Norberto Bobbio: differenze tra le versioni

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Norberto Bobbio (1909 – 2004), filosofo del diritto e della politica e storico del pensiero politico.

  • Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze. (da Politica e cultura, 1955)
  • Il vecchio vive di ricordi e per i ricordi, ma la sua memoria si affievolisce di giorno in giorno. Il tempo della memoria procede all'inverso di quello reale: tanto più vivi i ricordi che affiorano nella reminiscenza quanto più lontani nel tempo degli eventi. Ma sai anche che ciò che è rimasto, o sei riuscito a scavare in quel pozzo senza fondo, non è che un'infinitesima parte della storia della tua vita. (da De senectute e altri scritti autobiografici, Einaudi)
  • L'aborto è un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri. […] [Bisogna riconoscere] il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. È lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Si può parlare di depenalizzazione dell'aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all'aborto. (dall'intervista di Giulio Nascimbeni, Corriere della sera, 8 maggio 1981)
  • La guerra è l'antitesi del diritto. (da Il problema della guerra e le vie della pace, il Mulino, Bologna 1997)
  • Se è vero che il fine giustifica i mezzi[1], ne discende che il non raggiungimento del fine non consente più di giustificarli. (citato in Libero, 22 giugno 2003, p. 7)
  • La speranza è una virtù teologica. Quando Kant afferma che uno dei tre grandi problemi della filosofia è "che cosa debbo sperare", si riferisce con questa domanda al problema religioso. Le virtù del laico sono altre: il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto delle idee altrui, virtù mondane e civili. (da De senectute, Einaudi, Torino 1996)
  • Mi pare, del resto, che l'atteggiamento pessimistico si addica di più che non quello ottimistico all'uomo di ragione. L'ottimismo comporta pur sempre una certa dose di infatuazione, e l'uomo di ragione non dovrebbe essere infatuato. […] E poi il pessimista non raffrena l'operosità, anzi la rende più tesa e diritta allo scopo. Tra l'ottimista che ha per massima: "Non muoverti, vedrai che tutto si accomoda", e il pessimista replicante: "Fa' d'ogni modo quel che devi, anche se le cose andranno di male in peggio", preferisco il secondo. (da Politica e cultura, Einaudi 2005, pp. 169-70)
  • Non ho nessuna speranza. In quanto laico, vivo in un mondo in cui è sconosciuta la dimensione della speranza. (da De senectute)
  • Qualche volta è accaduto che un granello di sabbia sollevato dal vento abbia fermato una macchina. Anche se ci fosse un miliardesimo di miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo è troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino. (da Il problema della guerra e le vie della pace)

Autobiografia

  • Chi entra in un labirinto sa che esiste una via d'uscita, ma non sa quale delle molte vie che gli si aprono innanzi di volta in volta vi conduca. Procede a tentoni. Quando trova una via bloccata torna indietro e ne prende un'altra. Talora la via che sembra più facile non è la più giusta; talora, quando crede di essere più vicino alla meta, ne è più lontano, e basta un passo falso per tornare al punto di partenza. Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere dalle apparenze, fare, come si dice, un passo per volta, e di fronte ai bivi, quando non si è in grado di calcolare la ragione della scelta, ma si è costretti a rischiare, essere sempre pronti a tornare indietro. [...] non ci si butti mai a capofitto nell'azione, che non si subisca passivamente la situazione, che si coordinino le azioni, che si facciano scelte ragionate, che ci si propongano, a titolo d'ipotesi, mete intermedie, salvo a correggere l'itinerario durante il percorso, ad adattare i mezzi al fine, a riconoscere le vie sbagliate e ad abbandonarle una volta riconosciute.
  • Come ho detto tante volte, la storia umana, tra salvezza e perdizione, è ambigua. Non sappiamo neppure se siamo noi i padroni del nostro destino. (ultima pagina)
  • Cultura è equilibrio intellettuale, riflessione critica, senso di discernimento, aborrimento di ogni semplificazione, di ogni manicheismo, di ogni parzialità.

Che cosa fanno oggi i filosofi?

  • I due mali contro cui la ragione filosofica ha sempre combattuto – e deve combattere ora più che mai – sono, da un lato, il non credere a nulla; dall'altro, la fede cieca.
  • Quando si mette in questione la cosiddetta avalutatività della scienza e si dice che la scienza è ideologica, si dice un'idiozia. La scienza come tale non è né capitalistica né comunistica, né feudale, né borghese. Ciò che può essere capitalistico o comunistico è l'uso della scienza. La scienza è neutrale; lo scienziato può anche non esserlo.
  • Diffidate di un filosofo che sa di sapere.
  • È chiaro che l'ideale della totale libertà non esiste in nessuna società. Insomma, ci sono maggiori e minori approssimazioni a questa idea della società libera.
  • La maggior parte degli uomini di oggi non sono tanto atei o non credenti, quanto increduli. Ma colui che è incredulo non è fuori dalla sfera della religione. [...] Lo stato d'animo di chi non appartiene più alla sfera del religioso non è l'incredulità, ma l'indifferenza, in non saper che farsene di queste domande. Ma l'indifferenza è veramente la morte dell'uomo.

Da un'intervista di Edmondo Aroldi

Edmondo Aroldi: Ai non addetti ai lavori giungono, specie negli ultimi tempi, sempre più frequenti e allarmanti enunciazioni del pensiero filosofico. Sono notizie che li inducono a convincersi di vivere in un'epoca di gravi perdite. Per esempio, dopo Dio, si sentono dire che anche Marx è morto. Si tratta di un decesso incerto e controverso. Che cosa risponderebbe a chi credesse rozzamente: insomma, professore, Marx è morto o no?
Norberto Bobbio: Non credo alle formule definitive. Un'impostazione della storia come aut-aut è contraria al mio modo di pensare. La storia è molto più complessa, è un errore interpretarla per svolte, non c'è qualcosa che veramente finisce, c'è sempre continuità. Per quanto riguarda il marxismo, mi sembra che non si possa dire che Marx sia morto. Non è un'affermazione nuova, ogni tanto qualcuno l'ha fatta propria, è quindi una presunta novità, è ormai trascorso quasi un secolo da quando Croce ha scritto Come nacque e come morì il marxismo teorico in Italia. Va da sé che in certi periodi il marxismo non ha esercitato particolare influenza nel nostro paese. Per esempio, mancavano grandi studi quando Giolitti parlò di «Marx in soffitta». Ma sono cose note che, semplificandocolloquialmente, si possono definire le tre successive fasi del marxismo in Italia... Se Marx è morto, lo è per qualche filosofo deluso dalla storia del mondo. Stenderne il certificato di morte è quanto meno prematuro e superficiale.

Citazioni

  • La democrazia è il più grande tentativo di organizzare una società per mezzo di procedure non violente.
  • La storia insegna che l'unico modo di rispondere alla violenza è la violenza. La sola soluzione possibile sarebbe quella di sostituire all'uso delle armi l'uso della parola.
  • La storia umana è una storia di lacrime e di sangue. Come dissentire dall'immagine di Hegel che rappresenta la storia umana come un «immenso mattatoio»?

Note

  1. Motto erroneamente attribuito a Niccolò Machiavelli.

Bibliografia

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