Giulio Cesare Graziani: differenze tra le versioni

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*«La formazione era costituita da due corazzate, ''Queen Elizabeth'' e ''Barham'', quattro incrociatori e dodici cacciatorpediniere di vario tonnellaggio. [...] Dopo circa due ore di volo avvistai le alte torri delle due corazzate, sul rilevamento di 340-350 gradi; mi mantenni basso sulla superficie dell'acqua ed aggirai di poppa la formazione navale. Mi portai sulla costa africana ed all'altezza della baia di Abukir mossi all'attacco da Sud verso Nord, sicuro di realizzare la sorpresa perché evidentemente non poteva prevedersi l'arrivo di aerosiluranti da quella direzione. Pervenni a volo radente sull'acqua, a breve distanza dalla formazione navale, senza essere avvistato. Ma a un certo momento dovetti cabrare per alzarmi sulla superficie del mare e portarmi a 50 m, giusta quota di lancio del siluro e già a distanza di 1.000 metri, puntai contro la ''Queen Elizabeth''. Nel momento in cui sganciai il siluro vidi partire la prima cannonata e la prima raffica di mitragliera; non erano più di 800 m di distanza. Passai radente sulle torri della corazzata ''Barham'': sento ancora nelle orecchie lo sgranare del rosario delle mitragliere a 4 canne contro il mio velivolo che, però, rimase indenne. Ma quando mi trovai dalla parte opposta, fra le cannonate degli incrociatori e dei cacciatorpediniere le cose andarono diversamente. Il velivolo ebbe alcuni sussulti generati dall'onda balistica delle granate che scoppiavano intorno, finché, a un certo momento, avvertii un colpo sull'ala destra, dalla quale si staccarono alcuni frammenti. Allora l'aereo si inclinò sul lato destro, scadendo verso la superficie del mare. Tentai, manovrando gli alettoni, di riportarlo in volo orizzontale.»<ref>Citato in Martino Aichner, ''Il Gruppo Buscaglia <small>Aerosiluranti italiani nella Seconda Guerra Mondiale</small>'', Mursia, Milano, 1991, pp. 26-27. ISBN 88-425-0941-8</ref>
*«La formazione era costituita da due corazzate, ''Queen Elizabeth'' e ''Barham'', quattro incrociatori e dodici cacciatorpediniere di vario tonnellaggio. [...] Dopo circa due ore di volo avvistai le alte torri delle due corazzate, sul rilevamento di 340-350 gradi; mi mantenni basso sulla superficie dell'acqua ed aggirai di poppa la formazione navale. Mi portai sulla costa africana ed all'altezza della baia di Abukir mossi all'attacco da Sud verso Nord, sicuro di realizzare la sorpresa perché evidentemente non poteva prevedersi l'arrivo di aerosiluranti da quella direzione. Pervenni a volo radente sull'acqua, a breve distanza dalla formazione navale, senza essere avvistato. Ma a un certo momento dovetti cabrare per alzarmi sulla superficie del mare e portarmi a 50 m, giusta quota di lancio del siluro e già a distanza di 1.000 metri, puntai contro la ''Queen Elizabeth''. Nel momento in cui sganciai il siluro vidi partire la prima cannonata e la prima raffica di mitragliera; non erano più di 800 m di distanza. Passai radente sulle torri della corazzata ''Barham'': sento ancora nelle orecchie lo sgranare del rosario delle mitragliere a 4 canne contro il mio velivolo che, però, rimase indenne. Ma quando mi trovai dalla parte opposta, fra le cannonate degli incrociatori e dei cacciatorpediniere le cose andarono diversamente. Il velivolo ebbe alcuni sussulti generati dall'onda balistica delle granate che scoppiavano intorno, finché, a un certo momento, avvertii un colpo sull'ala destra, dalla quale si staccarono alcuni frammenti. Allora l'aereo si inclinò sul lato destro, scadendo verso la superficie del mare. Tentai, manovrando gli alettoni, di riportarlo in volo orizzontale.»<ref>Citato in [[Martino Aichner]], ''Il Gruppo Buscaglia. {{small|Aerosiluranti italiani nella Seconda Guerra Mondiale}}'', Mursia, Milano, 1991, pp. 26-27. ISBN 88-425-0941-8</ref>
