di natura.[8]
  • Quanto alle poesie lunghe, so bene che cosa bisogni pensarne; sono la risorsa di chi non sa scriverne di brevi.[9]
  • Tra le differenti espressioni dell'arte plastica, l'acquaforte è quella che si avvicina di più all'espressione letteraria, è quella fatta meglio per tradire l'uomo spontaneo. Dunque, viva l'acquaforte![10]
  • Una sera, nelle bottiglie, cantava l'anima del vino.[11][12]

Diari intimi[modifica]

  • La stupidità è spesso ornamento della bellezza; è la stupidità quella che dà agli occhi la limpidezza opaca degli stagni nerastri, la calma oleosa dei mari tropicali. (1942)

Il mio cuore messo a nudo[modifica]

  • Il Dandy deve aspirare ad essere sublime senza interruzione; deve vivere e dormire davanti a uno specchio. (III, 5)
  • Si possono fondare imperi gloriosi sul delitto, e nobili religioni sull'impostura. (VII, 11)
  • Nella mia infanzia, e ancora oggi, ho trovato sempre che quel che c'è di più bello in un teatro è il lampadario – un bell'oggetto luminoso, cristallino, complicato, circolare e simmetrico. (X, 17)
  • Bisogna lavorare, se non per amore, almeno per disperazione, perché, tutto ben considerato, lavorare è meno noioso che divertirsi. (X, 18)
  • Tre esseri soltanto sono rispettabili:
    Il prete, il guerriero, il poeta. Sapere, uccidere e creare. (XIII, 22)
  • I dittatori sono i servi del popolo, - niente di più, - una fottuta parte, del resto, - e la gloria è il risultato dell'adattamento di un individuo alla stoltezza nazionale. (XXV, 44)
  • Cos'è l'amore?
    Il bisogno di uscire da se stessi.
    L'uomo è un animale adoratore.
    Adorare significa sacrificarsi e prostituirsi.
    Perciò ogni amore è prostituzione. (XXV, 45)
  • Diffidiamo del popolo, del buon senso, del cuore, dell'ispirazione, e dell'evidenza. (XXVI, 47)
  • Nell'amore come in quasi tutte le vicende umane, la cordiale intesa è il risultato di un malinteso. E questo malinteso è il piacere. L'uomo grida: «O, angelo mio!». La donna tuba: «Mamma! Mamma!». E questi due imbecilli sono convinti di pensare in pieno accordo. – L'abisso insuperabile, che causa l'incomunicabilità, resta insuperato. (XXX, 54)
  • Quest'orrore della solitudine, il bisogno di dimenticare il proprio io in una carne estranea, è ciò che l'uomo chiama nobilmente bisogno di amare. (XXXVI, 64)
  • Più l'uomo coltiva le arti, meno tira.
    Si produce un divorzio sempre più sensibile fra lo spirito e il bruto.
    Solo il bruto tira bene, e Fottere è il lirismo del popolo. (XXIX, 70)
  • Fottere è aspirare a entrare in un altro, e l'artista non esce mai da se stesso. (XXIX, 70)
  • Per il commerciante la stessa onestà è una speculazione di lucro. (XLI, 74)
  • Il mondo procede soltanto per mezzo del Malinteso
    – È per mezzo del Malinteso universale che tutti si mettono d'accordo.
    – Perché se, sfortunatamente, ci si comprendesse, non ci si potrebbe mai mettere d'accordo. (XLII, 76)
  • Mi sono sempre stupito che si permettesse alle donne di entrare nelle chiese. Che conversazione possono mai avere con Dio?[12]
  • Vi sono in ogni uomo, in ogni ora, due postulazioni simultanee, una verso Dio, l'altra verso Satana.[7]

Razzi[modifica]

  • Anche se Dio non esistesse, la Religione sarebbe ancora Santa e Divina. (I, 1)
  • Dio è il solo essere che, per regnare, non ha nemmeno bisogno di esistere. (I, 1)
  • Tutto ciò che è creato dallo spirito è più vivo della materia. (I, 1)
  • L’amore è il gusto della prostituzione. Non v’è piacere nobile che non possa essere ricondotto alla Prostituzione [...] L'amore può derivare da un sentimento generoso: il gusto della prostituzione; ma viene presto corrotto dal gusto della proprietà. (I, 1)
  • Il trono e l'altare, massima rivoluzionaria. (II, 2)
  • Credo di avere già scritto nelle mie note che l'amore somiglia molto a una tortura o a un'operazione chirurgica. Ma questa idea può essere sviluppata nella maniera più amara. Anche nel caso che due amanti siano molto presi l'uno dell'altro, e abbiano forti desideri reciproci, uno dei due sarà sempre più calmo o meno infatuato dell'altro. Costui o costei, è il chirurgo, o il carnefice; l'altro è il suddito, la vittima. (III, 3)
  • La voluttà unica e suprema dell'amore sta nella certezza di fare il male. – E l'uomo e la donna sanno dalla nascita che è nel male che si trova ogni voluttà. (III, 3)
  • Jean-Jacques diceva che entrava in un caffè non senza una certa emozione. Per una natura timida , un controllo dei biglietti a teatro somiglia un poco al tribunale degli Inferi. (V, 1)
  • Amare le donne intelligenti è un piacere da pederasti. (V, 6)
  • Sappi dunque i godimenti di una vita aspra; e prega, prega senza sosta. La preghiera è serbatoio di forza. (VI, 8)
  • Ciò che non è leggermente difforme ha l'aria insensibile; – da questo deriva che l'irregolarità, cioè l'inatteso, la sorpresa, lo stupore, sono una parte essenziale e la caratteristica della bellezza. (VIII, 12)
  • Ho trovato la definizione del Bello, – del mio Bello. È qualcosa di ardente e di triste, qualcosa di un po' vago, che lascia largo spazio alla congettura. Applicherò, se volete, le mie idee a un oggetto concreto, per esempio all'oggetto più interessante nella società, un volto di donna. Una testa seducente e bella, una testa di donna, voglio dire, è una testa che fa sognare, – ma in modo confuso, – di voluttà e di tristezza insieme; e che implica un'idea di malinconia, di stanchezza, perfino di sazietà. (X, 16)
  • Non pretendo che la Gioia non possa unirsi alla Bellezza, ma affermo che la Gioia ne è uno degli ornamenti più volgari, mentre la Malinconia ne è, per così dire, l'illustre compagna: al punto che non riesco a concepire (il mio cervello è forse uno specchio magico?) un tipo di Bellezza senza l'Infelicità. (X, 16)
  • Nella preghiera c'è un'operazione magica. La preghiera è una delle grandi forze della dinamica intellettuale. C'è in essa come una ricorrenza elettrica. (XI, 17)
  • Dio è uno scandalo, – uno scandalo che rende. (XI, 17)
  • Non disprezzate la sensibilità di nessuno. La sensibilità è il genio di ciascuno di noi. (XII, 18)
  • Lo stoicismo, religione che ha un solo sacramento, – il suicidio! (XV, 22)
  • Non si deve credere che il diavolo tenti solo gli uomini di genio. Disprezza senza dubbio gli imbecilli, ma non disdegna il loro aiuto. Esattamente al contrario, egli fonda le sue grandi speranze su loro.(XVI [13])
  • Nell'amore, c'è questo di fastidioso: che è un crimine in cui non si può fare a meno di un complice. (XXI, 35)
  • L'uomo di spirito, colui che non s'accorderà mai con nessuno, deve applicarsi ad amare la conversazione degli imbecilli e la lettura dei libri cattivi. Ne ricaverà dei godimenti amari che compenseranno largamente la sua fatica. (XLII[13])

