Bione di Boristene: differenze tra le versioni

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*Bisogna conservare gli [[Amicizia|amici]] qualunque essi siano, perché non si pensi che abbiamo avuto amici cattivi o abbiamo rinunziato ai buoni.<ref>Citato in 1962, IV, 51.</ref>
*Bisogna conservare gli [[Amicizia|amici]] qualunque essi siano, perché non si pensi che abbiamo avuto amici cattivi o abbiamo rinunziato ai buoni.<ref>Citato in 1962, IV, 51.</ref>
*Chi è [[Giovinezza e senilità|giovine]] usa la forza, ma [[Giovinezza e senilità|invecchiando]] vale per la prudenza.<ref name=§50>Citato in 1842, IV, 50.</ref>
*Chi è [[Giovinezza e senilità|giovine]] usa la forza, ma [[Giovinezza e senilità|invecchiando]] vale per la prudenza.<ref name=§50>Citato in 1842, IV, 50.</ref>
*Come i pretendenti, non riuscendo a entrare in intimità con Penelope, se la facevano con le sue ancelle, così pure chi non è in grado di raggiungere la [[filosofia]] inaridisce nello studio delle altre discipline, che al confronto non valgono nulla.<ref>Citato in Plutarco, ''De liberis educandis'', 10, in ''Tutti i Moralia''.</ref>
*Come i pretendenti, non riuscendo a entrare in intimità con Penelope, se la facevano con le sue ancelle, così pure chi non è in grado di raggiungere la [[filosofia]] inaridisce nello studio delle altre discipline, che al confronto non valgono nulla.<ref>Citato in Plutarco, ''De liberis educandis'', cap. 10, in ''Tutti i Moralia''.</ref>
*{{NDR|A proposito di un ricco spilorcio}} Costui non possiede la roba, ma la roba lui.<ref name=§50/>
*{{NDR|A proposito di un ricco spilorcio}} Costui non possiede la roba, ma la roba lui.<ref name=§50/>
*È impossibile piacere alla [[Massa|moltitudine]], se non diventando un pasticcio, o del vino dolce.<ref>Citato in [[Giacomo Leopardi]], ''Pensieri'', [[s:Pensieri (Leopardi)/LIII|LIII]], a cura di Marilena Salvarezza, Biblioteca Italiana Tascabile, Milano, 1995.</ref>
*È impossibile piacere alla [[Massa|moltitudine]], se non diventando un pasticcio, o del vino dolce.<ref>Citato in [[Giacomo Leopardi]], ''Pensieri'', cap. [[s:Pensieri (Leopardi)/LIII|LIII]], a cura di Marilena Salvarezza, Biblioteca Italiana Tascabile, Milano, 1995.</ref>
*È preferibile largire ad un altro la propria giovanile [[bellezza]] anzi che cogliere quella altrui: ciò infatti si risolve in un danno del corpo e dell'anima.<ref>Citato in 1962, IV, 49.</ref>
*È preferibile largire ad un altro la propria giovanile [[bellezza]] anzi che cogliere quella altrui: ciò infatti si risolve in un danno del corpo e dell'anima.<ref>Citato in 1962, IV, 49.</ref>
*Facile la via dell'[[inferno]], perché vi si va a chiusi occhi.<ref>Citato in 1842, IV, 49.</ref>
*Facile la via dell'[[inferno]], perché vi si va a chiusi occhi.<ref>Citato in 1842, IV, 49.</ref>
*Gran [[male]] il non poter sopportare il male.<ref name=§48>Citato in 1842, IV, 48.</ref>
*Gran [[male]] il non poter sopportare il male.<ref name=§48>Citato in 1842, IV, 48.</ref>
*I [[Avarizia|micragnosi]] si curano della proprietà come se appartenesse a loro, e non ne traggono utilità come se appartenesse ad altri.<ref>Citato in 1962, IV, 50.</ref>
*I [[Avarizia|micragnosi]] si curano della proprietà come se appartenesse a loro, e non ne traggono utilità come se appartenesse ad altri.<ref>Citato in 1962, IV, 50.</ref>
