Flavio Felice: differenze tra le versioni

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*Al centro della ricerca della Himmelfarb troviamo l’interesse per l’epoca vittoriana e per quelle virtù borghesi che hanno animato "l’esperimento americano" e che, agli occhi della storica statunitense, avrebbero dovuto continuare a nutrire la cultura politica liberale: l’operosità, l’[[umiltà]], il senso di responsabilità, la [[prudenza]], la [[temperanza]]. [...] L’analisi della Himmelfarb mira a prendere di petto il "paradosso del [[liberalismo]]" e a denunciare come la pretesa [[neutralità]] morale nell’arena civile, in nome di una libertà incolore che si consuma nell’astenia di una ''"naked public square"'', altro non sia che il suicidio del liberalismo e la resa a forme inedite di violenza politica, nel nome di un sempre redivivo “dio mortale”.<ref>Da [https://www.politicainsieme.com/himmelfarb-la-storica-usa-del-liberalismo-di-flavio-felice/ ''Himmelfarb. lastorica USA del liberalismo''], ''Avvenire'', 5 gennaio 2020.</ref>
*Al centro della ricerca della Himmelfarb troviamo l’interesse per l’epoca vittoriana e per quelle virtù borghesi che hanno animato "l’esperimento americano" e che, agli occhi della storica statunitense, avrebbero dovuto continuare a nutrire la cultura politica liberale: l’operosità, l’[[umiltà]], il senso di responsabilità, la [[prudenza]], la [[temperanza]]. [...] L’analisi della Himmelfarb mira a prendere di petto il "paradosso del [[liberalismo]]" e a denunciare come la pretesa [[neutralità]] morale nell’arena civile, in nome di una libertà incolore che si consuma nell’astenia di una ''"naked public square"'', altro non sia che il suicidio del liberalismo e la resa a forme inedite di violenza politica, nel nome di un sempre redivivo “dio mortale”.<ref>Da [https://www.politicainsieme.com/himmelfarb-la-storica-usa-del-liberalismo-di-flavio-felice/ ''Himmelfarb. lastorica USA del liberalismo''], ''Avvenire'', 5 gennaio 2020.</ref>
*È chiaro che una possibile forma di unità dei cattolici italiani in politica necessita di una condizione preliminare, la reiterata scelta “aconfessionale” dell’azione politica, così come don Luigi Sturzo ebbe il coraggio e la capacità di fare in occasione della fondazione del Partito Popolare. "Aconfessionalità" nel senso di autonomia da possibili ingerenze da parte delle gerarchie di ogni ordine e grado: programma, classe dirigente e obiettivi definiti in autonomia dai laici cattolici. La condizione preliminare è che i laici cattolici italiani dimostrino di essere sufficientemente maturi di assumersi la responsabilità della direzione strategica del loro Paese: famiglia, scuola, impresa, lavoro, concorrenza, corruzione, rapporti internazionali e via dicendo, senza attendersi il sostegno, l'imprimatur e le linee guida dalle gerarchie, le quali sarebbero così finalmente libere dalla necessità di mettere le mani nella melma della politica (quest’ultima è un’espressione di Sturzo). Questa fu la condizione che rese possibile la nascita del partito che per primo seppe rappresentare i principi, i valori e gli interessi dei laici cattolici italiani e anche per questa ragione Sturzo dovette scontare ventidue anni di esilio durante il ventennio fascista. Quindi, rispetto al metodo, "aconfessionalità" che significa – sturzianamente – tanto "intransigenza" quanto "discernimento" rispetto ai principi della Dottrina sociale della Chiesa con i quali selezionare la classe dirigente e i punti fondamentali dell’agenda programmatica e, nel contempo, metodo "popolare" (democratico) nell’articolazione della struttura organizzativa, affinché sia aperta e le sue cariche contendibili mediante un processo competitivo.<ref>Dall'intervista di Rocco Gumina, [https://www.radiocl1.it/intraprendere-la-via-istituzionale-della-carita-intervista-al-prof-flavio-felice/ ''"Intraprendere la via istituzionale della carità"''], ''Radio CL1'', 7 agosto 2017.</ref>