Igiene[modifica]

  • Dopo una gozzoviglia, ci si sente sempre più soli, più abbandonati. (I, 1)
  • Il tempo si può dimenticare solo servendosene. (II, 3)
  • Soltanto a poco a poco si fa tutto. (II, 3)
  • Preghiera: carità, saggezza, forza. (V, 91)
  • L'uomo che di sera dice la sua preghiera è un capitano che mette le sentinelle. Può dormire. (VI, 92)

[Charles Baudelaire, Scritti intimi, in Tutte le poesie e i capolavori in prosa.]

I fiori del male[modifica]

Incipit[modifica]

Stoltezza, errore, peccato, avarizia
occupano i nostri spiriti e tormentano
i nostri corpi e, come mendicanti
che i loro insetti nutrono, educhiamo
piacevoli rimorsi. Son caparbi
i peccati, vigliacchi i pentimenti;
le nostre confessioni lautamente
ci facciamo pagare, e nel fangoso
sentiero ritorniamo lieti, illusi
d'aver lavato con lacrime vili
tutte le nostre macchie. Sul guanciale
del male, a lungo il Trismegisto Satana
lo spirito incantato culla, e il ricco
metallo della nostra volontà
vien svaporato da quel dotto chimico.
Regge il Diavolo i fili che ci muovono!

Citazioni[modifica]

