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*Ahimè, una volta sull'erba, com'era piccolo, com'era insignificante questo mio pensiero; proprio uno di quei pesci che il buon pescatore butta di nuovo nell'acqua perché possano divenire più grossi e meritare un giorno la padella. Non voglio parlarvi adesso di quel pensiero, benché, se guardate attentamente, lo troverete da sole, nelle pagine seguenti.<br />Ma per quanto piccolo, possedeva tuttavia quella misteriosa qualità che hanno tutti i pensieri della sua specie: non appena immerso nella mente, immediatamente diventava molto eccitante e molto importante; guizzando e sommergendosi come un dardo, scintillando qua e là, creava attorno a sé un turbine tale di altre idee, che non si riusciva più a stare seduti. (cap. I)
==''Diario''==
*Avete un’idea di quanti libri si pubblicano sulle donne in un anno? Avete un’idea di quanti fra questi libri sono scritti da uomini? Sapete di essere, forse, l’animale più discusso dell’universo? (cap. II)
*La [[noia]] è il dominio legittimo dei filantropi. (10 settembre 1918)<ref>Da ''Diari. Volume I (1915-1919)'', a cura di Giovanna Granato, Bompiani, Firenze-Milano, 2022. ISBN 978-88-587-9615-3</ref>
*Chi può misurare il fervore e la violenza del cuore di un [[poeta]] quando questo si trova prigioniero e intrappolato nel corpo di una [[donna]]? (cap. III)
*Se il mio cervello, distratto da un'ansia o da altra causa, deve distogliersi dalla carta bianca, è come un bimbo sperduto, che gira per casa e siede a piangere sull'ultimo gradino. (5 dicembre 1919)
*Perché mai è così tragica la vita; così simile a una striscia di marciapiede che costeggia un abisso. Guardo giù; ho le vertigini; mi chiedo come farò ad arrivare alla fine. (25 ottobre 1920)
*A volte mi piacerebbe annotare quello che la gente dice, invece di descriverla. Purtroppo dicono così poco. (26 maggio 1921)
*Ho terminato l'''[[James_Joyce#Ulisse|Ulisse]]'' e mi sembra un colpo mancato. Genio ne ha, direi, ma di una purezza inferiore. Il libro è prolisso. È torbido. È pretenzioso. È plebeo, non solo nel senso ovvio, ma nel senso letterario. Uno scrittore di classe, voglio dire, rispetta troppo la scrittura per ammettere le trovate, le sorprese, le bravure. (6 settembre 1922)
*Il lavoro deve nascere da un sentimento profondo, diceva [[Dostoevskij]]. È il mio caso questo? O mi limito a inventare con le parole, amandole come le amo? No, non credo. In questo libro ho anche troppe idee. Voglio dare la vita e la morte, la saggezza e la follia; criticare il sistema sociale e mostrarlo all'opera, nel momento di massima intensità. Ma questa potrebbe anche essere una posa. (19 giugno 1923)
*I personaggi non devono essere altro che punti di vista: bisogna evitare la personalità a qualunque costo. [...] Appena si specifica l'età, i capelli ecc., s'insinua nel libro qualcosa di frivolo o di trascurabile. (5 settembre 1923)
*Se non vivessimo audacemente, prendendo il toro per le corna e tremando sui precipizi, non saremmo mai depressi, senza dubbio; ma già saremmo appassiti, vecchi, rassegnati al destino. (2 agosto 1924)
*Con quanta interezza vivo nella mia immaginazione; come dipendo assolutamente da zampilli di pensiero che mi vengono mentre cammino, mentre mi siedo; cose che roteano nella mia mente, componendovi un incessante corteo, che dovrebbe essere la mia felicità. (7 settembre 1924)
*Io non amo il mio prossimo. Li detesto tutti. Li rasento appena. Lascio che si rompano su di me come gocce di pioggia sporca. (27 giugno 1925)
*Ho la grande e stupefacente sensazione di qualche cosa, lassù, che è «quello». Non mi riferisco alla bellezza, non esattamente. È che la cosa basta in se stessa: soddisfacente; compiuta. È la sensazione della mia straordinarietà, di me che cammino sulla terra: dell'infinita stranezza della condizione umana. (27 febbraio 1926)
*Avevo appena l'idea di che cosa parlasse quel racconto. Ma il sollievo di volgere la mente in quella direzione fu tale che mi sentii più felice di quanto non fossi stata per mesi. (22 ottobre 1927)
*Nella mia mente c'è un'irrazionale scala di valori. (20 dicembre 1927)
*Questo insaziabile desiderio di scrivere qualcosa prima di morire, questo senso divorante della febbrile fugacità della vita, che mi fa avvinghiare, come un uomo a una roccia, alla mia sola ancora. (20 dicembre 1927)
