José Ortega y Gasset: differenze tra le versioni

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==Citazioni di José Ortega y Gasset==
==Citazioni di José Ortega y Gasset==
* [...] questo [[Monastero dell'Escorial|Escorial]], rigoroso impero della pietra e della geometria in cui ho collocato la mia anima [...]<ref>Da ''Il tema del nostro tempo'', traduzione di A. Lozano Maneiro e C. Rocco, SugarCo, Milano, 1985, citato in Eusebio Ciccotti, in ''La "Dottrina del punto di vista" in J. Ortega Y Gasset. {{small|Una lettura estetica tra letteratura e cinema}}'', ''Rivista di estetica'', n. 44, 2010, ''[https://journals.openedition.org/estetica/1680 journals.openedition.org/estetica/1680]''.</ref>
*Il [[liberalismo]] prima che una questione di più o di meno in politica, è un'idea radicale della vita: è credere che ogni essere umano debba essere libero di soddisfare la propria individualità e il proprio destino intrasferibile.<ref>Da ''Lo spettatore''.</ref>
*Il [[liberalismo]] prima che una questione di più o di meno in politica, è un'idea radicale della vita: è credere che ogni essere umano debba essere libero di soddisfare la propria individualità e il proprio destino intrasferibile.<ref>Da ''Lo spettatore''.</ref>
*L'europeo è rimasto solo, senza uno spirito vivo al suo fianco.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della politica'', traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 250. ISBN 9788858019429</ref>
*L'europeo è rimasto solo, senza uno spirito vivo al suo fianco.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della politica'', traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 250. ISBN 9788858019429</ref>
*La bellezza che seduce coincide poche volte con la bellezza che fa innamorare.<ref name=diz/>
*La bellezza che seduce coincide poche volte con la bellezza che fa innamorare.<ref name=diz/>
*{{NDR|L'[[Monastero dell'Escorial|Escorial]]}} [...] la nostra grande roccia lirica.<ref>Citato in Jean Babelon, ''Jacopo da Trezzo e la costruzione de L'Escorial. {{small|Saggio sulle arti alla corte di Filippo II}}'', traduzione e revisione delle note con aggiunta di nuove immagini di Eleonora Mauri e Pasquale Villa, Diogene Edizioni, Pomigliano d'Arco, 2015, [https://books.google.it/books?id=8CFFCQAAQBAJ&lpg=PA31&ots=G0KAKmCxHQ&dq=&pg=PA31#v=onepage&q&f=false p. 31]. ISBN 978-88-6647-108-0</ref>
*La scienza consiste nel sostituire im sapere che sembrava ormai certo, con una teoria, ovvero con qualcosa di problematico.<ref name=diz/>
*La scienza consiste nel sostituire im sapere che sembrava ormai certo, con una teoria, ovvero con qualcosa di problematico.<ref name=diz/>
*La secca legge dell'arte è questa: «Ne quid nimis», niente più del necessario. Tutto ciò che è superfluo, tutto quello che possiamo sopprimere senza che la sostanza ne risenta, è contrario all'esistenza della bellezza.<ref name=diz>Citato in ''Dizionario delle citazioni'', a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 14603-X</ref>
*La secca legge dell'arte è questa: «Ne quid nimis», niente più del necessario. Tutto ciò che è superfluo, tutto quello che possiamo sopprimere senza che la sostanza ne risenta, è contrario all'esistenza della bellezza.<ref name=diz>Citato in ''Dizionario delle citazioni'', a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 14603-X</ref>
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*Non si può dire che il poeta insegua la verità, visto che la crea.<ref name=diz/>
*Non si può dire che il poeta insegua la verità, visto che la crea.<ref name=diz/>
*Quando si parla di [[Diego Velázquez|Velázquez]] si dice sempre che dipingeva l'aria, l'ambiente, eccetera. Io non credo a nulla di tutto questo e non mi sono mai accorto che si sia chiarito ciò che si intende enunciare con siffatte espressioni. L'effetto aereo delle sue figure è dovuto semplicemente all'indecisione di profili e di superfici in cui le lascia. Ai suoi contemporanei pareva che fossero rimaste "non finite" di dipingere, e a questo appunto è dovuto il fatto che Velázquez non fu popolare ai tempi suoi. Aveva fatto la scoperta più "impopolare": che la realtà si differenzia dal mito, nell'ambito del quale non è mai del tutto "finita".<ref>Da ''Velázquez'', 1953. Citato in ''Velázquez'', I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pp. 183-188, Rizzoli/Skira, Milano, 2003.</ref>
*Quando si parla di [[Diego Velázquez|Velázquez]] si dice sempre che dipingeva l'aria, l'ambiente, eccetera. Io non credo a nulla di tutto questo e non mi sono mai accorto che si sia chiarito ciò che si intende enunciare con siffatte espressioni. L'effetto aereo delle sue figure è dovuto semplicemente all'indecisione di profili e di superfici in cui le lascia. Ai suoi contemporanei pareva che fossero rimaste "non finite" di dipingere, e a questo appunto è dovuto il fatto che Velázquez non fu popolare ai tempi suoi. Aveva fatto la scoperta più "impopolare": che la realtà si differenzia dal mito, nell'ambito del quale non è mai del tutto "finita".<ref>Da ''Velázquez'', 1953. Citato in ''Velázquez'', I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pp. 183-188, Rizzoli/Skira, Milano, 2003.</ref>
*[...] questo [[Monastero dell'Escorial|Escorial]], rigoroso impero della pietra e della geometria in cui ho collocato la mia anima [...]<ref>Da ''Il tema del nostro tempo'', traduzione di A. Lozano Maneiro e C. Rocco, SugarCo, Milano, 1985, citato in Eusebio Ciccotti, in ''La "Dottrina del punto di vista" in J. Ortega Y Gasset. {{small|Una lettura estetica tra letteratura e cinema}}'', ''Rivista di estetica'', n. 44, 2010, ''[https://journals.openedition.org/estetica/1680 journals.openedition.org/estetica/1680]''.</ref>
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Versione delle 22:29, 12 apr 2020