  • Maledetta notte degli effimeri piaceri | quando il mio ventre concepì questa espiazione! (Benedizione, 2011)
  • Benedetto Dio, che doni sofferenza | come divino rimedio alle nostre impurità | e come migliore e più pura essenza, | per disporre i forti alle sante voluttà! (Benedizione, 2011)
  • Spesso, per divertirsi, i marinai | catturano albatri, grandi uccelli di mare, | che seguono, indolenti compagni di viaggio, | la nave che scivola sugli abissi amari. | Appena deposti sulla tolda, | questi re dell'azzurro, vergognosi e timidi, | se ne stanno tristi con le grandi ali bianche | penzoloni come remi ai loro fianchi. (L'albatro, 2011)
  • E il Poeta, che è avvezzo alle tempeste e ride dell'arciere, assomiglia in tutto al principe delle nubi: esiliato in terra, fra gli scherni, non può per le sue ali di gigante avanzare di un passo. (L'albatro, 2006)
  • Rubens, che fiume d'oblio, giardino d'indolenza, | cuscino di carne fresca su cui non si può amare, | ma dove fluisce la vita fremente senza posa, | come l'aria nel cielo e il mare nel mare! (I fari, 2011)
  • Rembrandt, che triste ospedale pieno di mormorii, | e ornato solamente da un grande crocifisso, | dove tra singulti e orrori s'eleva una preghiera | nel raggio invernale che brusco l'attraversa. (I fari, 2011)
  • Puget, che fior fiore di canaglie hai messo insieme | tra pugili dai nervi tesi e fauni sfacciati, | tu, malinconico imperatore di forzati, | debole e giallo, gran cuore orgoglioso! (I fari, 2011)
  • Watteau, che carnevale di tanti cuori illustri, | in fiamme come farfalle volteggianti, | scene fresche e frivole di lampadari accesi | come fascio di follia sul vortice del ballo! (I fari, 2011)
  • [Su Mauritius] [...] paese profumato che il sole accarezza [...]. (A una signora creola, 2011)
  • Assai più che la Vita | è la Morte a tenerci sovente con lacci sottili. (Semper eadem, 1996)
  • Stasera, la luna sogna con più abbandono, | come una bella donna che, abbandonata sui cuscini, | prima di addormentarsi accarezza | i seni con mano distratta e leggera. (Tristezze della luna, 2011)
  • Gl'innamorati ardenti e i sapienti austeri, | tutti, nella loro età matura, amano | i gatti forti e dolci, orgoglio della casa, | freddolosi anch'essi e anch'essi sedentari. (I gatti, 2011)
  • Pensando, assumono nobili pose | da grandi sfingi accosciate in fondo a solitudini | e sembrano addormentarsi in un sogno senza fine; | quelle reni feconde son piene di magiche scintille, | e atomi d'oro, come sabbia fine, | costellano vaghi quelle mistiche pupille. (I gatti, 2011)
  • Ho più ricordi che se avessi mille anni. (Spleen, 1996)
  • L'impegno è quello che all'opera occorre, | ma l'Arte è lunga, breve è il Tempo. (La scarogna, 1996)
  • La mia giovinezza non fu che un'oscura tempesta, traversata qua e là da soli risplendenti: tuono e pioggia l'hanno talmente devastata che non rimane nel mio giardino altro che qualche fiore vermiglio. (Il Nemico, 2006)
  • La Natura è un tempio ove pilastri viventi lasciano sfuggire a tratti confuse parole. (Corrispondenze, 2006)
  • I profumi, i colori e i suoni si rispondono. (Corrispondenze)[12]
  • L'Irreparabile rode col dente maledetto il pietoso monumento della nostra anima e sovente ne attacca, simile alla termite, l'edificio alla base. (L'Irreparabile, 2006)
  • Noi vogliamo, per quel fuoco che ci arde nel cervello, tuffarci nell'abisso, Inferno o Cielo, non importa. Giù nell'Ignoto per trovarvi del nuovo. (da Il viaggio)
  • O Morte, vecchio capitano, è tempo, leviamo l'ancora. Questa terra ci annoia, Morte. Salpiamo. (Il viaggio, 2006)
  • Per te, Madonna, mia signora, innalzerò un segreto | altare nel profondo della mia afflizione, | e scaverò nell'angolo più nero del mio cuore, | lungi d'ogni affetto umano e da sguardi schernitori, | una nicchia d'azzurro smaltata e d'oro, | dove tu starai eretta, Statua, piena di stupore. (da A una Madonna)
  • Perché, veramente, o Signore, è la migliore testimonianza che noi si possa dare della nostra dignità questo singhiozzo ardente che passa di secolo in secolo per morire ai piedi della tua eternità. (I fari, 2006)
  • Quando il nostro cuore ha fatto la sua vendemmia, vivere non è che male. (Semper eadem, 2006)
  • Angiolo pien di gioia, | conosci tu l'angoscia, | la vergogna, il rimorso, | le lagrime, la noia, | e il terror che ci prende | in certe notti orrende | quando il cor, come un foglio | gualcito in pugno, scroscia? | Angiolo pien di gioia, | conosci tu l'angoscia? (Reversibilità[14])
  • Ecco già l'ora in cui, vibrando sullo stelo, | ogni fiore svapora siccome un incensiere. | Suoni e profumi ondéggiano sovra l'ali leggiere... | O valzer malincònico, languore di sfacelo! (Armonie della sera[15])
  • Sono la piaga e il coltello! | Lo schiaffo e la guancia! | Le membra e la ruota, | la vittima e il carnefice! (Heautontimoroumenos, 1996)
  • Uomo libero, sempre tu amerai il mare! Il mare è il tuo specchio; tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima. Il tuo spirito non è abisso meno amaro. (L'uomo e il mare, 2006)
  • Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall'abisso, Beltà? Il tuo sguardo, infernale e divino, versa, mischiandoli, beneficio e delitto. (Inno alla Bellezza, 2006)
  • Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena, se tu ci rendi – fata dagli occhi di velluto, ritmo, profumo, luce, mia unica regina! – l'universo meno odioso, meno pesante il minuto? (Inno alla Bellezza)
  • Vieni, gatto bello, sul mio cuore innamorato; | tieni strette l'unghie nelle zampe, | e lasciami annegare nei tuoi occhi belli | fatti d'agata e metallo. (Il gatto, 1996)
  • ...ma l'amore, per me, non è che un materasso d'aghi fatto per procurare da bere a crudeli puttane. (da La fontana di sangue)
  • Tienti i sogni: i saggi non ne hanno di così belli come i pazzi! (da La voce)
  • Per comporre i miei versi in castità voglio, come gli astrologhi, dormire accanto al cielo, vicino ai campanili, e ascoltare sognando i loro inni solenni dissipati dal vento. (da Paesaggio)
  • Viso in pianto asciugato dalla brezza, il mattino è percorso da un fremito di cose che svaniscono; l'uomo è stanco di scrivere, e la donna d'amare. (da Crepuscolo del mattino)
  • Satana abbi pietà del mio lungo patire! Tu che dalla Morte, tua amica e forte amante, generasti la folle, leggiadra speranza. (da Le litanie di Satana)
  • Gloria e lode a te, nel più alto dei cieli, Satana, dove regnasti, e nel profondo Inferno dove te ne stai vinto, sognando in silenzio! Fá che la mia anima un giorno si riposi presso di te, sotto l'Albero della Scienza, nell'ora che i suoi rami s'allargheranno frondosi sopra la tua fronte, come un Tempio novello! (da Le litanie di Satana)
  • La pendola dai funebri rintocchi suonava mezzogiorno brutalmente e sul lugubre mondo intorpidito versava tenebre il cielo. (da Un sogno di Parigi)
  • O tardo autunno, inverno, fangosa primavera, ipnotiche stagioni che adoro! A voi sia lode d'avvolgere così la mia mente e il mio cuore in un tenero sudario, in un vago sepolcro. (da Piogge, brume)
  • Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa, abbracciando l'intero giro dell'orizzonte, una luce diurna più triste della notte; quando la terra è trasformata in umida prigione dove, come un pipistrello, la Speranza sbatte contro i muri con la sua timida ala picchiando la testa sui soffitti marcescenti; quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce, imita le sbarre d'un grande carcere, e un popolo muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli, improvvisamente delle campane sbattono con furia e lanciano verso il cielo un urlo orrendo, simili a spiriti vaganti, senza patria, che si mettono a gemere, ostinati. E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfilano lentamente nella mia anima, vinta; la Speranza, piange; e l'atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato, il suo nero vessillo. (da Spleen)
  • O Dio, dammi il coraggio, la forza di guardare | senza provar disgusto il mio corpo e il mio cuore! (da Un voyage à Cythère)[12]

Citazioni su I fiori del male[modifica]

  • Le sue Fleurs du Mal sono una specie di umana tragedia dove il senso del male e del peccato, le angosce di una suprema chiaroveggenza, il sublime dolore d'una umanissima pietà, tutte le raffinatezze e i tormenti della coscienza moderna vivono nella delicatissima anima di un meditabondo sognatore, sperduto «dans les plis sinueux» della metropoli di cui egli ha cosi bene interpretato il carattere esemplare, Parigi. (Mario Bonfantini)
  • Fra cent'anni Les fleurs du mal verranno ricordati solo come una curiosità. (Émile Zola)

I paradisi artificiali[modifica]

Incipit[modifica]

A J.G.F.

