Massimo Bottura

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Massimo Bottura

Massimo Bottura (1962 – vivente), cuoco italiano.

Citazioni di Massimo Bottura[modifica]

  • L'avanguardia si fa solo se si ha padronanza della tradizione e delle basi classiche. Al centro di tutto c'è il prodotto, la religione dell'ingrediente. Da considerare sacro come si faceva in passato quando il cibo scarseggiava, ma da valorizzare come le tecniche moderne consentono.[1]

Da Bottura: L'importante non è partecipare

Intervista di Paola Jacobbi, Vanityfair.it, 23 giugno 2016.

  • Accorsi lo conosco e mi piace tanto anche come persona. Speriamo che sappia recitare in inglese.
  • A me quello che fa incazzare nel calcio è che i giocatori non abbiano attaccamento alla maglia.
  • È la cucina che ha scelto me. Mi ha aperto una porta e io ci sono entrato. In quel momento sentivo l’urgenza di togliermi di dosso una tristezza che sembrava invincibile.
  • Mi fanno ridere quelli che "ah, io non leggo le recensioni, ah a me le stelle non interessano". Bugiardi! Io le so a memoria le mie medaglie.

Food for change[modifica]

  • Sono uno chef italiano, nato e cresciuto a Modena. I profumi e i sapori della mia terra fanno di me ciò che sono: nelle vene mi scorre aceto balsamico e le mie ossa sono di Parmigiano Reggiano. (p. 5)
  • Riscriviamo i nostri ricordi e cerchiamo nuovi modi per renderli accessibili anche a chi magari non condivide gli stessi sapori d'infanzia. È proprio questa distanza che ci permette di mantenere vive le tradizioni e di non lasciare che si trasformino in cliché o materiale da museo. Il nostro lavoro richiede una notevole comprensione e una profonda conoscenza del passato, perché solo così possiamo osservarlo con spirito critico. Se vogliamo che le nostre tradizioni abbiano la possibilità di sopravvivere dobbiamo trovare il modo migliore per esprimerle, portando al futuro quanto di meglio offre il passato. (p. 7)
  • I rimasugli di verdure, le croste di formaggio e, ovviamente, gli ossi diventano aromi di nuove ricette che mamme e nonne si tramandano da secoli. La cucina povera italiana va al di là della filosofia culinaria che valorizza i tagli meno pregiati - nose to tail - perché non si limita a utilizzare tutte le parti del maiale o di una carota, ma cerca piuttosto di valorizzare sempre ogni singolo elemento di un prodotto e durante tutto il suo ciclo di vita. (p. 7)
  • Una banana annerita, un frutto ammaccato, un tozzo di pane raffermo hanno ancora molto da dare in termini di profumi, sapori e consistenze. È responsabilità dello chef, così come di chi cucina a casa propria, scoprire la bellezza interiore che ogni ingrediente possiede e utilizzarlo al meglio in ogni momento del suo ciclo di vita. (p. 11)
  • In realtà, tra gli ingredienti a disposizione [al Refettorio Ambrosiano, ndr] ce n'erano molti che erano perfetti per forma, dimensioni e aspetto, ma che sarebbero comunque finiti al macero. La quantità e la qualità dei prodotti etichettati come "rifiuti" o "eccedenze" erano davvero scioccanti. Quindi abbiamo messo da parte le parole e siamo passati ai fatti. Abbiamo imparato che i limiti ispirano la creatività, al punto che in cucina si possono fare miracoli. (p. 17)
  • Abbiamo dato da mangiare a una comunità dando voce al cibo. Quello che fino ad allora avevamo solo immaginato era di fatto la realtà: una tavola imbandita ha il potere di riunire, di ristorare e di rinnovare. Tutto quel periodo non ha fatto altro che ricordarci che cucinare è un atto d'amore. (p. 17)
  • Food for Soul non è un progetto di beneficenza: è un progetto culturale. Il nostro obiettivo è rendere visibile l'invisibile, guardare più da vicino e con più attenzione, con occhi diversi, ciò che è stato scartato e abbandonato, perché tutti prendano coscienza del reale valore del cibo. (p. 21)
  • Oggi, sempre di più il cibo è un tema che appassiona. Ed è una svolta positiva perché significa che esiste un margine per approfondire la discussione, una speranza di migliorare i nostri sistemi alimentari, a partire dall'alimentazione quotidiana fino ad arrivare alle pratiche agricole in senso lato. Viviamo una vita frenetica che non ci dà abbastanza tempo per pensare al cibo con maggiore consapevolezza, ma dobbiamo rallentare un attimo e pensare a ciò che mangiamo. Dobbiamo renderci conto di quello che abbiamo nel frigorifero, in dispensa e nel piatto, perché se da un lato si tratta di prodotti che provengono dal nostro territorio e dalla nostra terra, dall'altro stiamo parlando di alimenti che introduciamo nel nostro corpo. (p. 21)
  • Cucinare infatti non significa soltanto valorizzare la qualità degli ingredienti, ma anche e soprattutto la qualità delle idee. [...] Spetta a noi chef dare il buon esempio, dimostrando quanto sia importante valorizzare ogni singola parte dell'ingrediente, i tagli meno pregiati di carne o di pesce, secondo la filosofia nose-to-tail in cucina, ma anche utilizzando radici, piccioli, foglie e scarti nel caso di frutta e verdura. Uno chef può dimostrare che la qualità non c'entra niente con il prezzo o l'aspetto degli ingredienti. Ciò che conta è piuttosto come gli ingredienti vengono utilizzati in cucina. Anzi, spesso la qualità delle idee è più importante di quella degli ingredienti. (p. 23)
  • Noi chef abbiamo la capacità, nonché la grande opportunità, di creare un circolo virtuoso assumendoci delle responsabilità al di fuori delle nostre cucine. [...] È importante condividere, educare ed essere generosi con le nostre idee, perché rappresentano la forza in grado di motivare il cambiamento nelle cucine, nelle comunità e cambiare il nostro futuro. (p. 23)
  • Abbiamo scoperto che il rispetto reciproco è un collante molto più forte delle tradizionali gerarchie. Quando si passano diverse ore al giorno insieme in uno spazio limitato lavorando a ritmo sostenuto, i muri possono finire per dare un senso di costrizione, oppure di protezione, di casa accogliente abitata da persone virtualmente appartenenti alla stessa famiglia. E come in ogni famiglia è importante condividere gli stessi valori e il medesimo senso di responsabilità. La consapevolezza porta a questo, a essere responsabili l'uno dell'altro. E in quel ristorante che noi chiamiamo casa si possono anche trovare nuovi modi per esprimersi in gesti sociali. Quando ti rendi conto che la vita ti ha regalato grandi opportunità vuol dire che è giunto il momento di restituire. (p. 25)
  • Per migliorare il mondo servono tempo e fatica. Basta un po' di creatività per arrivare lontano. Ma il punto di partenza rimane sempre e comunque la cultura. Perché la cultura porta alla conoscenza. E la conoscenza genera consapevolezza. Nel momento in cui acquisiamo consapevolezza, siamo a un passo dalla responsabilità sociale. (p. 27)

Note[modifica]

  1. Dall'intervista di Eleonora Cozzella, Massimo Bottura, la gavetta, il sogno, la laurea: "Ecco come sono arrivato fino a qui", Repubblica.it, 6 febbraio 2017.

Bibliografia[modifica]

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Collegamenti esterni[modifica]