Lorenzino de' Medici: differenze tra le versioni

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Versione delle 11:23, 27 lug 2020

cuola fiorentina, medaglia di Lorenzino de' Medici

Lorenzino di Pierfrancesco de' Medici, detto anche Lorenzaccio (1514 – 1548), politico, scrittore e drammaturgo italiano.


Apologia e Lettere

Incipit

S'io avessi a giustificar le mia azioni apresso di coloro che non sanno che cosa sia libertà o tirannide, io mi ingenierei di dimostrare e provare con ragioni (che molte ce ne sono) come gl'uomini non debbono desiderar cosa piú del viver politico, e in libertà per consiquenzia: trovandosi la politia piú rara e manco durabile in ogni altra sorte di governo che nella republica. E dimostrerrei ancora come, essendo la tirannide totalmente contraria al viver politico, che e' debbono parimente odiarla sopra tutte le cose; e come gli è tanto prevaluto altre volte questa opinione che quegli che hanno liberate le lor patrie dalla tirannide sono stati reputati degni de' secondi onori, dopo alli edificatori di quelle.

Citazioni

  • Si troveranno inoltre essere state fatte tante extursioni e prede, essere stati commessi tanti adulterî e usate tante violenzie, non sol nelle cose profane ma nelle sacre ancora, che gli apparirà difficile a giudicare chi sia stato più: o scelerato e impio il tiranno, o paziente e vile el populo fiorentino avendo soportato tanti anni così grave calamità, essendo maxime allora, più certo 'l pericolo nello starsi che nel mettersi con qualche speranza a liberar la patria e a assecurare la vita loro per l'advenire. (p. 39)
  • In dua modi si può dire ch'un uomo sia servo o servitore d'un altro: o pigliando da lui premio per servirlo e per esserli fedele, o essendo suo stiavo; perché e sudditi ordinariamente non son compresi sotto questo nome di servo o di servitore. (p. 41)
  • Che non fussi della casa de' Medici e mio parente è manifesto: perché gli era nato d'una donna d'infimo e vilissimo stato, da Collevecchi in quel di Roma, che serviva in casa 'l duca Lorenzo alli ultimi servizî della casa ed era maritata a un vetturale. E insin qui è manifestissimo. (p. 42)
  • Che non si fidassi di me lo pruovo che non volse mai acconsentirmi ch'io portassi arme, ma mi tenne sempre disarmato come e' facevon gli altri cittadini, i quali egli aveva tutti a sospetto. Oltre a questo, mai si fidò meco solo, ancorch'io fussi sempre senza arme e lui armato: ché del continuo aveva seco tre o quattro de' sua satelliti. (p. 43)
  • Sí che io concludo che e tiranni, in qualunque modo si ammazzino o spenghino, sien ben morti. (p. 48)

Incipit di alcune opere

Aridosio

MARCANTONIO e Mona LUCREZIA sua moglie

Marcantonio Certo è com'io ho detto, che la maggior parte dei costumi dei giovani, o buoni o cattivi che si siano, procedono dai padri e madri loro, o da quelli che in luogo di padre o di madre li custodiscono.
Lucrezia Egli è vero che i padri o fattori o i maestri lo possano fare, ma le madri no; perché sendo donne, in questo come nelle altre cose del mondo hanno pochissima parte.

Bibliografia

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