Utente:Dread83/DreadBox: differenze tra le versioni

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 1: Riga 1:
==''Diario''==
*Oh che cosa spregevole è l'uomo, se non si sarà innalzato al di sopra delle cose umane!(I, prefazione, 5)
*Se il mio cervello, distratto da un'ansia o da altra causa, deve distogliersi dalla carta bianca, è come un bimbo sperduto, che gira per casa e siede a piangere sull'ultimo gradino.
*Se volete non aver paura di nulla, pensate che tutto è da temere. ([[s:la:Quaestiones Naturales/Liber VI#Si uultis nihil timere, cogitate omnia esse metuenda|VI, 2, 3]])
*Perché mai è così tragica la vita; così simile a una striscia di marciapiede che costeggia un abisso. Guardo giù; ho le vertigini; mi chiedo come farò ad arrivare alla fine.
*È naturale ammirare le cose nuove più che quelle grandi. (VII, 1, 4)
*A volte mi piacerebbe annotare quello che la gente dice, invece di descriverla. Purtroppo dicono così poco.
*Ho terminato l<nowiki>'</nowiki>''Ulisse'' [di [[James Joyce]]] e penso che l'autore abbia fatto cilecca…Il libro è prolisso. È salmastro. È pretenzioso. È rozzo, non solo in senso corrente, ma anche in senso letterario. Uno scrittore di vaglia, voglio dire, rispetta troppo lo scrivere per fare il furbo.
:''I finished Ulysses and think it is a mis-fire….The book is diffuse. It is brackish. It is pretentious. It is underbred, not only in the obvious sense, but in the literary sense. A first-rate writer, I mean, respects writing too much to be tricky''.<ref>{{en}} Dal ''Diario'', 6 settembre 1922; citato in Christopher Cerf e Victor Navasky, ''The Experts Speak'', Villard, New York, 1998, p. 171. ISBN 0-679-77806-3</ref>
*Il lavoro deve nascere da un sentimento profondo, diceva [[Dostoevskij]]. È il mio caso questo? O mi limito a inventare con le parole, amandole come le amo? No, non credo. In questo libro ho anche troppe idee. Voglio dare la vita e la morte, la saggezza e la follia; criticare il sistema sociale e mostrarlo all'opera, nel momento di massima intensità. Ma questa potrebbe anche essere una posa.
*I personaggi non devono essere altro che punti di vista: bisogna evitare la personalità a qualunque costo. [...] Appena si specifica l'età, i capelli ecc. s'insinua nel libro qualcosa di frivolo o di trascurabile.
*Se non vivessimo audacemente, prendendo il toro per le corna e tremando sui precipizi, non saremmo mai depressi; ma già saremmo appassiti, vecchi, rassegnati al destino.
*Con quanta interezza vivo nella mia immaginazione; come dipendo assolutamente da zampilli di pensiero che mi vengono mentre cammino, mentre mi siedo; cose che roteano nella mia mente, componendovi un incessante corteo, che dovrebbe essere la mia felicità.
*Io non amo il mio prossimo. Li detesto tutti. Li rasento appena. Lascio che si rompano su di me come gocce di pioggia sporca.
*Ho la grande e stupefacente sensazione di qualche cosa, lassù, che è "quello". Non mi riferisco alla bellezza, non esattamente. È che la cosa basta in se stessa: soddisfacente; compiuta. È la sensazione della mia straordinarietà, di me che cammino sulla terra: dell'infinita stranezza della condizione umana.
*Avevo appena l'idea di che cosa parlasse quel racconto. ma il sollievo di volgere la mente in quella direzione fu tale che mi sentii più felice di quanto non fossi stata per mesi.
*Nella mia mente c'è un'irrazionale scala di valori.
*Questo insaziabile desiderio di scrivere qualcosa prima di morire, questo senso divorante della febbrile fugacità della vita, che mi fa avvinghiare, come un uomo a una roccia, alla mia sola ancora.
*Il mio spirito è avido soltanto di verdi campi, di sole, di vino; di starmene seduta a non far niente.
