Igino Ugo Tarchetti: differenze tra le versioni

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''Fosca'' e tre poesie
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'''Iginio Ugo Tarchetti''' (1839 – 1869), scrittore italiano.
'''Iginio Ugo Tarchetti''' (1839 – 1869), scrittore italiano.

*''Quando bacio il tuo labbro pro. fumato, | cara fanciulla, non posso obbliare | che un bianco teschio v'è sotto celato. || Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso, | obbliar non poss'io, cara fanciulla, | che vi è sotto uno scheletro nascoso''. (da ''Memento'', 1867)
*''Vorrei essere un'iena, addentrarmi nei sepolcri e pascermi delle ossa dei morti. A questo mondo io non vedo che teschi e stinchi. Se una donna mi bacia, io non sento che freddo; se mi sorride, vedo i suoi denti a muoversi senza gengive, minacciando di uscire di bocca; se mi abbraccia, non ho che la sensazione di un corpo stringente e pesante come la creta''. (da ''Pensiero'', 1867)
*''Fuggimi, o cara, un aspide | sotto il mio vel si cela: | strappa la larva d'angelo | e un demone si svela''. (da ''Amore nascente'')
*''Quella vecchia che ha il giovine abbracciato | si volge'' [...] ''ed era la fanciulla mia''. (da ''Retrospettive'')

==''Fosca''==
===Incipit===
Mi sono accinto piú volte a scrivere queste mie memorie, e uno strano sentimento misto di terrore e di angoscia mi ha distolto sempre dal farlo. Una profonda sfiducia si è impadronita di me. Temo immiserire il valore e l'aspetto delle mie passioni, tentando di manifestarle; temo obbliarle tacendole. Perché ella è cosa quasi agevole il dire ciò che hanno sentito gli altri – l'eco delle altrui sensazioni si ripercuote nel nostro cuore senza turbarlo – ma dire ciò che abbiamo sentito noi, i nostri affetti, le nostre febbri, i nostri dolori, è compito troppo superiore alla potenza della parola. Noi sentiamo di non poter essere nel vero.<br>Ho pensato spesso con gioia alla rovina che il tempo va facendo nelle mie memorie; piú spesso vi ho pensato con dolore. Dimenticare! È uccidersi, è rinunciare a quell'unico bene che possediamo realmente e impreteribilmente, al passato. Ché se si potessero dimenticare soltanto le gioie, forse l'oblio potrebbe essere giustamente desiderato; ma dei nostri dolori. noi siamo superbi e gelosi, noi li amiamo, noi li vogliamo ricordare. Sono essi che compongono la corona della vita.

