Ibn Battuta: differenze tra le versioni

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Codas (discussione | contributi)
Codas (discussione | contributi)
Riga 14: Riga 14:
*A quanto dicono, tutte le scienze apparse sulla terra prima del Diluvio furono insegnate agli uomini da Hermes l'Antico, che abitava nella parte superiore dell'Alto [[Egitto]] e veniva chiamato Enoch — o anche Idrïs. Sarebbe stato lui il primo a parlare dei movimenti delle sfere celesti e delle sostanze superiori, e anche il primo a costruire i templi e a glorificarvi l'Altissimo. Lo stesso Hermes predisse poi agli uomini il [[Diluvio]] e, temendo che andassero perduti il sapere e le competenze artistiche, costrui le Piramidi e i templi, sui quali raffigurò tutte le arti con i relativi strumenti e annotò icprincipî del sapere in eterno. (p. 43, 2018)
*A quanto dicono, tutte le scienze apparse sulla terra prima del Diluvio furono insegnate agli uomini da Hermes l'Antico, che abitava nella parte superiore dell'Alto [[Egitto]] e veniva chiamato Enoch — o anche Idrïs. Sarebbe stato lui il primo a parlare dei movimenti delle sfere celesti e delle sostanze superiori, e anche il primo a costruire i templi e a glorificarvi l'Altissimo. Lo stesso Hermes predisse poi agli uomini il [[Diluvio]] e, temendo che andassero perduti il sapere e le competenze artistiche, costrui le Piramidi e i templi, sui quali raffigurò tutte le arti con i relativi strumenti e annotò icprincipî del sapere in eterno. (p. 43, 2018)
*Partiti dal monte Libano arrivammo a [[Baalbek]], una bella e antica città fra le più splendide di [[Siria]]. Circondata da magnifici frutteti e da giardini superbi, possiede terre irrorate da ruscelli e uguaglia [[Damasco]] per le sue inesauribili risorse. Vi crescono ciliegie che non hanno uguali e vi si produce il ''dibs'' cosiddetto di Baalbek, una specie di mosto d'uva cui aggiungono una polverina che lo fa rapprendere — sicché, spezzando il vaso, il contenuto esce in un sol blocco. Mischiando questo ''dibs'' con pistacchi e mandorle, poi, si fa un dolce detto ''mulabban'', o ''jild al-faras''. A Baalbek producono anche molto latte cagliato e lo esportano a Damasco, che dista un giorno di cammino se si marcia di buon passo — le comitive, invece, partono da Baalbek e pernottano in una cittadina chiamata al-Zabdânî, ricca di frutta, per riprendere poi il viaggio verso Damasco il mattino seguente. A Baalbek si producono anche le omonime stoffe con cui si confezionano mantelli e altri capi, e poi scodelle e cucchiai di legno senza pari sulla terra, I grandi piatti da portata, quelli che da noi si chiamano ''sabfa'', qui vengono detti ''dast'', e a volte ne fanno uno, poi un altro che sta esattamente nell'incavo del primo, e così via sino a dieci — ma a guardarli sembra ci sia un piatto solo. Lo stesso dicasi per i cucchiai: ne fabbricano dieci, ognuno contenuto nella cavità dell'altro, poi li mettono in un astuccio di pelle — così si possono portare appesi alla cintura e quando si mangia con gli amici si tirano fuori: chi li vede pensa che ci sia un cucchiaio solo, ma dall'incavo del primo ne escono altri nove ! (p. 95, 2018)
*Partiti dal monte Libano arrivammo a [[Baalbek]], una bella e antica città fra le più splendide di [[Siria]]. Circondata da magnifici frutteti e da giardini superbi, possiede terre irrorate da ruscelli e uguaglia [[Damasco]] per le sue inesauribili risorse. Vi crescono ciliegie che non hanno uguali e vi si produce il ''dibs'' cosiddetto di Baalbek, una specie di mosto d'uva cui aggiungono una polverina che lo fa rapprendere — sicché, spezzando il vaso, il contenuto esce in un sol blocco. Mischiando questo ''dibs'' con pistacchi e mandorle, poi, si fa un dolce detto ''mulabban'', o ''jild al-faras''. A Baalbek producono anche molto latte cagliato e lo esportano a Damasco, che dista un giorno di cammino se si marcia di buon passo — le comitive, invece, partono da Baalbek e pernottano in una cittadina chiamata al-Zabdânî, ricca di frutta, per riprendere poi il viaggio verso Damasco il mattino seguente. A Baalbek si producono anche le omonime stoffe con cui si confezionano mantelli e altri capi, e poi scodelle e cucchiai di legno senza pari sulla terra, I grandi piatti da portata, quelli che da noi si chiamano ''sabfa'', qui vengono detti ''dast'', e a volte ne fanno uno, poi un altro che sta esattamente nell'incavo del primo, e così via sino a dieci — ma a guardarli sembra ci sia un piatto solo. Lo stesso dicasi per i cucchiai: ne fabbricano dieci, ognuno contenuto nella cavità dell'altro, poi li mettono in un astuccio di pelle — così si possono portare appesi alla cintura e quando si mangia con gli amici si tirano fuori: chi li vede pensa che ci sia un cucchiaio solo, ma dall'incavo del primo ne escono altri nove ! (p. 95, 2018)