*È chiaro che una possibile forma di unità dei cattolici italiani in politica necessita di una condizione preliminare, la reiterata scelta “aconfessionale” dell’azione politica, così come don Luigi Sturzo ebbe il coraggio e la capacità di fare in occasione della fondazione del Partito Popolare. "Aconfessionalità" nel senso di autonomia da possibili ingerenze da parte delle gerarchie di ogni ordine e grado: programma, classe dirigente e obiettivi definiti in autonomia dai laici cattolici. La condizione preliminare è che i laici cattolici italiani dimostrino di essere sufficientemente maturi di assumersi la responsabilità della direzione strategica del loro Paese: famiglia, scuola, impresa, lavoro, concorrenza, corruzione, rapporti internazionali e via dicendo, senza attendersi il sostegno, l'imprimatur e le linee guida dalle gerarchie, le quali sarebbero così finalmente libere dalla necessità di mettere le mani nella melma della politica (quest’ultima è un’espressione di Sturzo). Questa fu la condizione che rese possibile la nascita del partito che per primo seppe rappresentare i principi, i valori e gli interessi dei laici cattolici italiani e anche per questa ragione Sturzo dovette scontare ventidue anni di esilio durante il ventennio fascista. Quindi, rispetto al metodo, "aconfessionalità" che significa – sturzianamente – tanto "intransigenza" quanto "discernimento" rispetto ai principi della Dottrina sociale della Chiesa con i quali selezionare la classe dirigente e i punti fondamentali dell’agenda programmatica e, nel contempo, metodo "popolare" (democratico) nell’articolazione della struttura organizzativa, affinché sia aperta e le sue cariche contendibili mediante un processo competitivo.<ref>Dall'intervista di Rocco Gumina, [https://www.radiocl1.it/intraprendere-la-via-istituzionale-della-carita-intervista-al-prof-flavio-felice/ ''"Intraprendere la via istituzionale della carità"''], ''Radio CL1'', 7 agosto 2017.</ref>
*La Dottrina sociale della Chiesa esprime in primo luogo una dimensione normativa, in forza di una chiara idea di uomo: immagine visibile del Dio invisibile. In tal senso, la Dottrina dialoga costruttivamente con tutte quelle prospettive economiche contemporanee che esprimono uno statuto [[epistemologia|epistemologico]] al centro del quale troviamo il valore dell'azione della persona piuttosto che aggregati e funzioni collettive: si pensi in tal senso all'economia sociale di mercato, come ricordato di recente dallo stesso Papa Francesco.<ref name="Avvenire,10agosto2016">Dall'intervista di Costantino Coros, [http://www.centesimusannus.org/media/2prkw1476277217.pdf ''Dottrina sociale della Chiesa: faro per una crescita più incisiva''], ''Avvenire'', 10 agosto 2016.</ref>
*[..] la Dottrina sociale della Chiesa esprime in primo luogo una dimensione normativa, in forza di una chiara idea di uomo: immagine visibile del Dio invisibile. In tal senso, la Dottrina dialoga costruttivamente con tutte quelle prospettive economiche contemporanee che esprimono uno statuto [[epistemologia|epistemologico]] al centro del quale troviamo il valore dell'azione della persona piuttosto che aggregati e funzioni collettive: si pensi in tal senso all'economia sociale di mercato, come ricordato di recente dallo stesso Papa Francesco.<ref name="Avvenire,10agosto2016">Dall'intervista di Costantino Coros, [http://www.centesimusannus.org/media/2prkw1476277217.pdf ''Dottrina sociale della Chiesa: faro per una crescita più incisiva''], ''Avvenire'', 10 agosto 2016.</ref>
