Fernaldo Di Giammatteo: differenze tra le versioni

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*''[[8½|Otto e mezzo]]'' è un film stupefacente. Teso nello sforzo di appendere allo schermo, come un trofeo, la sua psicologia, Fellini ha compiuto un salto pericoloso e spettacolare. Ha dovuto inventarsi una lingua nuova, morbida e flessuosa, che non ripetesse le convenzioni del racconto tradizionale. C'è riuscito. Il suo esperimento è una delle cose più stimolanti che, da questo punto di vista, abbia fatto il cinema italiano, pur così facondo oggi di tentativi e di invenzioni. Costretto a seguire unicamente il ritmo delle sue fantasticherie, ha saputo eliminare i confini tra la realtà e il sogno per immergersi in una nuova dimensione temporale che non ha alcun rapporto con la vita e che — insieme — non precipita mai nelle deformazioni surrealistiche o espressionistiche. (da ''Bianco e nero'', anno XXIV, n. 4, aprile 1963<ref>Citato in ''[http://www.federicofellini.it/node/527 Otto e Mezzo]'', ''Federico Fellini.it''.</ref>)
*''[[8½|Otto e mezzo]]'' è un film stupefacente. Teso nello sforzo di appendere allo schermo, come un trofeo, la sua psicologia, Fellini ha compiuto un salto pericoloso e spettacolare. Ha dovuto inventarsi una lingua nuova, morbida e flessuosa, che non ripetesse le convenzioni del racconto tradizionale. C'è riuscito. Il suo esperimento è una delle cose più stimolanti che, da questo punto di vista, abbia fatto il cinema italiano, pur così facondo oggi di tentativi e di invenzioni. Costretto a seguire unicamente il ritmo delle sue fantasticherie, ha saputo eliminare i confini tra la realtà e il sogno per immergersi in una nuova dimensione temporale che non ha alcun rapporto con la vita e che — insieme — non precipita mai nelle deformazioni surrealistiche o espressionistiche. (da ''Bianco e nero'', anno XXIV, n. 4, aprile 1963<ref>Citato in ''[http://www.federicofellini.it/node/527 Otto e Mezzo]'', ''Federico Fellini.it''.</ref>)

*{{NDR|Su ''[[Nosferatu il vampiro]]''}} Il film è un confronto 'metafisico' fra le pulsioni che si contendono il dominio della psiche. Confronto nel quale la presenza del vampiro – il non morto che deve essere ricacciato negli abissi della coscienza – ha valore di pretesto e di esplicitazione visiva: il conte Orlok-Nosferatu è la materializzazione di un'idea astratta, mentre il conte Dracula del romanzo è il signore di un regno delle tenebre che tiene in ostaggio tutti coloro cui accade di avvicinarlo e che può essere sconfitto, e riconsegnato definitivamente alla morte, solo ricorrendo agli esorcismi della superstizione popolare (l'aglio, la rosa selvatica, il crocifisso, l'ostia consacrata), poiché la superstizione – ricorda il saggio professore olandese – “è stata prima fede di uomo e nella fede ha sue radici”. Che lo spunto sia uguale (il viaggio di un agente immobiliare in Transilvania per trattare la vendita di una proprietà: a Londra nel romanzo, a Wisborg in Germania nel film), che esistano corrispondenze fra alcuni personaggi (Jonathan Harker è l'Hutter del film, Mina è Ellen) e fra certi episodi della vicenda (il viaggio della goletta con il vampiro a bordo, la peste) non significa molto, perché non solo la struttura tematica è completamente diversa ma anche l'impianto narrativo – pletorico e confuso nel romanzo, prosciugato e lineare nel film – segue un andamento opposto, concludendosi quello letterario con la uccisione di Dracula per sgozzamento e infissione di un paletto nel cuore, e quello filmico con il sopraggiungere dell'alba che incenerisce Nosferatu. Infine, ''Dracula'' è zeppo di morti e di vampiri (il vampirismo è come una epidemia, chi ha ceduto il suo sangue a un vampiro diventerà vampiro a sua volta) mentre ''Nosferatu'' culmina nella scomparsa del vampiro e nella morte della donna che gli si è offerta.<ref>Da [http://distribuzione.ilcinemaritrovato.it/per-conoscere-i-film/nosferatu/tra-stoker-e-freud ''Tra Stoker e Freud''], ''Ilcinemaritrovato.it'', n.d..</ref>


==Note==
==Note==

Versione delle 10:07, 22 set 2021

Fernaldo Di Giammatteo (1922 – 2005), critico cinematografico e storico italiano.

  • Otto e mezzo è un film stupefacente. Teso nello sforzo di appendere allo schermo, come un trofeo, la sua psicologia, Fellini ha compiuto un salto pericoloso e spettacolare. Ha dovuto inventarsi una lingua nuova, morbida e flessuosa, che non ripetesse le convenzioni del racconto tradizionale. C'è riuscito. Il suo esperimento è una delle cose più stimolanti che, da questo punto di vista, abbia fatto il cinema italiano, pur così facondo oggi di tentativi e di invenzioni. Costretto a seguire unicamente il ritmo delle sue fantasticherie, ha saputo eliminare i confini tra la realtà e il sogno per immergersi in una nuova dimensione temporale che non ha alcun rapporto con la vita e che — insieme — non precipita mai nelle deformazioni surrealistiche o espressionistiche. (da Bianco e nero, anno XXIV, n. 4, aprile 1963[1])
  • [Su Nosferatu il vampiro] Il film è un confronto 'metafisico' fra le pulsioni che si contendono il dominio della psiche. Confronto nel quale la presenza del vampiro – il non morto che deve essere ricacciato negli abissi della coscienza – ha valore di pretesto e di esplicitazione visiva: il conte Orlok-Nosferatu è la materializzazione di un'idea astratta, mentre il conte Dracula del romanzo è il signore di un regno delle tenebre che tiene in ostaggio tutti coloro cui accade di avvicinarlo e che può essere sconfitto, e riconsegnato definitivamente alla morte, solo ricorrendo agli esorcismi della superstizione popolare (l'aglio, la rosa selvatica, il crocifisso, l'ostia consacrata), poiché la superstizione – ricorda il saggio professore olandese – “è stata prima fede di uomo e nella fede ha sue radici”. Che lo spunto sia uguale (il viaggio di un agente immobiliare in Transilvania per trattare la vendita di una proprietà: a Londra nel romanzo, a Wisborg in Germania nel film), che esistano corrispondenze fra alcuni personaggi (Jonathan Harker è l'Hutter del film, Mina è Ellen) e fra certi episodi della vicenda (il viaggio della goletta con il vampiro a bordo, la peste) non significa molto, perché non solo la struttura tematica è completamente diversa ma anche l'impianto narrativo – pletorico e confuso nel romanzo, prosciugato e lineare nel film – segue un andamento opposto, concludendosi quello letterario con la uccisione di Dracula per sgozzamento e infissione di un paletto nel cuore, e quello filmico con il sopraggiungere dell'alba che incenerisce Nosferatu. Infine, Dracula è zeppo di morti e di vampiri (il vampirismo è come una epidemia, chi ha ceduto il suo sangue a un vampiro diventerà vampiro a sua volta) mentre Nosferatu culmina nella scomparsa del vampiro e nella morte della donna che gli si è offerta.[2]

Note

  1. Citato in Otto e Mezzo, Federico Fellini.it.
  2. Da Tra Stoker e Freud, Ilcinemaritrovato.it, n.d..

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