*«Da tempo attendevamo in linea di volo accanto agli apparecchi che [[Carlo Emanuele Buscaglia|Buscaglia]] arrivasse dal comando con l'ordine d'operazione. Sapevamo di essere giunti alle prove più dure della nostra specialità e non ci illudevamo gran che di uscirne salvi. Eravamo taciturni. Soltanto Angelucci cantava in continuazione con una strana serenità: "Mamma, solo per te la mia canzone vola...". Quando Buscaglia tornò, aveva come sempre predisposto meticolosamente l'azione. Ci informò con voce ferma e piana: "Il nostro obiettivo è Bougie. La baia pullula di navi da guerra e da carico. Dobbiamo preferibilmente attaccare le navi attraccate ai moli. Attaccheremo perciò da sud tenendoci possibilmente nelle gole dei monti per sfuggire ai radar e per sorprendere la difesa contraerea. Vengono con me: Graziani, [[Carlo Faggioni|Faggioni]] e Angelucci. Gli altri, pronti per le prossime azioni." Gli apparecchi erano già in moto. Cinque minuti dopo eravamo in volo.»<ref>Citato in Martino Aichner, ''Il Gruppo Buscaglia <small>Aerosiluranti italiani nella Seconda Guerra Mondiale</small>'', Mursia, Milano, 1991, p. 124.ISBN 88-425-0941-8</ref>
*«Da tempo attendevamo in linea di volo accanto agli apparecchi che [[Carlo Emanuele Buscaglia|Buscaglia]] arrivasse dal comando con l'ordine d'operazione. Sapevamo di essere giunti alle prove più dure della nostra specialità e non ci illudevamo gran che di uscirne salvi. Eravamo taciturni. Soltanto Angelucci cantava in continuazione con una strana serenità: "Mamma, solo per te la mia canzone vola...". Quando Buscaglia tornò, aveva come sempre predisposto meticolosamente l'azione. Ci informò con voce ferma e piana: "Il nostro obiettivo è Bougie. La baia pullula di navi da guerra e da carico. Dobbiamo preferibilmente attaccare le navi attraccate ai moli. Attaccheremo perciò da sud tenendoci possibilmente nelle gole dei monti per sfuggire ai radar e per sorprendere la difesa contraerea. Vengono con me: Graziani, [[Carlo Faggioni|Faggioni]] e Angelucci. Gli altri, pronti per le prossime azioni." Gli apparecchi erano già in moto. Cinque minuti dopo eravamo in volo.»<ref>Citato in Martino Aichner, ''Il Gruppo Buscaglia'', p. 124.</ref>
*«Le difficoltà di quei tempi stavano aumentando di giorno in giorno, gli equipaggi si diradavano sempre più e ai caduti si aggiungevano anche gli esauriti fisicamente e psichicamente. Altri ormai, senza alcun timore, confessavano che non se la sentivano più di rischiare la pelle. A questo elemento negativo che riguardava il personale, va aggiunto un altro elemento squisitamente logistico. In quell'epoca noi operavamo dalla base di Castelvetrano, però il più delle volte partivamo da Castelvetrano con l'ordine di andare ad atterrare in una base della Sardegna perché a Castelvetrano non c'erano più siluri; altre volte si partiva invece dalle basi della Sardegna con l'ordine di atterrare o su una base della Sicilia oppure a Pantelleria.»<ref>Citato in Martino Aichner, ''Il Gruppo Buscaglia <small>Aerosiluranti italiani nella Seconda Guerra Mondiale</small>'', Mursia, Milano, 1991, p. 141. ISBN 88-425-0941-8</ref>
*«Le difficoltà di quei tempi stavano aumentando di giorno in giorno, gli equipaggi si diradavano sempre più e ai caduti si aggiungevano anche gli esauriti fisicamente e psichicamente. Altri ormai, senza alcun timore, confessavano che non se la sentivano più di rischiare la pelle. A questo elemento negativo che riguardava il personale, va aggiunto un altro elemento squisitamente logistico. In quell'epoca noi operavamo dalla base di Castelvetrano, però il più delle volte partivamo da Castelvetrano con l'ordine di andare ad atterrare in una base della Sardegna perché a Castelvetrano non c'erano più siluri; altre volte si partiva invece dalle basi della Sardegna con l'ordine di atterrare o su una base della Sicilia oppure a Pantelleria.»<ref>Citato in Martino Aichner, ''Il Gruppo Buscaglia'', p. 141.</ref>


