Mario Attilio Levi
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Mario Attilio Levi (1902 – 1998), storico e archeologo italiano.
Citazioni di Mario Attilio Levi
[modifica]- [Gaetano De Sanctis] La generosità con cui egli passava ore e ore nel suo studio a insegnare il metodo della ricerca a uno a uno dei suoi scolari, la dottrina che, in quelle stesse ore, grandeggiava in sicurezza, ampiezza di vedute e profondità, persino più che dalla lettura dei suoi libri, mi apparve, e continua ad apparirmi, un ideale sempre presente, anche se sicuramente superiore alle mie forze.
Il carattere, la fermezza delle convinzioni, la forza d'animo, fecero grandeggiare in me la figura di chi non solo era maestro di scienza, ma sapeva esserlo anche nella vita morale. In un Paese che oscilla fra l'anarchia e l'autocrazia, Gaetano De Sanctis visse per un ideale di libertà nei limiti della legge.[1]
La politica imperiale di Roma
[modifica]- La politica imperiale non è imperialismoVi è una fondamentale differenza fra politica imperiale e politica imperialistica, almeno nella accezione comune delle parole: poiché la politica imperialistica non è altro che la pratica di trarre partito di tutte le forze espansive, militari, economico-mercantili o culturali di un popolo per arricchirne i dominii, i quali restano soltanto tali, cioè beni acquisiti ma non fatti intimamente proprii, aggregati con un qualsiasi elemento di forza, non incorporati al popolo-Stato, e quindi soggetti alla dispersione quando manchi anche soltanto momentaneamente l'elemento esteriore di coesione. La politica imperiale parte tutta dal presupposto che il problema fondamentale è quello del comando che interpreta e realizza quella volontà collettiva, cioè statale, che è la condizione e l'espressione della esistenza di un popolo. Quindi, mentre fonda la sua politica verso gli elementi estranei alla compagine statale sulle possibilità e sulle esigenze del popolo, cosicché ogni guerra e ogni conquista non è atto di violenza o di rapina o di sopraffazione materiale o morale, ma atto di imperium, nello stesso tempo fonda la sua autorità anche su coloro che non fanno parte del corpo dello Stato, ma su cui lo Stato estende il suo potere, non sull'imposizione, ma sulla pratica della graduale estensione del concetto di popolo a tutte le popolazioni sulle quali il potere si manifesta, cosicché vengano a far parte dello Stato e divengano soggetto e oggetto dell'imperium. La legge dello Stato, in cui l'imperium si concreta, non è quindi arbitrio, ma ha valore comune per tutto il popolo di cui è la collettiva espressione. (cap. I, p. 22)
- [Pirro] Generale degno di ammirazione per la sua capacità, politico dotato di pronta visione nell'abilità di affrontare situazioni difficili e di fare proprie altrui aspirazioni di autonomia, avrebbe potuto avere, a suo favore, un elemento assai forte, anche se non decisivo: la comune civiltà e la comune origine etnica delle genti italiote e di quelle siceliote cui voleva presentarsi come capo e come salvatore. Ma se era difficile parlare, in Italia e in Sicilia come nella Grecia propria, di unità e di Stato comune a città che fondavano la loro idealità politica sul concetto di autonomia e nella aspirazione alla egemonia, difficilissimo lo era poi per Pirro che, creando uno Stato unitario, non voleva un popolo, ma dei sudditi. (cap. II, p. 52)
- Grazie a questo metodo l'imperium dello Stato [romano] non si estendeva come egemonia, né come rapporto da Stato sovrano a Stato vassallo, ma, tutelando le autonomie locali sino a che queste non divenivano pericolose per la unità dello Stato, faceva sì che ognuna delle varie popolazioni, trovando nel regime romano la piena tutela dei loro interessi ideali e materiali e la perfetta coincidenza fra i fini particolari della comunità locale e i fini dello Stato romano-italico, qualunque fosse, nella varietà delle forme, il rapporto che le si era riconosciuto con il complesso dello Stato, cessava di rappresentare soltanto una entità particolaristica per divenire parte del popolo romano-italico, e quindi soggetto ed oggetto dell'imperium. (cap. II, p. 56)
Citazioni su Mario Attilio Levi
[modifica]- L'autore di questo libro [La politica imperiale di Roma] è un giovane maturato alla buona scuola, quella che ha dato un volto nuovo alla Patria pensando, operando, battendosi romanamente. Mario Attilio Levi è di quella schiera di fascisti della vigilia che hanno saputo maneggiare con lo stesso spirito il libro ed il pugnale, battersi nelle squadre e studiare seriamente. (Cesare Maria De Vecchi)
Note
[modifica]- ↑ Da Testimonianza, in Accademia delle Scienze di Torino, Commemorazione di Gaetano De Sanctis nel primo centenario della nascita, Vincenzo Bona, Torino, 1970, p. 39.
Bibliografia
[modifica]- Mario Attilio Levi, La politica imperiale di Roma, G. B. Paravia & C., Torino, 19362.
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