===Citazioni===
*Il leggere molti libri, il meditare su molti non ha altro effetto che quello di renderci dubbiosi sulle nostre idee, incerti nei nostri pensamenti; non si sa piú a che cosa credere, e spesso si finisce col non credere piú a nulla. Sono convinta che ogni libro che non diverte, fallisce al suo scopo; che ogni libro che fa pensare, nuoce. L'obbiettivo di ogni lavoro letterario dovrebbe essere la fantasia – non la testa che si guasta, non il cuore che sanguina – ma l'immaginazione che si esalta e gioisce. [...] Sorvolo sui libri [...] come sarei sorvolata sylla vita, se la vita fosse stata per me. [...] Non leggo né per imparare, né per pensare – abborro i libri di morale e di metafisica – leggo per dimenticare, per conoscere quali sono le gioie che il mondo dispensa ai felici e per goderne quasi di un eco. È tutto ciò che io possono fruire dell'esistenza: fuggire dalla realtà, dimenticare molto, sognare molto. (pp. 61 sg.)
*L'esistenza non può essere tutta un sacrificio. La pietà non è che amore passivo, amore morto. (p. 62)
*Oh, abbiate compassione! amatemi, amatemi; si ama un cane, una bestia... e perché non amerete me che sono una creatura come voi? (p. 77)
*Non so se la felicità abbia il potere di renderci egoisti, o se l'egoismo sia una condizione assoluta della felicità. ma come mi sentiva mutato dacché ero felice! (cap. XXI, p. 81)
*Le dolcezze del mondo son bandite da una vita veramente utile, e veramente benefica. Gli alberi che dànno frutti hanno fiori modesti e spesso inodori; i grandi fiori, quelli ricchi di petali e di profumi, non sbocciano quasi mai che sulle piante sterili e velenose. <br>La virtù non ha fiori, ma ha frutti. (cap. XXII, p. 81)
*[...] perché la compassione è il riflesso di un dolore altrui, e diventa un dolore proprio. Io so apprezzare la tua pietà, io te ne sono grata oerché sento che in te è ancora più meritoria dell'amore. (cap. XXVII, p. 93)
*Un mezzo letterato, un mezzo artista, un mezzo poeta mi fanno orrore. hanno tutte le passioni sfrenate e biasimevoli deik grandi caratteri, senza averne una sola virtù. Ne hanno la vanità, l'orgoglio, l'ambizione, l'egoismo, senza un raggio di quella bontà improvvisa e passeggiera che ha il genio. Molti confondono l'ingegno col cuore; nulla di più erroneo. È provato che gli uomini più eminenti nella vita pubblica furono quasi sempre i più tristi nella vita privata. (cap. XXIX, p. 112)
*Fino allora era stata una fanciulla, aveva conosciuto nulla del mondo; i miei dolori, benché grandi, erao stati in certo modo compensati da quelle illusioni, che l'inesperienza e la gioventù avevano ancora il potere di crearmi; possedeva ancora il segreto della fatua felicità dei giorvani – sapeva sperare; ora tutto erfa mutato, tutto l'edificio era caduto; io era rimasta sola colle mie passioni, colle mie infermità, colle mie debolezza; con tutte quelle miserie che la natura ha dato alla donna, senza il compenso d'una sola delle sue gioie. (cap. XXIX, p. 119)
*L'amore il più elevato non ha altro fine che quello che ha l'amore il più ignobile, se non che questo vuol andarvi direttamente, quello per vie illusorie ed obblique. dare per pietà ciò che si dà per egoismo è poi sacrificio sì grande e sì raro, che pochi o nessuno lo può comprendere. (cap. XXXIV, p. 128)
*Non ho voluto mai che illudermi. Sono io che vi ho amato, che vi amo, che voglio amarvi. È un impegno che ho contratto colla mia coscienza. Voglio che ci crediate, vi costringerò a crederci. Mi sono votata a voi, ho risolto di morire per voi. Aveva bisogno di uno scopo nella vita, l'ho trovato, lo raggiungerò. Non importa che non mi amiate, potete anche odiarmi, è tutt'uno; anzi preferirò il vostro odio alla vostra indifferenza; ciò di cui voglio assicurarmi è della vostra memoria; voglio costringervi a ricordarvi di me; quando vi avrò oppresso con tutto il peso della mia tenerezza, quando vi avrò seguito sempre e dappertutto come la vostra ombra, quando sarò morta per voi, allora non potrete piú dimenticarmi. Ecco perché vi ho seguito. (cap. XL, p. 50)
*Io pensai a Clara, alle menzogne che le avevano guadagnato il mio cuore, all'inganno bassamente concepito e stoltamente svelato... Oh! sì, Fosca soltanto aveva meritato io mio amore, ella sola mi aveva amato, ella che aveva sfidato il ridicolo, il disprezzo, la collera; ella che aveva rinunziato al suo orgoglio di donna, domandando per pietà ciò che altre dànno per debolezza, per vanità o per vizio. (cap. XLVIII, p. 177)

===Excipit==
Non so se ci vedremo ancora, né quando (ci hanno sbalzati all'altro capo dell'Italia), ma se ciò avverrà spero che vi vedrò mutato. La vita, la gioventú, il cuore hanno i loro diritti; voi li avevate anche troppo sacrificati. Distaccatevi dal passato, gettatevi in questo grande avvenire che vi attende. La coscienza è codarda, essa si atterrisce spesso di mali che non commise, o che non potea non commettere. Una cieca fatalità dirige le azioni di tutti gli uomini; non date loro maggiore responsabilità di quella che vi assegnano i limiti ristrettissimi del vostro arbitrio.<br>Addio, mio buon amico, possiate essere felice, e non farvi rimprovero d'una sciagura di cui non siete stato che uno strumento.