*Sì, è finito – ''Orlando'' – iniziato l'8 ottobre come uno scherzo, e ora un po' troppo lungo per i miei gusti. Può anche darsi che caschi per non saper da che parte stare: troppo lungo per essere uno scherzo e troppo frivolo per essere un libro serio. Ma respingo tutto questo dal mio spirito avido soltanto di verdi campi, di sole, di vino; di starmene seduta a non far niente. (22 marzo 1928)
*Eppure l'unica vita eccitante è quella immaginaria. Appena metto in moto le rotelle nella mia testa non ho più molto bisogno di soldi o di vestiti, e neppure di una credenza, un letto a Rodmell o un divano. (21 aprile 1928)
*Penso come contiamo poco, come tutti contino poco; com'è travolgente e frenetica e imperiosa la vita, e come tutte queste moltitudini annaspano per restare a galla. (27 ottobre 1928)
*Si crede di avere imparato a scrivere in fretta e non è vero. E, cosa strana, non scrivo con gusto o con piacere perché devo concentrarmi troppo. Non mi viene filato, naturale, ma lo metto giù faticosamente, frase per frase. (11 ottobre 1929)
*Con molto sforzo scrivo due pagine completamente assurde: scrivo varianti di ogni frase, compromessi, tentativi falliti, possibilità, finché il mio quaderno sembra l'incubo di un pazzo. (''Boxing Day'', 1929)
*Dio quanto soffro! Che spaventosa capacità di sentire intensamente, la mia! (25 maggio 1932)
*In fondo la conquista della [[cultura]] è di lasciare qualcosa di fatto, solido, per sempre. (13 luglio 1932)
*Provo un'impressione stranissima, ora, come se fossimo tutti coinvolti in qualche enorme operazione: la sensazione dello splendore di questa impresa – la vita: la capacità di morire: un'immensità mi circonda. No – non riesco a esprimerla – lascerò che maturi in «un romanzo», senza dubbio. (È così che nasce in me lo spunto da cui si coagula il libro.) (5 agosto 1932)
*Penso vagamente alla possibilità di morire d'improvviso e mi dico «Beh, allora mangia, bevi, ridi e da' da mangiare ai pesci». (20 agosto 1932)
*Credo che vorrei, per l'avvenire, quest'esistenza più umana: dissiparmi prodigalmente tra gli amici, sentire la vastità e il gusto del vivere umano. (20 agosto 1932)
*L'arte è libertà da ogni predicazione – le cose in se stesse, la frase bella in se stessa; mari sconfinati; narcisi selvatici che appaiono prima che la rondine osi. (2 ottobre 1932)
*Dovrei tendere a un'ampiezza e a un'intensità immense, Dovrei metterci metterci satira, commedia, poesia, narrativa: e quale forma può comprendere tutte queste cose? Dovrei forse introdurre una commedia, lettere, poesie? Credo di cominciare a vedere l'insieme. E deve finire con l'urgenza della normale vita quotidiana che continua. E devono esserci milioni di idee ma nessun sermone – storia, politica, femminismo, arte, letteratura – insomma, un compendio di tutto ciò che so, sento, derido, disprezzo, amo, ammiro, odio e via dicendo. (25 aprile 1933)
*È facile ripromettersi di prendere appunti, ma scrivere è un'arte difficilissima. Bisogna scegliere continuamente [...]. Scrivere non è per niente un'arte facile. Pensare ciò che si vuole scrivere sembra facile; ma il pensiero evapora, sfugge qua e là. (13 maggio 1933)
*Mi viene da pensare che questo stato, questo mio stato di [[depressione]], è lo stato abituale della maggior parte della gente. (30 maggio 1933)
*Quando scrivo a pieno ritmo vorrei soltanto passeggiare e avere una vita infantile e assolutamente spontanea [...]; la necessità di comportarmi in maniera accorta e ragionata con gli estranei mi strappa in un'altra sfera: perciò il collasso. (12 agosto 1933)
*Che fonte inesauribile di piacere sono i libri per me! [...] Credo che potrei vivere qui beatamente, leggendo in eterno. (24 agosto 1933)
*Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli. (29 ottobre 1933)
*Mi sono costretta in una certa misura a rompere ogni schema e a trovare una forma inedita di essere – cioè di espressione – per ogni cosa che sento o penso. (27 luglio 1934)
*Credo che pochi siano torturati come me dallo scrivere. [...] Il mio cervello è come una bilancia di precisione: basta un granello a farlo precipitare. (23 giugno 1936)
*Vecchio problema: come mantenere il volo della mente e insieme essere precisi? L'enorme differenza tra l'abbozzo e l'opera compiuta. (22 giugno 1940)
*Sono una grande dilettante nell'arte della vita, decisa a succhiare la mia arancia, e poi via subito come una vespa se il boccio su cui mi poso appassisce. (29 dicembre 1940)