*I più [[Felicità e infelicità|travagliati]] di tutti, sono quelli che cercano le maggiori [[Felicità e infelicità|felicità]].<ref>Citato in Giacomo Leopardi, ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'', VI, in ''Operette morali'', a cura di Alessandro Donati, Laterza, Bari, 1928, [[s:Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/146|p. 140]].</ref>
*I più [[Felicità e infelicità|travagliati]] di tutti, sono quelli che cercano le maggiori [[Felicità e infelicità|felicità]].<ref>Citato in Giacomo Leopardi, ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'', cap. VI, in ''Operette morali'', a cura di Alessandro Donati, Laterza, Bari, 1928, [[s:Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/146|p. 140]].</ref>
*I ragazzini tirano pietre alle rane per divertimento, ma le rane muoiono veramente, e non per divertimento.<ref>Citato in Plutarco, ''De sollertia animalium'', 7, in ''Tutti i Moralia''.</ref>
*I ragazzini tirano pietre alle rane per divertimento, ma le rane muoiono veramente, e non per divertimento.<ref>Citato in Plutarco, ''De sollertia animalium'', cap. 7, in ''Tutti i Moralia''.</ref>
*Istoltissima cosa è che il Re, nel pianto, a sé i capelli isvelga, come se il dolore si alleggerisse pel farsi calvo.<ref>Citato in [[Marco Tullio Cicerone]], ''[https://books.google.it/books?id=_xI-AQAAMAAJ Quistioni tusculane]'', traduzione di anonimo toscano cinquecentesco, a cura di Michele dello Russo, Stamperia del Diogene, Napoli, 1851, p. 123.</ref>
*Istoltissima cosa è che il Re, nel pianto, a sé i capelli isvelga, come se il dolore si alleggerisse pel farsi calvo.<ref>Citato in [[Marco Tullio Cicerone]], ''[https://books.google.it/books?id=_xI-AQAAMAAJ Quistioni tusculane]'', traduzione di anonimo toscano cinquecentesco, a cura di Michele dello Russo, Stamperia del Diogene, Napoli, 1851, p. 123.</ref>
*La [[gloria]] è madre di affanni.<ref>Citato in 1962, IV, 48.</ref>
*La [[gloria]] è madre di affanni.<ref>Citato in 1962, IV, 48.</ref>
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*Non bisogna sparlare della [[vecchiaia]], alla quale tutti desideriamo giungere.<ref>Citato in 1962, IV, 51.</ref>
*Non bisogna sparlare della [[vecchiaia]], alla quale tutti desideriamo giungere.<ref>Citato in 1962, IV, 51.</ref>
*{{NDR|Sulle perdite patrimoniali}} Non è meno doloroso ai calvi che ai ben chiomati il sentirsi strappare i capelli.<ref>Citato in Lucio Anneo Seneca, ''Della tranquillità dell'anima'' – ''Della brevità della vita'', a cura di Luigi Castiglioni, Paravia, Torino, 1930, p. 39.</ref>
*{{NDR|Sulle perdite patrimoniali}} Non è meno doloroso ai calvi che ai ben chiomati il sentirsi strappare i capelli.<ref>Citato in Lucio Anneo Seneca, ''Della tranquillità dell'anima'' – ''Della brevità della vita'', a cura di Luigi Castiglioni, Paravia, Torino, 1930, p. 39.</ref>
*{{NDR|Biasimato di non procacciarsi {{Sic|un}} amante giovane}} Non si può prendere coll'amo il cacio molle.<ref>Citato in 1842, IV, 47.</ref>
*{{NDR|Biasimato di non procacciarsi un giovane da istruire}} Non si può prendere coll'amo il cacio molle.<ref>Citato in 1842, IV, 47.</ref>
*Supponiamo che si possa rendere fertile il proprio campo [[Lode|lodandolo]]: credo che sarebbe un errore {{NDR|se}}, anziché lodarlo, {{NDR|si}} insistesse a lavorarlo. Sicché neanche lodare un uomo è cosa assurda, se solo in virtù delle lodi diventa utile e fertile.<ref>Citato in Plutarco, ''Quomodo adulator ab amico internoscatur'', 16, in ''Tutti i Moralia''.</ref>
