Marco Pola: differenze tra le versioni

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*''Amici dell'ora fresca, | quando le belle sere | tornano, voi non tornate. || Dal mio cuore i vostri dolci nomi | salgono come dai campi il fiato | di terra pronta alla semente. || Odor di menta odor di rose | primaticce è nell'aria | gaia e limpida di maggio. || E l'Oste è là e ci aspetta, | e la chitarra è taciturna | come una donna che fu bionda.'' (''Invito'', p. 21)
*''Amici dell'ora fresca, | quando le belle sere | tornano, voi non tornate. || Dal mio cuore i vostri dolci nomi | salgono come dai campi il fiato | di terra pronta alla semente. || Odor di menta odor di rose | primaticce è nell'aria | gaia e limpida di maggio. || E l'Oste è là e ci aspetta, | e la chitarra è taciturna | come una donna che fu bionda.'' (''Invito'', p. 21)
*''Quando le belle sere | d'estivo lume sono invase, | dolce è bere nelle case | vinello malandrino di marasche. || Sotto la cenere calda e molle | senza bragia e senza lampo, | si rabbuffa il pan di campo. | Chi parla di tristezze? || Le tristezze sono morte. | La mano le interrò con le sementi. | Dio, pensa tu ai frumenti | per la nostra buona sorte!'' (Da ''Terra'', p, 28)
*''Quando le belle sere | d'estivo lume sono invase, | dolce è bere nelle case | vinello malandrino di marasche. || Sotto la cenere calda e molle | senza bragia e senza lampo, | si rabbuffa il pan di campo. | Chi parla di tristezze? || Le tristezze sono morte. | La mano le interrò con le sementi. | Dio, pensa tu ai frumenti | per la nostra buona sorte!'' (Da ''Terra'', p, 28)
*''Come il carro che semina fili di fieno | semino la mia ombra sul terreno, | e non vedo che altissimo e giocondo | lo sfavillio delle costellazioni.'' (Da ''Notturno'', p. 41)
*''Come il carro che semina fili di fieno | semino la mia [[ombra]] sul terreno, | e non vedo che altissimo e giocondo | lo sfavillio delle costellazioni.'' (Da ''Notturno'', p. 41)


==Citazioni su Marco Pola==
==Citazioni su Marco Pola==

Versione delle 12:50, 6 ott 2019

Marco Pola (1906 – 1991), poeta italiano.

Citazioni di Marco Pola

  • Lo scrivere in dialetto, sia pure nel dialetto della terra natale, costituisce un impegno non da poco. Infatti, anche se i valori astratti dello spirito rimangono talora esclusi da un gioco poetico che sempre lega e circoscrive l'evento e la vicenda, i valori della memoria e gli impeti del cuore devono pur trovare nel contesto una loro presenza espressiva, definita in tutta pienezza...[1]
  • No gh'è gnènt de pu vera | dela vita de n'òm | che tribola coi altri sula tera.[2]
Non c'è niente di più vero della vita di un uomo che tribola con gli altri sulla terra

Gli uccelli

Incipit

Il lucherino

Quel palloncino verde che strillava
dall'alto dell'abete appena in fiore
col suo beccuccio all'aria, era il sapore
del bosco, l'uccelletto lucherino.

Strillò teneramente e poi fuggì
dall'intrico dei rami e fu un bagliore
di piume, un puntolino lontanissimo
nel cielo tremolante del mattino.

Citazioni

  • Ora la siepe è muta. Chissà dove | ti celerai batuffolino inerme, | scricciolo scriccioletto. Re dei re. (da Lo scricciolo, p. 16)
  • Chi ti rapisce gli occhi del crepuscolo | quando il cielo si fa tenero, pieno | di nuvole vermiglie | ancorate alle cime lontanissime, | non son forse le rondini? (da Le rondini, p. 20)
  • Se le tarme croccanti lo vedessero! | Se gli insetti volanti lo sapessero! | Come farebbe il dolce pettirosso | a rimpinzare il nido? | Solo il pesco sa. Ma il pesco tace, | nell'afrore dell'orto che si gonfia | con tutte le sementi e le radici. (da Il pettirosso, p. 28)
  • Pioverà! Pioverà! | Se canta il cùculo, | l'acqua non è lontana. | Pioverà! Pioverà! (da Il cùculo, p. 40)
  • Messer colombo tutto flemma e spocchia | non ama che le piazze e le contrade | dove cammina e svola | indifferente al mondo. (da Il colombo, p. 48)
  • Non hai mai visto un corvo solitario | sulla punta di un albero? | Col suo piumaggio nero è come il simbolo | delle nebbie autunnali. Il corvo gracchia | le tristezze ancestrali della razza | condannata agli esilî, alle migrate | continue... (da Il corvo, p. 52)
  • L'ultimo sole arrotolò la luce | dorata e contro il cielo cupo | si profilò la sagoma | del grande uccello dalle lunghe zampe, | che guardava beato l'orizzonte. || Chi ha visto la cicogna? Chi l'ha vista | sul tetto, appollaiarsi nella sera, | nascondendosi il becco tra le penne? (da La cicogna, p. 58)
  • Che sorpresa un mattino la civetta, | raccolta nel suo manto fra i nodosi, | fitti groppi del gelso. Che sorpresa! | Pareva che l'avessero scolpita nel legno, come una statuetta. (Da La civetta, p. 60)
  • Ma l'aquila regina, | più che assassina è madre. | Lo sanno gli aquilotti che ogni giorno | si sporgono dal nido, | sospirando tremanti il suo ritorno. (da L'aquila, p. 62)