Mia cara amica,
il buon senso ci dice che le cose della terra durano poco, e che la vera realtà si trova soltanto nei sogni. Per digerire la felicità naturale, come quella artificiale, bisogna avere innanzitutto il coraggio di ingoiarla; e le persone che forse meriterebbero la felicità sono proprio quelle alle quali la felicità — almeno come la concepiscono i mortali — ha sempre avuto l'effetto di un emetico.
A delle menti sciocche sembrerà singolare, e persino impertinente, che una descrizione di voluttà artificiali sia dedicata a una donna, la fonte più comune delle voluttà più naturali. Tuttavia è evidente che, come il mondo naturale penetra in quello spirituale, gli serve da nutrimento e concorre così a creare quell'indefinibile amalgama che chiamiamo la nostra individualità, la donna sia l'essere che proietta l'ombra più grande o la luce più grande nei nostri sogni. La donna è fatalmente suggestiva; lei vive di un'altra vita, oltre alla propria; vive spiritualmente nelle fantasie che lei stessa ossessiona e feconda.
È assai poco importante, del resto, che la ragione di questa dedica venga compresa. Ma poi è davvero necessario, per la soddisfazione dell'autore, che un qualsiasi libro venga compreso, se non da colui o da colei, per cui è stato scritto? Per farla breve, è forse indispensabile, in definitiva, che esso sia stato scritto per qualcuno? Per quanto mi riguarda, ho così poca inclinazione per il mondo dei vivi che, alla maniera di quelle donne sensibili e sfaccendate le quali — si dice — spediscono per posta le loro confidenze a degli amici immaginari, scriverei volentieri soltanto per i morti.
Ma questo libretto non lo dedico ad una donna morta; bensì a colei che, sebbene ammalata, è sempre viva ed operosa dentro di me, e adesso volge tutti i suoi sguardi verso il Cielo, luogo di tutte le trasfigurazioni. Infatti, l'essere umano non gode soltanto del privilegio di poter godere di una temibile droga, ma anche di poter trarre gioie nuove e sottili persino dal dolore, dalla catastrofe e della fatalità.
In questo quadro vedrai un uomo errante, cupo e solitario, immerso nella mobile fiumana delle moltitudini, il quale rivolge il suo pensiero e il suo cuore a un'Elettra lontana che, poc'anzi, gli asciugava il sudore della fronte e gli rinfrescava le labbra incartapecorite dalla febbre; e tu comprenderai la gratitudine di un altro Oreste del quale spesso hai vegliato gli incubi, e dal quale, con mano materna e leggera, dissipavi il sonno spaventevole.

C.B.

Del vino e dell'hashish

Titolo originale: Du Vin e du Hachisch, traduzione di Sergio Le Pierre

  • Un uomo molto celebre, e un grande imbecille al tempo stesso, cose che, a quanto pare, vanno benissimo d'accordo, come certamente avrò più di una volta il doloroso piacere di dimostrare, in un libro sulla Tavola concepito dal duplice punto di vista dell'igiene e del piacere, ha osato scrivere quanto segue alla voce VINO: «Il patriarca Noè passa per essere l'inventore del vino; si tratta di un liquore che si fa con il frutto della vite».
    E dopo? Dopo, nulla: tutto qui. Avrete un bello sfogliare il volume, rigirarlo in tutti i sensi, leggerlo per diritto e per rovescio, da destra a sinistra e da sinistra a destra: non troverete altro sul vino nella Physiologie du Goût dell'illustrissimo e riveritissimo Brillat-Savarin: «Il patriarca Noe...» e «si tratta di un liquore...». (cap. I)
  • Il vino, d'altro canto, non è sempre quel terribile lottatore sicuro della propria vittoria, che ha giurato di non avere né pietà né misericordia. Il vino assomiglia all'uomo: non si saprà mai fino a qual punto lo si possa stimare o disprezzare, amare o odiare, né di quali azioni sublimi o di quali mostruosi misfatti sia capace. Non siamo, dunque, più crudeli verso di lui che verso noi stessi, e trattiamolo da pari a pari. (capitolo II)
  • Un uomo che beve soltanto acqua ha un segreto da nascondere ai propri simili. (capitolo II)
  • Esistono persone nelle quali l'azione stimolante del vino è così potente che le loro gambe divengono più ferme, e l'udito si fa estremamente fine. Ho visto un individuo la cui vista indebolita ritrovava nell'ubriachezza tutta la sua primitiva acutezza. Il vino tramutava la talpa in aquila. (capitolo III)
  • Il vino e l'uomo mi fanno pensare a due lottatori tra loro amici, che si combattono senza tregua, e continuamente rifanno la pace. Il vinto abbraccia sempre il vincitore. (capitolo III)
  • Mai uno Stato ragionevole potrebbe sopravvivere con l'uso dell'hashish. Non plasma né guerrieri né cittadini. Infatti non è consentito all'uomo, pena la decadenza e la morte intellettuale, alterare le condizioni primordiali della propria esistenza e rompere l'equilibrio tra le sue facoltà e l'ambiente che lo circonda. Se esistesse un governo che avesse interesse a corrompere i suoi sudditi, non dovrebbe far altro che incoraggiare l'uso dell'hashish. (capitolo VI)

Il poema dell'hashish

Titolo originale: Les Paradis artificiels: Le poéme du hachisch, traduzione di Sergio Le Pierre