José Ortega y Gasset

José Ortega y Gasset (1883 – 1956), filosofo spagnolo.

Citazioni di José Ortega y Gasset

  • Il liberalismo prima che una questione di più o di meno in politica, è un'idea radicale della vita: è credere che ogni essere umano debba essere libero di soddisfare la propria individualità e il proprio destino intrasferibile.[1]
  • L'europeo è rimasto solo, senza uno spirito vivo al suo fianco.[2]
  • La bellezza che seduce coincide poche volte con la bellezza che fa innamorare.[3]
  • [L'Escorial] [...] la nostra grande roccia lirica.[4]
  • La scienza consiste nel sostituire im sapere che sembrava ormai certo, con una teoria, ovvero con qualcosa di problematico.[3]
  • La secca legge dell'arte è questa: «Ne quid nimis», niente più del necessario. Tutto ciò che è superfluo, tutto quello che possiamo sopprimere senza che la sostanza ne risenta, è contrario all'esistenza della bellezza.[3]
  • Non è la fame, ma, al contrario, l'abbondanza, l'eccesso di energia, a provocare la guerra.[3]
  • Non si può dire che il poeta insegua la verità, visto che la crea.[3]
  • Quando si parla di Velázquez si dice sempre che dipingeva l'aria, l'ambiente, eccetera. Io non credo a nulla di tutto questo e non mi sono mai accorto che si sia chiarito ciò che si intende enunciare con siffatte espressioni. L'effetto aereo delle sue figure è dovuto semplicemente all'indecisione di profili e di superfici in cui le lascia. Ai suoi contemporanei pareva che fossero rimaste "non finite" di dipingere, e a questo appunto è dovuto il fatto che Velázquez non fu popolare ai tempi suoi. Aveva fatto la scoperta più "impopolare": che la realtà si differenzia dal mito, nell'ambito del quale non è mai del tutto "finita".[5]
  • [...] questo Escorial, rigoroso impero della pietra e della geometria in cui ho collocato la mia anima [...][6]
  • Saper comandare a se stessi è la prima condizione per poter comandare agli altri.[7]
  • Se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni.[7]
  • Sorprendersi, stupirsi, è iniziare a capire.[8]
  • Vita umana, in senso proprio ed originale, è quella di ognuno, vista dal di dentro; pertanto, è sempre la mia, è personale.[9]