*Supponiamo che si possa rendere fertile il proprio campo [[Lode|lodandolo]]: credo che sarebbe un errore {{NDR|se}}, anziché lodarlo, {{NDR|si}} insistesse a lavorarlo. Sicché neanche lodare un uomo è cosa assurda, se solo in virtù delle lodi diventa utile e fertile.<ref>Citato in Plutarco, ''Quomodo adulator ab amico internoscatur'', cap. 16, in ''Tutti i Moralia''.</ref>
**Se per lodare il campo potessi renderlo fruttuoso e fertile, non farei errore ad usar più tosto la lode che la zappa, ed ora non prenderei in coltivarlo travaglio. Così non fallirebbe l'uomo nel lodare altrui, se con le laudi portasse giovamento e gran profitto al lodato.<ref>''Come si posssa distinguere l'amico dall'adulatore'', XXIII, in ''[https://books.google.it/books?id=1OmvZZ6BCowC Opuscoli di Plutarco]'', traduzione di Marcello Adriani il giovane, a cura di Francesco Ambrosoli, Nobile, Napoli, 1841.</ref>
**Se per lodare il campo potessi renderlo fruttuoso e fertile, non farei errore ad usar più tosto la lode che la zappa, ed ora non prenderei in coltivarlo travaglio. Così non fallirebbe l'uomo nel lodare altrui, se con le laudi portasse giovamento e gran profitto al lodato.<ref>''Come si posssa distinguere l'amico dall'adulatore'', cap. XXIII, in ''[https://books.google.it/books?id=1OmvZZ6BCowC Opuscoli di Plutarco]'', traduzione di Marcello Adriani il giovane, a cura di Francesco Ambrosoli, Nobile, Napoli, 1841.</ref>
*Tanto la [[prudenza]] vince l'altre virtù, quanto la vista gli altri sensi.<ref>Citato in 1842, IV, 51.</ref>
*Tanto la [[prudenza]] vince l'altre virtù, quanto la vista gli altri sensi.<ref>Citato in 1842, IV, 51.</ref>
*Tutte le faccende degli uomini sono somigliantissime agli inizi (che essi hanno avuto), e la loro vita non è più santa o più seria dell'atto del loro concepimento, <sono ricondotti al nulla> coloro che dal nulla sono nati.<ref>Citato in Lucio Anneo Seneca, ''[https://books.google.it/books?id=n8yNCwAAQBAJ La pace dell'animo]'', 15, 4, a cura di Paola Raimondetti, UTET, Torino, 2016. ISBN 88-511-3884-4.</ref>
*Tutte le faccende degli uomini sono somigliantissime agli inizi (che essi hanno avuto), e la loro vita non è più santa o più seria dell'atto del loro concepimento, <sono ricondotti al nulla> coloro che dal nulla sono nati.<ref>Citato in Lucio Anneo Seneca, ''[https://books.google.it/books?id=n8yNCwAAQBAJ La pace dell'animo]'', 15,4, a cura di Paola Raimondetti, UTET, Torino, 2016. ISBN 88-511-3884-4.</ref>
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*Diogene Laerzio, ''[https://books.google.it/books?id=FyoVAAAAQAAJ Le vite dei filosofi]'', traduzione di Luigi Lechi, Molina, Milano, 1842.
*Diogene Laerzio, ''[https://books.google.it/books?id=FyoVAAAAQAAJ Le vite dei filosofi]'', traduzione di Luigi Lechi, Molina, Milano, 1842.
*Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', a cura di Marcello Gigante, Laterza, Bari, 1962.
*Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', a cura di Marcello Gigante, Laterza, Bari, 1962.
*Plutarco, ''Tutti i Moralia'', coordinamento di Emanuele Lelli e Giuliano Pisani, Bompiani, Milano, 2017. ISBN 88-587-7742-8
*Plutarco, ''Tutti i Moralia'', coordinamento di Emanuele Lelli e Giuliano Pisani, Bompiani, Milano, 2017. ISBN 88-587-7742-8.


