Mario Missiroli: differenze tra le versioni

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*[[Henri Barbusse|Barbusse]] è un demagogo italiano, che scrive in francese. Egli deve per tre quarti la propria celebrità al pubblico femminile. Per quasi due anni egli fu l'autore prediletto delle signore dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, molte delle quali non si accorgevano, celebrando questo mediocre scrittore, di tradire un intimo e segreto disfattismo, che sopravviveva intatto, nonostante la loro attiva partecipazione ai comitati di resistenza e l'incondizionata ammirazione dei bollettini di Cadorna. (100, p. 156)
*[[Henri Barbusse|Barbusse]] è un demagogo italiano, che scrive in francese. Egli deve per tre quarti la propria celebrità al pubblico femminile. Per quasi due anni egli fu l'autore prediletto delle signore dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, molte delle quali non si accorgevano, celebrando questo mediocre scrittore, di tradire un intimo e segreto disfattismo, che sopravviveva intatto, nonostante la loro attiva partecipazione ai comitati di resistenza e l'incondizionata ammirazione dei bollettini di Cadorna. (100, p. 156)
*Essendogli venuta meno la materia offerta dalla guerra, Barbusse si è rifugiato nella politica, palesando la mentalità, i gusti, lo spirito, le abitudini di un piccolo borghese individualista ed esasperato. Egli muove ancora dai vecchi pregiudizi democratici e riporta la democrazia al suo assurdo anarcoide. Per questo letterato, che è vissuto della guerra, la guerra è passata invano. È un mediocre caso di pescecanismo<ref>Nel primo dopoguerra, erano definiti "pescecani" coloro che si erano arricchiti profittando del conflitto.</ref>. (100, pp. 156-157)
*Essendogli venuta meno la materia offerta dalla guerra, Barbusse si è rifugiato nella politica, palesando la mentalità, i gusti, lo spirito, le abitudini di un piccolo borghese individualista ed esasperato. Egli muove ancora dai vecchi pregiudizi democratici e riporta la democrazia al suo assurdo anarcoide. Per questo letterato, che è vissuto della guerra, la guerra è passata invano. È un mediocre caso di pescecanismo<ref>Nel primo dopoguerra, erano definiti "pescecani" coloro che si erano arricchiti profittando del conflitto.</ref>. (100, pp. 156-157)
*I grandi spiriti, che abbandonarono la fede, da [[Ernest Renan|Renan]] a [[Alfred Loisy|Loisy]], confessarono, senza rossore, il loro disagio, e rimpiansero sempre il passato, riguardando la loro deviazione come una mutilazione e una sventura. Una profonda amarezza, che nessun applauso può dissipare, è nelle loro pagine, nelle loro parole. Sono sempre sul limitare della confessione. In ogni apostata c'è un'anima che implora in segreto la grazia divina. (106, p. 166)
*I grandi spiriti, che abbandonarono la [[fede]], da [[Ernest Renan|Renan]] a [[Alfred Loisy|Loisy]], confessarono, senza rossore, il loro disagio, e rimpiansero sempre il passato, riguardando la loro deviazione come una mutilazione e una sventura. Una profonda amarezza, che nessun applauso può dissipare, è nelle loro pagine, nelle loro parole. Sono sempre sul limitare della confessione. In ogni [[apostasia|apostata]] c'è un'anima che implora in segreto la grazia divina. (106, p. 166)
*L'[[ateismo]] non è quasi sempre la falsa risonanza di una fede? (106, p. 166)
*L'[[ateismo]] non è quasi sempre la falsa risonanza di una fede? (106, p. 166)
*Un'illusione democratica è che il [[femminismo]] rappresenti l'estremo sviluppo logico dei {{sic|principii}} liberali, la più ardita esperienza rivolta al progresso ed all'emancipazione universale. Nulla di più falso. Il femminismo può sembrare un'audace novità solo alle dattilografe, le quali, per aver letto un volume di Ellen Key<ref>Ellen Key (1849–1926), scrittrice svedese.</ref>, s'illudono d'aver toccato la vita al fondo dei più amari e ardui problemi. Il femminismo è un motivo eterno, un momento necessario nell'evoluzione dello spirito. Quando lo Stato, che è creazione maschile, discende verso la sconfitta e la rovina, ecco apparire il femminismo e comparire insieme con la peste. (134, p. 211)
*Un'illusione democratica è che il [[femminismo]] rappresenti l'estremo sviluppo logico dei {{sic|principii}} liberali, la più ardita esperienza rivolta al progresso ed all'emancipazione universale. Nulla di più falso. Il femminismo può sembrare un'audace novità solo alle dattilografe, le quali, per aver letto un volume di Ellen Key<ref>Ellen Key (1849–1926), scrittrice svedese.</ref>, s'illudono d'aver toccato la vita al fondo dei più amari e ardui problemi. Il femminismo è un motivo eterno, un momento necessario nell'evoluzione dello spirito. Quando lo Stato, che è creazione maschile, discende verso la sconfitta e la rovina, ecco apparire il femminismo e comparire insieme con la peste. (134, p. 211)