*Eppure l'unica vita eccitante è quella immaginaria. Appena metto in moto le rotelle nella mia testa non ho più molto bisogno di soldi o di vestiti.
*Penso a come contiamo poco, come tutti contino poco; com'è travolgente e frenetica e imperiosa la vita, e come tutte queste moltitudini annaspino per restare a galla.
*Non scrivo con gusto o con piacere, perché devo concentrarmi troppo. Non mi viene filato, naturale, ma lo metto giù faticosamente, frase per frase.
*Con molto sforzo scrivo due parole completamente assurde: scrivo varianti di ogni frase, compromessi, tentativi falliti, possibilità, finché il mio quaderno sembra l'incubo di un pazzo.
*Dio, quanto soffro! Che spaventosa capacità di sentire intensamente, la mia!
*In fondo la conquista della [[cultura]] è di lasciare qualcosa di fatto, di solido, per sempre.
*Provo un'impressione stranissima, ora, come se fossimo tutti coinvolti in qualche enorme operazione: la sensazione dello splendore di questa impresa – la vita: la capacità di morire: un'immensità che mi circonda. No – non riesco a esprimerla – lascerò che maturi in "un romanzo", senza dubbio. (È così che nasce in me lo spunto da cui si coagula il libro.)
*Penso vagamente alla possibilità di morire d'improvviso e mi dico "Beh, allora mangia, bevi, ridi e da' da mangiare ai pesci".
*Credo che vorrei, per l'avvenire, quest'esistenza più umana: dissiparmi prodigalmente tra gli amici, sentire la vastità e il gusto del vivere umano.
*L'arte è libertà da ogni predicazione – le cose in se stesse, la frase bella in se stessa; mari sconfinati; narcisi selvatici che appaiono prima che la rondine osi.
*Dovrei tendere a un'ampiezza e a un'intensità immense, Dovrei metterci metterci satira, commedia, poesia, narrativa. [...] devono esserci milioni di idee ma nessun sermone – storia, politica, femminismo, arte, letteratura – insomma, un compendio di tutto ciò che so, sento, derido, disprezzo, amo, ammiro, odio e via dicendo.
*È facile ripromettersi di prendere appunti, ma scrivere è un'arte difficilissima. Bisogna scegliere continuamente [...] Scrivere non è per niente un'arte facile. Pensare ciò che si vuole scrivere sembra facile; ma il pensiero evapora, sfugge qua e là.
*Mi viene da pensare che questo stato, questo mio stato di [[depressione]], è lo stato abituale della maggior parte della gente.
*Quando scrivo a pieno ritmo vorrei soltanto passeggiare e avere una vita infantile e assolutamente spontanea. [...] la necessità di comportarmi in maniera accorta e ragionata con gli estranei mi strappa in un'altra sfera: perciò il collasso.
*Che fonte inesauribile di piacere sono i libri per me! [...] Credo che potrei vivere qui beatamente, leggendo in eterno.
*Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli.
*Mi sono costretta in una certa misura a rompere ogni schema e a trovare una forma inedita di essere – cioè di espressione – per ogni cosa che sento o penso.
*Credo che pochi siano torturati come me dallo scrivere. [...] Il mio cervello è come una bilancia di precisione: basta un granello a farlo precipitare.
*Vecchio problema: come mantenere il volo della mente e insieme essere precisi? L'enorme differenza tra l'abbozzo e l'opera compiuta.
*Sono una grande dilettante nell'arte della vita, decisa a succhiare la mia arancia, e poi subito via come una vespa se il boccio su cui riposo appassisce.
*La [[noia]] è il regno legittimo del filantropo.
:''Boredom is the legitimate kingdom of the philanthropic''.<ref>Da ''The Diary of Virginia Woolf: 1915-1919'', a cura di Anne Olivier Bell, Hogarth Press, 1977, p. 192.</ref>