==[[Incipit]] di alcune opere==
==[[Incipit]] di alcune opere==
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Lo conobbi nel collegio di Valenza. Io aveva allora quattordici anni, egli ne aveva diciassette compiuti, ma il suo corpo erasi già sviluppato come a venti; in quella scolaresca di fanciulli egli rappresentava colla sua statura elevata, colla sua testa di Apollo, un personaggio assai più imponente del maestro. Quell'immagine mi richiama le memorie più dolci e più pure della mia fanciullezza, mi evoca scene obliate da lunghi anni, rimembranze confuse, sulle quali il mio pensiero non sa tanto arrestarsi e scrutare da ritesserne intatta la tela.
Lo conobbi nel collegio di Valenza. Io aveva allora quattordici anni, egli ne aveva diciassette compiuti, ma il suo corpo erasi già sviluppato come a venti; in quella scolaresca di fanciulli egli rappresentava colla sua statura elevata, colla sua testa di Apollo, un personaggio assai più imponente del maestro. Quell'immagine mi richiama le memorie più dolci e più pure della mia fanciullezza, mi evoca scene obliate da lunghi anni, rimembranze confuse, sulle quali il mio pensiero non sa tanto arrestarsi e scrutare da ritesserne intatta la tela.

===''Fosca''===
Mi sono accinto più volte a scrivere queste mie memorie, e uno strano sentimento misto di terrore e di angoscia mi ha distolto sempre dal farlo. Una profonda sfiducia si è impadronita di me. Temo immiserire il valore e l'aspetto delle mie passioni, tentando di manifestarle; temo obbliarle tacendole. Perché ella è cosa quasi agevole il dire ciò che hanno sentito gli altri – l'eco delle altrui sensazioni si ripercuote nel nostro cuore senza turbarlo – ma dire ciò che abbiamo sentito noi, i nostri affetti, le nostre febbri, i nostri dolori, è compito troppo superiore alla potenza della parola. Noi sentiamo di non poter essere nel vero.


===''Storia di una gamba''===
===''Storia di una gamba''===
Non mi dimenticherò mai di quel giorno in cui lo conobbi né del modo in cui lo conobbi. Fu una di quelle rivelazioni piene, ardenti, istantanee; una di quelle espansioni d'animo pronte e complete che non si fanno, non si ricevono e non si conoscono che a quattordici anni. A quell'età gli affetti sono subiti come i rancori, le amicizie rapide come gli affetti, gli affetti inconsiderati come le ire. A quattordici anni si amano tutti coloro che hanno quattordici anni. Più tardi si amano tutti indistintamente, che è lo stesso che dire che non si ama nessuno, perché non si predilige nessuno.
Non mi dimenticherò mai di quel giorno in cui lo conobbi né del modo in cui lo conobbi. Fu una di quelle rivelazioni piene, ardenti, istantanee; una di quelle espansioni d'animo pronte e complete che non si fanno, non si ricevono e non si conoscono che a quattordici anni. A quell'età gli affetti sono subiti come i rancori, le amicizie rapide come gli affetti, gli affetti inconsiderati come le ire. A quattordici anni si amano tutti coloro che hanno quattordici anni. Più tardi si amano tutti indistintamente, che è lo stesso che dire che non si ama nessuno, perché non si predilige nessuno.

==Bibliografia==
*Iginio Ugo Tarchetti, ''Fosca'', Mursia, 1989.


==Altri progetti==
==Altri progetti==

Versione delle 20:31, 16 lug 2007

Iginio Ugo Tarchetti

Iginio Ugo Tarchetti (1839 – 1869), scrittore italiano.

  • Quando bacio il tuo labbro pro. fumato, | cara fanciulla, non posso obbliare | che un bianco teschio v'è sotto celato. || Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso, | obbliar non poss'io, cara fanciulla, | che vi è sotto uno scheletro nascoso. (da Memento, 1867)
  • Vorrei essere un'iena, addentrarmi nei sepolcri e pascermi delle ossa dei morti. A questo mondo io non vedo che teschi e stinchi. Se una donna mi bacia, io non sento che freddo; se mi sorride, vedo i suoi denti a muoversi senza gengive, minacciando di uscire di bocca; se mi abbraccia, non ho che la sensazione di un corpo stringente e pesante come la creta. (da Pensiero, 1867)
  • Fuggimi, o cara, un aspide | sotto il mio vel si cela: | strappa la larva d'angelo | e un demone si svela. (da Amore nascente)
  • Quella vecchia che ha il giovine abbracciato | si volge [...] ed era la fanciulla mia. (da Retrospettive)