Versione delle 13:57, 14 ago 2019

Mario Missiroli (1886 – 1974), scrittore e giornalista italiano.

Citazioni di Mario Missiroli

  • [Un giorno venne a trovarlo al Corriere un uomo presentandosi come vecchio fascista. «Noi, che siamo stati veri fascisti...»] Ah, no, guardi: i veri fascisti siamo stati noi [indicando anche Indro Montanelli, che era presente], che dapprima non ci abbiamo creduto, poi abbiamo fatto finta di crederci, poi forse ci abbiamo veramente creduto, e ora non sappiamo neppure se ci abbiamo creduto o no. (citato in Simonelli, p. 250)
  • Caro Pietro! [...] voi avete fatto la bestialità di volere la repubblica... La repubblica è all'incanto: la compra il maggior offerente, e quindi l'America... Solo la monarchia sarebbe stata costretta a fare una politica nazionale; la triplice... La triplice con la vecchia Germania e con quella nuova Austria che va da Trieste a Vladivostock: la Russia...[1]
  • [Indro Montanelli] È uno che riesce a spiegare agli altri quello che non capisce nemmeno lui.[2]
  • Ho sempre pensato che è lo Stato che crea con la spada la Nazione e non la Nazione lo Stato, poiché la Nazione è informe...[3]
  • Il torto è mio, ma non capisco quello che lei vuol dire... Il torto è mio... Il torto è mio certamente, ma non lo capisco... Ho letto Kant, e l'ho capito. Ho letto Schopenhauer e l'ho capito. Ho letto la Fenomenologia dello spirito, e l'ho capita. Ma la sua critica cinematografica non la capisco... Il torto è mio, ma la prego di riscriverla... Le ripeto: il torto è mio, non s'offenda...[1]
  • Io non sono un uomo d'azione, ma di pensiero. Mi sono sempre astenuto dal diventare un uomo politico e dal farmi eleggere deputato. Più che all'azione sono condotto alla meditazione, a osservare i fatti politici, a spiegarli e a commentarli...[3]
  • La disfatta. Essa ha avuto un gran peso sul destino del nostro Paese e ha aperto gli occhi agli italiani sulle sue vere condizioni che la retorica patriottarda e demagogica aveva annebbiato. La disfatta è stata un doloroso risveglio alla realtà. Quando l'arrosto brucia in cucina è tutto il pranzo che salta. Se fossi più giovane e avessi energie da spendere e speranze da tenere accese vorrei fare un giornale come quello di Maurras, l'«Action française».[3]
  • [Un giorno Gaetano Baldacci entrò nella sua stanza mentre stava scrivendo un articolo di fondo. «Disturbo?»] Ma no, accomodati. Tanto è lo stesso articolo che scrivo da trent'anni... (citato in Simonelli, p. 30)
  • Mai fidarsi dei politologi, sono come i meteorologi. (citato in Simonelli, p. 259)
  • [Contro il disegno di legge per l'abolizione del diritto ereditario] Nella società dell'avvenire, i padri potranno trasmettere ai figli soltanto il cancro e la sifilide.[4]
  • Noi liberali dobbiamo molto a Hegel. Egli ha contribuito a darci non solo una dottrina, ma una convinzione e una norma di pensiero e di vita. Forse per questo ci rifiutiamo di aderire a certe posizioni dogmatiche e passiamo per clericali dinanzi agli anticlericali e anticlericali dinanzi ai clericali.[3]
  • [Uno sconosciuto gli chiese di pubblicare i suoi scritti: «Il fascismo non mi ha lasciato scrivere per vent'anni. Per vent'anni sono stato costretto al silenzio...»] Poteva almeno leggere, amico mio. (citato in Simonelli, p. 250)
  • Se fossi più giovane e avessi energie da spendere e speranze da tenere accese vorrei fare un giornale come quello di Maurras, l'«Action française.[3]
  • Una smentita è una notizia data due volte.[5]

