Stefano D'Arrigo: differenze tra le versioni

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*Non c'è lido più lontano di quello dove non si approda.
*Non c'è lido più lontano di quello dove non si approda.
*Gli sonava strana, st'inchiavatura di voce tutta ammastriata: perché non aveva senso, nessunissimo senso, marcargli e rimarcargli, anzi addirittura sillabargli allo scagnozzo, una per una, le parole che lui stesso aveva allora finito di dire in risposta alle domande a entrare e uscire di don Luigi.
*Gli sonava strana, st'inchiavatura di voce tutta ammastriata: perché non aveva senso, nessunissimo senso, marcargli e rimarcargli, anzi addirittura sillabargli allo scagnozzo, una per una, le parole che lui stesso aveva allora finito di dire in risposta alle domande a entrare e uscire di don Luigi.

{{NDR|Stefano D'Arrigo, ''Horcynus Orca'', Mondadori, 1975.}}
{{NDR|Stefano D'Arrigo, ''Horcynus Orca'', Mondadori, 1975.}}
*{{NDR|a proposito delle fere trentenarie (i delfini più vecchi)}}...andavano incontro a [[Isola di Vulcano|Vulcano]] dalla parte di ponente, quella parte che con resto dell'isola è come l'Inferno con Paradiso: col mare pullulante di soffioni bollenti; con rocce e scogliere, tutte pietre di zolfo, d'un giallore crudo, abbagliante, che dalle pareti rimanda, come da colossali specchi, il sole tutt'intorno, verso il mare e contro la nera montagna conica; e con la riva, infine, pericolosa e impraticabile non meno del mare, traforata di focolai sulfurei e fumigante di vapori irrespirabili. (p. 158)


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Versione delle 18:58, 27 ott 2021

Fortunato Stefano D'Arrigo (1919 – 1992), scrittore e poeta italiano.

Horcynus Orca

Incipit

Il sole tramontò quattro volte sul suo viaggio e alla fine del quarto giorno, che era il quattro di ottobre del millenovecentoquarantatré, il marinaio nocchiero semplice della fu regia Marina 'Ndrja Cambrìa arrivò al paese delle Femmine, sui mari dello scill'e cariddi.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Citazioni

  • Inattesa, come per conto suo, la lagrima gli sgocciolava sul ciglio come lo stillare di un lontano pianto, segreto anche a lui [...], le lagrime viavia la vita le dilapida, la vita si essicca per la morte.
  • L'Inferno si faccia conto, è quell'isola maceriata e persa, la Sicilia.
  • Non c'è lido più lontano di quello dove non si approda.
  • Gli sonava strana, st'inchiavatura di voce tutta ammastriata: perché non aveva senso, nessunissimo senso, marcargli e rimarcargli, anzi addirittura sillabargli allo scagnozzo, una per una, le parole che lui stesso aveva allora finito di dire in risposta alle domande a entrare e uscire di don Luigi.

[Stefano D'Arrigo, Horcynus Orca, Mondadori, 1975.]

  • [a proposito delle fere trentenarie (i delfini più vecchi)]...andavano incontro a Vulcano dalla parte di ponente, quella parte che con resto dell'isola è come l'Inferno con Paradiso: col mare pullulante di soffioni bollenti; con rocce e scogliere, tutte pietre di zolfo, d'un giallore crudo, abbagliante, che dalle pareti rimanda, come da colossali specchi, il sole tutt'intorno, verso il mare e contro la nera montagna conica; e con la riva, infine, pericolosa e impraticabile non meno del mare, traforata di focolai sulfurei e fumigante di vapori irrespirabili. (p. 158)

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