Fosca

Incipit

Mi sono accinto piú volte a scrivere queste mie memorie, e uno strano sentimento misto di terrore e di angoscia mi ha distolto sempre dal farlo. Una profonda sfiducia si è impadronita di me. Temo immiserire il valore e l'aspetto delle mie passioni, tentando di manifestarle; temo obbliarle tacendole. Perché ella è cosa quasi agevole il dire ciò che hanno sentito gli altri – l'eco delle altrui sensazioni si ripercuote nel nostro cuore senza turbarlo – ma dire ciò che abbiamo sentito noi, i nostri affetti, le nostre febbri, i nostri dolori, è compito troppo superiore alla potenza della parola. Noi sentiamo di non poter essere nel vero.
Ho pensato spesso con gioia alla rovina che il tempo va facendo nelle mie memorie; piú spesso vi ho pensato con dolore. Dimenticare! È uccidersi, è rinunciare a quell'unico bene che possediamo realmente e impreteribilmente, al passato. Ché se si potessero dimenticare soltanto le gioie, forse l'oblio potrebbe essere giustamente desiderato; ma dei nostri dolori. noi siamo superbi e gelosi, noi li amiamo, noi li vogliamo ricordare. Sono essi che compongono la corona della vita.

Citazioni

  • Il leggere molti libri, il meditare su molti non ha altro effetto che quello di renderci dubbiosi sulle nostre idee, incerti nei nostri pensamenti; non si sa piú a che cosa credere, e spesso si finisce col non credere piú a nulla. Sono convinta che ogni libro che non diverte, fallisce al suo scopo; che ogni libro che fa pensare, nuoce. L'obbiettivo di ogni lavoro letterario dovrebbe essere la fantasia – non la testa che si guasta, non il cuore che sanguina – ma l'immaginazione che si esalta e gioisce. [...] Sorvolo sui libri [...] come sarei sorvolata sylla vita, se la vita fosse stata per me. [...] Non leggo né per imparare, né per pensare – abborro i libri di morale e di metafisica – leggo per dimenticare, per conoscere quali sono le gioie che il mondo dispensa ai felici e per goderne quasi di un eco. È tutto ciò che io possono fruire dell'esistenza: fuggire dalla realtà, dimenticare molto, sognare molto. (pp. 61 sg.)
  • L'esistenza non può essere tutta un sacrificio. La pietà non è che amore passivo, amore morto. (p. 62)
  • Oh, abbiate compassione! amatemi, amatemi; si ama un cane, una bestia... e perché non amerete me che sono una creatura come voi? (p. 77)
  • Non so se la felicità abbia il potere di renderci egoisti, o se l'egoismo sia una condizione assoluta della felicità. ma come mi sentiva mutato dacché ero felice! (cap. XXI, p. 81)
  • Le dolcezze del mondo son bandite da una vita veramente utile, e veramente benefica. Gli alberi che dànno frutti hanno fiori modesti e spesso inodori; i grandi fiori, quelli ricchi di petali e di profumi, non sbocciano quasi mai che sulle piante sterili e velenose.
    La virtù non ha fiori, ma ha frutti. (cap. XXII, p. 81)
  • [...] perché la compassione è il riflesso di un dolore altrui, e diventa un dolore proprio. Io so apprezzare la tua pietà, io te ne sono grata oerché sento che in te è ancora più meritoria dell'amore. (cap. XXVII, p. 93)
  • Un mezzo letterato, un mezzo artista, un mezzo poeta mi fanno orrore. hanno tutte le passioni sfrenate e biasimevoli deik grandi caratteri, senza averne una sola virtù. Ne hanno la vanità, l'orgoglio, l'ambizione, l'egoismo, senza un raggio di quella bontà improvvisa e passeggiera che ha il genio. Molti confondono l'ingegno col cuore; nulla di più erroneo. È provato che gli uomini più eminenti nella vita pubblica furono quasi sempre i più tristi nella vita privata. (cap. XXIX, p. 112)
  • Fino allora era stata una fanciulla, aveva conosciuto nulla del mondo; i miei dolori, benché grandi, erao stati in certo modo compensati da quelle illusioni, che l'inesperienza e la gioventù avevano ancora il potere di crearmi; possedeva ancora il segreto della fatua felicità dei giorvani – sapeva sperare; ora tutto erfa mutato, tutto l'edificio era caduto; io era rimasta sola colle mie passioni, colle mie infermità, colle mie debolezza; con tutte quelle miserie che la natura ha dato alla donna, senza il compenso d'una sola delle sue gioie. (cap. XXIX, p. 119)
  • L'amore il più elevato non ha altro fine che quello che ha l'amore il più ignobile, se non che questo vuol andarvi direttamente, quello per vie illusorie ed obblique. dare per pietà ciò che si dà per egoismo è poi sacrificio sì grande e sì raro, che pochi o nessuno lo può comprendere. (cap. XXXIV, p. 128)
  • Non ho voluto mai che illudermi. Sono io che vi ho amato, che vi amo, che voglio amarvi. È un impegno che ho contratto colla mia coscienza. Voglio che ci crediate, vi costringerò a crederci. Mi sono votata a voi, ho risolto di morire per voi. Aveva bisogno di uno scopo nella vita, l'ho trovato, lo raggiungerò. Non importa che non mi amiate, potete anche odiarmi, è tutt'uno; anzi preferirò il vostro odio alla vostra indifferenza; ciò di cui voglio assicurarmi è della vostra memoria; voglio costringervi a ricordarvi di me; quando vi avrò oppresso con tutto il peso della mia tenerezza, quando vi avrò seguito sempre e dappertutto come la vostra ombra, quando sarò morta per voi, allora non potrete piú dimenticarmi. Ecco perché vi ho seguito. (cap. XL, p. 50)
  • Io pensai a Clara, alle menzogne che le avevano guadagnato il mio cuore, all'inganno bassamente concepito e stoltamente svelato... Oh! sì, Fosca soltanto aveva meritato io mio amore, ella sola mi aveva amato, ella che aveva sfidato il ridicolo, il disprezzo, la collera; ella che aveva rinunziato al suo orgoglio di donna, domandando per pietà ciò che altre dànno per debolezza, per vanità o per vizio. (cap. XLVIII, p. 177)