*Cos'altro posso fare per incoraggiarvi a far fronte alla vita? Ragazze, dovrei dirvi – e per favore ascoltatemi, perché comincia la perorazione – che a mio parere siete vergognosamente ignoranti. Non avete mai fatto scoperte di alcuna importanza. Non avete mai fatto tremare un impero, né condotto in battaglia un esercito. Non avete scritto i drammi di Shakespeare, e non avete mai impartito i benefici della civiltà ad una razza barbara. Come vi giustificate? È facile dire, indicando le strade, le piazze, le foreste del globo gremite di abitanti neri e bianchi e color caffè, tutti freneticamente indaffarati nell'industria, nel commercio, nell'amore: abbiamo avuto altro da fare. Senza la nostra attività nessuno avrebbe solcato questi mari, e queste terre fertili sarebbero state deserto. Abbiamo partorito e allevato e lavato e istruito, forse fino all'età di sei o sette anni, i milleseicentoventitré milioni di esseri umani che secondo le statistiche sono attualmente al mondo; e questa fatica, anche ammettendo che qualcuno ci abbia aiutate, richiede tempo. C'è del vero in quel che dite – non lo nego. Ma nello stesso tempo devo ricordarvi che fin dal 1866 esistevano in Inghilterra almeno due colleges femminili; che, a partire dal 1880, una donna sposata poteva, per legge, possedere i propri beni; e nel 1919 – cioè più di nove anni fa – le è stato concesso il voto? Devo anche ricordarvi che da ben dieci anni vi è stato aperto l'accesso a quasi tutte le professioni? Se riflettete su questi immensi privilegi e sul lungo tempo in cui sono stati goduti, e sul fatto che in questo momento devono esserci quasi duemila donne in grado di guadagnare più di cinquecento sterline l'anno, in un modo o nell'altro, ammetterete che la scusa di mancanza di opportunità, di preparazione, di incoraggiamento, di agio e di denaro non regge più. Inoltre gli economisti ci dicono che la signora Seton ha avuto troppi figli. Naturalmente dovete continuare a far figli, ma, così dicono, solo due o tre a testa, non dieci o dodici. (2011, p.&nbsp;151)
{{NDR|Virginia Woolf, ''Diario di una scrittrice'', Minimum Fax, 2005}}
*Fra cento anni, d'altronde, pensavo giunta sulla soglia di casa, le [[Maschio e femmina|donne]] non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una volta erano stati loro negati. La balia scaricherà il carbone. La fruttivendola guiderà la macchina. Ogni presupposto basato sui fatti osservati quando le donne erano il sesso protetto sarà scomparso; ad esempio (in strada stava passando un plotone di soldati) l'idea che le donne, i preti e i giardinieri vivano più a lungo. Togliete questa protezione, esponete le donne agli stessi sforzi e alle stesse attività, lasciatele diventare soldati, marinari, camionisti e scaricatori di porto, e vi accorgerete che le donne muoiono assai più giovani e assai più presto degli [[Maschio e femmina|uomini]]; cosicché si dirà: "Oggi ho visto una donna", come si diceva "Oggi ho visto un aereo". Può accadere qualunque cosa quando la femminilità cesserà di essere un'occupazione protetta, pensavo, aprendo la porta.
*I gruppi numerosi di persone non sono mai responsabili di quello che fanno. (2011, p. 71)
*La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l'altro d'angoscia, e taglia in due il cuore.
*La storia dell'opposizione maschile all'emancipazione della donna è forse più interessante della storia dell'emancipazione stessa.<ref>Da ''Una stanza tutta per sé'', traduzione di Egle Costantino, Bur, 2013, [https://books.google.it/books?id=-XsMAgAAQBAJ&pg=PT97 p. 97]. ISBN 88-586-6302-0</ref>
*Nell'[[ozio]], nei sogni, la [[verità]] sommersa viene qualche volta a galla.
*Non c'è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente.
:''There is no gate, no lock, no bolt that you can set upon the freedom of my mind''.
*Non si può pensare bene, né amare bene, né dormire bene se non si è pranzato bene.
:''One cannot think well, love well, sleep well, if one has not dined well''.
*Perché le donne [...] sono assai più interessanti per gli uomini di quanto gli uomini possano essere interessanti per le donne? (2011, p. 60)
*Sembrava più il ricordo del dolore che non il dolore stesso.
*Una donna deve avere soldi e una stanza suoi propri se vuole scrivere romanzi.

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  • Ahimè, una volta sull'erba, com'era piccolo, com'era insignificante questo mio pensiero; proprio uno di quei pesci che il buon pescatore butta di nuovo nell'acqua perché possano divenire più grossi e meritare un giorno la padella. Non voglio parlarvi adesso di quel pensiero, benché, se guardate attentamente, lo troverete da sole, nelle pagine seguenti.