*Lo sviluppo integrale non è riducibile alla mera crescita economica perché il primo presuppone una dimensione meta-economica che il mercato non produce da sé; come, tra gli altri, ci hanno insegnato i padri dell'economia sociale di mercato, a partire da [[Wilhelm Röpke]] e da [[Luigi Sturzo]]. In pratica, significa ammettere che si possa dare una crescita senza lo sviluppo, perché esiste un profitto di [[monopolio]], un profitto di [[guerra]]; perché esiste il profitto di chi pretende di raccogliere senza aver prima seminato, di chi si approfitta delle strette relazioni con il potere, di chi devasta la terra, di chi traffica in droga e in armi; perché esiste un profitto di chi consuma in modo dissennato le ricchezze prodotte dalle generazioni precedenti e di chi scarica i costi del presente sulle generazioni future.<ref name="Avvenire,10agosto2016" />
*Lo sviluppo integrale non è riducibile alla mera crescita economica perché il primo presuppone una dimensione meta-economica che il mercato non produce da sé; come, tra gli altri, ci hanno insegnato i padri dell'economia sociale di mercato, a partire da [[Wilhelm Röpke]] e da [[Luigi Sturzo]]. In pratica, significa ammettere che si possa dare una crescita senza lo sviluppo, perché esiste un profitto di [[monopolio]], un profitto di [[guerra]]; perché esiste il profitto di chi pretende di raccogliere senza aver prima seminato, di chi si approfitta delle strette relazioni con il potere, di chi devasta la terra, di chi traffica in droga e in armi; perché esiste un profitto di chi consuma in modo dissennato le ricchezze prodotte dalle generazioni precedenti e di chi scarica i costi del presente sulle generazioni future.<ref name="Avvenire,10agosto2016" />
*[[Luigi Sturzo|Sturzo]] è attualissimo per la sua carica ideale a favore di un processo democratico che venga dal basso, rispetto ad un'idea di [[democrazia]] calata dall'alto. Il distacco tra le élite e il popolo è la spiegazione del proliferare attuale dei movimenti populistici. Ecco, il [[popolarismo]] di Sturzo è proprio l'antidoto al populismo, è l'antidoto alla malattia delle democrazie: l'essere risucchiate dal circolo vizioso delle istituzioni estrattive, dalla legge ferrea delle [[oligarchia|oligarchie]]. Però a essere sinceri Sturzo è stato studiato in modo insufficiente e divulgato ancora meno. L'accademia gli ha dato poco spazio e gliene ha dato poco anche il mondo cattolico. La stessa Dc alla fine lo mise in un angolo e le gerarchie lo trovavano scomodo, avendo teorizzato e praticato l'autonomia dei laici in politica dalle gerarchie ecclesiastiche: l'aconfessionalità.<ref>Citato in Matteo Sacchi, [https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/sturzo-liberale-che-riport-i-cattolici-italiani-politica-1737216.html ''Sturzo, il liberale che riportò i cattolici italiani in politica''], ''Il Giornale'', 7 ottobre 2019.</ref>
*[[Luigi Sturzo|Sturzo]] è attualissimo per la sua carica ideale a favore di un processo democratico che venga dal basso, rispetto ad un'idea di [[democrazia]] calata dall'alto. Il distacco tra le élite e il popolo è la spiegazione del proliferare attuale dei movimenti populistici. Ecco, il [[popolarismo]] di Sturzo è proprio l'antidoto al populismo, è l'antidoto alla malattia delle democrazie: l'essere risucchiate dal circolo vizioso delle istituzioni estrattive, dalla legge ferrea delle [[oligarchia|oligarchie]]. Però a essere sinceri Sturzo è stato studiato in modo insufficiente e divulgato ancora meno. L'accademia gli ha dato poco spazio e gliene ha dato poco anche il mondo cattolico. La stessa Dc alla fine lo mise in un angolo e le gerarchie lo trovavano scomodo, avendo teorizzato e praticato l'autonomia dei laici in politica dalle gerarchie ecclesiastiche: l'aconfessionalità.<ref>Citato in Matteo Sacchi, [https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/sturzo-liberale-che-riport-i-cattolici-italiani-politica-1737216.html ''Sturzo, il liberale che riportò i cattolici italiani in politica''], ''Il Giornale'', 7 ottobre 2019.</ref>