Poesie

Citazioni

  • Case, o case germogliate | come un pugno di sementi | sulle croste smisurate | di tutti i continenti! || Case a branco della pianura, | case sparse sulle colline, | case nude di pietra pura, | case candide di calcine. || Lividore di mattoni, | case azzurre case bionde, | coronate di bei balconi | rabbelliti di fiori e fronde; | case e case. Muri alti, | muri bassi, palizzate, | porte chiuse e spalancate | sulla polvere e sugli asfalti. || Tetti grigi inghirlandati | dai camini arsi dal vento | finestrelle in smarrimento | come gli occhi dei bimbi malati. || Tutto il mondo è pieno di case. | Ogni casa è tutta piena | d'allegria d'ansia di pena. | Case, case, case. O case! (Case, pp, 19-20)
  • Amici dell'ora fresca, | quando le belle sere | tornano, voi non tornate. || Dal mio cuore i vostri dolci nomi | salgono come dai campi il fiato | di terra pronta alla semente. || Odor di menta odor di rose | primaticce è nell'aria | gaia e limpida di maggio. || E l'Oste è là e ci aspetta, | e la chitarra è taciturna | come una donna che fu bionda. (Invito, p. 21)
  • Quando le belle sere | d'estivo lume sono invase, | dolce è bere nelle case | vinello malandrino di marasche. || Sotto la cenere calda e molle | senza bragia e senza lampo, | si rabbuffa il pan di campo. | Chi parla di tristezze? || Le tristezze sono morte. | La mano le interrò con le sementi. | Dio, pensa tu ai frumenti | per la nostra buona sorte! (Da Terra, p, 28)
  • Come il carro che semina fili di fieno | semino la mia ombra sul terreno, | e non vedo che altissimo e giocondo | lo sfavillio delle costellazioni. (Da Notturno, p. 41)

Citazioni su Marco Pola

  • Anche scorrendo con un rapido sguardo le singole opere di Pola, ci si trova subito chiamati ad una serie di riscontri ed incontri, di antinomie felicemente risolte oppure lasciate in sospeso su quella terra di nessuno che sempre è la poesia al suo limite, là dov'essa esplora le proprie ragioni. E Pola non si è mai soffermato a lungo, ha sempre esplorato e camminato; gli anni sono stati per lui conferma ed insieme sorpresa. Egli ha saputo sempre "divagare" anche restando alle prese con una sua antichissima zona interiore, con un suo sillogismo o funzione dalle molte variabili. E ancora oggi sta interrogandosi, e le risposte, che non possono non essere interlocutorie, sono tuttavia felicemente produttive, nutrienti. La gravità della situazione si è accentuata, sempre più esponenziale si è fatta la minaccia contro l'uomo, o ciò che resta dell'uomo. Ma Pola ci insegna ancora, ci aiuta a scommettere ancora su una, pur vaga, luminosità, su un amore. Che è la poesia e più della poesia. (Andrea Zanzotto)
  • E anche se egli resta in parte un poeta dell'idillio, e che concede alla "provincia" qualcosa, se egli permane sostanzialmente legato alle sue origini radicate nel tempo fra le due guerre, in un'area vagamente intimistica se non ermetica (figura monologante su uno sfondo di monti impervi e pur cari, o, più di recente, figura dai lievi o sofferti colloqui in una qualche piazza della sua nobile città), la sua attenzione costante, ansiosa, verso gli apporti del mondo culturale, e insieme l'auscultazione della "memoria" della sua gente, introducono sempre nella sua opera un fermento che rompe le riaffioranti tentazioni della staticità, per aprire verso molteplici orizzonti. E impresa non da poco è stata anche il suo appassionato e sottile lavoro di investigazione concreta nelle possibilità espressive del dialetto di Trento: una parlata che ha le tipiche asprezze dei linguaggi di montagna, ma che tuttavia è alquanto addolcita da elementi "urbani". (Andrea Zanzotto)
  • Si tratta di un approdo lirico di alta tensione quello delle ultime opere in italiano ma che contiene, e talvolta tocca, i pericoli dell'esternazione, della sazietà. E dopo questo volo di uccelli in cieli lucenti senza la mèta di un paradiso promesso, in esplosioni di fiori che cadono a grandi petali su volti dolcissimi di donna, l'autore avverte questi pericoli di scivolata e di caduta. E decide di tornare sulla terra: lo fa con una picchiata imprevedibile, con un mutamento, non immaginabile, di rotta, cambiando scenario, territorio, stile, linguaggio e perfino nome... (Renzo Francescotti)

Note

  1. Citato da Alessandro Franceschini; in Introduzione, Marco Pola, Opera poetica, La Finestra editrice, Trento, 2006, p. XXXII.
  2. Da Òmeni e pòpi; in Campanò, versi trentini con alcuni disegni di Guido Polo, Edizione fuori commercio, Grafiche Artigianelli, Trento, 1988, p.7.

Bibliografia

  • Marco Pola, Gli uccelli, Edizioni Manfrini, Calliano (TN), 1977.
  • Marco Pola, Il villaggio di carta Poesie scelte, A cura della Biblioteca comunale di Trento, con scritti di Nunzio Carmeni, Stefano Crespi, Maria Elena Goller, Luigi Menapace, Andrea Zanzotto, Comune di Trento, 1988.
  • Marco Pola, Opera poetica, a cura di Alessandro Franceschini, La Finestra editrice, Trento, 2006.

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