Niccolò Machiavelli: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Niccolò Machiavelli==
==Citazioni di Niccolò Machiavelli==
*Andando infinite anime di quelli miseri mortali, che nella disgratia di [[Dio]] morivano, all'[[inferno]], tucte o la maggior parte si dolevono, non per altro, che per havere preso moglie essersi a tanta [[infelicità]] condotte. (da ''Favola di Belfagor arcidiavolo'')
*Andando infinite anime di quelli miseri mortali, che nella disgratia di [[Dio]] morivano, all'[[inferno]], tucte o la maggior parte si dolevono, non per altro, che per havere preso moglie essersi a tanta [[infelicità]] condotte. (da ''[[s:Favola di Belfagor arcidiavolo#Anime|Favola di Belfagor arcidiavolo]]'')
*Coloro che vincono, in qualunque modo vincono, mai non ne riportono [[vergogna]]. (da ''Istorie fiorentine'', libro III)
*Coloro che vincono, in qualunque modo vincono, mai non ne riportono [[vergogna]]. (da ''Istorie fiorentine'', libro III)
*Dove men si sa, più si sospetta. (da ''Dell'ingratitudine'')
*Dove men si sa, più si sospetta. (da ''Dell'ingratitudine'')

Versione delle 23:41, 25 ago 2008

Niccolò Machiavelli

Niccolò Machiavelli (1469 – 1527), politico, filosofo e scrittore italiano.


Citazioni di Niccolò Machiavelli

  • Andando infinite anime di quelli miseri mortali, che nella disgratia di Dio morivano, all'inferno, tucte o la maggior parte si dolevono, non per altro, che per havere preso moglie essersi a tanta infelicità condotte. (da Favola di Belfagor arcidiavolo)
  • Coloro che vincono, in qualunque modo vincono, mai non ne riportono vergogna. (da Istorie fiorentine, libro III)
  • Dove men si sa, più si sospetta. (da Dell'ingratitudine)
  • E Francesi per natura sono più fieri che gagliardi o destri; e in uno primo impeto chi può resistere alla ferocità loro, diventono tanto umili, e pèrdono in modo l'animo che diventono vili come femmine. E anche sono insopportabili di disagi e incomodi loro; e col tempo straccurono[1] le cose in modo che è facile, col trovargli in disordine, superargli. (da Scritti politici: Il ritratto delle cose di Francia)
  • E poiché la fortuna vuol fare ogni cosa, ella si vuol lasciar fare.[2] (da Lettera a Francesco Vettori, 10 dicembre 1513, in Lettere familiari)
  • Gli uomini non buoni temono sempre che altri non operi contro di loro quello che pare loro meritare. (da La mente di un uomo di stato)
  • Il mondo fu sempre ad un modo abitato da uomini, che hanno avuto sempre le medesime passioni, e sempre fu chi serve e chi comanda, e chi serve mal volentieri, e chi serve volentieri, e chi si ribella ed è ripreso. (da Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati)
  • La istoria è la maestra delle azioni nostre. (da Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati)
  • La via dello andare allo inferno era facile, poiché si andava allo ingiù e a chiusi occhi. (da La vita di Castruccio Castracani da Lucca)
  • Lo strepito dell'armi e de' cavalli
    non potè far che non fosse sentita
    la voce di un Cappon fra cento Galli
    tanto che il re superbo fé partita (da Decennali)
  • Non fu mai savio partito fare disperare gli uomini, perché chi non spera il bene non teme il male. (da Istorie fiorentine)
  • Perché li populi [I popoli tedeschi: qui il Machiavelli si riferisce particolarmente ai tirolesi] in privato sieno ricchi, la ragione è questa: che vivono come poveri, non edificano [Machiavelli non considerava edifici le case in legno dei tirolesi, che alla sua vista parvero poco più che capanne], non vestono e non hanno masserizie in casa; e basta loro abundare di pane, di carne, e avere una stufa dove rifuggire il freddo; e chi non ha dell'altre cose, fa sanza esse e non le cerca. Spendendosi in dosso [spendendo per il proprio vestire] due fiorini in dieci anni, e ognuno vive secondo il grado suo a questa proporzione; e nessuno fa conto di quello che li manca, ma di quello ha di necessità; e le loro necessità sono assai minori delle nostre. (da Scritti politici: Il ritratto delle cose della Magna [Alemagna o Lamagna, cioè Germania, sia pur limitatamente alle zone da lui visitate, massime il Tirolo])
  • Quanto è più propinquo l'uomo a uno suo desiderio più lo desidera, e non lo avendo, maggiore dolore sente. (da Clizia, atto I, scena II)
  • Sendo invitato a cena da Taddeo Bernardi lucchese, uomo ricchissimo e splendidissimo, e, arrivato in casa, mostrandogli Taddeo una camera parata tutta di drappi e che aveva il pavimento composto di pietre fine, le quali, di diversi colori diversamente tessute, fiori e fronde e simili verzure rappresentavano, ragunatosi Castruccio assai umore in bocca, lo sputò tutto in sul volto a Taddeo. Di che turbandosi quello, disse Castruccio: – Io non sapevo dove mi sputare che io ti offendessi meno. (da La vita di Castruccio Castracani da Lucca)
  • Se nel mondo tornassino i medesimi uomini, come tornano i medesimi casi, non passerebbono mai cento anni, che noi non ci trovassimo un'altra volta insieme a fare le medesime cose che ora. (da Clizia)
  • Si ricordino i prìncipi, che si cominciano le guerre quando altri vuole, ma non quando altri vuole finiscono. (citato in Selezione dal Reader' Digest, febbraio 1976)
  • Tu bada ben che l'aver in le tue mani il potere della Repubblica e il plauso di chi crede che si possa governare senza inganno non ti è bastante, poiché non è tanto la novità che conta, ma produrre il nuovo. Quindi ascolta e pruovoca il popolo perché parli a costo di causare in te risentimento. Non credere che questo sia disordine e perdita di tempo e che si facci meglio a non descutere et computare. Non è il tempo che si conzuma nel confronto cosa da deprecare. L'errore che non truoverà mai rimedio è quello del resolvere ogni decisione per applaudimento. Uno bono descurso con retorica piazzata ad uopo, qualcuna frase dal bon suono e via che se cammina più spediti che mai. Tu debbi insegnare a razionare ogni idea o pruogramma tre volte più che non lo sia il raggionevole. Trista gente è quella di un popolo che segue lo sbatter di bandere e stendardi piuttosto che le idee ben mastecate. (da Scritti di governo[3])