  • Quell'acutezza del pensiero, quell'entusiasmo dei sensi e dello spirito, certamente sono apparsi all'uomo, in ogni tempo, come il supremo dei beni; ecco perché, limitandosi a considerare la sola voluttà immediata e senza preoccuparsi di violare le leggi della propria costituzione, egli ha cercato nella scienza fisica, in quella farmaceutica, nei liquori più volgari, nei profumi più raffinati, sotto tutti i climi e in tutti i tempi, i mezzi per poter sfuggire, fosse anche per qualche ora soltanto, il suo abitacolo di fango, e come dice l'autore di Lazare, di conquistare il Paradiso d'un solo colpo. (capitolo I)
  • L'hashish (o erba, cioè l'erba per eccellenza, come se gli Arabi avessero voluto definire in una sola parola l'erba, fonte di tutte le voluttà immateriali) porta nomi diversi a seconda del tipo di composizione e del modo di preparazione che ha subito nel paese dov'è stato raccolto: in India si chiama bangie; in Africa, teriaki; in Algeria e nell'Arabia Felice, madjound ecc. (capitolo II)
  • Sappiano dunque la gente di mondo e gli ignoranti, curiosi di conoscere gioie eccezionali, sappiano che non troveranno nell'hashish nulla di miracoloso, assolutamente nulla che non sia la loro natura portata all'eccesso. Il cervello e l'organismo sui quali opera l'hashish non produrranno altro se non i loro fenomeni ordinari, individuali — accresciuti, è vero, in quantità e in energia —, ma pur sempre fedeli alla loro origine. L'uomo non sfuggirà alla fatalità del suo temperamento fisico e morale: l'hashish sarà, per le impressioni e i pensieri familiari dell'uomo, uno specchio ingranditore, ma pur sempre uno specchio. (capitolo III)
  • Quando parlo di allucinazioni, il termine va inteso nel suo significato più letterale. Una sfumatura assai importante distingue l'allucinazione pura, quella che i medici hanno spesso occasione di studiare, dall'allucinazione o piuttosto dall'inganno dei sensi che si verifica nello stato provocato dall'hashish. Nel primo caso, l'allucinazione è improvvisa, perfetta e fatale; inoltre, non ha bisogno di alcun pretesto, né scusante nel mondo degli oggetti esterni. Il malato vede una forma, ode dei suoni là dove non esistono. Nel secondo caso, l'allucinazione è progressiva, quasi volontaria, e non diventa mai perfetta, ma va maturando soltanto grazie all'azione dell'immaginazione. Il suono parlerà, dirà cose precise, ma il suono esisteva. L'occhio ebbro dell'uomo in preda all'hashish vedrà forme strane; ma, prima di essere strane o mostruose, quelle forme erano semplici e naturali. L'energia, la vivacità realmente parlante dell'allucinazione durante l'ebbrezza nulla toglie a questa differenza originaria. L'una è radicata nell'ambiente circostante e nel tempo presente, l'altra non ha alcun fondamento di quel genere. (capitolo III)
  • L'hashish, allora, si distende su tutta la vita come una vernice magica; la colora con solennità, ne illumina tutta la profondità. (capitolo IV)
  • La grammatica , la stessa arida grammatica, diventa qualcosa come una stregoneria evocativa; le parole risuscitano rivestite di carne e d'ossa, il sostantivo, nella sua maestà sostanziale, l'aggettivo, abito trasprente che la veste e lo colora come una vernice, e il verbo, angelo del movimento che dà l'impulso alla frase.[12]
  • Ogni uomo che non accetti le condizioni della propria vita vende la sua anima. (capitolo V)

Il mangiatore d'oppio

Titolo originale: Un Mangeur d'Opium, traduzione di Paolo Guzzi

  • L'oppio infatti (come l'ape che trae alimento per la cera dalla rosa come dalla fuliggine dei camini) ha la capacità di sottomettere tutti i sentimenti e di accordarli col suo diapason. (capitolo III)
  • L'oppio, quindi, non genera, obbligatoriamente l'inattività o il torpore, poiché al contrario spingeva il nostro sognatore nei luoghi più brulicanti della vita quotidiana. I teatri ed i mercati non sono necessariamente le ossessioni privilegiate di un oppiomane, specialmente quando si trova in uno stato di perfetto godimento. La folla allora è per lui opprimente, la stessa musica ha caratteristiche di sensualità grossolana. Cerca piuttosto la solitudine e il silenzio, condizioni indispensabili alle estasi e alle profonde fantasticherie. (capitolo III)
  • Tutti i seguaci dell'oppio sanno infatti, che, prima di raggiungere un certo livello di assuefazione, si può sempre ridurre la dose senza difficoltà, perfino con piacere, ma che, una volta superato quel punto, ogni riduzione provoca intensi dolori. Perché dunque non consentire ad una momentanea prostrazione di pochi giorni? Non c'è prostrazione, non in questo consiste il dolore. La diminuzione dell'oppio aumenta, al contrario, la vitalità, il polso va meglio, la salute anche, ma ne deriva una spaventosa irritazione dello stomaco, con sudori abbondanti e malessere generale che nasce dalla perdita di equilibrio tra energia fisica e salute mentale. È facile infatti capire come il corpo, parte terrena dell'uomo che l'oppio aveva vittoriosamente resa ad una pacifica, perfetta sottomissione, voglia riprendere il sopravvento, mentre l'impero della mente, fino ad allora sola favorita, si trova sminuito in ugual misura. si tratta di ristabilire un equilibrio spezzato che non può reintegrarsi senza entrare in crisi. (capitolo IV)
  • La Cina specialmente, trascurando quanto essa ha in comune con il resto dell'Asia meridionale, mi atterrisce per i modi di vivere, per i costumi, per un rifiuto assoluto, per una barriera di sentimenti che ci separano da essa e che sono troppo profondi per essere analizzati. (capitolo V)

L'arte romantica[modifica]

  • Il pubblico rispetto al genio è un orologio che ritarda.[7]
  • L'odio è un liquore prezioso, un veleno più caro di quello dei Borgia; perché è fatto con il nostro sangue, la nostra salute, il nostro sonno e due terzi del nostro amore. Bisogna esserne avari.
  • Ogni uomo in buona salute può fare a meno di mangiare per due giorni; della poesia, mai.[12]
  • Una passione sfrenata per l'arte è un cancro che divora ogni altra cosa.

La Capitale delle Scimmie[modifica]

Incipit[modifica]

Introduzione al Libro sul Belgio

Scelta di titoli:
Il vero Belgio. Il Belgio nudo. Il Belgio spogliato. Una capitale per ridere, una capitale di scimmie.

