Fabrizio De André: differenze tra le versioni

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'''Fabrizio Cristiano De André''' (1940 – 1999), cantautore italiano.
'''Fabrizio Cristiano De André''' (18/02/1940 – 11/01/1999), cantautore italiano.


==Citazioni di Fabrizio De André==
==Citazioni di Fabrizio De André==

Versione delle 00:42, 7 lug 2009

Fabrizio De André

Fabrizio Cristiano De André (18/02/1940 – 11/01/1999), cantautore italiano.

Citazioni di Fabrizio De André

  • Dall'ingenuità possono nascere dei piccoli miracoli, o anche delle grandi stronzate. (Torino, Palastampa, 25 marzo 1997)
  • Questa è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di avere sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l'errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c'erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c'è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d'oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri. (dal commento introduttivo de La città vecchia al Teatro Brancaccio di Roma, il 14 febbraio 1998)
  • L'ultima canzone dell'album è una specie di riassunto dell'album stesso; è una preghiera; una sorta d'invocazione. Un'invocazione a un'entità parentale, come se fosse una mamma, un papà, molto più grandi e molto più potenti. Noi di solito identifichiamo queste entità parentali, immaginate così potentissime, come una divinità. Le chiamiamo Dio; le chiamiamo Signore; le chiamiamo La Madonna. In questo caso l'invocazione è perché si accorgano di tutti i torti che hanno subìto le minoranze da parte delle maggioranze. Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi; dire: "Siamo 600 milioni; siamo un miliardo e 200 milioni" e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze. La preghiera, l'invocazione, si chiama "smisurata" proprio perché è fuori misura e quindi, probabilmente, non sarà ascoltata da nessuno. Ma noi ci proviamo lo stesso. (durante il Tour dell'album Anime Salve, presentando la canzone "Smisurata preghiera"; 1997)
  • È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all'alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima. (dal libro Come un'anomalia, pp. 59-60)
  • E poi a un tratto l'amore scoppiò dappertutto. (scritta autografa visibile sul sito della Fondazione Fabrizio De André)
  • Si lamentano degli zingari? Guardateli come vanno in giro a supplicare l'elemosina di un voto: ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi, treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo o a cena: sanno mangiare con coltello e forchetta, e con coltello e forchetta si mangeranno i vostri risparmi.L'Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all'Italia? (scritta autografa visibile sul sito della Fondazione Fabrizio De André)
  • Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni. (da un'intervista a "Senzapatria", 14 agosto 1991)
  • Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti? (da un'intervista a "Senzapatria", 14 agosto 1991)
  • Se una voce miracolosa non avesse interpretato nel 1967 La canzone di Marinella, con tutta probabilità avrei terminato gli studi in legge per dedicarmi all'avvocatura. Ringrazio Mina per aver truccato le carte a mio favore e soprattutto a vantaggio dei miei virtuali assistiti. (dalle note di ringraziamento dell'album Mi innamoravo di tutto, 1997)
  • Cantavo imitando Modugno e d'altronde come si poteva non subire la sua influenza? (da un'intervista de Il Giornale, 8 agosto 1994)
  • Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest'età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa. (dal programma televisivo La storia siamo noi – Fabrizio De André)
  • L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desiderio continuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano – d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni – però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si dovesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato. (presentazione del brano Khorakhanè durante un concerto al Teatro Valli di Reggio Emilia il 6 dicembre 1997)
  • Non è che la cosa sia stata escogitata tanto per fare qualcosa di diverso. Io ho sempre pensato – e la scienza pare darmi ragione – che l'uomo e la donna vivano in due mondi completamente diversi; due mondi che, fortunatamente, si incontrano, altrimenti non staremmo neanche qui a chiacchierare, ovviamente. Recenti studi di antropometria – una parola difficilissima –, cioè la misura dell'uomo, hanno dimostrato che le componenti chimiche del cervello dell'uomo sono diverse dalle componenti chimiche del cervello della donna. Addirittura, stessi studi analoghi hanno dimostrato che ad identiche sollecitazioni l'uomo e la donna rispondono in maniera diversa. Addirittura nella scelta dei colori. Ma, indipendentemente dalle motivazioni scientifiche, io – che ho vissuto i miei cinquantadue anni in maniera pienotta – direi che ho constatato sinceramente questa differenza proprio da lì. E per me il mondo della donna è sempre apparso, almeno ai miei occhi, come un