Senza fonte

  • Ci sono uomini che sanno tutto, peccato che questo è tutto quello che sanno.

Attribuite

  • Il fine giustifica i mezzi.
Motto con cui s'è preteso (impropriamente) di sintetizzare il suo pensiero. Da sottolineare che non scrisse mai questa frase in alcuna delle sue opere.

Il Principe

Incipit

Tutti gli stati, tutti e' dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra li uomini, sono stati e sono o republiche o principati. E' principati sono, o ereditarii, de' quali el sangue del loro signore ne sia suto lungo tempo principe, o e' sono nuovi. E' nuovi, o sono nuovi tutti, come fu Milano a Francesco Sforza, o sono come membri aggiunti allo stato ereditario del principe che li acquista, come è el regno di Napoli al re di Spagna. Sono questi dominii così acquistati, o consueti a vivere sotto un principe, o usi ad essere liberi; e acquistonsi o con le armi d'altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù.

Citazioni

  • Camminando gli uomini quasi sempre per le vie battute da altri, e procedendo nelle azioni loro con le imitazioni, né si potendo le vie di altri al tutto tenere, né alla virtù di quelli che tu imiti aggiugnere, debbe uno uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi, e quelli che sono stati eccellentissimi imitare; acciò che, se la sua virtù non vi arriva, almeno ne renda qualche odore: e fare come gli arcieri prudenti, a' quali parendo el loco dove disegnano ferire troppo lontano e conoscendo fino a quanto va la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta che il loco destinato, non per aggiugnere con la loro freccia a tanta altezza, ma per poter con l'aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro.
  • Così come coloro che disegnano e paesi si pongono bassi nel piano a considerare la natura de' monti e de' luoghi alti, e per considerare quella de' bassi si pongono alti sopra e monti, similmente, a conoscere bene la natura de' populi bisogna essere principe, e a conoscere bene quella de' principi bisogna essere populare. (dalla Dedica)
  • Dal momento che l'amore e la paura possono difficilmente coesistere, se dobbiamo scegliere fra uno dei due, è molto più sicuro essere temuti che amati.
  • E sanza quella occasione, la virtù dell'animo loro si sarebbe spenta, e sanza quella virtù la occasione sarebbe venuta invano. (cap VI)
  • Giudico potere esser vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora ella ne lasci governare l'altra metà, o poco meno, a noi.
  • Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre, che la perdita del patrimonio.
  • Gli uomini in universale giudicano più agli occhi che alle mani, perché tocca a vedere a ciascuno, a sentire a pochi. Ognun vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei.
  • Governare è far credere.
  • La fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. (cap. XXV)
  • La natura de' populi è varia; ed è facile a persuadere loro una cosa, ma è difficile fermarli in quella persuasione.
  • Li uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere; perché si vendicano delle leggieri offese, delle gravi non possono: sí che l'offesa che si fa all'uomo debbe essere in modo che la non tema la vendetta.
  • Ma la poca prudenza degli uomini comincia una cosa che, per sapera allora di buono, non si accorge del veleno che vi è sotto. (cap XIII)
  • Mai a uno principe mancorono cagioni legittime di colorare la inosservanzia.
  • Né può essere, dove è grande disposizione, grande difficultà.
  • Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, iudico poter essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam ne lasci governare l'altra metà, o presso, a noi. Et assomiglio quella a uno di questi fiumi rovinosi, che, quando s'adirano, allagano e' piani, ruinanogli alberi e gli edifizii, bevono da questa parte terreno, pongono da quell'altra; ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede allo impeto loro, sanza potervi in alcuna parte obstare. E benché sieno così fatti, non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi potessimo fare provvedimenti, e con ripari e argini, in modo che, crescendo poi, o egli andrebbono per uno canale, o l'impeto loro non sarebbe né sì licenzioso né sì dannoso.