Citato in Gabriele Morelli, LUDUS gioco, sport, cinema nell'avanguardia spagnola

Jaca book, Milano, pp. 13-32. ISBN 88-16-95097-8

  • Il sintomo generale del nuovo stile che traspare in tutte le sue multiformi manifestazioni consiste nel fatto che l'arte abbia sgomberato dalla zona seria della vita, ha smesso di essere un centro di gravitazione vitale. (p. 23)
  • Se invece di prendere sul serio l'arte, la prendessimo per quel che è, come intrattenimento, un gioco, una diversione, l'opera artistica guadagnerebbe così tutta la sua ammaliante riverberazione. (p. 24)
  • Per i vecchi, la mancanza di serietà della nuova arte è un difetto che è sufficiente ad annullarla; mentre per i giovani, questa mancanza di serietà, è il sommo valore dell'arte, e, di conseguenza, cercano di commetterla in modo più deciso e premeditato. (p. 24)
  • Al lavoro si contrappone un altro tipo di sforzo che non nasce da un'imposizione, ma da un impulso veramente libero e generoso della potenza vitale: lo sport [...] Si tratta di uno sforzo lussuoso, che si dà a mani piene senza speranza di ricompensa, come il traboccare di un'intima energia. Perciò la qualità dello sforzo sportivo è sempre egregia, squisita. (p. 25)
  • Alle opere veramente preziose si perviene soltanto tramite la mediazione di questo sforzo antieconomico (lo sport), i cui sublimi risultati sono: la creazione scientifica e artistica, l'eroismo politico e morale, la santità religiosa. (p. 25)
  • Decrescerà, per quanto possibile, il gesto triste del lavoro che pretende giustificarsi con patetiche considerazioni riguardanti i doveri umani e il sacro lavoro della cultura. [L'artista] otterrà le sue splendide creazioni scherzando e senza darle grande importanza. Il poeta tratterà la sua propria arte con la punta del piede, come un buon calciatore. Nel corso di tutto il secolo XIX si è assistito ad un amaro gesto del giorno feriale. Oggi i giovani sembrano disposti a dare alla vita un aspetto imperturbabile di giorno festivo. (p. 26)
  • Nell'insieme, quando si introduce un nuovo termine, muta la gerarchia di ciò che resta. Allo stesso modo, nel sistema spontaneo di valutazioni che l'uomo nuovo porta con sé, di cui è parte integrante, è apparso un nuovo valore – il vitale –, che per la semplice presenza deprime tutto il resto. (p. 26)
  • Invece di indurre il giovane a prodezze patetiche di falsa gesticolazione solenne, io gli direi: "amico mio: scienza, arte, morale inclusa, non sono cose serie, solennità sacerdotali. Si tratta meramente di un gioco". (p. 30)
  • La cultura non è figlia del lavoro ma dello sport. Si sa bene che attualmente mi trovo solo tra i miei contemporanei nell'affermare che la forma superiore dell'esistenza umana è proprio lo sport. (pp. 36-37)
  • Lo sport è sforzo fatto liberamente, per pura soddisfazione in sé, mentre il lavoro è uno sforzo a cui si è costretti in vista del suo rendimento. (p. 37)

Aurora della ragione storica

  • Che l'uomo abbia bisogno di sapere, che abbia bisogno, lo voglia o no, di darsi da fare con i mezzi intellettuali di cui dispone, è quel che indubitabilmente costituisce la condizione umana.
  • È tempo che la storia abbandoni lo psicologismo e il soggettivismo in cui si disperdono i più acuti lavori contemporanei e riconosca che la sua missione è quella di ricostruire le condizioni oggettive in cui gli individui, i soggetti umani si trovano immersi.
  • Vivere significa, fin dall'inizio, essere costretti ad interpretare la nostra vita.