Opinioni

  • Ottenere il massimo rendimento dal lavoro manuale, risparmiando tutti i movimenti inutili: ecco il taylorismo. (51, p. 90)
  • Sono noti i meravigliosi risultati del sistema Taylor. Ma gli operai non hanno mai voluto saperne. Disperdendo tanta energia, essi sono i primi e più veri sfruttatori di sé stessi e della società. Ciò basta a dimostrare l'assurdo fondamentale dell'organizzazione socialista. (51, p. 90)
  • Barbusse è un demagogo italiano, che scrive in francese. Egli deve per tre quarti la propria celebrità al pubblico femminile. Per quasi due anni egli fu l'autore prediletto delle signore dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, molte delle quali non si accorgevano, celebrando questo mediocre scrittore, di tradire un intimo e segreto disfattismo, che sopravviveva intatto, nonostante la loro attiva partecipazione ai comitati di resistenza e l'incondizionata ammirazione dei bollettini di Cadorna. (100, p. 156)
  • Essendogli venuta meno la materia offerta dalla guerra, Barbusse si è rifugiato nella politica, palesando la mentalità, i gusti, lo spirito, le abitudini di un piccolo borghese individualista ed esasperato. Egli muove ancora dai vecchi pregiudizi democratici e riporta la democrazia al suo assurdo anarcoide. Per questo letterato, che è vissuto della guerra, la guerra è passata invano. È un mediocre caso di pescecanismo[6]. (100, pp. 156-157)
  • I grandi spiriti, che abbandonarono la fede, da Renan a Loisy, confessarono, senza rossore, il loro disagio, e rimpiansero sempre il passato, riguardando la loro deviazione come una mutilazione e una sventura. Una profonda amarezza, che nessun applauso può dissipare, è nelle loro pagine, nelle loro parole. Sono sempre sul limitare della confessione. In ogni apostata c'è un'anima che implora in segreto la grazia divina. (106, p. 166)
  • L'ateismo non è quasi sempre la falsa risonanza di una fede? (106, p. 166)
  • Un'illusione democratica è che il femminismo rappresenti l'estremo sviluppo logico dei principii liberali, la più ardita esperienza rivolta al progresso ed all'emancipazione universale. Nulla di più falso. Il femminismo può sembrare un'audace novità solo alle dattilografe, le quali, per aver letto un volume di Ellen Key[7], s'illudono d'aver toccato la vita al fondo dei più amari e ardui problemi. Il femminismo è un motivo eterno, un momento necessario nell'evoluzione dello spirito. Quando lo Stato, che è creazione maschile, discende verso la sconfitta e la rovina, ecco apparire il femminismo e comparire insieme con la peste. (134, p. 211)
  • Il materialismo storico non ha nulla a che fare col materialismo filosofico (tanto è vero che che il Lange[8] non ne parla nemmeno nella sua celebre Storia del materialismo), e non ha affatto la pretesa di spiegare, mediante motivi economici o materialistici, i sentimenti in genere e la psicologia individuale in ispecie. Il materialismo storico è una concezione, che pone, alla base della storia e della vita sociale, i rapporti di produzione e l'antagonismo delle classi. Secondo questa dottrina le ideologie collettive o di classe sono in diretta dipendenza dell'economia e dei processi di produzione, ma non i sentimenti individuali. Il materialismo storico non esclude l'eroismo. Avviso ai socialisti! (156, pp. 236-237)
  • [Antonio Graziadei] Più che nell'invidia e nell'ambizione, gli ondeggiamenti del deputato di Imola vanno ricercati in quello spirito critico, sarcastico e beffardo, che è proprio dei romagnoli. Ad un temperamento corrosivo egli unisce una tal quale capacità di intendere obiettivamente i punti di vista più opposti, le tesi più disparate. E poiché intendere è, quasi sempre, sinonimo di amare, l'on. Graziadei si trova spesso nella penosa situazione di chi deve amare le idee più contraddittorie. Di qui il virtuosismo dialettico di questo annoiato don Giovanni delle idee, innocente guardiano di harem disabitati. (160, pp. 240-241)
  • L'assunzione al Senato di Alberto Bergamini è un omaggio reso al giornalismo, al lavoro, all'ingegno, alla probità. Non v'è giornalista, che non debba esserne lieto. Se c'è un uomo, il quale possa vantarsi di essere figlio delle proprie opere, di dovere unicamente a sé stesso, questi è Alberto Bergamini, il demoniaco direttore del Giornale d'Italia. È nato a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna. Età: è di quelli che non invecchiano mai. (163, pp. 243-244)

