Karl Marx: differenze tra le versioni

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*Chi l'ha capito è diventato liberale solo se ricco.<ref>Rispondendo a Silvio Berlusconi, secondo cui «Chi ha letto Marx è diventato comunista, chi l'ha capito è diventato liberale».</ref> ([[Fausto Bertinotti]])
*Chi l'ha capito è diventato liberale solo se ricco.<ref>Rispondendo a Silvio Berlusconi, secondo cui «Chi ha letto Marx è diventato comunista, chi l'ha capito è diventato liberale».</ref> ([[Fausto Bertinotti]])
*Chi se ne frega di Marx? Chi è Marx? Marx, Engels, questi tipi qua: non li conosco, non ho mai letto quello che hanno scritto e non mi interessa. Stanno al di là dell'oceano, in Europa, sono bianchi, io sono giallo, sono asiatico, sto in Vietnam, e ciò che va bene per loro non può andar bene per me, per il mio popolo. Sono teorici, io non ho tempo da perdere con le teorie. ([[Nguyễn Cao Kỳ]])
*Chi se ne frega di Marx? Chi è Marx? Marx, Engels, questi tipi qua: non li conosco, non ho mai letto quello che hanno scritto e non mi interessa. Stanno al di là dell'oceano, in Europa, sono bianchi, io sono giallo, sono asiatico, sto in Vietnam, e ciò che va bene per loro non può andar bene per me, per il mio popolo. Sono teorici, io non ho tempo da perdere con le teorie. ([[Nguyễn Cao Kỳ]])
*Contrariamente a [[Friedrich Hegel|Hegel]], che considerava lo Stato come l'incarnazione della eticità oggettiva, vale a dire della vita umana nella sua forma più alta, Marx riteneva che lo Stato, nella forma di Stato politico, ben lungi dall'avere il carattere di universale concreto, attribuitogli da Hegel, incarna l'essenza della vita umana, la vita collettiva, in maniera soltanto teorica ed illusoria e, data la sua opposizione alla società nella quale l'uomo conduce la sua esistenza reale, esso è soltanto un universale astratto. ([[Auguste Cornu]])
*Diversamente che in [[Immanuel Kant|Kant]], dove la Città dei fini risponde all'«etica dell'intenzione», in Marx domina l'«etica dell'efficacia». ([[Luigi Fenizi]])
*Diversamente che in [[Immanuel Kant|Kant]], dove la Città dei fini risponde all'«etica dell'intenzione», in Marx domina l'«etica dell'efficacia». ([[Luigi Fenizi]])
*Era divertente constatare come Dio e Marx si assomigliassero. Forse Marx era un po' più riccio. (''[[Persepolis (fumetto)|Persepolis]]'')
*Era divertente constatare come Dio e Marx si assomigliassero. Forse Marx era un po' più riccio. (''[[Persepolis (fumetto)|Persepolis]]'')

Versione delle 15:39, 1 nov 2019

Karl Marx nel 1875

Karl Heinrich Marx (1818 – 1883), filosofo, economista, storico, sociologo, politologo, giornalista ed uomo politico tedesco.

Citazioni di Karl Marx

Per approfondire, vedi: Manifesto del Partito Comunista.
  • A chi desidera acquisire un'idea intuitiva e non astratta della stessa, non mi riferisco all'Elena greca e neppure alla Lucrezia romana bensì alla Santissima Trinità, non posso consigliare di meglio che sognare niente, finché non si sia addormentato, ma al contrario, di vegliare nel signore e di esaminare attentamente questo periodo, dato che in esso è compreso il concetto palese. Innalzandoci sino alla sua altezza che dista gradini dal punto in cui ci troviamo e che galleggia in alto come una nuvola, e ci si presenterà il gigantesco "non"; avviciniamoci alla sua metà e ci spaventeremo per l'enorme "niente"; quando scenderemo poi nella sua profondità, entrambi si concilieranno ancora armoniosamente nel "non" che ci si presenterà dinanzi con una fiammeggiante eretta ed audace scrittura.
    "Non", "niente", "non",
    questo è il concetto intuitivo della Santissima Trinità, ma chi potrebbe scoprire quello astratto, dato che: "chi sale su in cielo e ne discende?", "chi nelle sue mani tiene il vento?", "chi nella sua veste raccoglie l'acqua?", "chi ha fatto nascere tutte le terre del mondo?", "Come si chiama, e come si chiama suo figlio? Sai tu questo?" dice Salomone il saggio.[1]
  • A me non appartiene né il merito di aver scoperto l'esistenza delle classi nella società moderna né quello di aver scoperto la lotta tra di esse. [...] Quel che io ho fatto di nuovo è stato di dimostrare: 1. che l'esistenza delle classi è soltanto legata a determinate fasi di sviluppo storico della produzione; 2. che la lotta di classe necessariamente conduce alla dittatura del proletariato; 3. che questa dittatura stessa costituisce soltanto il passaggio alla soppressione di tutte le classi e a una società senza classi.[2]
  • È l'alienazione dell'auto-coscienza che pone la cosalità.[3][4]
  • Eppure, tutta la storia dell'industria moderna mostra che il capitale, se non gli vengono posti dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione.[5]
  • Gli uomini che fanno la storia, generalmente non sanno che storia fanno.[6]
  • [La Burocratizzazione] Ha mutato le classi politiche in classi sociali, in modo che, come i cristiani sono eguali in cielo e ineguali in terra, così i singoli membri del popolo sono eguali nel cielo del loro mondo politico e ineguali nell'esistenza terrestre della società.[7]
  • I filosofi hanno solo interpretato il mondo in vari modi; ma il punto ora è di cambiarlo.[8]
  • I filosofi non spuntano dal terreno come i funghi. Essi sono il prodotto del loro tempo.[9]
  • Il difetto principale d'ogni materialismo fino ad oggi è che l'oggetto, la realtà, la sensibilità vengono concepiti sotto la forma di oggetto o di intuizione, ma non come attività umana sensibile, prassi, non soggettivamente.[10][4])
  • Il nostro motto dev'essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l'analisi della coscienza non chiara a sé stessa, o si presenti sotto forma religiosa o politica. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa...[11]
  • [Sulla strategia di Temistocle nella battaglia di Salamina] In momenti come questi i mediocri pensano esattamente il contrario dei grandi condottieri. Credono di rimediare il danno diminuendo le forze in campo, frazionandole, cercando un compromesso con le necessità reali; viceversa Temistocle, allorché Atene corse il rischio di essere distrutta, spinse gli Ateniesi ad abbandonarla e a fondare sul mare, su un elemento nuovo, una nuova Atene.[12]
  • Innata casistica dell'uomo, quella di cambiare le cose mutandone i nomi! E di trovare un sotterfugio per infrangere la tradizione rimanendo nella tradizione, laddove un interesse diretto abbia dato la spinta sufficiente.[13]
  • Invece del motto conservatore, "Un giusto salario giornaliero per una giusta giornata lavorativa!" dovrebbero scrivere sulle loro bandiere la parola d'ordine rivoluzionaria: "Abolizione del sistema del lavoro salariato!"[5]
  • L'alienazione religiosa come tale si produce soltanto nel dominio della coscienza, dall'interno dell'uomo, ma l'alienazione economica è l'alienazione della vita reale: la sua soppressione abbraccia quindi ambo i lati.[14][4].
  • L'emancipazione della classe lavoratrice deve essere opera della classe lavoratrice stessa.[15]
  • L'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose da vicino, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione.[16]
  • La borghesia ha avuto da svolgere nella storia un còmpito sommamente rivoluzionario.[17]
  • La natura umana è la vera comunità umana. Come il disperato isolamento da essa è incomparabilmente più universale, insopportabile, pauroso, contraddittorio dell'isolamento dalla comunità politica, così anche la soppressione di tale isolamento e anche una reazione parziale, una rivolta contro di esso, è tanto più infinita quanto più infinito è l'uomo rispetto al cittadino e la vita umana rispetto alla vita politica. La rivolta industriale, perciò può essere parziale fin che si vuole, essa racchiude in sé un'anima universale; la rivolta politica può essere universale fin che si vuole, essa cela sotto le forme più colossali uno spirito angusto.[18]
  • La soggezione economica del lavoratore [...] forma la base della servitù in tutte le sue forme, la base di ogni miseria sociale, di ogni degradazione spirituale e dipendenza politica. Di conseguenza l'emancipazione economica della classe operaia e il grande fine qui deve essere subordinato, come mezzo, ogni movimento politico.[19]
  • Le idee non possono realizzare nulla. Per realizzare le idee, c'è bisogno degli uomini, che mettono in gioco una forza pratica.[20][4]
  • Le ipotesi si fanno soltanto in vista di qualche fine.[21]
  • Liberandomi dell'idealismo che avevo nutrito di elementi fichtiani giunsi a cercare l'idea nella realtà stessa. Gli dei che fino a prima avevano regnato al di sopra della terra ne diventavano ora il centro.[22][4])
  • Noi non abbiamo riguardi; non ne attendiamo da voi. Quando verrà il nostro turno, non abbelliremo il terrore.[23]
  • Non è la coscienza degli uomini che determina la loro vita, ma le condizioni della loro vita che ne determinano la coscienza.[24]
  • Ogni centro industriale e commerciale possiede ora in Inghilterra una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. L'operaio inglese medio odia l'operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l'Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso. Si nutre di pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. [...] L'irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell'operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull'Irlanda. Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in breve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. È il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne è perfettamente cosciente.[25]
  • Ogni goccia di rugiada nella quale si rifletta il sole brilla in un gioco infinito di colori, ma il sole spirituale dovrebbe generare un solo colore, e cioè il colore ufficiale, senza tenere conto dei tanti individui, dei tanti oggetti nei quali l'uomo si riflette. La forma essenziale dello spirito è allegria, luce, e la legge fa dell'ombra l'unica espressione che le corrisponde: dovrebbe andar vestita solo di nero, eppure tra i fiori non ce n'è alcuno che sia nero.[26]
  • Ogni scienza sarebbe superflua se l'essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero.[17]
  • Presumiamo che l'uomo sia uomo, e la sua relazione con il mondo sia umana, e si consideri amore l'amore, confidenza la confidenza ecc. Se volete apprezzare l'arte, dovete essere una persona artisticamente preparata; se volete avere ascendente sul prossimo dovete essere una persona che ha un'influenza veramente stimolante sulla gente. Ognuno, nei suoi rapporti con l'uomo e la natura, deve essere un'espressione definita della sua vera vita individuale, corrispondente all'oggetto del suo desiderio. Se amate senza suscitare amore, vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l'espressione di vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente, è sfortunato.[27]
  • Qui non si tratta dell'obiettivo che questo o quel proletario o il proletariato nel suo insieme si propone di raggiungere. Si tratta invece di ciò che è, e di ciò che in conformità a questo essere deve necessariamente verificarsi nella storia.[28]
  • Scuotendosi di dosso il giogo politico, la società civile si scuote di dosso i lacci che avvincevano il suo spirito egoista. L'emancipazione politica fu contemporaneamente l'emancipazione della società civile dalla politica, dalla parvenza stessa di un contenuto universale.[29]
  • Spartaco è l'uomo più folgorante della storia antica. Un grande generale (non come Garibaldi), un personaggio nobile, veramente rappresentativo del proletariato dell'antichità.[30]
  • Sulla soglia della scienza, come sulla porta dell'inferno, si deve porre questo ammonimento:
    Qui si convien lasciare ogni sospetto
    Ogni viltà convien che qui sia morta.[31]
  • Vai fuori di qui! Le ultime parole vanno bene per gli sciocchi che non hanno detto abbastanza in vita. [14 marzo 1883, frase pronunciata prima di morire, alla sua governante che lo esortava a dire le ultime parole in modo che lei potesse scriverle]
Los raus hier – letzte Worte sind für Narren, die nicht genug gesagt haben.[32]

