Licurgo Cappelletti: differenze tra le versioni

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==''Della civiltà e della sua storia''==
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===[[Incipit]]===
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L'uomo è un essere morale, vale a dire un essere intelligente e libero. Egli non può conservare la sua esistenza che in riconoscere gli esseri coi quali è in rapporto, e in osservare questi rapporti medesimi. La conoscenza degli esseri forma la sua scienza: l'osservazione dei rapporti costituisce la sua giustizia. La sapienza è all'uomo necessaria per procedere moralmente, quanto il lume per dirigere sicuramente i suoi passi; e perché egli è libero, la vera regola delle azioni gli è necessaria per non fare una falsa elezione. <!-- (cap. I, p. 7) -->
L'[[uomo]] è un essere morale, vale a dire un essere intelligente e libero. Egli non può conservare la sua esistenza che in riconoscere gli esseri coi quali è in rapporto, e in osservare questi rapporti medesimi. La conoscenza degli esseri forma la sua scienza: l'osservazione dei rapporti costituisce la sua giustizia. La sapienza è all'uomo necessaria per procedere moralmente, quanto il lume per dirigere sicuramente i suoi passi; e perché egli è libero, la vera regola delle azioni gli è necessaria per non fare una falsa elezione. <!-- (cap. I, p. 7) -->


===Citazioni===
===Citazioni===

Versione delle 12:42, 7 nov 2020

Licurgo Cappelletti (1842 – 1921), insegnante, storico e scrittore italiano.

Della civiltà e della sua storia

Incipit

L'uomo è un essere morale, vale a dire un essere intelligente e libero. Egli non può conservare la sua esistenza che in riconoscere gli esseri coi quali è in rapporto, e in osservare questi rapporti medesimi. La conoscenza degli esseri forma la sua scienza: l'osservazione dei rapporti costituisce la sua giustizia. La sapienza è all'uomo necessaria per procedere moralmente, quanto il lume per dirigere sicuramente i suoi passi; e perché egli è libero, la vera regola delle azioni gli è necessaria per non fare una falsa elezione.

Citazioni

  • La divina Commedia è con ragione chiamata la Bibbia nazionale, è il vero poema cosmopolitico insieme ed italiano. (cap. XIII, p. 31)

Letteratura spagnuola

  • Ferdinando de Herrera, detto il divino, fu uomo di focosa immaginazione, di alti pensamenti e di erudizione vastissima. [...]. Fu poeta d'ingegno vigoroso, pieno di ardore per aprire una nuova via e per affrontare le critiche: ma il nuovo stile, che egli volle introdurre nella poesia spagnuola, lo aveva già prima maturato nella sua mente: le sue espressioni non venivano dal cuore, e in mezzo alle sue più grandi bellezze si manifesta sempre l'artifizio. (cap. V, p. 34)
  • Herrera, quantunque grande poeta, aprì la via alle stravaganze dei cultisti, che esagerarono la sua maniera, senza possedere le sue profonde e svariate cognizioni, né l'elevatezza naturale del suo talento. Egli, come ben dice il Baret, merita di essere studiato dai giovani poeti, come Michelangelo dai disegnatori. (cap. V, p. 34)
  • Le produzioni religiose di Lope de Vega sono le più estranee al nostro gusto ed alle nostre abitudini. Bisogna essere spagnuolo, ovvero entrare nello spirito, nelle credenze forti e sincere, nelle abitudini di questo paese per non essere urtato da quel miscuglio di sacro e di profano, da quelle allegorie bizzarre, da quell'apparecchio assai simile alla pompa delle opere in musica, che s'incontrano in quei drammi sacri. (cap. IX, pp. 62-63)
  • Malgrado le sue tendenze teologiche, malgrado una certa affettazione, malgrado una certa oscurità nello stile, Calderon non è uno scrittore nojoso come credono taluni, ma invece è un autore sublime. (cap. X, p. 76)
  • I lavori drammatici di Solis sono abbastanza regolari, condotti con vivacità, e notevoli per intreccio. Egli varia, assai più che Calderon, i caratteri de' suoi personaggi, ma è ben lunge dal possederne la la forza non che la ricchezza d'immaginazione. [...] Ma egli gode fama nella repubblica delle lettere più come storico che come commediografo. (cap. XI, p. 80)
  • Il merito di Molina consiste soprattutto nello stile, ov'egli spiega una straordinaria ricchezza di poesia, ed una profonda conoscenza della lingua castigliana, specialmente della lingua popolare. Ed ivi sta tutta la sua arte. (cap. XI, p. 82)
  • Rivale felice di Molière, Tirso de Molina ha imprestato il tipo del suo don Giovanni a Goethe e a Byron, ed ha ispirato una delle più belle opere di Mozart; e questa non è al certo una piccola gloria per il suo nome. (cap. XI, p. 82)
  • Uno degli autori comici che goderono maggior riputazione nel secolo XVII, fu don Francesco de Rojas Zorilla [...] i suoi lavori drammatici gli hanno creato una fama durevole, e specialmente la bellissima commedia che ha per titolo: Garcia del Casteñar, la quale anche ai giorni nostri gode di una straordinaria popolarità. Essa ci offre delle situazioni veramente energiche, condotte con naturalezza, e sviluppate con talento. Però Rojas non raggiunge sempre la medesima altezza in tutti i suoi lavori: negli uni, egli tocca il ridicolo per la bizzarria del soggetto come per l'affettazione dello stile; negli altri, al contrario, si manifesta gran pittore di caratteri ed eccellente scrittore. (cap. XI, pp. 84-85)

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