{{NDR|Virginia Woolf, ''Diario di una scrittrice'', Minimum Fax, 2005}}

Versione delle 00:02, 24 giu 2022

Diario

  • Se il mio cervello, distratto da un'ansia o da altra causa, deve distogliersi dalla carta bianca, è come un bimbo sperduto, che gira per casa e siede a piangere sull'ultimo gradino.
  • Perché mai è così tragica la vita; così simile a una striscia di marciapiede che costeggia un abisso. Guardo giù; ho le vertigini; mi chiedo come farò ad arrivare alla fine.
  • A volte mi piacerebbe annotare quello che la gente dice, invece di descriverla. Purtroppo dicono così poco.
  • Ho terminato l'Ulisse [di James Joyce] e penso che l'autore abbia fatto cilecca…Il libro è prolisso. È salmastro. È pretenzioso. È rozzo, non solo in senso corrente, ma anche in senso letterario. Uno scrittore di vaglia, voglio dire, rispetta troppo lo scrivere per fare il furbo.
I finished Ulysses and think it is a mis-fire….The book is diffuse. It is brackish. It is pretentious. It is underbred, not only in the obvious sense, but in the literary sense. A first-rate writer, I mean, respects writing too much to be tricky.[1]
  • Il lavoro deve nascere da un sentimento profondo, diceva Dostoevskij. È il mio caso questo? O mi limito a inventare con le parole, amandole come le amo? No, non credo. In questo libro ho anche troppe idee. Voglio dare la vita e la morte, la saggezza e la follia; criticare il sistema sociale e mostrarlo all'opera, nel momento di massima intensità. Ma questa potrebbe anche essere una posa.
  • I personaggi non devono essere altro che punti di vista: bisogna evitare la personalità a qualunque costo. [...] Appena si specifica l'età, i capelli ecc. s'insinua nel libro qualcosa di frivolo o di trascurabile.
  • Se non vivessimo audacemente, prendendo il toro per le corna e tremando sui precipizi, non saremmo mai depressi; ma già saremmo appassiti, vecchi, rassegnati al destino.
  • Con quanta interezza vivo nella mia immaginazione; come dipendo assolutamente da zampilli di pensiero che mi vengono mentre cammino, mentre mi siedo; cose che roteano nella mia mente, componendovi un incessante corteo, che dovrebbe essere la mia felicità.
  • Io non amo il mio prossimo. Li detesto tutti. Li rasento appena. Lascio che si rompano su di me come gocce di pioggia sporca.
  • Ho la grande e stupefacente sensazione di qualche cosa, lassù, che è "quello". Non mi riferisco alla bellezza, non esattamente. È che la cosa basta in se stessa: soddisfacente; compiuta. È la sensazione della mia straordinarietà, di me che cammino sulla terra: dell'infinita stranezza della condizione umana.
  • Avevo appena l'idea di che cosa parlasse quel racconto. ma il sollievo di volgere la mente in quella direzione fu tale che mi sentii più felice di quanto non fossi stata per mesi.
  • Nella mia mente c'è un'irrazionale scala di valori.
  • Questo insaziabile desiderio di scrivere qualcosa prima di morire, questo senso divorante della febbrile fugacità della vita, che mi fa avvinghiare, come un uomo a una roccia, alla mia sola ancora.
  • Il mio spirito è avido soltanto di verdi campi, di sole, di vino; di starmene seduta a non far niente.
  • Eppure l'unica vita eccitante è quella immaginaria. Appena metto in moto le rotelle nella mia testa non ho più molto bisogno di soldi o di vestiti.
  • Penso a come contiamo poco, come tutti contino poco; com'è travolgente e frenetica e imperiosa la vita, e come tutte queste moltitudini annaspino per restare a galla.
  • Non scrivo con gusto o con piacere, perché devo concentrarmi troppo. Non mi viene filato, naturale, ma lo metto giù faticosamente, frase per frase.
  • Con molto sforzo scrivo due parole completamente assurde: scrivo varianti di ogni frase, compromessi, tentativi falliti, possibilità, finché il mio quaderno sembra l'incubo di un pazzo.
  • Dio, quanto soffro! Che spaventosa capacità di sentire intensamente, la mia!
  • In fondo la conquista della cultura è di lasciare qualcosa di fatto, di solido, per sempre.
  • Provo un'impressione stranissima, ora, come se fossimo tutti coinvolti in qualche enorme operazione: la sensazione dello splendore di questa impresa – la vita: la capacità di morire: un'immensità che mi circonda. No – non riesco a esprimerla – lascerò che maturi in "un romanzo", senza dubbio. (È così che nasce in me lo spunto da cui si coagula il libro.)
  • Penso vagamente alla possibilità di morire d'improvviso e mi dico "Beh, allora mangia, bevi, ridi e da' da mangiare ai pesci".
  • Credo che vorrei, per l'avvenire, quest'esistenza più umana: dissiparmi prodigalmente tra gli amici, sentire la vastità e il gusto del vivere umano.
  • L'arte è libertà da ogni predicazione – le cose in se stesse, la frase bella in se stessa; mari sconfinati; narcisi selvatici che appaiono prima che la rondine osi.
  • Dovrei tendere a un'ampiezza e a un'intensità immense, Dovrei metterci metterci satira, commedia, poesia, narrativa. [...] devono esserci milioni di idee ma nessun sermone – storia, politica, femminismo, arte, letteratura – insomma, un compendio di tutto ciò che so, sento, derido, disprezzo, amo, ammiro, odio e via dicendo.
  • È facile ripromettersi di prendere appunti, ma scrivere è un'arte difficilissima. Bisogna scegliere continuamente [...] Scrivere non è per niente un'arte facile. Pensare ciò che si vuole scrivere sembra facile; ma il pensiero evapora, sfugge qua e là.
  • Mi viene da pensare che questo stato, questo mio stato di depressione, è lo stato abituale della maggior parte della gente.
  • Quando scrivo a pieno ritmo vorrei soltanto passeggiare e avere una vita infantile e assolutamente spontanea. [...] la necessità di comportarmi in maniera accorta e ragionata con gli estranei mi strappa in un'altra sfera: perciò il collasso.
  • Che fonte inesauribile di piacere sono i libri per me! [...] Credo che potrei vivere qui beatamente, leggendo in eterno.
  • Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli.
  • Mi sono costretta in una certa misura a rompere ogni schema e a trovare una forma inedita di essere – cioè di espressione – per ogni cosa che sento o penso.
  • Credo che pochi siano torturati come me dallo scrivere. [...] Il mio cervello è come una bilancia di precisione: basta un granello a farlo precipitare.
  • Vecchio problema: come mantenere il volo della mente e insieme essere precisi? L'enorme differenza tra l'abbozzo e l'opera compiuta.
  • Sono una grande dilettante nell'arte della vita, decisa a succhiare la mia arancia, e poi subito via come una vespa se il boccio su cui riposo appassisce.
  • La noia è il regno legittimo del filantropo.
Boredom is the legitimate kingdom of the philanthropic.[2]

[Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, Minimum Fax, 2005]

  1. (EN) Dal Diario, 6 settembre 1922; citato in Christopher Cerf e Victor Navasky, The Experts Speak, Villard, New York, 1998, p. 171. ISBN 0-679-77806-3
  2. Da The Diary of Virginia Woolf: 1915-1919, a cura di Anne Olivier Bell, Hogarth Press, 1977, p. 192.