    Similmente interviene della fortuna; la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle; e quivi volta li sua impeti dove la sa che non sono fatti gli argini e li ripari a tenerla. (XXV)
  • Sono tanto semplici gli uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare. (XVIII)
  • Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede e vivere con integrità e non astuzia, ciascuno lo intende: nondimanco si vede per esperienza ne' nostri tempi quelli prìncipi avere fatto gran cose che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno con l'astuzia saputo aggirare e cervelli delli uomini; e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati sulla lealtà (cap. XVIII)
  • Sendo adunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe [volpe] e il lione, perché il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e lacci e lione a sbigottire e lupi. (cap. XVIII)
  • Nelle azioni di tutti li uomini, e massime de' principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. (XVIII)
  • Quello del populo è più onesto fine che quello de' grandi, volendo questi opprimere e quello non essere oppresso. (IX)
  • A uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e l'uomo. (XVIII)

Explicit

Quali porte se li serrerabano? Quali populi li negherebbero la obedienzia? Quale invidia se li opporrebbe? Quale Italiano li negherebbe l'ossequio? A ognuno puzza questo barbaro dominio. Pigli adunque la illustre Casa Vostra questo assunto con quello animo e con quella speranza chesi pigliano le imprese iuste; acciò che sotto la sua insegna, e questa patria ne sia nobilitata, e sotto li sua auspizii si verifichi quel detto del Petrarca:
Virtù contro a furore
prenderà l'arme; e fia el combatter corto,
ché l'antico valore
nell'italici cor non è ancor morto.

Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio

Incipit

Ancora che per la invidia natura degli uomini sia sempre suto non altrimenti periculoso trovare modi ed ordini nuoviche si fusse cercare acque e terre incognite, per essere quelli più pronti a biasimare che a laudare le azioni d'altri, nondimanco, spinto da quel naturale desiderio che fu sempre in me di operare senza alcuno respetto quelle cose che io creda rechino comune benefizio a ciascuno, ho deliberato entrare per una via, la quale, non essendo suta ancora da alcuno trita, se la mi arrecherà fastidio e difficultà, mi potrebbe ancora arrecare premio, mediante quelli che umanamente di queste mie fatiche il fine considerassimo.

Citazioni

  • E veramente, mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio perché altrimente non sarebbero accettate: perché sono molti i beni conosciuti da uno prudente, i quali non hanno in sé ragioni evidenti da poterli persuadere a altrui.
    Però gli uomini savi, che vogliono forre questa difficultà, ricorrono a Dio. Così fece Licurgo, così Solone, così molti altri che hanno avuto il medesimo fine di loro. [...] E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle republiche, così il dispregio di quello è cagione della rovina d'esse. Perché, dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini, o che sia sostenuto dal timore d'uno principe che sopperisca a' difetti della religione. (1, 11)
  • La natura ha creato gli uomini in modo che possono desiderare ogni cosa, e non possono conseguire ogni cosa; talché essendo sempre maggiore il desiderio, che la potenza dello acquistare, ne risulta la magra contentezza di quello che si possiede, e la poca satisfazione di esso.
  • Il popolo molte volte desidera la rovina sua ingannato da una falsa specie di bene; e come le grandi speranze e gagliarde promesse facilmente lo muovono. (I, LIII)

Explicit

Erano in Roma, per la liberalità che i Romani usavano di donare la civiltà a' forestieri, nate tante genti nuove che le cominciavano avere tanta parte ne' suffragi che il governo cominciava a variare, e partivasi da quelle cose e da quelli uomini dove era consueto andare. Di che accorgendosi Quinto Fabio che era Censore, messe tutte queste genti nuove, da chi dipendeva questo disordine, sotto quattro Tribù, acciocché non potessono, ridutti in sì piccoli spazi, corrompere tutta Roma. Fu questa cosa bene conosciuta da Fabio e postovi sanza alterazione conveniente rimedio, il quale fu tanto accetta a quella civiltà ch'e' meritò di essere chiamato Massimo.