=Excipit

Non so se ci vedremo ancora, né quando (ci hanno sbalzati all'altro capo dell'Italia), ma se ciò avverrà spero che vi vedrò mutato. La vita, la gioventú, il cuore hanno i loro diritti; voi li avevate anche troppo sacrificati. Distaccatevi dal passato, gettatevi in questo grande avvenire che vi attende. La coscienza è codarda, essa si atterrisce spesso di mali che non commise, o che non potea non commettere. Una cieca fatalità dirige le azioni di tutti gli uomini; non date loro maggiore responsabilità di quella che vi assegnano i limiti ristrettissimi del vostro arbitrio.
Addio, mio buon amico, possiate essere felice, e non farvi rimprovero d'una sciagura di cui non siete stato che uno strumento.

Incipit di alcune opere

L'amore nell'arte

Lorenzo Alviati

Lo conobbi nel collegio di Valenza. Io aveva allora quattordici anni, egli ne aveva diciassette compiuti, ma il suo corpo erasi già sviluppato come a venti; in quella scolaresca di fanciulli egli rappresentava colla sua statura elevata, colla sua testa di Apollo, un personaggio assai più imponente del maestro. Quell'immagine mi richiama le memorie più dolci e più pure della mia fanciullezza, mi evoca scene obliate da lunghi anni, rimembranze confuse, sulle quali il mio pensiero non sa tanto arrestarsi e scrutare da ritesserne intatta la tela.

Storia di una gamba

Non mi dimenticherò mai di quel giorno in cui lo conobbi né del modo in cui lo conobbi. Fu una di quelle rivelazioni piene, ardenti, istantanee; una di quelle espansioni d'animo pronte e complete che non si fanno, non si ricevono e non si conoscono che a quattordici anni. A quell'età gli affetti sono subiti come i rancori, le amicizie rapide come gli affetti, gli affetti inconsiderati come le ire. A quattordici anni si amano tutti coloro che hanno quattordici anni. Più tardi si amano tutti indistintamente, che è lo stesso che dire che non si ama nessuno, perché non si predilige nessuno.

Bibliografia

  • Iginio Ugo Tarchetti, Fosca, Mursia, 1989.

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