Gaio Lucilio: differenze tra le versioni

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
M1ka1L (discussione | contributi)
Riga 31: Riga 31:


==Citazioni su Gaio Lucilio==
==Citazioni su Gaio Lucilio==
*Garbato,<br />naso fino, duro però nel mettere assieme i suoi versi.<br />Il suo difetto? Eccolo: in un'ora, come fosse gran cosa, dettava sovente<br />duecento versi, e reggendosi su un piede soltanto.<br />Siccome scorreva fangoso, c'erano cose che avresti voluto levare;<br />era ciarliero e insofferente della fatica di scrivere,<br />di scrivere bene. ([[Orazio]])
*Garbato,<br />naso fino, duro però nel mettere assieme i suoi versi.<br />Il suo difetto? Eccolo: in un'ora, come fosse gran cosa, dettava sovente<br />duecento versi, e reggendosi su un piede soltanto.<br />Siccome scorreva fangoso, c'erano cose che avresti voluto levare;<br />era ciarliero e insofferente della fatica di scrivere,<br />di scrivere bene. ([[Quinto Orazio Flacco|Orazio]])


*<ref name=gr/>«Ha fatto però una cosa non da poco: ha mescolato parole greche alle parole latine».<br />O ritardatari delle belle lettere, ritenete davvero<br />difficile e meravigliosa una cosa che riesce perfino a Pitoleone da Rodi? ([[Orazio]])
*<ref name=gr/>«Ha fatto però una cosa non da poco: ha mescolato parole greche alle parole latine».<br />O ritardatari delle belle lettere, ritenete davvero<br />difficile e meravigliosa una cosa che riesce perfino a Pitoleone da Rodi? ([[Quinto Orazio Flacco|Orazio]])


*Sia pure, io dico,<br />che Lucilio fosse garbato ed urbano, sia pure ch'egli fosse più limato<br />di quanto non sia in genere l'iniziatore di una poesia nuova<ref>Allude al genere letterario satirico: Orazio riconosce pur sempre a Lucilio il merito d'esserne il padre.</ref> e intentata dai Greci<br />e più anche di tutto il gruppo dei poeti più antichi; ma anche lui,<br />se il destino l'avesse fatto scivolar giù fino ai nostri giorni,<br />eliminerebbe molte cose dai suoi versi e tutto il superfluo,<br />che si trascina al di là dell'espressione compiuta, lo taglierebbe via e, nel comporre il verso,<br />si gratterebbe spesso la testa e si roderebbe le unghie fino alla carne viva. ([[Orazio]])
*Sia pure, io dico,<br />che Lucilio fosse garbato ed urbano, sia pure ch'egli fosse più limato<br />di quanto non sia in genere l'iniziatore di una poesia nuova<ref>Allude al genere letterario satirico: Orazio riconosce pur sempre a Lucilio il merito d'esserne il padre.</ref> e intentata dai Greci<br />e più anche di tutto il gruppo dei poeti più antichi; ma anche lui,<br />se il destino l'avesse fatto scivolar giù fino ai nostri giorni,<br />eliminerebbe molte cose dai suoi versi e tutto il superfluo,<br />che si trascina al di là dell'espressione compiuta, lo taglierebbe via e, nel comporre il verso,<br />si gratterebbe spesso la testa e si roderebbe le unghie fino alla carne viva. ([[Quinto Orazio Flacco|Orazio]])


*Io mi diletto di chiudere le parole nel verso,<br />alla maniera di Lucilio, migliore di me e di te.<br />Come a fedeli compagni, ai libri egli soleva<br />affidare i suoi segreti<ref>Orazio rileva nella satira luciliana una natura diaristica.</ref>, né altrove ricorreva se le cose gli andavano male,<br />né se gli andavano bene: perciò avviene che tutta<br />la vita di questo vecchio ci sta davanti agli occhi,<br />come fosse dipinta su un quadretto votivo. ([[Orazio]])
*Io mi diletto di chiudere le parole nel verso,<br />alla maniera di Lucilio, migliore di me e di te.<br />Come a fedeli compagni, ai libri egli soleva<br />affidare i suoi segreti<ref>Orazio rileva nella satira luciliana una natura diaristica.</ref>, né altrove ricorreva se le cose gli andavano male,<br />né se gli andavano bene: perciò avviene che tutta<br />la vita di questo vecchio ci sta davanti agli occhi,<br />come fosse dipinta su un quadretto votivo. ([[Quinto Orazio Flacco|Orazio]])