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Versione delle 18:28, 10 set 2020

Bione di Boristene (III sec. a.C.), filosofo greco antico.

  • Bisogna conservare gli amici qualunque essi siano, perché non si pensi che abbiamo avuto amici cattivi o abbiamo rinunziato ai buoni.[1]
  • Chi è giovine usa la forza, ma invecchiando vale per la prudenza.[2]
  • Come i pretendenti, non riuscendo a entrare in intimità con Penelope, se la facevano con le sue ancelle, così pure chi non è in grado di raggiungere la filosofia inaridisce nello studio delle altre discipline, che al confronto non valgono nulla.[3]
  • [A proposito di un ricco spilorcio] Costui non possiede la roba, ma la roba lui.[2]
  • È impossibile piacere alla moltitudine, se non diventando un pasticcio, o del vino dolce.[4]
  • È preferibile largire ad un altro la propria giovanile bellezza anzi che cogliere quella altrui: ciò infatti si risolve in un danno del corpo e dell'anima.[5]
  • Facile la via dell'inferno, perché vi si va a chiusi occhi.[6]
  • Gran male il non poter sopportare il male.[7]
  • I micragnosi si curano della proprietà come se appartenesse a loro, e non ne traggono utilità come se appartenesse ad altri.[8]
  • I più travagliati di tutti, sono quelli che cercano le maggiori felicità.[9]
  • I ragazzini tirano pietre alle rane per divertimento, ma le rane muoiono veramente, e non per divertimento.[10]
  • Istoltissima cosa è che il Re, nel pianto, a sé i capelli isvelga, come se il dolore si alleggerisse pel farsi calvo.[11]
  • La gloria è madre di affanni.[12]
  • [Sulla ricchezza] Nerbo degli affari.[7]
  • Non bisogna sparlare della vecchiaia, alla quale tutti desideriamo giungere.[13]
  • [Sulle perdite patrimoniali] Non è meno doloroso ai calvi che ai ben chiomati il sentirsi strappare i capelli.[14]
  • [Biasimato di non procacciarsi un giovane da istruire] Non si può prendere coll'amo il cacio molle.[15]
  • Supponiamo che si possa rendere fertile il proprio campo lodandolo: credo che sarebbe un errore [se], anziché lodarlo, [si] insistesse a lavorarlo. Sicché neanche lodare un uomo è cosa assurda, se solo in virtù delle lodi diventa utile e fertile.[16]
    • Se per lodare il campo potessi renderlo fruttuoso e fertile, non farei errore ad usar più tosto la lode che la zappa, ed ora non prenderei in coltivarlo travaglio. Così non fallirebbe l'uomo nel lodare altrui, se con le laudi portasse giovamento e gran profitto al lodato.[17]
  • Tanto la prudenza vince l'altre virtù, quanto la vista gli altri sensi.[18]
  • Tutte le faccende degli uomini sono somigliantissime agli inizi (che essi hanno avuto), e la loro vita non è più santa o più seria dell'atto del loro concepimento, <sono ricondotti al nulla> coloro che dal nulla sono nati.[19]
  • [Sulla presunzione] Un impedimento al progresso.[2]

Note

  1. Citato in 1962, IV, 51.
  2. a b c Citato in 1842, IV, 50.
  3. Citato in Plutarco, De liberis educandis, cap. 10, in Tutti i Moralia.
  4. Citato in Giacomo Leopardi, Pensieri, cap. LIII, a cura di Marilena Salvarezza, Biblioteca Italiana Tascabile, Milano, 1995.
  5. Citato in 1962, IV, 49.
  6. Citato in 1842, IV, 49.
  7. a b Citato in 1842, IV, 48.
  8. Citato in 1962, IV, 50.
  9. Citato in Giacomo Leopardi, Detti memorabili di Filippo Ottonieri, cap. VI, in Operette morali, a cura di Alessandro Donati, Laterza, Bari, 1928, p. 140.
  10. Citato in Plutarco, De sollertia animalium, cap. 7, in Tutti i Moralia.
  11. Citato in Marco Tullio Cicerone, Quistioni tusculane, traduzione di anonimo toscano cinquecentesco, a cura di Michele dello Russo, Stamperia del Diogene, Napoli, 1851, p. 123.
  12. Citato in 1962, IV, 48.
  13. Citato in 1962, IV, 51.
  14. Citato in Lucio Anneo Seneca, Della tranquillità dell'animaDella brevità della vita, a cura di Luigi Castiglioni, Paravia, Torino, 1930, p. 39.
  15. Citato in 1842, IV, 47.
  16. Citato in Plutarco, Quomodo adulator ab amico internoscatur, cap. 16, in Tutti i Moralia.
  17. Come si posssa distinguere l'amico dall'adulatore, cap. XXIII, in Opuscoli di Plutarco, traduzione di Marcello Adriani il giovane, a cura di Francesco Ambrosoli, Nobile, Napoli, 1841.
  18. Citato in 1842, IV, 51.
  19. Citato in Lucio Anneo Seneca, La pace dell'animo, 15,4, a cura di Paola Raimondetti, UTET, Torino, 2016. ISBN 88-511-3884-4.

Bibliografia

  • Diogene Laerzio, Le vite dei filosofi, traduzione di Luigi Lechi, Molina, Milano, 1842.
  • Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, Laterza, Bari, 1962.
  • Plutarco, Tutti i Moralia, coordinamento di Emanuele Lelli e Giuliano Pisani, Bompiani, Milano, 2017. ISBN 88-587-7742-8.

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