Paolo Pavolini: differenze tra le versioni

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Paolo Pavolini (-), scrittore e storico italiano.

1943, la caduta del fascismo - 1

Incipit

Il 3 novembre 1942, alle una del pomeriggio, l'Italia intera ascoltava alla radio, come sempre, il bollettino di guerra, l'891° della serie. O seduta davanti al suo magro pasto, o in piedi e sull'attenti nei locali pubblici, come imponeva il vertice del regime. Dal 24 ottobre c'era una battaglia in corso, aspra e incerta, sul fronte egiziano a nord di El Qattara, 80 chilometri prima del Cairo, cui la storia ha dato il nome di El Alamein.

Citazioni

  • Leone Tolstoj ripeteva spesso che per conoscere davvero un paese bisognava visitarne le prigioni: noi sosteniamo invece che è sufficiente (e più agevole) scorrerne i quotidiani. (p. 11)
  • I quotidiani littori, negli anni ruggenti della guerra, furono fino al '43 un urlo delirante di trionfi inesistenti, o meglio una fabbrica miracolosa per smacherare le sconfitte in successi. (p. 11)
  • Mussolini contribuì egregiamente ad accelerare la sconfitta delle sue truppe, tanto che qualche antifascista particolarmente sottile proclamò che Mussolii, a quel punto, lavorava contro Mussolini. (p. 18)
  • Mussolini aveva perso la guerra delle armi, aveva perso la guerra della propaganda. Gli restava un'estrema carta: anticipare tutti i possibili aspirant alla sua successione, inforcando per primo (ci perdoni il bisticcio) il cavallo vincente della sconfitta sicura. (p. 19)
  • Mai Mussolini fu tanto seguito e ammirato come quando scatenò un'altra volta in Etiopia un esercito di 300.000 uomini contro le scalze armate del Negus: per la conquista inutile di uno "scatolone di sassi" che al pari dell'altra conquista, parimenti inutile, dello "scatolone di sabbia" libico segnò l'inizio di un conflitto mondale. (p. 21)
  • Giolitti amministrò il flusso delle rimesse migratore con un criterio tuttora sub judice: per Gaetano Salvemini, veemente accusatore del "ministro della malavita", ingrassò cinicamente il Nord a spese del Mezzogiorno, rendendo cronica e insolubile la "questione meridionale". (p. 21)
  • La perdita di ogni libertà, la soppressione delle Camere e delle giunte comunali e provinciali elettive, codificò per tutto il ventennio fascista un iniquo rapporto di classe. (p. 22)
  • La parabola fascista toccò il suo zenit con la conquista dell'Etiopia: l'unico istante, durante il Ventennio Nero, in cui l'Italia borghese e l'Italia sottoproletaria si affratellarono su quella povera preda. (p. 25)
  • Il maresciallo Pietro Badoglio, personaggio principe di ogni fase della nostra rievocazione: "una figura enigmatica di generale" scrive di lui Franco Bandini "che ricompare di continuo nella storia patria, così stranamente connesso, sempre, con le disgrazie del paese". (p. 34)
  • Badoglio guidava il XXVII corpo d'armata nell'esercito di Cadorna: unico comandante della storia, secondo lo stratega von Seekt "che vinse undici battaglie di seguito restando sempre nelle medesime posizioni". (p. 35)

Bibliografia

  • Paolo Pavolini, 1943, la caduta del fascismo - 1, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1973.