==Citazioni su Giulio Cesare Graziani==
==Citazioni su Giulio Cesare Graziani==

Versione delle 22:47, 26 nov 2019

Giulio Cesare Graziani (1915 – 1998), generale e aviatore italiano.

Citazioni di Giulio Cesare Graziani

Giulio Cesare Graziani
  • «La formazione era costituita da due corazzate, Queen Elizabeth e Barham, quattro incrociatori e dodici cacciatorpediniere di vario tonnellaggio. [...] Dopo circa due ore di volo avvistai le alte torri delle due corazzate, sul rilevamento di 340-350 gradi; mi mantenni basso sulla superficie dell'acqua ed aggirai di poppa la formazione navale. Mi portai sulla costa africana ed all'altezza della baia di Abukir mossi all'attacco da Sud verso Nord, sicuro di realizzare la sorpresa perché evidentemente non poteva prevedersi l'arrivo di aerosiluranti da quella direzione. Pervenni a volo radente sull'acqua, a breve distanza dalla formazione navale, senza essere avvistato. Ma a un certo momento dovetti cabrare per alzarmi sulla superficie del mare e portarmi a 50 m, giusta quota di lancio del siluro e già a distanza di 1.000 metri, puntai contro la Queen Elizabeth. Nel momento in cui sganciai il siluro vidi partire la prima cannonata e la prima raffica di mitragliera; non erano più di 800 m di distanza. Passai radente sulle torri della corazzata Barham: sento ancora nelle orecchie lo sgranare del rosario delle mitragliere a 4 canne contro il mio velivolo che, però, rimase indenne. Ma quando mi trovai dalla parte opposta, fra le cannonate degli incrociatori e dei cacciatorpediniere le cose andarono diversamente. Il velivolo ebbe alcuni sussulti generati dall'onda balistica delle granate che scoppiavano intorno, finché, a un certo momento, avvertii un colpo sull'ala destra, dalla quale si staccarono alcuni frammenti. Allora l'aereo si inclinò sul lato destro, scadendo verso la superficie del mare. Tentai, manovrando gli alettoni, di riportarlo in volo orizzontale.»[1]
  • «Da tempo attendevamo in linea di volo accanto agli apparecchi che Buscaglia arrivasse dal comando con l'ordine d'operazione. Sapevamo di essere giunti alle prove più dure della nostra specialità e non ci illudevamo gran che di uscirne salvi. Eravamo taciturni. Soltanto Angelucci cantava in continuazione con una strana serenità: "Mamma, solo per te la mia canzone vola...". Quando Buscaglia tornò, aveva come sempre predisposto meticolosamente l'azione. Ci informò con voce ferma e piana: "Il nostro obiettivo è Bougie. La baia pullula di navi da guerra e da carico. Dobbiamo preferibilmente attaccare le navi attraccate ai moli. Attaccheremo perciò da sud tenendoci possibilmente nelle gole dei monti per sfuggire ai radar e per sorprendere la difesa contraerea. Vengono con me: Graziani, Faggioni e Angelucci. Gli altri, pronti per le prossime azioni." Gli apparecchi erano già in moto. Cinque minuti dopo eravamo in volo.»[2]
  • «Le difficoltà di quei tempi stavano aumentando di giorno in giorno, gli equipaggi si diradavano sempre più e ai caduti si aggiungevano anche gli esauriti fisicamente e psichicamente. Altri ormai, senza alcun timore, confessavano che non se la sentivano più di rischiare la pelle. A questo elemento negativo che riguardava il personale, va aggiunto un altro elemento squisitamente logistico. In quell'epoca noi operavamo dalla base di Castelvetrano, però il più delle volte partivamo da Castelvetrano con l'ordine di andare ad atterrare in una base della Sardegna perché a Castelvetrano non c'erano più siluri; altre volte si partiva invece dalle basi della Sardegna con l'ordine di atterrare o su una base della Sicilia oppure a Pantelleria.»[3]