L'ideologia tedesca

  • Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalle tradizioni.[4]
  • Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominanti tutti 'in una volta' e simultaneamente, e ciò presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che il comunismo implica. Il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti.
  • L'errore di Feuerbach non sta nell'aver enunciato questo fatto [l'alienazione], ma nell'averlo reso autonomo idealizzandolo invece di interpretarlo come il prodotto di uno stadio di sviluppo storico determinato e superabile.[4]
  • L'ideologia dominante è sempre stata l'ideologia della classe dominante.
  • La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall'essere cosciente.[4]
  • San Max [Stirner] riconosce che l'Io riceve uno 'choc' dal mondo fichtiano. Ma che i comunisti siano decisi a far passare sotto il loro controllo questo 'choc' che (se non si riduce a una vuota frase) diventa in realtà uno 'choc' molto complesso e determinato in molteplici modi, questo, per San Max, è un ragionamento troppo ardito perché egli vi si soffermi.[4]
  • Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessario una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché‚ la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché‚ la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società.[33]

Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione

  • Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale.[34]
Die Aufhebung der Religion als des illusorischen Glücks des Volkes ist die Forderung seines wirklichen Glücks.[35]
  • [...] la critica della religione è il presupposto di ogni critica.
  • [...] l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo.
  • La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera.
  • La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo.[36]
  • L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. [...] La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi.
  • La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.
  • L'arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi [...].
  • [...] la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse.