po' il mondo del sacrificio. Il sacrificio, prima di tutto, della maternità. È sicuramente una malattia sconosciuta all'uomo, al maschio; una malattia che dura nella sua fase acuta per nove mesi e poi continua, mi pare d'aver capito, per tutta la vita. Un altro sacrificio, forse il più doloroso di tutti – e si sa che attraverso il dolore si può raggiungere anche la santificazione – è quello della prostituzione. E direi, da un po' di tempo a questa parte, recentemente, da dieci o quindici anni, le giovani generazioni femminili si stanno dedicando ad un altro sacrificio, che fino a dieci o quindici anni fa sembrava scomparso. È il rispetto del tabù della verginità. Infatti, oggi non si può più dire come si diceva una volta, quella famosa battuta: "Per trovare la vergine bisogna trovare la bambina di quattro anni che corra molto più in fretta di suo fratello". Oggi non si sente più dire. Oltre che essere un sacrificio per loro, ovviamente, è un sacrificio anche per noi; ma parte in ogni caso da loro. Là dove io vedo, appunto, il mondo della donna come il mondo del sacrificio, vedo invece il mondo dell'uomo un po' come il mondo della prevaricazione, non disgiunta la maggior parte delle volte dall'optional della violenza. Ora, detto questo, non è che io abbia voluto dire che le donne son tutte delle sante – ci mancherebbe altro. Anzi, qualcuna, forse, stufa di fare sacrifici, fa anche qualche grossa cazzata; questo è indubbio. E si possono anche fare delle battute sulle donne. Si può dire, per esempio, che gli scapoli le conoscono molto meglio degli sposati, altrimenti si sarebbero sposati. Ma mi pare che la battuta più… feroce, forse, e anche più acuta, l'abbia fatta proprio una donna nei confronti del genere femminile, ed era un'intellettuale verso la fine del Settecento: una certa Madame de Staël. Quando le hanno chiesto: "Che cosa pensa lei, signora, della sua condizione femminile?", lei rispose: "Io sono soprattutto molto contenta di non essere un uomo, perché altrimenti mi sarebbe toccato di sposare una donna". Di peggio si potrebbe dire ovviamente degli uomini, ma di questo ci occuperemo nella seconda parte e forse non sarà neanche il caso di dilungarsi troppo: basterà semplicemente seguire il filo delle canzoni. (presentazione del brano Via del Campo durante un concerto a Napoli il 2 febbraio 1993)
  • Benedetto Croce sosteneva che fino a 18 anni tutti scrivono poesie, poi quelli che continuano a farlo o sono poeti o sono cretini. Per non rischiare, preferirei chiamarmi cantautore. (citato in Corriere della sera, 19 ottobre 2008)
  • Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità... Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza. [1]
  • Certe volte mi sentivo inorgoglito, altre volte deluso. Ma sempre in ogni caso un po' vergognoso a vedermi quasi costretto a sfogliare le riviste specializzate, per scrutare con un occhio quasi da lumaca, fuori dalle orbite, quale posizione avesse ottenuto in classifica il mio ultimo, cosiddetto, prodotto discografico. Perché questo voleva dire che il disco in quanto funzione oggettiva di consumo, aveva assunto un'importanza superiore a quella delle canzoni per le quali viveva, e nelle quali sinceramente mi sentivo di avere vissuto. Mauro Pagani la pensava allo stesso modo, forse anche per questo motivo: la reciproca stima, il progetto comune, il tentativo di ricondurre la canzone alla sua funzione primaria. Il canto ha infatti ancora oggi, in alcune etnie cosiddette primitive, il compito fondamentale di liberare dalla sofferenza, di alleviare il dolore, di esorcizzare il male. Certo le canzoni le abbiamo comunque registrate, a noi sembra con buoni risultati tecnici. Però penso che mai, come nel caso di Creuza de mä, di questa "mulattiera di mare", traduzione volutamente approssimativa, per quanto desiderava essere descrittivamente precisa, mai come in questo caso – dicevo – il disco ha assunto una funzione molto ridotta rispetto alle canzoni di cui vive. Dicevo pure la funzione che può avere la stringa nei confronti di una scarpa, o addirittura nei confronti di un mocassino. Ci sono sicuramente altri motivi per cui si è deciso di fare canzoni di questo tipo. Motivi tutti ugualmente di rilievo e a cui sinceramente non riuscirei a dare un ordine di importanza. Ad esempio la scelta stilistica. Una volta individuati gli strumenti etnici che in quella che in qualcuno ha voluto chiamare una piccola "Odissea", volevano ricondurci all'atmosfera del bacino del Mediterraneo, dal Bosforo a Gibilterra, era necessario adattare ai suoni che tali strumenti riproducevano, una lingua che ci scivolasse sopra, che evocasse attraverso fonemi cantati, indipendentemente quindi dalla loro immediata comprensibilità, le stesse atmosfere che gli strumenti evocavano. A noi la lingua più adatta è sembrata fosse il genovese, con i suoi dittonghi, i suoi iati, la sua ricchezza di sostantivi ed aggettivi tronchi che li puoi accorciare o allungare quasi come il grido di un gabbiano. (dalla trasmissione Mixer, 1984) [Parlando del suo album Creuza de mä]