L'arte della guerra

Incipit

Perché io credo che si possa lodare dopo la morte ogni uomo, sanza carico, sendo mancata ogni cagione e sospetto di adulazione, non dubiterò di lodare Cosimo Rucellai nostro, il nome del quale non fia mai ricordato da me sanza lagrime, avendo conosciute in lui quelle parti le quali, in uno buono amico dagli amici, in uno cittadino dalla sua patria si possono disiderare.

Citazioni

  • Consigliati delle cose che tu dei fare, con molti; quello che dipoi vuoi fare conferisci con pochi.
  • Può la disciplina nella guerra più che il furore.
  • Niuno sanza invenzione fu mai grande uomo nel mestiere suo.
  • Quello che giova al nimico nuoce a te, e quel che giova a te nuoce al nimico.
  • Colui che sarà nella guerra più vigilante a osservare i disegni del nimico e più durerà fatica ad esercitare il suo esercito, in minori pericoli incorrerà e più potrà sperare della vittoria.
  • Non condurre mai a giornata i tuoi soldati, se prima non hai confermato l'animo loro e conosciutogli sanza paura e ordinati, né mai ne farai pruova, se non quando vedi ch'egli sperano di vincere.
  • Meglio è vincere il nimico con la fame che col ferro, nella vittoria del quale può molto più la fortuna che la virtù.
  • Niuno partito è migliore che quello che sta nascoso al nimico infino che tu lo abbia eseguito.
  • Sapere nella guerra conoscere l'occasione e pigliarla, giova più che niuna altra cosa.
  • La natura genera pochi uomini gagliardi; la industria e lo esercizio ne fa assai.
  • Quando si partono alcuni dalla parte nimica per venire a' servizi tuoi, quando sieno fedeli vi sarà sempre grandi acquisti; perché le forze degli avversari più si minuiscono con la perdita di quegli che si fuggono, che di quegli che sono ammazzati, ancora che il nome de' fuggitivi sia a' nuovi amici sospetto, a' vecchi odioso.
  • Meglio è, nell'ordinare la giornata, riserbare dietro alla prima fronte assai aiuti, che, per fare la fronte maggiore, disperdere i suoi soldati.
  • Difficilmente è vinto colui che sa conoscere le forze sue e quelle del nimico.
  • Più vale la virtù de' soldati che la moltitudine; più giova alcuna volta il sito che la virtù.
  • Le cose nuove e subite sbigottiscono gli eserciti; le cose consuete e lente sono poco stimate da quegli; però farai al tuo esercito praticare e conoscere con piccole zuffe un nimico nuovo, prima che tu venga alla giornata con quello.
  • Colui che seguita con disordine il nimico poi ch'egli è rotto, non vuole fare altro che diventare, di vittorioso, perdente.
  • Quello che non prepara le vettovaglie necessarie al vivere è vinto sanza ferro.
  • Chi confida più ne' cavagli che ne' fanti, o più ne' fanti che ne' cavagli, si accomodi col sito.
  • Quando tu vuoi vedere se, il giorno, alcuna spia è venuta in campo, fa' che ciascuno ne vadia al suo alloggiamento.
  • Muta partito, quando ti accorgi che il nimico l'abbia previsto.
  • Consigliati, delle cose che tu dèi fare, con molti; quello che di poi vuoi fare conferisci con pochi.
  • I soldati, quando dimorano alle stanze, si mantengano col timore e con la pena; poi, quando si conducono alla guerra, con la speranza e col premio.
  • I buoni capitani non vengono mai a giornata se la necessità non gli strigne o la occasione non gli chiama.
  • Fa' che i tuoi nimici non sappiano come tu voglia ordinare l'esercito alla zuffa: e in qualunque modo l'ordini, fa' che le prime squadre possano essere ricevute dalle seconde e dalle terze.
  • Nella zuffa non adoperare mai una battaglia ad un'altra cosa che a quella per che tu l'avevi deputata, se tu non vuoi fare disordine.
  • Agli accidenti subiti con difficultà si rimedia, a' pensati con facilità.
  • Gli uomini, il ferro, i danari e il pane sono il nervo della guerra; ma di questi quattro sono più necessarii i primi due, perché gli uomini e il ferro truovano i danari e il pane, ma il pane e i danari non truovano gli uomini e il ferro.
  • Il disarmato ricco è premio del soldato povero.
  • Avvezza i tuoi soldati a spregiare il vivere delicato e il vestire lussurioso.