Manoscritti economico-filosofici del 1844

  • Che la vita fisica e spirituale dell'uomo sia connessa con la natura non ha altro significato se non che la natura è connessa a se stessa, poiché l'uomo è una parte della natura. (Primo manoscritto, XXIV, 2013)
  • L'animale è immediatamente una sola cosa con la sua attività vitale. Non si distingue da essa. È essa. (Primo manoscritto, XXIV, 2013)
  • A dire il vero anche l'animale produce: si costruisce un nido, abitazioni, come le api, i castori, le formiche ecc. Se non che esso produce solo ciò di cui abbisogna immediatamente per sé o per i suoi piccoli; produce unilateralmente, mentre l'uomo produce universalmente; produce solo sotto il dominio del bisogno fisico immediato, mentre l'uomo produce anche libero dal bisogno fisico ed anzi produce veramente solo nella libertà dal medesimo; produce solo se stesso, mentre l'uomo riproduce l'intera natura; il suo prodotto appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l'uomo si pone liberamente di fronte al suo prodotto. L'animale dà forma solo secondo la misura e il bisogno della specie a cui appartiene, mentre l'uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie [...]. (Primo manoscritto, XXIV, 2013)
  • Il denaro, in quanto possiede la proprietà di comprar tutto, di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l'oggetto in senso eminente. L'universalità della sua proprietà costituisce l'onnipotenza del suo essere, esso è considerato, quindi, come ente onnipotente...
  • Le necessità primitive dei lavoratori sono un'assai più ricca fonte di guadagno che le raffinate necessità dei ricchi.
  • L'uomo non è un essere naturale: è un essere naturale umano.
  • L'economia politica occulta l'alienazione ch'è nell'essenza del lavoro per questo: ch'essa non considera l'immediato rapporto fra l'operaio (il lavoro) e la produzione. (pp. 194-7)
  • L'operaio sta in rapporto al prodotto del suo lavoro come ad un oggetto estraneo [...] quanto più l'operaio lavora tanto più acquista potenza il mondo estraneo, oggettivo, ch'egli si crea di fronte, e tanto più povero diventa egli stesso, il suo mondo interiore, e tanto meno egli possiede. Come nella religione. Più l'uomo mette in Dio e meno serba in se stesso. L'operaio mette nell'oggetto la sua vita e questa non appartiene più a lui, bensì all'oggetto. (pp. 194-7)
  • L'operaio diventa tanto più povero quanto più produce ricchezza [...] L'operaio diventa una merce tanto più a buon mercato quanto più crea merci. (pp. 194-7)
  • Con la messa in valore del mondo delle cose cresce in rapporto diretto la svalutazione del mondo degli uomini. Il lavoro non produce soltanto merci; esso produce se stesso e il lavoratore come una merce. (pp. 194-7)
  • Più oggetti l'operaio produce, meno può possederne e tanto più cade sotto il dominio del suo prodotto, del capitale. (pp. 194-7)
  • Il lavoro alienato [...] il lavoro non è cosa sua ma di un altro; che non gli appartiene, e in esso egli non appartiene a sé, bensì a un altro. [...] Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere, nel generare, tutt'al più nell'avere una casa, nella sua cura corporale etc., e che nelle sue funzioni umane si sente solo più una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale. Il mangiare, il bere, il generare etc., sono in effetti anche schiette funzioni umane, ma sono bestiali nell'astrazione che le separa dal restante cerchio dell'umana attività e ne fa degli scopi ultimi e unici. (pp. 194-7)
  • Il lavoro, l'attività vitale, la vita produttiva, appare all'uomo solo come un mezzo per la soddisfazione di un bisogno, del bisogno di conservazione dell'esistenza fisica. Ma la vita produttiva è la vita generica. [...] E la libera attività consapevole è il carattere specifico dell'uomo. Ma la vita stessa appare, nel lavoro alienato, soltanto mezzo di vita. (pp. 194-7)
  • Il lavoro è esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e quindi nel suo lavoro egli non si afferma, ma si nega, si sente non soddisfatto, ma infelice, non sviluppa una libera energia fisica e spirituale, ma sfinisce il suo corpo e distrugge il suo spirito. Perciò l'operaio solo fuori del lavoro si sente presso di sé; e nel lavoro si sente alienato, fuori di sé.
  • Il lavoro estraniato sconvolge la situazione in ciò: che l'Uomo, precisamente in quanto è un ente consapevole, fa della sua attività vitale, della sua essenza, solo un mezzo per la sua esistenza. (pp. 194-7)
  • [...] il lavoro alienato fa dunque:
    3)della specifica essenza dell'uomo [...] un'essenza a lui estranea, il mezzo della sua individuale esistenza; estrania all'uomo il suo proprio corpo, come la natura di fuori, come il suo spirituale essere, la sua umana essenza;
    4)che un'immediata conseguenza [...] è lo straniarsi dell'uomo dall'uomo. [...] un uomo è estraniato dall'altro, come ognuno di essi dall'essenza umana.
  • Se il prodotto del lavoro mi è estraneo, e mi sta di fronte come una potenza straniera, a chi esso appartiene allora? Se la mia propria attività non mi appartiene, ma è estranea e coartata attività, a chi appartiene allora?
    A un ente altro da me.
    Chi è questo ente? [...]
    L'ente estraneo, al quale appartiene il lavoro e il prodotto del lavoro, può essere soltanto l'uomo stesso. (pp. 194-7)
  • Quando egli si riferisce alla sua propria attività come ad un'attività non libera, si riferisce a essa come ad una attività al servizio, sotto il dominio, la costrizione e il giogo di un altro uomo. (pp. 194-7)
  • Questo comunismo [...] è la vera risoluzione dell'antagonismo tra la natura e l'uomo, tra l'uomo e l'uomo, la vera risoluzione della contesa tra l'esistenza e l'essenza, tra l'oggettivazione e l'autoaffermazione, tra la libertà e la necessità, tra l'individuo e la specie. È la soluzione dell'enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione. (III, 4)
Karl Marx nel 1861

Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte

  • Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per cosí dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. (incipit; 2001, p. 45)
  • Cosí durante tutto questo periodo vediamo il partito dell'ordine costretto dalla sua posizione equivoca a consumare e spezzettare la sua lotta col potere esecutivo in una serie di meschini conflitti di competenza, di risse, di cavilli, di contrasti di potere; costretto a fare delle piú stupide questioni di forma il contenuto della sua attività. Esso non osa impegnare la battaglia quando questa ha un'importanza di principio, quando il potere esecutivo si è veramente smascherato e la causa dell'assemblea nazionale sarebbe la causa di tutta la nazione. In tal modo quest'ultima darebbe alla nazione un ordine di marcia; ma quello che teme piú di tutto è che la nazione si muova. In simili occasioni, perciò, il partito dell'ordine respinge le proposte della Montagna e passa all'ordine del giorno. Spogliato cosí il conflitto delle sue grandi dimensioni, il potere esecutivo attende tranquillamente il momento in cui può riprenderlo per motivi insignificanti e meschini, che non offrono piú, per cosí dire, che un interesse strettamente parlamentare. Allora il furore contenuto del partito dell'ordine scoppia; allora questo partito strappa il sipario che nasconde il retroscena; allora denuncia il presidente e dichiara la repubblica in pericolo; ma allora il suo pat[h]os appare insipido e il motivo della lotta appare ormai soltanto un pretesto ipocrita o, in generale, non degno di un combattimento. La tempesta parlamentare si trasforma in una tempesta in un bicchier d'acqua; la lotta diventa intrigo; il conflitto diventa scandalo. (2001, p. 140)
  • Se, come ho mostrato sopra, il partito parlamentare dell'ordine, a forza di gridare che occorreva la tranquillità, si era condannato da sé all'inazione; se esso aveva dichiarato il dominio politico della borghesia incompatibile con la sicurezza e con l'esistenza della borghesia stessa, distruggendo con le sue proprie mani, nella lotta contro le altre classi della società, tutte le condizioni del proprio regime, del regime parlamentare, la massa extraparlamentare della borghesia, invece, con le sue servilità verso il presidente, coi suoi oltraggi al parlamento, col modo brutale nel quale trattava la sua stessa stampa, provocava Bonaparte a reprimere e a sterminare i suoi oratori e i suoi scrittori, i suoi uomini politici e i suoi letterati, la sua tribuna parlamentare e la sua stampa, al fine di poter attendere ai propri affari privati sotto la protezione di un governo forte e dotato di poteri illimitati. (2001, p. 173)
  • La società borghese manca di eroismo.
  • La tradizione di tutte le generazioni passate pesa come un incubo sul cervello dei vivi.

Explicit

Spinto dalle esigenze contraddittorie della sua sítuazione e costretto, in pari tempo, come un giocatore di prestigio, a tener gli occhi del pubblico fissi sopra di sé con delle continue sorprese, come surrogato di Napoleone, e a far quindi ogni giorno un colpo di stato in miniatura, Bonaparte sconvolge tutta l'economia borghese; mette le mani su tutto ciò che era parso intangibile alla rivoluzione del 1848; rende gli uni rassegnati alla rivoluzione e gli altri desiderosi di una rivoluzione; in nome dell'ordine crea l'anarchia, spogliando in pari tempo la macchina dello Stato della sua aureola, profanandola, rendendola repugnante e ridicola. Egli rinnova a Parigi il culto della sacra tunica di Treviri sotto la forma di culto del mantello imperiale di Napoleone'. Ma quando il mantello imperiale cadrà finalmente sulle spalle di Luigi Bonaparte, la statua di bronzo di Napoleone precipiterà dall'alto della colonna Vendôme. (2001, p. 216)

Il Capitale

Incipit

La ricchezza delle società, nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico, si presenta come una «immensa raccolta di merci» e la singola merce appare come sua forma elementare. Quindi iniziamo la nostra indagine con l'analisi della merce.
La merce è prima di tutto un oggetto esterno, una cosa che per mezzo delle sue proprietà soddisfa bisogni umani di qualunque specie. La natura di tali bisogni, p. es. che derivino dallo stomaco o dalla fantasia, non fa alcuna differenza. Qui non si tratta neanche di come la cosa soddisfi il bisogno umano, se immediatamente, come mezzo di sussistenza, cioè come oggetto di piacere, oppure indirettamente, come mezzo di produzione.