Il tema del nostro tempo

  • Abbiamo il dovere di presentire il nuovo, e dobbiamo trovare anche il coraggio di affermarlo.
  • Il senso della vita, quindi, non è altro che accettare ognuno la propria circostanza e, nell'accettarla, trasformarla in una creazione nostra. L'uomo è l'essere condannato a tradurre la necessità in libertà.
  • La condizione dell'uomo è, in verità, stupefacente. Non gli viene data né gli è imposta la forma della sua vita come viene imposta all'astro e all'albero la forma del loro essere. L'uomo deve scegliersi in ogni istante la sua. È, per forza, libero.

Incipit de L'uomo e la gente

Si tratta di questo: gli uomini, oggi, parlano continuamente di diritti e di leggi, di stato, di nazione e internazionalismo [...], pacifismo e bellicismo [...]. giustizia e ingiustizia sociale [...], autoritarismo, individualismo ecc. E non solo parlano, ma discutono. E non solo discutono ma, per le cose che quelle parole significano, combattono. E accade che combattendo s'ammazzino gli uni con gli altri a centinaia, a milioni.[10]

La ribellione delle masse

  • Definirsi di destra o di sinistra è uno dei modi che un uomo ha per autoproclamarsi imbecille.
Ser de la izquierda es, como ser de la derecha, una de las infinitas maneras que el hombre puede elegir para ser un imbécil.
  • È stato l'individualismo che ha arricchito il mondo e tutti gli uomini del mondo.
  • Essere della sinistra è, come essere della destra, una delle infinite maniere che l'uomo può scegliere per essere imbecille: ambedue, in effetti, sono forme dell'emiplegia morale.
  • L'anima volgare, riconoscendosi volgare, ha l'audacia d'affermare il diritto alla volgarità e lo impone dovunque.
  • La cosa importante è la memoria degli errori, che ci consente di non commettere sempre gli stessi.
  • La filosofia non ha bisogno né di protezione, né di attenzione, né di simpatia da parte delle masse. Cura il suo aspetto di perfetta inutilità; e con ciò si affranca da ogni soggezione all'uomo-medio. Sa di essere per essenza problematica, e abbraccia allegramente il suo libero destino di uccello del buon Dio, senza chiedere a nessuno che l'accetti, senza raccomandarsi né difendersi.
  • La libertà ha sempre significato in Europa una franchigia per essere chi autenticamente siamo.
  • La missione del così detto «intellettuale» è, in un certo modo, opposta a quella del politico. L'opera intellettuale aspira, frequentemente invano, a chiarire un poco le cose, mentre quella del politico suole, al contrario, consistere nel confonderle più di quanto non lo siano.
  • La salute delle democrazie, qualunque siano il loro tipo e il loro grado, dipende da un misero particolare tecnico: il procedimento elettorale. Tutto il resto è secondario.
  • La storia della corrida è legata a quella della Spagna, tanto che senza conoscere la prima è impossibile capire la seconda.
La historia del toreo está ligada a la de España, tanto que sin conocer la primera, resultará imposible comprender la segunda.
  • Le città sono piene di gente. Le case piene di inquilini. Gli alberghi pieni di ospiti. I treni pieni di viaggiatori. I caffè pieni di consumatori. Le strade piene di passanti. Le anticamere dei medici piene di ammalati. Gli spettacoli pieni di spettatori [...] La moltitudine, improvvisamente, s'è fatta visibile [...] Prima, se esisteva, passava inavvertita, occupava il fondo dello scenario sociale; adesso c'è avanzata nelle prime linee, è essa stessa il personaggio principale. Ormai non ci sono più protagonisti: c'è soltanto un coro.
  • Non c'è modo di sloggiare l'ottuso dalla sua ottusità [...] L'ottuso lo è a vita e senza respiro. Per questo diceva Anatole France che un imbecille è più funesto d'un malvagio: perché il malvagio qualche volta si riposa, l'imbecille mai.