Citazioni tratte da canzoni

Tutto Fabrizio De André

Etichetta: Karim, 1966

  • Quei giorni perduti a rincorrere il vento | a chiederci un bacio e volerne altri cento. (da Amore che vieni, amore che vai, n.° 2)
  • Io t'ho amato sempre non t'ho amato mai | amore che vieni | amore che vai. (da Amore che vieni, amore che vai, n.° 2)
  • E c'era il sole e avevi gli occhi belli | lui ti baciò le labbra ed i capelli; | c'era la luna e avevi gli occhi stanchi | lui pose le sue mani sui tuoi fianchi. (da La canzone di Marinella, n.° 4)
  • Furono baci e furono sorrisi | poi furono soltanto i fiordalisi | che videro con gli occhi delle stelle | fremere al vento e ai baci la tua pelle. (da La canzone di Marinella, n.° 4)
  • E come tutte le più belle cose | vivesti solo un giorno | come le rose. (da La canzone di Marinella, n.° 4)
  • Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone? | Forse quella che sola ti può dare una lezione; | quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie, | quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie. (da La città vecchia, n.° 6)
Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone? | Forse quella che sola ti può dare una lezione; | quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia, | quella che di notte stabilisce il prezzo alla tua gioia. (versione censurata)
  • Se tu penserai e giudicherai da buon borghese | Li condannerai a cinquemila anni più le spese | Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo | Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo. (da La città vecchia, n.° 6)
  • Fermati Piero, fermati adesso, | lascia che il vento ti passi un po' addosso, | dei morti in battaglia ti porti la voce, | chi diede la vita ebbe in cambio una croce. (da La guerra di Piero, n.° 9)
  • E mentre marciavi con l'anima in spalle | vedesti un uomo in fondo alla valle | che aveva il tuo stesso identico umore | ma la divisa di un altro colore. (da La guerra di Piero, n.° 9)
  • Sparagli Piero, sparagli ora | e dopo un colpo sparagli ancora | fino a che tu non lo vedrai esangue | cadere in terra a coprire il suo sangue. (da La guerra di Piero, n.° 9)
  • Ninetta mia, crepare di maggio | ci vuole tanto, troppo coraggio; | Ninetta bella dritto all'Inferno | avrei preferito andarci in Inverno. (da La guerra di Piero, n.° 9)
  • E mentre il grano ti stava a sentire | dentro alle mani stringevi il fucile, | dentro alla bocca stringevi parole | troppo gelate per sciogliersi al sole. (da La guerra di Piero, n.° 9)
  • Cari fratelli dell'altra sponda | cantammo in coro giù sulla terra, | amammo in cento l'identica donna, | partimmo in mille per la stessa guerra; | questo ricordo non vi consoli: | quando si muore, si muore soli. (da Il testamento, n.° 10)