[Karl Marx, Il Capitale. Critica dell'economia politica, a cura di Eugenio Sbardella, Newton, 1996]

Citazioni

  • D'altra parte per i pregiudizi della cosiddetta pubblica opinione, cui non ho mai fatto concessioni, vale per me in ogni caso la sentenza del gran fiorentino:
    Segui il tuo corso, e lascia dir le genti! (dalla prefazione alla prima edizione)
  • Il proprietario di schiavi si compra il lavoratore come si compra il cavallo. (1955-89, vol. XXIII, p. 281[37])
  • Un valore d'uso o bene ha valore solo in quanto viene oggettivato, o materializzato, in esso astratto lavoro umano. (Libro I, prima sezione, cap. 1, p. 55
  • Sebbene oro e argento non siano per natura denaro, il denaro è per natura oro e argento. (Libro I, prima sezione, cap. 2, p. 88)
  • Da qui deriva la magia del denaro. Il comportamento degli uomini, semplicemente atomistico nel loro processo sociale di produzione e perciò la forma di cose dei loro stessi rapporti di produzione, non legata al loro controllo ed al loro conscio agire da individui, appaiono innanzitutto nel fatto che i prodotti del loro lavoro prendono in genere la forma di merci. Perciò l'enigma del feticcio denaro è solo l'enigma del feticcio merce, resosi fin troppo evidente. (Libro I, prima sezione, cap. 2, p. 90)
  • Il tentativo dell'Impero Romano, due volte andato a monte, di esigere tutti i tributi in denaro sta a dimostrare quanto questo mutamento dipende dalla figura complessiva del processo di produzione. (Libro I, prima sezione, cap. 3, p. 121)
  • Piuttosto la giornata lavorativa ha un limite massimo, che non si può prolungare oltre un certo punto. Tale limite massimo è determinato da due cose. Innanzitutto dal limite fisico della forza lavorativa. Nel corso di un giorno naturale di 24 ore un uomo non può spendere se non una determinata quantità di forza vitale: alla stessa maniera un cavallo può lavorare solo otto ore giornaliere. Nel corso d'una parte del giorno la forza lavorativa ha bisogno di riposare, dormire, e nell'altra parte l'uomo deve soddisfare altri bisogni del fisico, il prolungamento della giornata lavorativa s'imbatte in limiti morali. All'operaio necessita del tempo per soddisfare i suoi bisogni intellettuali e sociali, la cui estensione e la cui quantità sono determinate dallo stato generale della civiltà. Perciò la variazione della giornata lavorativa avviene entro limiti fisici e morali. Ma questi hanno entrambi una natura molto elastica e lasciano un gran campo di gioco. Così rinveniamo giornate lavorative di 8, 10, 12, 14, 16, 18 ore perciò di lunghezza assai diversa. (Libro I, terza sezione, cap. 8, p. 181)
  • La manifattura genera il virtuosismo dell'operaio parziale, riproducendo e spingendo sistematicamente all'estremo la separazione primitiva e naturale dei mestieri che ha trovato nella società. Inoltre il suo trasformare il lavoro parziale nel mestiere a vita d'un uomo risponde all'istinto che avevano società più antiche di rendere ereditari i mestieri, di "pietrificarli" in case oppure, quando particolari condizioni storiche determinano una variabilità dell'individuo che mal s'accorda col sistema delle caste, di "ossificarli" in corporazioni. (Libro I, quarta sezione, cap. 12, p. 255)
  • L'ignoranza è la madre dell'industria come della superstizione, la riflessione e l'immaginazione possono incorrere in errori; ma l'abitudine di muovere la mano o il piede in una data maniera non dipende né dall'una né dall'altra di esse. Per questo le manifatture van più a gonfie vele laddove si adopera di meno il cervello, cosicché si può considerare l'officina alla guida d'una macchina che abbia uomini per parti. In effetti intorno alla metà del XVIII secolo in alcune manifatture s'impiegavano preferibilmente per certe operazioni semplici dei mezzi idioti, cosa che però costituiva un segreto di fabbrica. (Libro I, quarta sezione, cap. 12, p. 271)
  • Ma si deve dire che non è tanto l'abuso di autorità paterna a generare il diretto o indiretto sfruttamento di forze lavorative non ancora mature da parte del capitale; è stato invece il modo capitalistico di sfruttamento a far degenerare nell'abuso l'autorità dei genitori, sopprimendone la corrispondente base economica. Quindi, pur apparendo orrenda e disgustosa la soppressione della vecchia famiglia operata dal sistema capitalistico, ciononostante la grande industria con la parte grandissima che è attribuita alle donne, agli adolescenti e ai bambini di entrambi i sessi nei processi produttivi che sono svolti socialmente al di fuori della cerchia familiare, crea la nuova base economica per una forma più evoluta di famiglia del rapporto tra i due sessi. (Libro I, quarta sezione, cap. 13, p. 359)
  • Ho quattro uomini addetti ai cavalli che dimorano nelle vicinanze. Il lavoro leggero, che necessita di parecchie braccia, è svolto da bande. I campi richiedono molto lavoro leggero, quale la sarchiatura, la zappatura, alcune operazioni per concimare, la raccolta delle pietre, etc. Che sono effettuate dalle "gangs" o bande organizzate che alloggiano nelle località aperte. La banda consta d'una numero di persone che varia da 10 a 50 persone, donne e bambini d'ambo i sessi, sebbene i ragazzi in genere giunti al tredicesimo anno di età, vadano via e in ultimo bambini di entrambi i sessi. Capo della banda è un capobanda che in ogni caso è un normale operaio agricolo, quasi sempre un cd. ceffo, individuo privo di senso morale, dagli umori instabili, ubriacone ma dotato d'un po' d'intraprendenza e di "savoir faire". Egli recluta la banda, che lavora sotto il suo comando e non sotto il comando del fittavolo. Con questo ultimo in genere stabilisce una paga a cottimo; i suoi introiti, che in media non vanno troppo oltre quelli d'un normale operaio agricolo, dipendono quasi totalmente dalla capacità che egli possiede di smungere dalla sua banda la maggiore quantità possibile di lavoro entro il tempo concordato. I fittavoli si sono accorti che le donne lavorano seriamente soltanto sotto la dittatura di un uomo che donne e bambini quando hanno preso il via effondono le proprie forze vitali in maniera realmente impetuosa, cosa di cui Fourier era già a conoscenza, mentre l'operaio maschio adulto è così perfido da risparmiarle quanto più è possibile. Il capobanda gira da un podere all'altro e in questa maniera è in grado di occupare la propria banda per 6-8 mesi all'anno. (Libro I, settima sezione, cap. 21, p. 502)
  • Tuttavia la leggenda del peccato originale teologico ci narra come l'uomo sia stato condannato a guadagnare il pane col sudore della propria fronte; la storia del peccato originale economico ci mostra invece come mai esistano delle persone che non hanno assolutamente una tale necessità. (Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 515)
  • Il grande signore feudale, in aperta guerra contro la monarchia e il parlamento, generò un proletariato senza dubbio più grande allontanando violentemente i contadini dal suolo sul quale essi avevano un identico titolo feudale, e usurpando le loro terre comuni. (Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 518)
  • Uno Statuto del suo primo anno di regno[38], del 1547, stabilisce che qualora una persona, si rifiuti di lavorare deve essere data come schiavo a colui che ne ha denunciato l'accattonaggio. Il padrone deve nutrire il suo schiavo con pane e acqua, con bevande leggere e con i resti della carne che riterrà opportuno dargli. Ha il diritto di obbligarlo a qualsiasi lavoro, anche il più ripugnante, con la frusta e con la catena. Qualora lo schiavo s'assenti per 14 giorni, è condannato alla schiavitù perpetua e marchiato a fuoco sulla fronte o sulla guancia con la lettera S; se fugge per la terza volta, lo si deve giustiziare in quanto traditore dello Stato. Il padrone ha facoltà di venderlo, lasciarlo in eredità, affittarlo a terzi come schiavo, al pari di ogni altro bene mobile o animale. Se gli schiavi si rivoltano al padrone, anche in questo caso saranno giustiziati. I giudici di pace debbono, dietro denuncia, far cercare i farabutti. Se si trova che un vagabondo se ne è stato in ozio per tre giorni, sarà portato alla sua città natale, marchiato a fuoco con la lettera V sul petto e, dopo essere stato incatenato, sarà impiegato nella pulizia delle strade o in altri servizi. Qualora il vagabondo fornisca un luogo di nascita falso, sarà punito con la schiavitù perpetua in quel luogo, proprietà dei suoi abitanti o della sua corporazione, e sarà bollato con il segno S. Tutte le persone hanno il diritto di portar via ai vagabondi i loro figli e di tenerli come apprendisti, i maschi fino ai 24 anni, le femmine fino ai 20. Se cercano di fuggire, diverranno schiavi fino a questa età dei maestri artigiani, che hanno facoltà di incatenarli, frustarli, ecc. a piacere. Ogni padrone è libero di mettere al collo, alle braccia o alle gambe del suo schiavo un anello di ferro per poterlo riconoscere e per non correre rischi. L'ultima parte di questo statuto contempla che certi poveri debbano essere impiegati da persone o da località che siano disposti a dar loro da mangiare e da bere e a farli lavorare. Questa sorta di "schiavitù della parrocchia" s'è perpetuata in Inghilterra fino al XIX secolo avanzato con il nome di roundsmen. (Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 529)
  • La violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una nuova società. (Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 540)
  • La "Compagnia inglese delle Indie Orientali" aveva ottenuto, oltre al potere politico nelle Indie Orientali, il monopolio assoluto del commercio del tè, del commercio con la Cina in generale e del trasporto delle merci dall'Europa all'Asia e viceversa. Ma la navigazione costiera dell'India e quella inter-insulare, come anche il commercio all'interno dell'India, erano divenuti monopolio degli alti funzionari della Compagnia. I monopoli di sale, dell'oppio, del betel e di altre merci erano inesauribili miniere di ricchezza. I funzionari stabilivano di persona prezzi e spellavano a discrezione l'infelice indù. Il governatore aveva la sua arte in questo commercio privato. I suoi favoriti riuscivano a stipulare contratti base ai quali, più capaci degli alchimisti, riuscivano a creare l'oro dal nulla. Grandi patrimoni crescevano in un sol giorno come i funghi, l'accumulazione originaria veniva fatta senza aver anticipato neanche uno scellino. Il processo di Warren Hastings[39] è pieno di esempi del genere. Ecco un caso. Un tale Sullivan riesce a stipulare un contratto di fornitura d'oppio al momento della sua partenza — per una missione ufficiale — per una regione dell'India estremamente lontana dai distretti dell'oppio. Sullìvan vende il suo contratto a un certo Binn per 40000 sterline; Binn lo rivende lo stesso giorno per 60000 e l'ultimo acquirente, che poi provvederà alla fornitura, ammette di aver ricavato ugualmente un enorme profitto. In base a una lista presentata al parlamento, la Compagnia e i suoi funzionari s'erano fatti donare dagli indiani, tra il 1757 e il 1766, sei milioni di sterline Dal 1769 al 1770 gli inglesi fabbricarono una carestia facendo incetta di tutto il riso e rifiutando di venderlo se non a prezzi favolosi.[40] (Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 541)
  • Parecchie migliaia di questi poveri bambini abbandonati, dai 7 ai 13 o 14 anni, furono in tal maniera inviati al nord. Era usanza che il padrone (alias il ladro di bambini) desse da vestire e da mangiare ai suoi apprendisti e li alloggiasse in una abitazione posta accanto alla fabbrica. Alcuni guardiani avevano il compito di vigilare il loro lavoro. Tali aguzzini avevano interesse a spremere questi bambini fino all'inverosimile, dato che la loro paga era proporzionata alla quantità di prodotto che riuscivano ad estorcere dai fanciulli. Come conseguenza ne derivò la crudeltà. In molti distretti industriali, soprattutto nel Lancashire, questi poveri innocenti e derelitti, in balìa del padrone di fabbrica, andavano incontro ai tormenti più atroci. Venivano prostrati a morte dal lavoro eccessivo, venivano flagellati, messi in catene e torturati coi metodi di crudeltà più squisitamente raffinati; si davano parecchi casi in cui per mancanza di cibo si riducevano a pelle e ossa, e intanto la frusta li legava al lavoro. Qualche volta arrivavano persino a suicidarsi! Le belle e romantiche vallate del Derbyshire, del Nottinghamshire e del Lancashire, ignote al pubblico, divennero orribili deserti di tortura — e spesso di assassinio! I guadagni dei fabbricanti erano immensi. Malgrado ciò la loro insaziabilità da lupi mannari era sempre più forte, ed allora inaugurarono la prassi del lavoro notturno, ossia dopo aver paralizzato durante il giorno un gruppo di braccia, ne apprestavano un altro per il lavoro di notte; il gruppo diurno si metteva nei letti appena abbandonati dal gruppo notturno, e 'vice versa'. Nel Lancashire è divenuta tradizione popolare che «i letti non si raffreddino mai». (Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 545)
  • Se il denaro, secondo Augier, viene al mondo con una macchia di sangue sulla guancia, il capitale nasce grondante sangue e fango dalla testa ai piedi.
  • Nella società capitalistica si produce tempo libero per una classe mediante la trasformazione in tempo di lavoro di tutto il tempo di vita delle masse. (Capitolo XV)
  • Il processo di produzione capitalistico, considerato nel suo nesso complessivo, cioè considerato come processo di riproduzione, non produce dunque solo merce, non produce dunque solo plusvalore, ma produce e riproduce il rapporto capitalistico stesso: da una parte il capitalista, dall'altra l'operaio salariato. (Capitolo XXI)