Meditazioni del Chisciotte

  • Ogni cosa concreta è costituita da una somma infinita di relazioni. Le scienze procedono discorsivamente, cercano ad una ad una queste relazioni, e, pertanto, avranno bisogno di un tempo infinito per esaurirle tutte. È questa la vera tragedia della scienza: lavorare per un risultato che non raggiungerà mai pienamente. (p. 8)
  • C'è chi considera nulla ciò che è piccolo: per essi non sarà grande nemmeno ciò che è grande. (p. 43)
  • [...] in certi quadri di Zuloaga passa soffiando fieramente un vento irresistibile, terrificante, barbaro; un alito caldo che sembra giungere da inospitali deserti, o gelido, come se discendesse dai ghiacciai. In tutti i modi, una corrente di qualcosa, di un qualcosa di così vigoroso, così sostanziale, così evidente e necessario che, opprimendo nella tela ciò che è dipinto, lo rapprende, lo stringe su se stesso, gli dà peso esistenziale, solidità, necessità. Di alcuni quadri di Zuloaga si potrebbe dire che sono come stretti passaggi attraverso i quali irrompe tempestosamente un dinamismo superiore ad essi e da essi indipendente. (pp. 261-262)
  • Il disegno di Zuloaga è pura forza viva: un cavaliere dalla sensibilità chisciottesca che accorre lì dove le cose sopportano maggior violenza dalle potenze inerti, vendicatore dei torti originati dalla materia, e soprattutto del più grave: la trivialità, l'inespressività. Questo lirico sforzo del disegno consiste nel disarticolare le forme triviali, le forme materializzate, e con lieve tocco articolarle secondo lo Spirito. (p. 264)
  • Quanto più superficiale è un'intelligenza, maggior propensione mostrerà a qualificare le discussioni come mere dispute verbali. (p. 337)
  • Io sono me stesso e le mie circostanze.[11]
Yo soy yo y mi circunstancia, y si no la salvo a ella no me salvo yo.[12]

Note

  1. Da Lo spettatore.
  2. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 250. ISBN 9788858019429
  3. a b c d e Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 14603-X
  4. Citato in Jean Babelon, Jacopo da Trezzo e la costruzione de L'Escorial. Saggio sulle arti alla corte di Filippo II, traduzione e revisione delle note con aggiunta di nuove immagini di Eleonora Mauri e Pasquale Villa, Diogene Edizioni, Pomigliano d'Arco, 2015, p. 31. ISBN 978-88-6647-108-0
  5. Da Velázquez, 1953. Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pp. 183-188, Rizzoli/Skira, Milano, 2003.
  6. Da Il tema del nostro tempo, traduzione di A. Lozano Maneiro e C. Rocco, SugarCo, Milano, 1985, citato in Eusebio Ciccotti, in La "Dottrina del punto di vista" in J. Ortega Y Gasset. Una lettura estetica tra letteratura e cinema, Rivista di estetica, n. 44, 2010, journals.openedition.org/estetica/1680.
  7. a b Citato in Guido Almansi, Il filosofo portatile, TEA, Milano, 1991.
  8. Citato in Giovanni Ricler, Aforismi per vivere felici, Barbera Editore, p. 310.
  9. Da L'uomo e la gente.
  10. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.
  11. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 243. ISBN 9788858014165
  12. Meditaciones del Quijote, opere complete, Vol. I. ISBN 84-306-0569-X (opera completa) ISBN 84-306-0568-1 (tomo I) Ed. Taurus/Fundación José Ortega y Gasset, Madrid, 2004, p. 757.

Bibliografia

  • José Ortega y Gasset, Il tema del nostro tempo, a cura di Claudio Rocco, SugarCo Edizioni, Milano.
  • José Ortega y Gasset, Meditazioni del Chisciotte, introduzione di Otello Lottini, traduzione di Bruno Arpaia, Guida, Napoli, 1986.
  • José Ortega y Gasset, Aurora della ragione storica, traduzione di Leonardo Rossi, SugarCo, Milano.
  • José Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, traduzione di Salvatore Battaglia e Cesare Greppi, SE, Milano, 2001.
  • José Ortega y Gasset, Lo spettatore, a cura di Carlo Bo, Bompiani, Milano.
  • José Ortega y Gasset, L'uomo e la gente, traduzione di L. Infantino, Armando Editore, Roma.

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