Versione delle 20:13, 2 mag 2020

Flavio Felice (1969 – vivente), storico e politologo cattolico italiano.

Citazioni di Flavio Felice

  • Al centro della ricerca della Himmelfarb troviamo l’interesse per l’epoca vittoriana e per quelle virtù borghesi che hanno animato "l’esperimento americano" e che, agli occhi della storica statunitense, avrebbero dovuto continuare a nutrire la cultura politica liberale: l’operosità, l’umiltà, il senso di responsabilità, la prudenza, la temperanza. [...] L’analisi della Himmelfarb mira a prendere di petto il "paradosso del liberalismo" e a denunciare come la pretesa neutralità morale nell’arena civile, in nome di una libertà incolore che si consuma nell’astenia di una "naked public square", altro non sia che il suicidio del liberalismo e la resa a forme inedite di violenza politica, nel nome di un sempre redivivo “dio mortale”.[1]
  • È chiaro che una possibile forma di unità dei cattolici italiani in politica necessita di una condizione preliminare, la reiterata scelta “aconfessionale” dell’azione politica, così come don Luigi Sturzo ebbe il coraggio e la capacità di fare in occasione della fondazione del Partito Popolare. "Aconfessionalità" nel senso di autonomia da possibili ingerenze da parte delle gerarchie di ogni ordine e grado: programma, classe dirigente e obiettivi definiti in autonomia dai laici cattolici. La condizione preliminare è che i laici cattolici italiani dimostrino di essere sufficientemente maturi di assumersi la responsabilità della direzione strategica del loro Paese: famiglia, scuola, impresa, lavoro, concorrenza, corruzione, rapporti internazionali e via dicendo, senza attendersi il sostegno, l'imprimatur e le linee guida dalle gerarchie, le quali sarebbero così finalmente libere dalla necessità di mettere le mani nella melma della politica (quest’ultima è un’espressione di Sturzo). Questa fu la condizione che rese possibile la nascita del partito che per primo seppe rappresentare i principi, i valori e gli interessi dei laici cattolici italiani e anche per questa ragione Sturzo dovette scontare ventidue anni di esilio durante il ventennio fascista. Quindi, rispetto al metodo, "aconfessionalità" che significa – sturzianamente – tanto "intransigenza" quanto "discernimento" rispetto ai principi della Dottrina sociale della Chiesa con i quali selezionare la classe dirigente e i punti fondamentali dell’agenda programmatica e, nel contempo, metodo "popolare" (democratico) nell’articolazione della struttura organizzativa, affinché sia aperta e le sue cariche contendibili mediante un processo competitivo.[2]
  • [..] la Dottrina sociale della Chiesa esprime in primo luogo una dimensione normativa, in forza di una chiara idea di uomo: immagine visibile del Dio invisibile. In tal senso, la Dottrina dialoga costruttivamente con tutte quelle prospettive economiche contemporanee che esprimono uno statuto epistemologico al centro del quale troviamo il valore dell'azione della persona piuttosto che aggregati e funzioni collettive: si pensi in tal senso all'economia sociale di mercato, come ricordato di recente dallo stesso Papa Francesco.[3]
  • Lo sviluppo integrale non è riducibile alla mera crescita economica perché il primo presuppone una dimensione meta-economica che il mercato non produce da sé; come, tra gli altri, ci hanno insegnato i padri dell'economia sociale di mercato, a partire da Wilhelm Röpke e da Luigi Sturzo. In pratica, significa ammettere che si possa dare una crescita senza lo sviluppo, perché esiste un profitto di monopolio, un profitto di guerra; perché esiste il profitto di chi pretende di raccogliere senza aver prima seminato, di chi si approfitta delle strette relazioni con il potere, di chi devasta la terra, di chi traffica in droga e in armi; perché esiste un profitto di chi consuma in modo dissennato le ricchezze prodotte dalle generazioni precedenti e di chi scarica i costi del presente sulle generazioni future.[3]
  • Sturzo è attualissimo per la sua carica ideale a favore di un processo democratico che venga dal basso, rispetto ad un'idea di democrazia calata dall'alto. Il distacco tra le élite e il popolo è la spiegazione del proliferare attuale dei movimenti populistici. Ecco, il popolarismo di Sturzo è proprio l'antidoto al populismo, è l'antidoto alla malattia delle democrazie: l'essere risucchiate dal circolo vizioso delle istituzioni estrattive, dalla legge ferrea delle oligarchie. Però a essere sinceri Sturzo è stato studiato in modo insufficiente e divulgato ancora meno. L'accademia gli ha dato poco spazio e gliene ha dato poco anche il mondo cattolico. La stessa Dc alla fine lo mise in un angolo e le gerarchie lo trovavano scomodo, avendo teorizzato e praticato l'autonomia dei laici in politica dalle gerarchie ecclesiastiche: l'aconfessionalità.[4]
  • Non abbiamo un’alternativa al coraggio, alla forza di prendere decisioni bollate come impopolari e che l’attuale sistema massmediatico addita come responsabili di tutti mali dell’umanità: essere euroscettici oggi è trendy e sappiamo che nel mondo della post-verità ciò che conta non è ciò che è vero, ma ciò che funziona. Abbiamo bisogno di politici autentici, disposti anche a perdere, pur di non abdicare ai valori che fondano il processo d’integrazione europea. Mi rendo conto che le forze sovraniste, le quali alla "società aperta" preferiscono la "tribù", possono contare sul favore dei sondaggi, sull’accondiscendenza dei media e oggi anche sulla forza di un governo nazionale, il cui primo ministro si è autodefinito fieramente "populista". Sono tempi difficili, ma nulla rispetto a quelli vissuti dai Padri fondatori. Padri che conobbero i lutti delle guerre scatenate dai sovranisti d’allora, che subirono l’esilio voluto dai populisti dell’epoca, che, allora come oggi, pretendevano di incarnare il “popolo”, la verità su di esso e il suo spirito.[5]
  • Sono passati cento anni, ma il suo appello ai liberi e forti resta attuale. Mi auguro che l’anno in corso possa essere ricordato come quello della riscoperta e del rilancio del pensiero politico di don Sturzo. La sua idea di ordine sociale irriducibile ad alcun principio monistico sfida la complessità della nostra epoca.[6]

Note

  1. Da Himmelfarb. lastorica USA del liberalismo, Avvenire, 5 gennaio 2020.
  2. Dall'intervista di Rocco Gumina, "Intraprendere la via istituzionale della carità", Radio CL1, 7 agosto 2017.
  3. a b Dall'intervista di Costantino Coros, Dottrina sociale della Chiesa: faro per una crescita più incisiva, Avvenire, 10 agosto 2016.
  4. Citato in Matteo Sacchi, Sturzo, il liberale che riportò i cattolici italiani in politica, Il Giornale, 7 ottobre 2019.
  5. Dall'intervista di Carlo Cefaloni, Il conflitto tra società aperta e “tribù” in Europa, Città Nuova, 25 giugno 2018.
  6. Citato in Cinzia Ficco, 100 anni dai “liberi e forti” di don Sturzo, il suo messaggio è ancora un faro , Democratica, 25 gennaio 2019.