Explicit

Tuttavia, da un simile punto di vista, anche i medici e gli impiegati formerebbero due classi, in quanto essi rientrano in due distinti raggruppamenti sociali e i redditi dei componenti di ciascuno di essi provengono da una medesima fonte. Lo stesso si potrebbe dire per l'infinito frazionamento di interessi e di proprietari terrieri. Questi ultimi divisi in possessori di vigneti, di terreni arabili, di foreste di miniere, di riserve di pesca.

Citazioni su Il Capitale

  • Quando, ancora nell'età dell'adolescenza, ho letto per la prima volta Il Capitale, alcune lacune, talune contraddizioni di grande importanza mi sono subito saltate agli occhi. [...] negli anni successivi, lo studio dei testi marxisti, dei partiti marxisti o sedicenti tali, e degli avvenimenti stessi non ha potuto che confermare il giudizio della mia adolescenza. (Simone Weil)

Critica al programma di Gotha

  • Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni.
  • Egli [il proletario] può lavorare solo col loro permesso, e quindi può vivere solo col loro permesso.
  • Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza.
  • Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.

Citazioni su Karl Marx

  • Allora, prima cosa da sapere di Marx è questa: non era un rivoluzionario, non si agitò mai con un bastone con in cima un bandiera rossa, non era un esagitato, capisci? Era un fior di economista coi contro attributi, uno studioso eminente, che poi fu preso a modello ideologico da milioni di esseri umani in tempi successivi. Ok? Questo è importante perché i detrattori di Marx ti diranno che era un comunista sovversivo pazzo stalinista (sic) e ogni sorta di idiozia. No, era uno scienziato dell’economia, poi uno può non condividerlo, ma mai dire che non aveva cervello. (Paolo Barnard)
  • Carlo Marx diede un grande contributo alla causa per la liberazione dell'umanità ed a causa dei suoi immortali sforzi il suo nome è ancora conservato nel cuore della classe lavoratrice e della gente di tutti i Paesi. (Kim Jong-il)
  • Carlo Marx è stato mandato in soffitta. (Giovanni Giolitti)
  • Carlo Marx, se lo ricorda? Bene, lui ci aveva preso, aveva capito e indovinato tutto. (Fausto Bertinotti)
  • Chi l'ha capito è diventato liberale solo se ricco.[41] (Fausto Bertinotti)
  • Chi se ne frega di Marx? Chi è Marx? Marx, Engels, questi tipi qua: non li conosco, non ho mai letto quello che hanno scritto e non mi interessa. Stanno al di là dell'oceano, in Europa, sono bianchi, io sono giallo, sono asiatico, sto in Vietnam, e ciò che va bene per loro non può andar bene per me, per il mio popolo. Sono teorici, io non ho tempo da perdere con le teorie. (Nguyễn Cao Kỳ)
  • Contrariamente a Hegel, che considerava lo Stato come l'incarnazione della eticità oggettiva, vale a dire della vita umana nella sua forma più alta, Marx riteneva che lo Stato, nella forma di Stato politico, ben lungi dall'avere il carattere di universale concreto, attribuitogli da Hegel, incarna l'essenza della vita umana, la vita collettiva, in maniera soltanto teorica ed illusoria e, data la sua opposizione alla società nella quale l'uomo conduce la sua esistenza reale, esso è soltanto un universale astratto. (Auguste Cornu)
  • Diversamente che in Kant, dove la Città dei fini risponde all'«etica dell'intenzione», in Marx domina l'«etica dell'efficacia». (Luigi Fenizi)
  • Era divertente constatare come Dio e Marx si assomigliassero. Forse Marx era un po' più riccio. (Persepolis)
  • Il Marx è il profeta di un regno di Dio inteso secondo il realismo terreno politico per una classe eletta dalla Storia, il proletariato. (Aldo Capitini)
  • Il marxismo è essenzialmente un giudaismo che ha perso la pazienza. Il Messia ci ha messo troppo a venire, o piuttosto a non venire. Il regno della giustizia deve essere instaurato dall'uomo stesso, su questa terra, qui e ora. (George Steiner)
  • Karl Marx in realtà fu solo uno tra milioni che, nel pantano di un mondo in putrefazione, riconobbe i veleni essenziali e li concentrò, come un negromante, in una soluzione destinata ad annientare l'esistenza di libere nazioni sulla terra. (Adolf Hitler)
  • L'importanza esagerata che si attribuì ai primi scritti di Marx, dal punto di vista della ricerca autentica fu, innanzi tutto, frutto di negligenza. (William Bartley III)
  • L'intero sistema concettuale di Marx è strutturato dialetticamente. Di conseguenza, ogni «modo di produzione» storico, è di volta in volta determinato dal rapporto di tensione che regna fra lo stato delle «forze produttive materiali» e il rispettivo «rapporto di produzione» sociale che si trova in contrasto con le prime. Fra le forze produttive non vengono enumerate solo le condizioni geografiche, climatiche, tecnologiche, nelle quali si attua di volta in volta il sostentamento materiale della società: in primo luogo vi rientrano le forze attive – sia quelle fisiche, sia quelle dell'intelletto e della volontà – degli uomini che lavorano e inventano la propria tecnica, così che questa parte della «struttura materiale» della società include già un momento spirituale per cui la nozione di «materiale» si allarga notevolmente. (Werner Hofmann)
  • La dialettica di Marx è la più potente forza di distruzione. I filosofi si affannavano a costruire teoremi. I rivoluzionari dialettici distruggono con la forza le forme consolidate, che vogliono sbarrare la strada all'avvenire. La dialettica è l'arma per spezzare le barriere, rotte le quali è rotto l'incanto della eterna immutabilità delle forme del pensiero, che si svelano come incessantemente mutevoli, si plasmano sul mutamento rivoluzionario delle forme sociali. (Amadeo Bordiga)
  • La nuova realtà è la compresenza non solo dei proletari, ma di tutti i sofferenti, di tutti i morti, dell'interiorità di tutti. Il Marx è il profeta di un regno di Dio inteso secondo il realismo terreno politico per una classe eletta dalla Storia, il proletariato; noi dobbiamo affermare che la nuova realtà è di tutti gli oppressi, i sofferenti, i morti: è la compresenza infinita di tutti. (Aldo Capitini)
  • Le dottrine di Marx sono per i regimi comunisti d'oggi ciò che era il cristianesimo per i dominatori del Sacro Romano Impero: utile come vessillo, ma irrilevante come guida. Marx non riconoscerebbe oggi il "marxismo", ma Ivan il Terribile o Pietro il Grande avrebbero dimestichezza con esso. Il comunismo si è diffuso nel mondo dal Cremlino di Lenin e Stalin, non dalla soffitta londinese di Karl Marx. I partiti comunisti di altre nazioni, strettamente controllati, hanno obbedito al vivente Stalin, non allo spettro di Marx: hanno servito gli interessi dell'impero sovietico di questo secolo, non gli insegnamenti di un filosofo tedesco del secolo scorso. (Richard Nixon)
  • Ma è ugualmente vero che i sistemi non riescono mai ad eliminare i loro conflitti interni o ad evitare perfino che assumano forme violente. Questa comprensione è il maggior debito che abbiamo nei confronti del lavoro di Karl Marx. (Immanuel Wallerstein)
  • Marx affermava che il lusso è un vizio esattamente come la povertà e che dovremmo proporci come meta quella di "essere" molto, non già di "avere" molto. (Mi riferisco qui al vero Marx, all'umanista radicale, non alla sua volgare contraffazione costituita dal «comunismo» sovietico.) (Erich Fromm)