Volume I

Etichetta: Bluebell Records, 1967

  • L'inferno esiste solo | per chi ne ha paura. (da Preghiera in gennaio, n.° 1)
  • Ma inumano è pur sempre l'amore | di chi rantola senza rancore, | perdonando con l'ultima voce | chi lo uccise fra le braccia d'una croce. (da Si chiamava Gesù, n.° 4)
  • Lei sa che ogni letto di sposa | è fatto di ortica e mimosa. (da La canzone di Barbara, n.° 5)
  • Via del Campo c'è una puttana, | gli occhi grandi color di foglia, | se di amarla ti vien la voglia | basta prenderla per la mano. (da Via del Campo, n.° 6)
  • Ama e ridi se amor risponde, | piangi forte se non ti sente, | dai diamanti non nasce niente, | dal letame nascono i fior. (da Via del Campo, n.° 6)
  • Passa il tempo sopra il tempo | ma non devi aver paura, | sembra correre come il vento | però il tempo non ha premura. (da La stagione del tuo amore, n.° 7)
  • C'è chi l'amore lo fa per noia, | chi se lo sceglie per professione, | Bocca di Rosa né l'uno né l'altro, | lei lo faceva per passione. (da Bocca di rosa, n.° 8)
  • Si sa che la gente dà buoni consigli | sentendosi come Gesù nel tempio; | si sa che la gente dà buoni consigli | se non può più dare cattivo esempio. (da Bocca di rosa, n.° 8)
  • Ma una notizia un po' originale | non ha bisogno di alcun giornale, | come una freccia dall'arco scocca | vola veloce di bocca in bocca. (da Bocca di rosa, n.° 8)
  • La morte verrà all'improvviso | avrà le tue labbra e i tuoi occhi | ti coprirà di un velo bianco | addormentandosi al tuo fianco. (da La morte, n.° 9)
  • Il sangue del principe e del moro | arrossano il cimiero d'identico color. (da Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, n.° 10)
  • Se ansia di gloria sete d'onore | spegne la guerra al vincitore, | non ti concede un momento per fare l'amore. (da Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, n.° 10)
  • È mai possibile, o porco di un cane, | che le avventure in codesto reame | debban risolversi tutte con grandi puttane? (da Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, n.° 10)

Tutti morimmo a stento

Etichetta: Bluebell Records, 1968

  • Come potrò dire a mia madre che ho paura? (da Cantico dei drogati, da una poesia "EROINA" di Riccardo Mannerini, n.° 1)
  • Perché non hanno fatto delle grandi pattumiere | per i giorni già usati per queste ed altre sere? (da Cantico dei drogati, n.° 1)
  • Tu che m'ascolti insegnami un alfabeto che sia | differente da quello della mia vigliaccheria. (da Cantico dei drogati, n.° 1)
  • Quando scadrà l'affitto | di questo corpo idiota | allora avrò il mio premio come una buona nota. | Mi citeran di monito | a chi crede sia bello | giocherellare a palla | con il proprio cervello. (da Cantico dei drogati, n.° 1)
  • Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so | lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori che non ho. (da Primo intermezzo, n.° 2)
  • Tutti morimmo a stento ingoiando l'ultima voce | tirando calci al vento vedemmo sfumare la luce. (da Ballata degli impiccati, n.° 5)
  • Coltiviamo per tutti un rancore che ha l'odore del sangue rappreso. | Ciò che allora chiamammo dolore è soltanto un discorso sospeso. (da Ballata degli impiccati, n.° 5)
  • Ma tu che vai, ma tu rimani, | vedrai la neve se ne andrà domani; | rifioriranno le gioie passate | col vento caldo di un' altra Estate. (da Inverno, n.° 6)
  • Ma tu che stai, perché rimani? | Un altro Inverno tornerà domani; | cadrà altra neve a consolare i campi, | cadrà altra neve sui camposanti. (da Inverno, n.° 6)
  • Ci aiuterà il buon Dio, marcondirondero, | ci aiuterà il buon Dio, Lui ci salverà! | Buon Dio è già scappato, dove non si sa, | buon Dio se n' è andato, chissà quando ritornerà? (da Girotondo, n.° 7)
  • Che la pietà non vi sia di vergogna. (da Recitativo, n.° 9)
  • Sappiate che la morte vi sorveglia | gioir nei prati o fra i muri di calce, | come crescere il gran guarda il villano | finché non sia maturo per la falce. (da Recitativo, n.° 9)

Volume III

Etichetta: Bluebell Records, 1968

  • Se qualcuno di voi dovesse, costretto con le spalle al muro, | violare un giudice od una vecchia della sua scelta sarei sicuro | ma si dà il caso che il gorilla, considerato un grandioso fusto | da chi l'ha provato, però non brilla né per lo spirito né per il gusto. (da Il gorilla, n.° 2)
  • Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno | non si guardò neppure intorno | ma versò il vino e spezzò il pane | per chi diceva «ho sete» e «ho fame». (da Il pescatore, presente nella ristampa del 1970)