*Me ne vado: Lucilio ha morso a sangue la città,<br />te, o Lupo<ref>Lucio Cornelio Lentulo Lupo.</ref>, e te, o Muzio<ref>Quinto Muzio Scevola Augure.</ref>... e ci si è rotto un molare. ([[Persio]])
*Me ne vado: Lucilio ha morso a sangue la città,<br />te, o Lupo<ref>Lucio Cornelio Lentulo Lupo.</ref>, e te, o Muzio<ref>Quinto Muzio Scevola Augure.</ref>... e ci si è rotto un molare. ([[Aulo Persio Flacco|Persio]])


*Sono mirevoli in lui l'erudizione e la libertà di spirito, e anche la mordacità, la notevole arguzia. ([[Quintiliano]])
*Sono mirevoli in lui l'erudizione e la libertà di spirito, e anche la mordacità, la notevole arguzia. ([[Marco Fabio Quintiliano|Quintiliano]])


== Note ==
== Note ==

Versione delle 14:53, 27 mar 2008

Gaio Lucilio (180 a.C. – 103 a.C.) poeta latino, autore di satire.

Satire

  • [Gaio Lucilio, nel primo libro di di Saturae, scrive degli dèi, riuniti a un consiglio per studiare il da farsi per salvare la città di Roma...]
    Gli dèi discutevano sui grandi problemi degli uomini...
    come Giove potesse salvare ancora il popolo e la città di Roma...
    e, se non più a lungo, prolungarne l'esistenza almeno di un cinquennio...
    e in qual modo potesse attuare il proposito e salvare le mura.[1] (libro I; 1968)
Consilium summis hominum de rebus habebant...
quo populum atque urbem pacto servare potisset
amplius romanam...
si non amplius, at lustrum protolleret unum...
munus tamen fungi et muros servare potisset.
  • [Si può ipotizzare che a parlare per primo sia Giove, padre degli déi e possibile "presidente" della medesima seduta.]
    Giove: O abitanti del cielo, dalla vostra assemblea vorrei sapere ciò di cui discutete da tempo.
    Vorrei, dico, che ci fossimo riuniti a consiglio prima![2]
Iuppiter: Vellem consilio vestrum quod dicitis olim,
Caelicolae. Vellem, inquam, adfuissemus priore
consilio.
(libro I; 1830)
  • [Per bocca di Apollo, Lucilio deride il titolo di "pater" che si suole attribuire indistintamente a tutti gli dèi.]
    Apollo: Non c’è nessuno di noi che non sia o l’ottimo padre degli déi
    o il padre Nettuno o il padre Libero o il padre Saturno o il padre Marte,
    Giano, Quirino, e non venga chiamato con questo nome. (libro I; 1968)
Apollo: Nemo sit nostrum quin aut pater optimus Divum,
aut Neptunus pater, Liber, Saturnus pater, Mars,
Ianus, Quirinus pater siet ac dicatur ad unum.
  • [Lucilio attacca i vizi dei Romani, ironizzando anche sull'eccessiva cura per il corpo da parte loro.]
    Mi rado, mi depilo, mi striglio, mi liscio, mi agghindo,
    mi fo bello,[3] mi trucco... (libro VII; 2005)
Rador, subvellor, desquamor, pumicor, ornor,
expolior, pingor...
  • Tu non conosci l'esatto significato di «poesia», nè che differenza passi fra «poesia» e «poema».
    Incominciamo da quello che noi chiamiamo «poema»:...
    «poema» è anche una qualsivoglia lettera non lunga;
    «poesia» invece è un'opera considerata nel suo complesso (una composizione unica nel suo complesso come l'Iliade,
    come gli annali di Ennio) ed è un'opera unica,
    ed è molto più ampia, come ho già detto, di un poema.
    Perciò dico: chi vuol criticare Omero non è che lo critichi tutto,
    e neppure critica ciò che ho chiamato prima la sua «poesia»;
    ne critica un verso solo, una parola, un concetto, un passo isolato. (libro IX; 1968)
Non haec quid valeat, quidve hoc intersiet illud
cognoscis. Primum hoc, quod dicimus esse poema...
...Epistula item quaevis non magna poema est.
Illa poesis opus totum, (tota Ilias una
est, una ut θέσις[4] annales Enni) atque opus unum
est, maius multo est quam quod dixi ante poema.
Qua propter dico: nemo qui culpat Homerum,
perpetuo culpat, neque quod dixi ante poesin;
versum unum culpat, verbum, entymema, locum unum.
  • [L'aristocrazia senatoria offrì a Lucilio un importante incarico politico nella provincia d'Asia, ma quegli si rifiutò, preferendo l'otium di Roma ai saccheggi di terre lontane.]
    Che io debba diventare un pubblicano dell'Asia, un esattore di imposte,
    invece che essere Lucilio, questo io non lo voglio, e al posto di questa cosa sola non vorrei in cambio tutto l'oro del mondo.[5] (libro XXVI, vv. 671-672 Marx[6]; 2005)
Publicanus vero ut Asiae fiam, ut scripturarius
pro Lucilio, id ego nolo, et uno hoc non muto omnia.
  • O preoccupazioni degli uomini! Quanta inutilità c'é nelle loro cose! (9 Marx; 2005)
O curas hominum! O quantum est in rebus inane![7]
  • [Così Lucilio descrive i corrotti cittadini romani, all'apice delle lotte sociali che attanagliano Roma prima e dopo le politiche dei fratelli Gaio e Tiberio Gracco.]
    Ora dalla mattina presto a tarda notte, nei giorni di festa e di lavoro,
    tutto il popolo e i senatori, senza distinzione,
    si agitano per il fòro, e non se ne vanno mai;
    tutti si sono dedicati a un'unica attività, a un'unica arte:
    riuscire a imbrogliarsi senza darlo a vedere, combattersi con la frode,
    gareggiare in complimenti, fingersi galantuomini,
    tendersi trabocchetti, come se fossero tutti nemici l'uno dell'altro. (1228-1234 Marx; 2005)
Nunc vero a mani ad noctem, festo atque profesto,
totus item pariterque die populusque patresque
iactare indu foro se omnes, decedere nusquam,
uni se atque eidem studio omnes dedere et arti,
verba dare ut caute possint, pugnare dolose,
blanditia certare, bonum simulare virum se,
insidias facere, ut si hostes sint omnibus omnes.
  • [Quinto Muzio Scevola Augure,[8] mentr'era pretore ad Atene, incontrò Tito Albucio e lo salutò in greco, come se l’amico non fosse più cittadino romano e non comprendesse più il latino.]
    Quinto Muzio Scevola Augure: O Albucio, tu hai preferito essere detto greco, invece che romano o sabino,
    concittadino di Ponzio[9], di Tritano[10], concittadino di centurioni,
    di uomini insigni, di primipili[11] e di alfieri[12].
    Perciò ad Atene, al tempo che ero pretore[13],
    visto che tu lo preferivi, quando ti sei presentato a me, ti ho salutato in greco:
    «Χαῖρε[14], o Tito.». E i littori[15] e tutta la coorte[16] e la folla:
    «Χαῖρε, o Tito.». Fu da quel momento che Albucio mi divenne nemico, da allora mi fu avversario. (1968)
Quintus Mucius Scaevola Augur: Graecum te, Albuci, quam Romanum atque Sabinum,
municipem Ponti, Tritani, centurionum,
praeclarorum hominum ac primorum signiferumque,
maluisti dici. Graece ergo praetor Athenis,
id quod maluisti, te, cum ad me accedis, saluto:
«Χαῖρε[4], - inquam - Tite!». Lictores, turma omnis chorusque:
«Χαῖρε, Tite!», hinc hostis mi Albucius, hinc inimicus.
(citato in Cicerone, De finibus bonorum et malorum, 1, 9)

