Michele Ferrucci

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Michele Ferrucci (1801 – 1881), latinista, epigrafista e docente italiano.

De' singolari meriti di Cicerone nella lingua ed eloquenza latina[modifica]

Incipit[modifica]

Pochi sono gli uomini veramente grandi dell'antichità, di cui la morte affrettata per tirannesca violenza fosse tanto sinceramente e tanto lungamente compianta, esecratone l'abominevole autore, quanto quella di Cicerone. S'egli è doloroso il rammentare come ne' primi tempi dell'Impero la paura del nuovo signore, che giustamente potrebbe forse riputarsi non puro di quell'orrendo misfatto, abbia potuto costringere i due maggiori lumi della poesia romana, Virgilio e Orazio, a tacere con loro eterno biasimo di quel vero padre non solo dell'eloquenza, ma delle lettere latine; l'animo si riconforta pensando che il costoro esempio non fu seguito da' loro contemporanei Tito Livio e Cornelio Severo; i quali liberamente, quegli nelle sue istorie, questi in elegantissimi versi, ne deplorarono la miseranda fine.

Citazioni[modifica]

  • [...] quando ogni altra prova mancasse, irrefragabile testimonio [della povertà letteraria degli antichi Romani] sarebbe la misera condizione, in cui per parecchi secoli si giacque presso loro la lingua, che, come ognun sa, è specchio, in cui si riflette la fedele immagine della vita intellettuale di un popolo.
    Ché veramente la lingua latina per quasi tutti que' cinquecento anni (a cagione di quello strano miscuglio di genti, e perché anco quanti furono allora Romani di alcun valore, tutti dal forte operare piuttosto che dal bel parlare e dallo scrivere erano vaghi di procacciarsi lode e nominanza) fu aspra ne' suoni, dura nelle forme, incerta e varia di modi: niuna eleganza nelle voci, niuna purità nella dizione, niuna grazia ne' costrutti. (p. 11)
  • Così il latino idioma scorto da questa benigna luce, vittorioso de' molti e vari ostacoli che gli si mossero incontro, schivo d'ogni pompa, d'ogni superfluo, mirabile di gravità, di vigore e di precisione si avviò felicemente al suo pressoché intero rinnovamento, che allora solamente poté dirsi compiuto, quando Roma, dato fine alla guerra sociale, ebbe condotta tutta l'Italia all'ubbidienza delle sue leggi. (p. 12)
  • [...] tra la fine del settimo e i primi anni dell'ottavo secolo di Roma la prosa latina si vide sollevata a tanta altezza da nulla invidiare alla greca, per opera singolarmente di Cicerone, dal quale conseguì quello ch'egli solo poteva darle e tutto quanto poteva ella ricevere di vigor filosofico, di splendida eloquenza, di vario fraseggiare e di soavissimo temperamento di suoni. (pp. 13-14)
  • E più maraviglioso ancora dovrà parere lo stile di Cicerone a chi consideri che per creare tante bellezze a lui non fu d'uopo introdurre nella lingua novelle voci, delle quali anzi egli si dichiara più volte aperto riprovatore; ma studiossi di condurre con accorto senno alla significazione di nuove idee vocaboli già in uso; nel che non solamente fece opera di acuto filosofo, ma ancora di magnanimo cittadino. (p. 25)

Citazioni su Michele Ferrucci[modifica]

  • Si narra che un giorno il Ferrucci, il quale a Ginevra aveva pure l'insegnamento delle antichità classiche, dovesse tener parola di certi vasi etruschi. Ma la parola francese vase parve al docente troppo sospetta di inevitabili rievocazioni notturne; per cui egli andava brancicando nel suo scarso bagaglio linguistico in cerca di un sostitutivo. Uno scolaro birbone, che intuì l'imbroglio, gli suggerì piano il dialettale topin! Ed ecco dalla bocca rotonda del cattedratico balzar fuori i più esilaranti topins étrusques, che abbiano mai girato il mondo. (Francesco Ruffini)

Bibliografia[modifica]

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