Explicit

Ma quanto a me si aspetta, per essere in là con gli anni me ne diffido. E veramente, se la fortuna mi avesse conceduto per lo addietro tanto stato quanto basta a una simile impresa, io crederei in brevissimo tempo avere dimostro al mondo quanto gli antichi ordini vagliono; e sanza dubbio o io l'arei accresciuto con gloria o perduto senza vergogna.

Incipit di alcune opere

L'Asino

I vari casi, la pena e la doglia
che sotto forma d'un Asin soffersi,
canterò io, pur che fortuna voglia.
Non cerco ch'Elicona altr'acqua versi,
o Febo posi l'arco e la faretra
e con la lira accompagni i miei versi;
sì perché questa grazia non s'impetra
in questi tempi, sì perch'io son certo
ch'al suon d'un raglio non bisogna cetra.
Né cerco averne prezzo, premio o merto;
e ancor non mi curo che mi morda
un detrattore, o palese o coperto;
ch'io so ben quanto gratitudo è sorda
a' preghi di ciascuno, e so ben quanto
de' beneficii un Asin si ricorda.

Favola di Belfagor arcidiavolo

Leggesi nelle antiche memorie delle fiorentine cose come già s'intese, per relazione, di alcuno santissimo uomo, la cui vita, apresso qualunque in quelli tempi viveva, era celebrata, che, standosi abstratto nelle sue orazioni, vide mediante quelle come, andando infinite anime di quelli miseri mortali, che nella disgrazia di Dio morivano, all'inferno, tutte o la maggior parte si dolevono, non per altro, che per avere preso moglie essersi a tanta infelicità condotte. Donde che Minos e Radamando insieme con gli altri infernali giudici ne avevano maraviglia grandissima. E, non potendo credere, queste calunnie, che costoro al sesso femmineo davano, essere vere, e crescendo ogni giorno le querele, e avendo di tutto fatto a Plutone conveniente rapporto, fu deliberato per lui di avere sopra questo caso con tutti gl'infernali principi maturo essanime, e pigliarne dipoi quel partito che fussi giudicato migliore per scoprire questa fallacia, o conoscerne in tutto la verità.

Citazioni su Niccolò Machiavelli

  • Machiavelli scriveva rivolgendosi solo a un certo numero di iniziati. I dottrinari del realismo politico parlano al pubblico. (Georges Bernanos)
  • Non siamo un popolo né di santi né di poeti né di artisti né di navigatori: siamo un popolo di pesci in barile. Il nostro modello non è il Machiavelli del «fine che giustifica i mezzi» ma il Guiciardini del «proprio particulare». (Roberto Gervaso)
  • Quando Machiavelli scriveva queste cose, l'Italia si trastullava ne' romanzi e nelle novelle, con lo straniero in casa. Era il popolo meno serio del mondo e meno disciplinato. La tempra era rotta. Tutti volevano cacciar lo straniero, a tutti "puzzava il barbaro dominio", ma erano velleità. E si comprende come Machiavelli miri principalmente a ristorare la tempra, attaccando il male nella sua radice. (Francesco De Sanctis)
  • Un politico che conosceva gli uomini e voleva dire la verità. (Antonio Genovesi)
  • Quel grande | che temprando lo scettro a' regnatori | gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela | di che lagrime grondi e di che sangue (Ugo Foscolo)

Note

  1. Trascurano.
  2. In edizioni delle opere più recenti, la citazione è riportata nella forma: "E poiché la fortuna vuol fare ogni cosa, ella si vuole lasciarla fare".
  3. Citato in Dario Fo, Bello figliolo che tu se', Raffaello, a cura di Franca Rame, Franco Cosimo Panini Editore, 2006.

Bibliografia

  • Niccolò Machiavelli, Scritti politici: Il Principe e Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Vol. I, Edizione La Universale Barion, Milano 1939
  • Niccolò Machiavelli, Scritti politici: L'arte della guerra e gli Opuscoli, Vol. II, Edizione La Universale Barion, Milano 1942
  • Niccolò Machiavelli, Opere, Il Sole 24 Ore, Milano 2006.

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