Citazioni su Gaio Lucilio

  • Garbato,
    naso fino, duro però nel mettere assieme i suoi versi.
    Il suo difetto? Eccolo: in un'ora, come fosse gran cosa, dettava sovente
    duecento versi, e reggendosi su un piede soltanto.
    Siccome scorreva fangoso, c'erano cose che avresti voluto levare;
    era ciarliero e insofferente della fatica di scrivere,
    di scrivere bene. (Orazio)
  • [4]«Ha fatto però una cosa non da poco: ha mescolato parole greche alle parole latine».
    O ritardatari delle belle lettere, ritenete davvero
    difficile e meravigliosa una cosa che riesce perfino a Pitoleone da Rodi? (Orazio)
  • Sia pure, io dico,
    che Lucilio fosse garbato ed urbano, sia pure ch'egli fosse più limato
    di quanto non sia in genere l'iniziatore di una poesia nuova[17] e intentata dai Greci
    e più anche di tutto il gruppo dei poeti più antichi; ma anche lui,
    se il destino l'avesse fatto scivolar giù fino ai nostri giorni,
    eliminerebbe molte cose dai suoi versi e tutto il superfluo,
    che si trascina al di là dell'espressione compiuta, lo taglierebbe via e, nel comporre il verso,
    si gratterebbe spesso la testa e si roderebbe le unghie fino alla carne viva. (Orazio)
  • Io mi diletto di chiudere le parole nel verso,
    alla maniera di Lucilio, migliore di me e di te.
    Come a fedeli compagni, ai libri egli soleva
    affidare i suoi segreti[18], né altrove ricorreva se le cose gli andavano male,
    né se gli andavano bene: perciò avviene che tutta
    la vita di questo vecchio ci sta davanti agli occhi,
    come fosse dipinta su un quadretto votivo. (Orazio)
  • Me ne vado: Lucilio ha morso a sangue la città,
    te, o Lupo[19], e te, o Muzio[20]... e ci si è rotto un molare. (Persio)
  • Sono mirevoli in lui l'erudizione e la libertà di spirito, e anche la mordacità, la notevole arguzia. (Quintiliano)