*Tra i santuari fuori città {{NDR|a [[Shiraz]]}} [...] ricordiamo il mausoleo del pio ''shaykh'' conosciuto come [[Saˁdi|al-Sa‘dī]], il maggior poeta di lingua persiana del suo tempo che talvolta si espresse anche in lingua araba, con annessa una bella ''zāwiya'' fornita di un grazioso giardino interno, che egli stesso aveva fatto costruire nei pressi della sorgente del grande fiume Rukn Abād. Sempre lui aveva voluto in questo posto anche una serie di piccoli lavabi in marmo per lavare i panni: cosí gli abitanti di Shīrāz escono di città e rendono visita al santuario, mangiano il pasto che trovano alla ''zāwiya'', fanno il bucato nel fiume e poi tornano a casa – e lo stesso feci anch'io quando vi andai.<ref>Da ''I viaggi'', a cura di Claudia M. Tresso, Einaudi, 2008</ref>
*Tra i santuari fuori città {{NDR|a [[Shiraz]]}} [...] ricordiamo il mausoleo del pio ''shaykh'' conosciuto come [[Saˁdi|al-Sa‘dī]], il maggior poeta di lingua persiana del suo tempo che talvolta si espresse anche in lingua araba, con annessa una bella ''zāwiya'' fornita di un grazioso giardino interno, che egli stesso aveva fatto costruire nei pressi della sorgente del grande fiume Rukn Abād. Sempre lui aveva voluto in questo posto anche una serie di piccoli lavabi in marmo per lavare i panni: cosí gli abitanti di Shīrāz escono di città e rendono visita al santuario, mangiano il pasto che trovano alla ''zāwiya'', fanno il bucato nel fiume e poi tornano a casa – e lo stesso feci anch'io quando vi andai.<ref>Da ''I viaggi'', a cura di Claudia M. Tresso, Einaudi, 2008</ref>
*[[Viaggiare]] – ti lascia senza parole, poi ti trasforma in un narratore.
*[[Viaggiare]] – ti lascia senza parole, poi ti trasforma in un narratore.

Versione delle 10:51, 24 set 2020

Raffigurazione di Ibn Battuta

Abū 'Abd Allāh Muḥammad Ibn 'Abd Allāh al-Lawātī al-Tanjī Ibn Baṭṭūṭa, noto semplicemente come Ibn Baṭṭūṭa (1304 – 1368/69), esploratore e viaggiatore berbero.