Citazioni[modifica]

  • Prime impressioni. Si dice che ogni città, ogni paese ha il suo odore. Parigi, dicono, odora o odorava di cavolo acido. Il Capo odora di agnello. Ci sono isole tropicali che odorano di rosa. di muschio o di olio di cocco. La Russia odora di cuoio. Lione odora di carbone. L'Oriente, in genere, odora di muschio e di carogna. Bruxelles odora di sapone nero. Le camere d'albergo odorano di sapone nero. I letti odorano di sapone nero. I marciapiedi odorano di sapone nero. Lavaggio delle facciate delle case e dei marciapiedi anche quando piove a fiotti. Mania nazionale, universale. (da II.Bruxelles. Fisionomia della Strada, p 7)
  • Pochi marciapiedi o marciapiedi interrotti (conseguenza della libertà individuale, spinta all'estremo). Selciato spaventoso. Nessuna vita per strada. – Molti balconi, nessuno ai balconi. Gli specchi per spiare, segno di noia, di curiosità e di mancanza di ospitalità. Tristezza di una città senza fiume. (da II.Bruxelles. Fisionomia della Strada, p 7)
  • Qui la spezia è il cetriolo. (da II.Bruxelles. Fisionomia della Strada, p 8)
  • Un personaggio di Cyrano dice a un altro: siete così grosso che in un giorno non si riuscirebbe a picchiarvi tutto intero. (da II.Bruxelles. Fisionomia della Strada, p 16)
  • È difficile assegnare al Belgio un posto nella scala degli esseri. Tuttavia si può affermare che deve essere classificato tra la scimmia e il mollusco. Posto ce n'è. (da VI. Costumi (seguito), p. 30)
  • Curiosa opinione di un compagno di Dumouriez sui partiti in Belgio: "Ci sono solo due partiti, gli ubriaconi e i cattolici." – Questo paese non è cambiato. (da XVIII. Empietà e pretofobia, p. 80)
  • Enfasi immensa; per niente; – la breccia, la Bandiera, – pugni sul ventre, schiuma, bava; – l'assemblea applaude qualsiasi cosa, – soprattutto l'ultimo. (Nel che la stupidità di questo popolo somiglia alla stupidità di tutti i popoli.) (da XX. Politica, p. 97)
  • Si metta il Belgio all'asta. Ci sono acquirenti a questo prezzo? L'Olanda non spiccica una parola. La Francia nemmeno. Il Belgio è invendibile. È un bastone smerdato. (da XXI. L'annessione, p. 101)
  • Dal momento che il Re pretendeva di non essere malato, si è avuta cura di stampare per lui delle edizioni speciali dei giornali dove, ben lungi dal parlare della sua agonia, non si parlava che del suo miglioramento, di modo che egli solo potesse ignorare che stava morendo. (da Il re Leopoldo I. Il suo ritratto, Aneddoti. La sua morte. Il lutto, pp. 106-107)

Lettere alla madre[modifica]

  • Non il mio cuore bisogna correggere, che è buono, ma la mia mente, che bisogna rendere stabile e sicura, inducendola a riflettere con sufficiente solidità perché le riflessioni vi restino impresse. (1834)
  • Un carattere leggero, un'invincibile inclinazione alla pigrizia mi hanno fatto commettere tutti questi errori. Siatene persuasi. (1834)
  • E poi faccio bene così; io sono come un cane fedele, non mi metto ad adulare gli estranei e conservo un tesoro di carezze per chi è assente. (1838)
  • Francamente il laudano e il vino sono delle cattive risorse contro la desolazione. Fanno passare il tempo, ma non ti ridonano la vita. (1847)
  • Ma di fronte a una tale rovina, a una malinconia così profonda, mi sento gli occhi pieni di lacrime, e, a dire il vero, il cuore pieno di rimproveri. Le ho mangiato gioielli e mobili per due volte, per me le ho fatto fare dei debiti, sottoscrivere cambiali, l'ho riempita di botte, e infine, invece di dimostrarle come deve comportarsi un uomo come me, le ho dato costantemente l'esempio di una vita debosciata e perduta. (1853)
  • Sono colpevole verso me stesso; questa sproporzione tra la volontà e la capacità è per me qualcosa di intellegibile. (1853)
  • Ti abbraccio con tanta tenerezza, con tutto il trasporto di un fanciullo che ama sua madre soltanto. (1865)

Lo spleen di Parigi[modifica]

Incipit[modifica]

  • "Dimmi, chi ami di più, tu, uomo enigmatico? Tuo padre, tua madre, tua sorella oppure tuo fratello?"
    "Non ho padre, né madre, né sorella o fratello."
    "I tuoi amici?"
    "Ti servi di una parola il cui senso mi è rimasto fino a questo momento sconosciuto."1
    "La tua patria?"
    "Ignoro sotto quale latitudine essa sia situata."

Citazioni[modifica]

  • Come sono penetranti le giornate d'autunno al loro termine! Penetranti fino al dolore! Perché vi sono certe sensazioni deliziose la cui vaghezza non esclude l'intensità; e non vi è punta così acuminata come quella dell'Infinito. (III, Il confiteor dell'artista)
  • Lo studio del bello è un duello in cui l'artista grida il suo terrore prima d'essere vinto. (III, Il confiteor dell'artista)
  • Si era all'esplosione del nuovo anno: caos di fango e di neve, percorso da mille carrozze, scintillante di giocattoli e di dolci, brulicante di cupidigie e di disperazioni, delirio ufficiale di una grande città, fatto apposta per sconvolgere il cervello anche al solitario più forte. (IV, Un faceto)
  • Ci sono delle nature puramente contemplative, e del tutto inadatte all’azione, che nondimeno, per un impulso misterioso e sconosciuto, qualche volta agiscono con una rapidità di cui si sarebbero credute esse stesse incapaci. (IX, Il cattivo vetraio)
  • Ma che importa l'eternità della dannazione a chi ha trovato in un istante l'infinito della gioia? (IX, Il cattivo vetraio)
  • Chi non sa popolare la sua solitudine, non sa nemmeno essere solo in una folla indaffarata. (XII, Le folle)
  • Chi sposa facilmente la folla conosce godimenti febbrili, di cui saranno per sempre privati l'egoista, chiuso in sé come una cassaforte, e il pigro, prigioniero come un mollusco. (XII, Le folle)
  • Il bimbo è turbolento, egoista, senza dolcezza e senza pazienza; non può nemmeno, come il puro animale, come |il cane o il gatto, servire da confidente ai dolori solitari. (XIII, Le vedove)
  • Tu conosci quella malattia febbrile che s'impadronisce di noi nella fredda miseria, quella nostalgia del paese ignoto, quell'angoscia della curiosità? C'è una contrada che ti assomiglia, dove tutto è bello, ricco, tranquillo e onesto, dove la fantasia ha costruito e decorato una Cina occidentale, dove la vita è dolce da respirare, dove la felicità si sposa al silenzio. È là che dobbiamo andare a vivere, è la che dobbiamo andare a morire. (XVIII, L'invito al viaggio)
  • Il lusso, la noncuranza e lo spettacolo abituale, rendono quei bambini lì così graziosi, che li si crederebbe fatti di una pasta diversa dai bambini di condizione mediocre o povera. (XIX, Il giocattolo del povero)
  • E a che scopo portare a termine progetti, dal momento che il progetto è in se stesso un godimento sufficiente? (XXIV, I progetti)
  • Non si è mai scusabili d'essere malvagi, ma vi è qualche merito nel sapere che lo si è; il più irreparabile dei vizi è quello di fare del male per stupidità. (XXVIII, La moneta falsa)
  • La più bella astuzia del diavolo è quella di persuadervi che egli non esiste! (XXIX, Il giocatore generoso)[16]
  • È l'ora di ubriacarsi! per non essere schiavi martirizzati dal Tempo, ubriacatevi; ubriacatevi senza posa! Di vino, di poesia, o di virtù, a vostro piacimento. (XXXIII, Ubriacatevi)
  • Colui che guarda di fuori una finestra aperta, non vede tante cose quanto colui che guarda invece una finestra chiusa. Non v'è oggetto più profondo, pieno di mistero, più fecondo, più tenebroso, più abbagliante che una finestra rischiarata da una candela. Ciò che si può vedere al sole, è sempre meno interessante di ciò che accade dietro un cristallo. Dietro quel buco nero o luminoso, vive la vita, soffre la vita, sogna la vita [...].[17] (XXXV, Le finestre)