Citazioni su Mario Missiroli

  • Alla direzione politica [del Secolo] era stato chiamato dal Resto del Carlino Mario Missiroli, uomo pulito di dentro e di fuori, che ha sempre avuto il solo torto di correr dietro alla sua penna, la quale correva ora a destra ora a sinistra, pur di correre, senza una bussola per orientarsi, trovare la strada buona e mantenervisi. Poiché il fascismo pareva forte egli la lasciava andare in quella direzione. (Mario Borsa)
  • Il fascismo trovò, tra i suoi oppositori più accaniti, Mario Missiroli, che si batté a duello con Mussolini. Egli non credette alla forza e al successo delle «camicie nere» fino al giorno in cui, mentre cercava faticosamente di salire sul tram, uno squadrista che lo incalzava, dopo avergli inflitto una serie di spintoni, non gli ebbe affibbiato, in risposta alle sue proteste, due sonori schiaffi che gli fecero volar via gli occhiali cerchiati d'oro. Mario li raccolse con dignità, vi fiatò sopra, li ripulì col fazzoletto e concluse in tono ammirativo: «Però!... Picchiano bene, veh!...» (Indro Montanelli)

Bibliografia

Note

  1. a b Citato in Indro Montanelli, Pantheon minore (incontri), Longanesi e C., 1950.
  2. Citato da Indro Montanelli stesso nell'intervista di Roberto Arnaldi, Radio Montecarlo, 1973. Audio disponibile su Youtube.com.
  3. a b c d e Citato in Bonaventura Caloro, È lo stato che crea la nazione, La Fiera Letteraria, aprile 1973.
  4. Citato in Leo Longanesi, In piedi e seduti, Longanesi & C., 1968.
  5. Citato in Alessandro Rovinetti, Comunicazione pubblica: sapere & fare, 2006, p. 89.
  6. Nel primo dopoguerra, erano definiti "pescecani" coloro che si erano arricchiti profittando del conflitto.
  7. Ellen Key (1849–1926), scrittrice svedese.
  8. Friedrich-Albert Lange (1828– 1875), filosofo, sociologo e giornalista tedesco.

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