Citazioni di Ibn Battuta

Incipit

Ecco il racconto dello shaykh Abü 'Abd Allah.
Lasciai Tangeri [Tanja], mia città natale, il giovedì 2 di rajab al-fard, mese del Signore, dell'anno 725 [1325], con l'intenzione di compiere il pellegrinaggio alla sacra Casa di Dio La Mecca e di visitare la tomba dell'Inviato — che Iddio lo benedica e gli accordi la salvezza)! Partii solo, senza un amico che mi allietasse con la sua compagnia e senza far parte di una carovana, ma ero spinto da uno spirito risoluto e sottacevo in cuore lo struggente desiderio di visitare quei Nobili Santuari. Cosf mi decisi ad abbandonare coloro che — donne e uomini — amavo e lasciai il mio paese siccome un uccello s'invola dal nido. I miei genitori erano ancora in vita e soffrii molto a separarmene: sia io che loro ne provammo una gran pena. Avevo, allora ventidue anni [lunari]».

Citazioni

  • Durante quel viaggio andai a vedere il faro [di Alessandria d'Egitto]: uno dei lati era caduto in rovina, ma lo descriverei comunque come un edificio quadrato che si staglia nel cielo'. La porta è in alto rispetto al terreno e di fronte, alla stessa altezza, c'è un edificio: fra questo e la porta vengono messe delle assi di legno a mo' di passerella e quando le tolgono non vi è piü modo di entrare. Dentro la porta c'è una nicchia dove il guardiano può starsene seduto e all'interno si aprono diversi locali. Il passaggio di entrata misura 9 spanne, il muro 10 e ognuno dei quattro lati, 140. Sorge su un'alta collina a una parasanga da Alessandria, al termine di una lunga striscia di terra che ospita il cimitero, circondata per tre lati dal mare — il quale giunge sino alle mura della città, sicché solo partendo da Alessandria si può arrivare al faro via terra.
    Quando feci ritorno nel Maghreb, nel 750 [1349], andai a rivederlo e lo trovai in un tale stato di rovina che non si riusciva più non solo a entrare ma nemmeno a raggiungere la porta. (p. 18, 2018)
  • Un'altra meraviglia di Alessandria è la sbalorditiva colonna di marmo che si vede sin da fuori città, la cosiddetta 'amüd al-sawârï [la cosiddetta colonna «dei pilastri»], eretta in mezzo a un fitto palmeto dove spicca altissima tra gli alberi. Formata da un unico pezzo abilmente tagliato, poggia su basi in pietra di forma quadrata, simili a enormi pedane, e non si sa né come né chi ve l’abbia eretta. (pp. 18-19, 2018)
  • La moschea di 'Amr ibn al-'Ās [a Il Cairo] è una nobile moschea, venerata e famosa, in cui si svolge la funzione del venerdf. Una strada l'attraversa da est a ovest, e verso est sorge la zâwiya dove insegnava l'imam Abu 'Abd Allah al-Shâfi'ī. Quanto alle màdrase, al Cairo ve ne sono cosi tante da non poterle contare, mentre l'ospedale sorge «Fra i due Palazzi», vicino al mausoleo di al-Malik al Mansür Qalâwün: è di una bellezza indescrivibile, ben fornito di comodità e di farmaci, e dicono che le sue entrate raggiungano i mille dinàr al giorn0. Anche le zâwiya sono numerose: qui le chiamano khawâniq (singolare khanqa) e gli emiri della città fanno a gara per costruirle. Ogni zâwiya viene assegnata a un gruppo di faqīr per lo più persiani, uomini colti che conoscono bene la via [tarīqa] del sufismo. (pp. 37-38, 2018)
  • Nella vecchia Cairo si trova il cimitero di al-Qarâfa, un luogo molto importante in cui ricevere la baraka. Alla sua precellenza si riferisce un hadîth riportato da al-Qurtubï e da altri, e in effetti al-Qarâfa fa parte della scarpata del Muqattam, che secondo la promessa di Dio sarà uno dei giardini del Paradiso. Gli abitanti del Cairo vi costruiscono belle cappelle circondate da mura che sembrano case, con vari locali destinati ai lettori — i quali ricevono un salario per salmodiare il Corano notte e giorno con le loro belle voci. Qualcuno fa erigere a fianco del proprio mausoleo una zâwiya o una màdrasa, e il giovedì sera vi si reca con mogli e figli per trascorrere la notte facendo il giro dei santuari famosi - e lo stesso fanno anche la notte di metà sha'bân, con i mercanti che espongono ogni genere di cibo. (pp. 39-40, 2018)