Epigrafi[modifica]

  • Lola di Valenza
    Fra tante belle che ovunque si vedono,
    Capisco, amici, come il desiderio
    Esiti; ma si vede scintillare
    In Lola di Valenza l'inatteso
    Fascino d'un gioiello rosa e nero. (p. 196-197)

[Charles Baudelaire, I fiori del male: Poesie complete, traduzione di Francesco Di Pilla, Fratelli Fabbri Editori, 1970.]

Buffonerie[modifica]

  • Un'allegra taverna
    sulla via da Bruxelles a Uccle

    O tu che ami follemente scheletri
    E altri detestati emblemi, al fine
    Di poter rendere più saporite
    Le voluttà (fossero anche solo
    Delle frittate), vecchio Faraone,
    O Monselet! Di fronte a questa insegna
    Impreveduta: Taverna con vista
    Del Cimitero
    , proprio a te ho pensato! p. 206-207)

[Charles Baudelaire, I fiori del male: Poesie complete, traduzione di Francesco Di Pilla, Fratelli Fabbri Editori, 1970.]

Amenità del Belgio[modifica]

  • Lo spirito conforme
    I Belgi spingono l'imitazione
    fino all'eccesso, parola d'onore!
    Se prendono talvolta la sifilide
    Lo fanno per assomigliare ai Francesi. (p. 246)

[Charles Baudelaire, I fiori del male: Poesie complete, traduzione di Francesco Di Pilla, Fratelli Fabbri Editori, 1970.]

Scritti sull'arte[modifica]

  • Che cos'è l'arte pura secondo la concezione moderna? È la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l'oggetto e il soggetto, il mondo esterno all'artista e l'artista nella sua soggettività. (L'arte filosofica)
  • L'artista rimprovera per prima cosa alla critica di non potere insegnare nulla al borghese, il quale non vuole dipingere né poetare, – né all'arte, in quanto la critica è uscita proprio dalle sue viscere. (Salon del 1846)
  • L'immaginazione è la regina del vero, e il possibile è una provincia del vero. Essa è concretamente congiunta con l'infinito. (Salon del 1859)
  • La vita parigina è fertile di soggetti poetici e meravigliosi. Il meraviglioso ci avvolge e ci bagna come l’atmosfera; ma non lo vediamo. (Salon del 1846)
  • Vi sono tante bellezze quanti sono i modi consueti di cercare la felicità. (Salon del 1846)

Incipit di alcune opere[modifica]

Il giovane incantatore[modifica]

Durante gli scavi eseguiti in presenza del re di Napoli, al tempo della Restaurazione del 1815, in una delle stanze della casa d'Atteone fu trovato un grande affresco di una bellezza molto particolare, che rappresentava un gruppo di ninfe con gli occhi rivolti verso la figura più significativa. Dietro di lei un giovane Cupìdo, chino sul suo orecchio con posa galante, aveva l'aria di bisbigliarle qualche mistero.
[Charles Baudelaire, Il giovane incantatore. Storia tratta da un palinsesto di Pompei, a cura di Maria Paola Arena, Edizioni Theoria, 1993]

Il viaggio[modifica]

Per il fanciullo, chino sui suoi viaggi illustrati,
l'universo è a misura della sua vasta fame.
Ah, com'è grande il mondo al chiarore del lume!
Ma al lume del ricordo, ah, il mondo com'è piccolo.

[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni su Charles Baudelaire[modifica]