  • Marx dà già una forma-partito alla struttura propriamente politica della forza che dovrà essere, secondo il Manifesto, il motore della rivoluzione, della trasformazione, dell'appropriazione, quindi finalmente della distruzione dello Stato, e della fine del politico come tale. (Jacques Derrida)
  • [Marx è] il vero padre della sociologia moderna, nella misura in cui qualcuno può rivendicare questo titolo. (Isaiah Berlin)
  • Marx e Lenin costituiscono precisamente quelle due personalità umane che segneranno il passaggio dalla preistoria alla storia dell'umanità. (Fidel Castro)
  • Marx era un sociologo e non uno psicologo e a quel tempo la psicologia scientifica non era ancora nata. Di conseguenza, il problema di sapere come mai gli uomini abbiano sopportato per migliaia di anni lo sfruttamento e l'avvilimento, in una parola, l'asservimento, è rimasto senza risposta. (Wilhelm Reich)
  • Marx fu visto e vide se stesso come «il Darwin della società», il fondatore di una scienza della storia che poteva competere con la darwiniana scienza della biologia. Presentò i suoi assunti come teorie comprovate. Il contrasto tra il suo metodo e quello di Darwin è assai rilevante; Marx stesso se ne rendeva conto, quando con una certa condiscendenza parlava del «rozzo empirismo inglese» di Darwin. Con questa espressione voleva indicare soltanto la circostanza, perfettamente rispondente al vero, che prima di sviluppare le sue teorie Darwin raccoglieva elementi di fatto, diversamente dal preteso metodo superiore che Marx aveva ereditato dalla sua formazione accademica tedesca, per cui prima si elaborava la teoria e poi si cercavano gli elementi di fatto in grado di supportarla. (Robert Conquest)
  • Marx non avrebbe mai voluto una rivoluzione comunista in Russia per il semplice fatto che la Russia non era una potenza industriale che produce oltre al profitto anche una massa di operai. Era invece un paese latifondista abitato soprattutto da contadini che non a caso alcuni grandi scrittori come Gogol chiamavano "anime morte". In Russia le libertà borghesi non esistevano, quindi non esisteva la democrazia e non poteva evolversi con il comunismo marxista. (Alfredo Reichlin)
  • Marx non ha solo mancato di ideare gli ordinamenti necessari per il nuovo mondo – di questi, infatti, non doveva più esserci bisogno. Che egli di ciò non dica nulla, è logica conseguenza della sua impostazione. Il suo errore sta più in profondità. Egli ha dimenticato che l'uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l'uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà, anche per il male. Credeva che, una volta messa a posto l'economia, tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo: l'uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall'esterno creando condizioni economiche favorevoli. (Papa Benedetto XVI)
  • Marx: santifica il Proletario, sposa un'aristocratica, si preoccupa della iattura che le figlie possano fidanzarsi a un operaio. C'è un solo proletario col sangue di Marx, ed è il figlio della serva di casa, mai riconosciuto dal padre e destinato a vita miseranda. (Sergio Ricossa)
  • Marx scoprì la legge dell'evoluzione della storia umana; egli scoprì il semplice fatto, sin qui nascosto da un eccesso di ideologia, che il genere umano deve innanzitutto mangiare e bere, avere un riparo e degli abiti, prima di poter raggiungere una posizione ed arrivare alla scienza, alla religione, all'arte, ecc.; e che perciò la produzione dei mezzi immediati di sussistenza e conseguentemente il grado di sviluppo economico raggiunto da un dato popolo in una data epoca, formano le fondamenta sulle quali le istituzioni dello Stato, le concezioni giuridiche, l'arte e persino le idee religiose del popolo in causa si evolvono, ed alla cui luce queste cose devono perciò essere spiegate: procedimento contrario, quindi, a quello adottato fin qui. (Friedrich Engels)
  • Mentre Marx aveva esattamente previsto la flessione della piccola borghesia agraria e dell'artigianato di tipo antico, bisogna dire che egli non aveva previsto né lo sviluppo dell'artigianato di tipo nuovo né l'enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e commerciale. (Paolo Sylos Labini)
  • Nella sua opera edita, e anche prima, Marx non fu mai un seguace della teoria della alienazione. (William Bartley III)
  • Oggi è molto difficile parlare di Marx, perché pochi pensatori sono stati così manipolati, soprattutto da coloro che si autodefiniscono marxisti, dunque soprattutto i comunisti. In Russia non si conosce quasi Marx. L'ho notato, io stesso. Una volta ho partecipato ad una riunione a cui erano presenti alcuni esperti russi... i corifei: di Marx ne sapevano quanto un prete di campagna sa di teologia medioevale. Del resto non può essere diversamente, perché in un sistema come quello russo Marx deve essere ucciso per poter vivere. (Erich Fromm)
  • Ognuno vede il mondo e considera il prossimo coi propri occhi. Di tutte le cose misura è l'uomo, diceva Protagora. E perché no il porco? rispondeva Platone (Teeteto, 152a, 161c). Io ho preferito leggere in lui le parole che educano a smascherare i feticci e aprono il cuore alla speranza; altri hanno preferito leggervi (ma via!) quelle che li chiudono nel loro stesso squallore. lo vi ho cercato la denuncia dell'attuale miseria e l'auspicio della possibile ricchezza umana. E se considero il la setto che abbiamo ricevuto dalla natura, che è, come per lutti i viventi, il destino di una continua lotta per la sopravvivenza; continuo a sperare che l'uomo possa passare a una gioiosa gara per la convivenza. E anche per questo non posso non dirmi comunista. (Mario Alighiero Manacorda)
  • Più che per le avventure con le donnine, la baronessa Jenny von Westphalen soffriva per il legame del marito con l'altro padre del comunismo... (Francoise Giroud)
  • Ritengo che l'intera opera di Karl Marx sia una delle più grandi creazioni spirituali del XIX secolo. Ma non sono marxista. (Horst Ehmke)
  • Se Marx è morto, lo è per qualche filosofo deluso dalla storia del mondo. Stenderne il certificato di morte è quanto meno prematuro e superficiale. (Norberto Bobbio)
  • Si è lasciato andare, lui, il non conformista, a un inconsapevole conformismo alle superstizioni più infondate della sua epoca, cioè il culto della produzione, il culto della grande industria, la credenza cieca nel progresso. Ha così fatto al contempo un grave torto durevole e forse irreparabile – in ogni caso difficile da riparare – allo spirito scientifico e allo spirito rivoluzionario. (Simone Weil)
  • Sono per l'appunto la drastica restrizione del politico e la conseguente esclusione dal suo ambito proprio della dimensione più profonda della totalità sociale a suscitare le critiche di Marx. Dal punto di vista della società e della teoria politica borghese – egli osserva già negli scritti giovanili – i rapporti sociali «hanno soltanto un significato privato, nessun significato politico». (Domenico Losurdo)
  • [Citando Ronald Reagan] Tutti abbiamo letto Marx, c'è chi l'ha letto e chi l'ha capito. Chi l'ha letto è diventato comunista e chi l'ha capito è diventato liberale. (Silvio Berlusconi)