  • A quanto dicono, tutte le scienze apparse sulla terra prima del Diluvio furono insegnate agli uomini da Hermes l'Antico, che abitava nella parte superiore dell'Alto Egitto e veniva chiamato Enoch — o anche Idrïs. Sarebbe stato lui il primo a parlare dei movimenti delle sfere celesti e delle sostanze superiori, e anche il primo a costruire i templi e a glorificarvi l'Altissimo. Lo stesso Hermes predisse poi agli uomini il Diluvio e, temendo che andassero perduti il sapere e le competenze artistiche, costrui le Piramidi e i templi, sui quali raffigurò tutte le arti con i relativi strumenti e annotò icprincipî del sapere in eterno. (p. 43, 2018)
  • Partiti dal monte Libano arrivammo a Baalbek, una bella e antica città fra le più splendide di Siria. Circondata da magnifici frutteti e da giardini superbi, possiede terre irrorate da ruscelli e uguaglia Damasco per le sue inesauribili risorse. Vi crescono ciliegie che non hanno uguali e vi si produce il dibs cosiddetto di Baalbek, una specie di mosto d'uva cui aggiungono una polverina che lo fa rapprendere — sicché, spezzando il vaso, il contenuto esce in un sol blocco. Mischiando questo dibs con pistacchi e mandorle, poi, si fa un dolce detto mulabban, o jild al-faras. A Baalbek producono anche molto latte cagliato e lo esportano a Damasco, che dista un giorno di cammino se si marcia di buon passo — le comitive, invece, partono da Baalbek e pernottano in una cittadina chiamata al-Zabdânî, ricca di frutta, per riprendere poi il viaggio verso Damasco il mattino seguente. A Baalbek si producono anche le omonime stoffe con cui si confezionano mantelli e altri capi, e poi scodelle e cucchiai di legno senza pari sulla terra, I grandi piatti da portata, quelli che da noi si chiamano sabfa, qui vengono detti dast, e a volte ne fanno uno, poi un altro che sta esattamente nell'incavo del primo, e così via sino a dieci — ma a guardarli sembra ci sia un piatto solo. Lo stesso dicasi per i cucchiai: ne fabbricano dieci, ognuno contenuto nella cavità dell'altro, poi li mettono in un astuccio di pelle — così si possono portare appesi alla cintura e quando si mangia con gli amici si tirano fuori: chi li vede pensa che ci sia un cucchiaio solo, ma dall'incavo del primo ne escono altri nove ! (p. 95, 2018)
  • Tra i santuari fuori città [a Shiraz] [...] ricordiamo il mausoleo del pio shaykh conosciuto come al-Sa‘dī, il maggior poeta di lingua persiana del suo tempo che talvolta si espresse anche in lingua araba, con annessa una bella zāwiya fornita di un grazioso giardino interno, che egli stesso aveva fatto costruire nei pressi della sorgente del grande fiume Rukn Abād. Sempre lui aveva voluto in questo posto anche una serie di piccoli lavabi in marmo per lavare i panni: cosí gli abitanti di Shīrāz escono di città e rendono visita al santuario, mangiano il pasto che trovano alla zāwiya, fanno il bucato nel fiume e poi tornano a casa – e lo stesso feci anch'io quando vi andai.[1]
  • Viaggiare – ti lascia senza parole, poi ti trasforma in un narratore.
Traveling – it leaves you speechless, then turns you into a storyteller.[2]

Note

  1. Da I viaggi, a cura di Claudia M. Tresso, Einaudi, 2008
  2. Da Traveling Man: The Journey of Ibn Battuta, 1325-1354, p. 17.

Bibliografia

Altri progetti