    Ma per quanto piccolo, possedeva tuttavia quella misteriosa qualità che hanno tutti i pensieri della sua specie: non appena immerso nella mente, immediatamente diventava molto eccitante e molto importante; guizzando e sommergendosi come un dardo, scintillando qua e là, creava attorno a sé un turbine tale di altre idee, che non si riusciva più a stare seduti. (cap. I)
  • Avete un’idea di quanti libri si pubblicano sulle donne in un anno? Avete un’idea di quanti fra questi libri sono scritti da uomini? Sapete di essere, forse, l’animale più discusso dell’universo? (cap. II)
  • Chi può misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando questo si trova prigioniero e intrappolato nel corpo di una donna? (cap. III)
  • Cos'altro posso fare per incoraggiarvi a far fronte alla vita? Ragazze, dovrei dirvi – e per favore ascoltatemi, perché comincia la perorazione – che a mio parere siete vergognosamente ignoranti. Non avete mai fatto scoperte di alcuna importanza. Non avete mai fatto tremare un impero, né condotto in battaglia un esercito. Non avete scritto i drammi di Shakespeare, e non avete mai impartito i benefici della civiltà ad una razza barbara. Come vi giustificate? È facile dire, indicando le strade, le piazze, le foreste del globo gremite di abitanti neri e bianchi e color caffè, tutti freneticamente indaffarati nell'industria, nel commercio, nell'amore: abbiamo avuto altro da fare. Senza la nostra attività nessuno avrebbe solcato questi mari, e queste terre fertili sarebbero state deserto. Abbiamo partorito e allevato e lavato e istruito, forse fino all'età di sei o sette anni, i milleseicentoventitré milioni di esseri umani che secondo le statistiche sono attualmente al mondo; e questa fatica, anche ammettendo che qualcuno ci abbia aiutate, richiede tempo. C'è del vero in quel che dite – non lo nego. Ma nello stesso tempo devo ricordarvi che fin dal 1866 esistevano in Inghilterra almeno due colleges femminili; che, a partire dal 1880, una donna sposata poteva, per legge, possedere i propri beni; e nel 1919 – cioè più di nove anni fa – le è stato concesso il voto? Devo anche ricordarvi che da ben dieci anni vi è stato aperto l'accesso a quasi tutte le professioni? Se riflettete su questi immensi privilegi e sul lungo tempo in cui sono stati goduti, e sul fatto che in questo momento devono esserci quasi duemila donne in grado di guadagnare più di cinquecento sterline l'anno, in un modo o nell'altro, ammetterete che la scusa di mancanza di opportunità, di preparazione, di incoraggiamento, di agio e di denaro non regge più. Inoltre gli economisti ci dicono che la signora Seton ha avuto troppi figli. Naturalmente dovete continuare a far figli, ma, così dicono, solo due o tre a testa, non dieci o dodici. (2011, p. 151)
  • Fra cento anni, d'altronde, pensavo giunta sulla soglia di casa, le donne non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una volta erano stati loro negati. La balia scaricherà il carbone. La fruttivendola guiderà la macchina. Ogni presupposto basato sui fatti osservati quando le donne erano il sesso protetto sarà scomparso; ad esempio (in strada stava passando un plotone di soldati) l'idea che le donne, i preti e i giardinieri vivano più a lungo. Togliete questa protezione, esponete le donne agli stessi sforzi e alle stesse attività, lasciatele diventare soldati, marinari, camionisti e scaricatori di porto, e vi accorgerete che le donne muoiono assai più giovani e assai più presto degli uomini; cosicché si dirà: "Oggi ho visto una donna", come si diceva "Oggi ho visto un aereo". Può accadere qualunque cosa quando la femminilità cesserà di essere un'occupazione protetta, pensavo, aprendo la porta.
  • I gruppi numerosi di persone non sono mai responsabili di quello che fanno. (2011, p. 71)
  • La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l'altro d'angoscia, e taglia in due il cuore.
  • La storia dell'opposizione maschile all'emancipazione della donna è forse più interessante della storia dell'emancipazione stessa.[1]
  • Nell'ozio, nei sogni, la verità sommersa viene qualche volta a galla.
  • Non c'è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente.
There is no gate, no lock, no bolt that you can set upon the freedom of my mind.
  • Non si può pensare bene, né amare bene, né dormire bene se non si è pranzato bene.
One cannot think well, love well, sleep well, if one has not dined well.
  • Perché le donne [...] sono assai più interessanti per gli uomini di quanto gli uomini possano essere interessanti per le donne? (2011, p. 60)
  • Sembrava più il ricordo del dolore che non il dolore stesso.
  • Una donna deve avere soldi e una stanza suoi propri se vuole scrivere romanzi.
  1. Da Una stanza tutta per sé, traduzione di Egle Costantino, Bur, 2013, p. 97. ISBN 88-586-6302-0