Diego Fusaro

  • Il pensiero di Marx continua a rappresentare la più seducente promessa di felicità di cui la modernità sia stata capace, non cessando di rivelare la sua natura di impareggiabile «segnalatore» delle contraddizioni in cui è sospeso il nostro mondo.
  • La cosa fondamentale di Marx è che la critica in lui si lega a un progetto storico-filosofico di emancipazione dell'umanità e di riscatto dell'umanità stessa dai meccanismi repressivi di alienazione, sfruttamento e schiavitù del capitalismo.
  • Marx non solo teorizza che nel comunismo ci sarà lo sviluppo delle libere individualità, ma critica il capitalismo come società livellata.
  • Nessuno come Marx ha ragionato e ha agito così tanto in vista del futuro ed è poi stato così incapace di tratteggiarne i contorni.
  • Per tutti questi motivi, e soprattuto per le contraddizioni che ha lasciato irrisolte, non è possibile tornare a Marx, proprio perché non esiste alcun «vero Marx», unitario e coerente: tuttavia si può, e forse si deve, ripartire da lui e dal suo «cantiere aperto», perché da esso si dipartono molti Holzwege, per ricorrere alla terminologia di Martin Heidegger, ossia molti sentieri interrotti che permettono, a seconda di quello imboccato, di addentrarsi o di perdersi nella selva.

Roger Garaudy

  • A Berlino, sotto l'influenza del maestro Gans e dei compagni di corso, il giovane Karl Marx sperimenta ancora confusamente le lacerazioni di un mondo che sta per morire e le contraddizioni di un mondo che sta per nascere. In una serie di epigrammi, in cui bolla a fuoco l'oppressione e i borghesi filistei, il giovane studente Marx esalta il grande umanesimo di Goethe e di Schiller, e le sublimi figure di Wallenstein e di Faust.
  • Il passo decisivo, che condurrà il giovane Marx alle soglie del marxismo, consisterà nel capire che la soppressione dell'alienazione, implicando la soppressione della proprietà privata, avrebbe potuto essere realizzata solo dal proletariato, con la sua lotta e con la sua rivoluzione.
  • L'ambiente intellettuale nel quale Marx elabora la sua concezione del mondo è impregnato del pensiero fictiano.
  • Per il giovane Marx, come per tutti i giovani hegeliani, la filosofia di Hegel era la promessa del compimento del segno faustiano di una "conoscenza divina". Attraverso il "sapere assoluto" l'io finito dell'uomo uguagliava il potere infinito di dio.

Antonio Gramsci

  • Carlo Marx è per noi maestro di vita spirituale e morale, non pastore armato di vincastro. È lo stimolatore delle pigrizie mentali, è il risvegliatore delle energie buone che dormicchiano e devono destarsi per la buona battaglia. È un esempio di lavoro intenso e tenace per raggiungere la chiara onestà delle idee, la solida cultura necessaria per non parlare a vuoto, di astrattezze.
  • La dottrina di Carlo Marx ha dimostrato anche ultimamente la sua fecondità e la sua eterna giovinezza offrendo un contenuto logico al programma dei più strenui avversari del partito socialista, ai nazionalisti.
  • Marx è stato grande, la sua azione è stata feconda, non perché abbia inventato dal nulla, non perché abbia estratto dalla sua fantasia una visione originale della storia, ma, perché il frammentario, l'incompiuto, l'immaturo è in lui diventato maturità, sistema, consapevolezza.
  • Marx si pianta nella storia con la solida quadratura di un gigante.
  • Marx significa ingresso dell'intelligenza nella storia dell'umanità, regno della consapevolezza.