Note

  1. Questa prima satura vuole essere soprattutto la parodia dell'istituzione senatoria. Lucilio inoltre attacca gli déi, colti in fallo e difetto proprio quando Roma ha più che mai bisogno del loro aiuto. Quello del concilio degli déi (cfr. Seneca, Apokolokyntosis) è un τόπος (topos) greco, ma se si ignora questo fatto è possibile rintracciare nel brano l'ottusità degli déi stessi, che hanno bisogno di unire le forze per riuscire nei loro intenti.
  2. Giove esprime i suoi amari rimorsi per il suo ritardo nel riunire l’assemblea, essendo consapevole del fatto che in quel mentre la situazione di Roma sta precipitando. L’estrema umanità degli déi, propria della religione greco-romana, si manifesta anche nei vincoli imposti dal tempo (vedi priore/prima) indistintamente ai mortali e agli immortali; cosa, questa, non propria del paradiso cristiano, per esempio.
  3. "Bello" perché parla un uomo: o perché è Lucilio che ironizza in prima persona, o per bocca di un altro uomo.
  4. a b c Lucilio, abusando di termini greci, attira contro di sé gli strali di Orazio (al proposito c.f.r. Orazio, Saturae, 1, 10, 20-23).
  5. Puoi ritrovare in questa voce il soggettivismo luciliano. Al proposito leggi la voce di Gaio Lucilio in Wikipedia.
  6. Friederich Marx è l'autore di un'importantissima antologia di frammenti di Saturae luciliane.
  7. Attribuito a Lucilio, presente in Persio, Saturae, libro I, verso 1.
  8. All'epoca dell'evento narrato (121 a.C.), Scevola era pretore ad Atene. Rientrerà a Roma l'anno successivo per difendersi dall'accusa di estorsione, rivoltagli dallo stesso Albucio (per motivi personali: l'evento narratoci da Lucilio è solo uno di una lunga serie di incidenti, che deterioreranno i rapporti tra i due). Riconosciuto innocente, sarà console nel 117 a.C. (vedi Quinto Muzio Scevola (console 117 a.C.) in Wikipedia)
  9. Cittadino di probabili origini sannitiche.
  10. Uomo di forza erculea, di probabili origini sannitiche.
  11. Il primus pilus è il capo di tutti centurioni che operano all'interno della sua legione.
  12. Il signifer è il portainsegne romano.
  13. Il praetor era un magistrato romano. Era investito di un pieno potere in ambito militare (detto imperium), ma il suo ruolo più importante era svolto in materia giuridica: doveva impostare in termini giuridici le controversie, correggere e colmare le lacune dello ius civile, presiedere ai processi penali, supplire ai consoli assenti in Roma, sovrintendere talvolta alle manutenzioni delle reti idriche della capitale. (vedi pretore in Wikipedia)
  14. Χαῖρε è il corrispondente greco per il saluto latino vale! (Salute a te!/Stammi bene!).
  15. Il littor era tutore dell'ordine ed era soprattutto assegnato alla difesa personale degli alti magistrati.
  16. La cohors, secondo la riforma dell'esercito di Gaio Mario, consta di tre manipoli, dei quali uno di hastati, un secondo di principes, e un ultimo di triarii, per un totale di 600 uomini.
  17. Allude al genere letterario satirico: Orazio riconosce pur sempre a Lucilio il merito d'esserne il padre.
  18. Orazio rileva nella satira luciliana una natura diaristica.
  19. Lucio Cornelio Lentulo Lupo.
  20. Quinto Muzio Scevola Augure.

Bibliografia

  • Francesco della Corte, Antologia degli scrittori latini. Per le Scuole superiori, Loescher, Torino 1968. ISBN 9788820110833
  • Corrado Carini e Maria Pezzati, Selecta: storia e antologia della letteratura latina, Casa editrice G. D'Anna, Firenze 2005. ISBN 888104756X
  • A. Perreau, A. Persius Flaccus cum interpretatione latina lectionum varietate adnotationibusque novis: item Lucilii Fragmenta, Satira Sulpiciae, Parisiis: N.E. Lemaire, 1830.
  • Friedrich Marx, C. Lucilii carminum reliquiae : recensuit enarrauit Fridericus Marx, Hakkert, 1963.

Altri progetti