  • Avrei preferito che fosse stato felice invece di lasciarci poesie infelici. (Jack Kerouac)
  • Baudelaire e Flaubert discernono ogni bruttezza e miseria dell'uomo come l'ha creata il razionalismo diventato scientismo e macchinismo.
    Baudelaire analizza il male nel suo intimo recesso, mentre Flaubert lo situa nel suo decoro. (Pierre Drieu La Rochelle)
  • Baudelaire è il primo veggente, il re dei poeti, un vero Dio. Tuttavia egli è vissuto in un ambiente troppo artistico; e la forma tanto vantata in lui è meschina: le invenzioni d'ignoto richiedono forme nuove. (Arthur Rimbaud)
  • Baudelaire: la sua frase pesante, carica di fluidi elettrici. (Jules Renard)
  • Baudelaire: un diamante al dito di un cadavere. (Gilbert Cesbron)
  • Genialissimo, primo dei moderni nella critica estetica, Baudelaire è il temperamento lirico più originale e completo dell'età nostra. (Mario Bonfantini)
  • Il Campidoglio rappresenta nella poesia romantica francese il simbolo della potenza romana. Quando il poeta Lamartine cerca nell'ode Les Révolutions l'emblema dell'Italia sceglie «l'aquila sanguinante del Campidoglio», evoca cioè la Roma conquistatrice. Quando Baudelaire riprende il tema è per sfigurarlo o per intrattenervi un'ironia funebre. Il Campidoglio compare nella La mort des artistes, che è il sonetto che concludeva la prima edizione delle Fleures du Mal. [...] Il protagonista della Morte degli artisti è un artista che fallisce nella sua opera che pone l'unica speranza nella morte. Ora, per definire la morte Baudelaire usa la parola Capitole – il Campidoglio in cui si incoronavano i poeti. [...] È facile capire conoscendo le passioni di Baudelaire che questa morte assomiglia al «sole nuovo» di Edgar Allan Poe. (Jean Starobinski)
  • L'allegoria barocca vede il cadavere solo dall'esterno. Baudelaire lo vede anche dall'interno. (Walter Benjamin)
  • Quando l'arte di Carlo Baudelaire fu detta, prima ancora che dal Nordau, oscura ed immorale, una voce potente sorse a difenderla: la voce di Vittor Hugo. Il gran poeta affermò che l'autore dei Fleurs du mal aveva arricchito il campo delle commozioni artistiche di un frisson nouveau. (Federico De Roberto)

Note[modifica]

  1. Citato in Alfredo Cattabiani, Introduzione a Le serate di San Pietroburgo; in Joseph De Maistre, Le serate di San Pietroburgo, Nino Aragno Editore, Torino, 2004.
  2. Da Poemetti in prosa; citato in Alessandro Paronuzzi (a cura di), 101 gatti d'autore, F. Muzzio, Padova, 1997, pp. 5-6. ISBN 88-7021-844-9
  3. Da Il pittore della vita moderna, XI: "Éloge du maquillage".
  4. Citato in AA.VV., Il libro dell'arte, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 242. ISBN 9788858018330
  5. Da Il pittore della vita moderna (Le Peintre de la vie moderne, La femme, p. 98, capitolo III di L'Art romantique, ed. Calmann Lévy, 1885) in Opere, a cura di Giovanni Raboni e Giuseppe Montesano, con introduzione di Giovanni Macchia, Meridiani Mondadori, 1996, p. 1312.
  6. Da Opere postume.
  7. a b c Citato in Elena Spagnol, Citazioni, Garzanti, 2003.
  8. Citato in Guida alla lettura a Nostra Signora di Parigi, traduzione di Valentina Valente, EDIPEM, 1973.
  9. Da una lettera ad Armand Fraisse, 18 febbraio 1860, in Opere, Mondadori, Milano, 1996; citato in Nicola Gardini, Com'è fatta una poesia? Introduzione alla scrittura in versi, Sironi, Milano, 2007, p. 48. ISBN 978-88-518-0075-8
  10. Citato in François Fossier, Il Fiore dell'Impressionismo. Opere grafiche della Bibliothèque Nationale di Parigi, con un testo introduttivo di Renato Barilli, Fabbri Editori, Milano, 1990, p. 141.
  11. Da L'âme du vin.
  12. a b c d e f Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  13. a b Traduzione di Marco Vignolo Gargini, riportato in rodoni.ch.
  14. Citato in Vittoria Aganoor, Leggenda eterna; Intermezzo; Risveglio, Casa Edit. Nazionale Roux e Viarengo, Torino, 1903, p. 103.
  15. In AA. VV., Parnassiani e simbolisti francesi, liriche scelte e tradotte da Vincenzo Errante, Sansoni, Firenze, 1953, p. 108.
  16. Citato nell'explicit del film I soliti sospetti (1995): «"La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste" e come niente... sparisce.» Citato anche in Scrubs - Medici ai primi ferri.
  17. Citato in Domenico Ciampoli (a cura di), Dizionari di citazioni italiane e tradotte: citazioni francesi, § 2781, Carabba, Lanciano, 1912, p. 251.

Bibliografia[modifica]

  • Charles Baudelaire, Diari intimi, traduzione di Lucia Zatto, Einaudi, 1942.
  • Charles Baudelaire, I fiori del male, traduzione di Luigi de Nardis, Feltrinelli, 1965.
  • Charles Baudelaire, I fiori del male: Poesie complete, traduzione di Francesco Di Pilla, Fratelli Fabbri Editori, 1970.
  • Charles Baudelaire, I fiori del male, traduzione di Cosimo Ortesta, Giunti, 1996.
  • Charles Baudelaire, I fiori del male, traduzione di Attilio Bertolucci, Garzanti, 2006.
  • Charles Baudelaire, I fiori del male e tutte le poesie, traduzione di Claudio Rendina, Newton Compton Editori, 2011.
  • Charles Baudelaire, I paradisi artificiali, traduzioni di Sergio De La Pierre e Paolo Guzzi, introduzione di Massimo Colesanti, postfazione di Enrico Malizia, Newton Compton editori, Roma, febbraio 2011. ISBN 978-88-541-3039-5
  • Charles Baudelaire, Il giovane incantatore. Storia tratta da un palinsesto di Pompei, a cura di Maria Paola Arena, Edizioni Theoria, 1993. ISBN 8824100538
  • Charles Baudelaire, La Capitale delle Scimmie, A cura di Giuseppe Montesano, Oscar Mondadori, Milano, 2002. ISBN 88-04-51032-3
  • Charles Baudelaire, Lettere alla madre a cura di Cosimo Ortesta, (tratto e tradotto da Corrispondence, I e II vol., Bibliothèque de la Pléiade, Paris, 1973), Oscar Mondadori, 1994.
  • Charles Baudelaire, Lo spleen di Parigi. Piccoli poemi in prosa, a cura di Franco Rella, Feltrinelli, Milano, 2015. ISBN 9788858823866
  • Charles Baudelaire, Scritti sull'arte, traduzione di Giuseppe Guglielmi ed Ezio Raimondi, Einaudi, Torino, 2014. ISBN 9788858416105
  • Charles Baudelaire, Tutte le poesie e i capolavori in prosa, a cura di Massimo Colesanti, traduzioni di Massimo Colesanti, Sergio De La Pierre, Paolo Guzzi e Claudio Rendina, Newton Compton editori, 2012. ISBN 9788854141766

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]