Costanzo Preve

  • Di Marx, personalmente, mi interessa conservare soltanto due cose. Come ho detto prima, ed ora ripeto, di Marx conservo soltanto la teoria strutturale dei modi di produzione storici e sociali (che comprende al suo interno la teoria dell'estorsione capitalistica del plusvalore) e la filosofia umanistica ed universalistica rivolta potenzialmente all'intero genere umano e non solo alla sua componente storico-geografica occidentale, il cui statuto però considero di tipo idealistico e non materialistico (o meglio, materialistico solo in senso metaforico).
  • Il culto di Marx ha impedito per quasi un secolo un'analisi critica del suo pensiero. Naturalmente, vi era una ragione per spiegare questa follia. Marx doveva essere infallibile in tutte le cose che diceva, perché magicamente la sua infallibilità potesse essere trasmessa e trasferita ai dirigenti politici del movimento comunista burocratizzato. Si tratta di un fenomeno ben noto agli studiosi di storia delle religioni.
  • In estrema sintesi, io penso che Marx abbia realizzato un vero progresso conoscitivo rispetto ad Hegel sul piano della storia come scienza, cioè sul piano della concettualizzazione dei modi di produzione sociali.

Edmund Wilson

  • C'è in Marx un'irriducibile discrepanza tra il bene che egli propone per l'umanità e l'odio e i metodi spietati che egli tenta di inculcare come mezzi per giungere a questo, discrepanza che, nella storia del marxismo, ha provocato una grande confusione morale.
  • Marx da solo non è molto brillante. Si ha l'impressione che egli maturasse le proprie opinioni soltanto attraverso una serrata critica delle opinioni altrui, come se l'acume e la forza della sua mente potessero esercitarsi soltanto negli attacchi al pensiero degli altri, come se egli riuscisse a precisare il proprio pensiero solo facendo distinzioni che escludevano le idee altrui.
  • Marx sapeva porre in rilievo le sofferenze della vittima dell'ingiustizia; sapeva scagliar l'anatema contro lo sfruttatore, ma gli mancava la capacità di amare la prima e di compassionare il secondo.

Note

  1. Da Scorpione e felice – Romanzo Umoristico (Einige Kapitel aus SKorpion und Felix, Humoristischer Roman), a cura di Domenico Commisso e Gianni Jotti, traduzione di Lorenzo Compagnoni, Edizione Integrale La Piramide 1970, p. 73.
  2. Da una lettera a Weydemeyer, 5 marzo 1852, la quale lettera fu pubblicata nel 1907 nella Neue Zeit – XXV, 2, 164; citato in Lenin, Stato e rivoluzione, edizioni Lotta Comunista, 2003.
  3. Da Opere filosofiche giovanili.
  4. a b c d e f g h i Citato in Roger Garaudy, Karl Marx (Clefs pour Karl Marx), traduzione di Marilena Feldbauer, Universale Sonzogno, 1974.
  5. a b Da Salario, prezzo, profitto, cap. XIII.
  6. Citato in Roberto Gervaso, Ve li racconto io, Milano, Mondadori, 2006, p. 229. ISBN 88-04-54931-9
  7. Citato in Massimo Corsale, L'autunno del Leviatano, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1998.
  8. Dalla Tesi su Feuerbach, n.° 11.
  9. Dalla Gazzetta Renana, 1842.
  10. Da Prima tesi su Feuerbach.
  11. Da una lettera a Ruge, da Kreutznach, settembre 1843.
  12. Citato in Christian Meier, Atene. La città che inventò la democrazia e diede un nuovo inizio alla storia, Garzanti, 1996 ISBN 88-11-69326-8, p. 7.
  13. Citato in Friedrich Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato.
  14. Da Manoscritti del 1814.
  15. Da Statuti provvisori dell'Associazione internazionale degli operai, 1864.
  16. Da Per la critica dell'economia politica.
  17. a b Citato in Sergio Ricossa, Straborghese, Editoriale Nuova, 1980.
  18. Da La Questione Ebraica – Editori Riuniti 1974, poi eliminato nelle edizioni contemporanee. Glosse marginali di critica all'articolo Il re di Prussia e la riforma sociale, firmato "un prussiano", pubblicato sul numero 60 del Vorwarts., Vorwarts n. 63, 1844.
  19. Citato in Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Editori Laterza, Roma, 2008, ISBN 978-88-420-8741-0, pag. 34.
  20. Da La Sacra Famiglia.
  21. Da La miseria della filosofia.
  22. Da una lettera al padre del 10 marzo 1837.
  23. Citato in Karl Marx e la dittatura del proletariato, Storico.org.
  24. Dalla prefazione a Per la critica dell'economia politica.
  25. Dalla Lettera di Karl Marx a Sigfried Meyer e August Vogt, 1870; citato in Lettera inviata da Karl Marx a Sigfried Meyer e August Vogt, 1870, bibliotecamarxista.org.
  26. Da Osservazioni di un cittadino renano sulle recenti istruzioni per la censura in Prussia, 1842.
  27. Citato in Erich Fromm, L'arte di amare.
  28. Citato in Ralf Dahrendorf, Erasmiani, traduzione di M. Sampaolo, p. 27.
  29. Da La questione ebraica: 1955-89, vol. I, p. 369. Citato in Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005, p. 315.
  30. Citato in Luciano Canfora, Quando Gladiatore era un Insulto, Corriere della Sera, 8 novembre 2010.
  31. Dalla prefazione a Per la critica dell'economia politica.
  32. (DE) Citato in Frank Schweizer, Wie Philosophen sterben, Dr. Bachmaier Verlag, 2003, p. 279. ISBN 3931680428
  33. Da L'ideologia tedesca - Opere complete, V. 5, p. 38.
  34. Trascritto da Eduardo Liccardi - Archivio Marxista in Rete, Gennaio 2003.
  35. Marx-Engels-Werke, 43 Bände, Dietz Verlag, Berlin/DDR, 1956-90, pag. 379.
  36. Questa frase viene talvolta riportata nella forma sintetica: «La religione è l'oppio dei popoli.» Per approfondire vedi qui.
  37. Citato in Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, Laterza, 2005, p. 45.
  38. Edoardo VI (1537-1553) Re d'Inghilterra, salì al trono nel 1547 dopo il padre Enrico VIII noto per aver voluto lo scisma dal papato romano.
  39. (1732-1818) governatore generale dell'India britannica, fu processato per corruzione e assolto nel 1795.
  40. Nel 1866 nella sola provincia di Orissa più di un milione di indù morì di fame, malgrado ciò si cercò di riempire le casse dello Stato ponendo prezzi altissimi ai mezzi di sussistenza di gente che moriva di fame.
  41. Rispondendo a Silvio Berlusconi, secondo cui «Chi ha letto Marx è diventato comunista, chi l'ha capito è diventato liberale».

Bibliografia

  • Karl Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, a cura di Giorgio Giorgetti, traduzione di Palmiro Togliatti, Editori Riuniti, 2001. ISBN 8835942705
  • Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, traduzione di Ferruccio Andolfi, in Le opere che hanno cambiato il mondo, Newton Compton editori, Roma, 2013, pp. 53-sg.. ISBN 8854155268
  • Karl Marx, Opere complete di Marx e Engels, Editori Riuniti, Roma.
  • Karl Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, 1843, pubblicato in Annali franco-tedeschi, 1844, Marxists.org.

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