Citazioni su Giulio Cesare Graziani

Martino Aichner

  • Ad un tratto, il rombo ritmico di un S 79, poi subito un altro e un altro ancora, ed ecco alla fine tutta la formazione; no, non tutta! Sono soltanto undici e ne erano partiti tredici. I velivoli vengono all'atterraggio uno alla volta, ma il ritmo degli atterraggi e dei giri è diverso da quello delle rituali esercitazioni di addestramento. Ora è più nervoso; qualche velivolo viene all'atterraggio in ritardo, qualche altro atterra in coda a quello che lo precede. Le norme di prudenza, ripetute mille volte alla scuola e dal comandante di addestramento, non vengono più rispettate. Corro incontro al primo velivolo; è quello di Graziani che mi fa segni dal posto di pilotaggio che non riesco a capire. Lo rincorro, mentre si dirige al proprio parcheggio; dal velivolo non ancora fermo Graziani scende precipitosamente e mi investe: «Fa' presto, arrivano dei velivoli con feriti a bordo; fa' venire le autoambulanze e i vigili del fuoco.» Mi precipito al comando con la camionetta del campo e subito l'autoambulanza e il carro dei vigili del fuoco si spostano verso il fondo pista.
  • Ai primi di ottobre ricevo una lettera di Faggioni; m'invita a raggiungerlo a Firenze dove sta ricostituendo il gruppo Buscaglia nella Repubblica Sociale Italiana. Contemporaneamente mi arriva un messaggio di Graziani: «Me ne vado al sud per continuare a combattere per l'Italia». Qual è la strada giusta? Due combattenti valorosi, due uomini giusti, due amici. Uno al nord, l'altro al sud. Entrambi ancora impegnati in una guerra accanita, condotta con la lealtà, l'impegno, la serietà di sempre. Faggioni compirà alcune azioni di siluramento al limite tra il nostro concetto del coraggio ed il suicidio dei kamikaze, finché ad Anzio, in una sfida a un'intera flotta da sbarco, immolerà la sua nobile e felice vita. Graziani si butterà con la foga e l'impegno abituali nel fuoco dei bombardamenti sui Balcani.
  • Al caffè mi arriva una telefonata del tenente Graziani. «Giovanotto, ti sei già dimenticato di noi e ti dai agli alti comandi; guarda che il capo vuole vederti; vieni giù appena possibile; congratulazioni per la brillante azione, arrivederci.» Raccolgo l'equipaggio che sta scialando in uno dei più noti ristoranti della città. Graziani ci aspetta davanti alla baracca del comando di gruppo. «E così neanche i pesci vi hanno voluto?» «Siamo troppo magri, comandante; deve migliorare le nostre mense.» Graziani stringe le mani a tutti, congratulandosi per lo scampato pericolo. «Tu Aichner, va' dal comandante che ti sta aspettando, voi invece venite con me.»
  • Come Buscaglia e Faggioni, Graziani manifesta sempre un'estrema sicurezza di riuscire a farcela: per loro sembra non aver valore quel calcolo statistico compilato da qualcuno che rivela che la media delle azioni dalle quali si può tornare vivi è di tre o quattro al massimo; questa media si rivelerà purtroppo esatta per il nostro reparto, che alla fine del ciclo operativo si ritroverà con otto equipaggi superstiti dei venti con i quali era partito.
  • Con questa dichiarazione del nostro ministro della Difesa, "concordemente" condivisa dagli organi della difesa britannica, avevo finalmente ottenuto il riconoscimento della verità che non riguardava soltanto una mia personale ambizione, ma spettava a tutto il valoroso equipaggio, al mio glorioso reparto e in definitiva a tutta l'aeronautica militare italiana. Il mio comandante di squadriglia, che nel frattempo era salito ai più alti gradi della gerarchia dell'aeronautica militare, il generale Giulio Cesare Graziani (che fu, tra l'altro, il pilota più decorato d'Italia nel secondo conflitto mondiale), appena conosciuta la notizia, con la generosità che lo distingue, compilò subito (dicembre 1966) una proposta di commutazione della ricompensa al Valor Militare da medaglia d'argento a medaglia d'oro...
  • La sera Graziani mi prende sotto braccio: «Faggioni mi ha raccontato tutto; premetto che non ti faccio rapporto perché è la prima volta che ho l'occasione di parlare con te di problemi di lavoro e perché Buscaglia se la prenderebbe anche con Faggioni che ha avuto la debolezza di volerti insegnare cose che non servono a fare la guerra.» Posso spiegargli tutto con calma e incontro la sua piena fiducia. «Meglio così, però ricordati che questi "esperimenti" non servono a fare la guerra. Nei prossimi giorni allenati con il tuo equipaggio, vedi di amalgamarlo e di conquistarne la fiducia: soltanto allora potrai prender parte ad azioni di guerra con possibilità di successo e anche di riportare a casa la pelle.»

Note

  1. Citato in Martino Aichner, Il Gruppo Buscaglia. Aerosiluranti italiani nella Seconda Guerra Mondiale, Mursia, Milano, 1991, pp. 26-27. ISBN 88-425-0941-8
  2. Citato in Martino Aichner, Il Gruppo Buscaglia, p. 124.
  3. Citato in Martino Aichner, Il Gruppo Buscaglia, p. 141.

Voci correlate

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