La buona novella

Etichetta: Produttori Associati, 1970

  • E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio | avevi dodic'anni e nessuna colpa addosso, | ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio: | la tua verginità che si tingeva di rosso. (da L'infanzia di Maria, n.° 2)
  • E si vuol dar marito a chi non lo voleva, | si batte la campagna, si fruga la via. | «Popolo senza moglie, uomini d'ogni leva, | del corpo d'una vergine si fa lotteria» (da L'infanzia di Maria, n.° 2)
  • E lei volò fra le tue braccia | come una rondine, | e le sue dita come lacrime | dal tuo ciglio alla gola | suggerivano al viso, una volta ignorato, | la tenerezza d'un sorriso, un affetto quasi implorato. (da Il ritorno di Giuseppe, n.° 3)
  • Poi, d'improvviso, mi sciolse le mani | e le mie braccia divennero ali | quando mi chiese: «Conosci l'estate?» | io, per un giorno, per un momento, | corsi a vedere il colore del vento. (da Il sogno di Maria, n.° 4)
  • Con le ali di prima pensai di scappare, | ma il braccio era nudo e non seppe volare. (da Il sogno di Maria, n.° 4)
  • «Lo chiameranno Figlio di Dio», | parole confuse nella mia mente | svanite in un sogno, ma impresse nel ventre. (da Il sogno di Maria, n.° 4)
  • I vecchi quando accarezzano | hanno il timore di far troppo forte. (da Il sogno di Maria, n.° 4)
  • Sai che fra un'ora forse piangerai, | poi la tua mano nasconderà un sorriso; | gioia e dolore hanno il confine incerto | nella stagione che illumina il viso. (da Ave Maria, n.° 5)
  • Ave Maria, adesso che sei donna | Ave alle donne come te, Maria; | femmine un giorno per un nuovo amore | povero o ricco, umile o Messia. | Femmine un giorno e poi madri per sempre | nella stagione che stagioni non sente. (da Ave Maria, n.° 5)
  • «Questi ceppi che han portato perché il mio sudore | li trasformi nell'immagine di tre dolori | vedran lacrime di Dimaco e di Tito al ciglio, | il più grande che tu guardi abbraccerà tuo figlio». (da Maria nella bottega d'un falegname, n.° 6)
  • «Poterti smembrare coi denti e le mani, | sapere i tuoi occhi bevuti dai cani, | di morire in croce puoi essere grato | a un brav'uomo di nome Pilato». (da Via della croce, n.° 7)
  • Il potere vestito d'umana sembianza, | ormai ti considera morto abbastanza | e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni | degli umili, degli straccioni. (da Via della croce, n.° 7)
  • Con troppe lacrime piangi Maria | solo l'immagine d'una agonia: | sai che alla vita nel terzo giorno il figlio tuo farà ritorno; | lascia noi piangere un po' più forte chi non risorgerà più dalla morte. (da Tre madri, n.° 8)
  • Come nel grembo e adesso in croce | ti chiama «amore» questa mia voce. (da Tre madri, n.° 8)
  • Non fossi stato figlio di Dio | t'avrei ancora per figlio mio. (da Tre madri, n.° 8)
  • Feconda una donna ogni volta che l'ami | così sarai uomo di fede | poi la voglia svanisce e il figlio rimane | e tanti ne uccide la fame. (da Il testamento di Tito, n.° 9)
  • L'invidia di ieri non è già finita: | stasera vi invidio la vita. (da Il testamento di Tito, n.° 9)
  • Ma adesso che viene la sera ed il buio | mi toglie il dolore dagli occhi | e scivola il Sole aldilà delle dune | a violentare altre notti. (da Il testamento di Tito, n.° 9)
  • Io nel vedere quest'uomo che muore, | madre, io provo dolore. | Nella pietà che non cede al rancore, | madre, ho imparato l'amore. (da Il testamento di Tito, n.° 9)

Non al denaro, non all'amore né al cielo

Etichetta: Produttori Associati, 1971

  • Hanno rimandato a casa le loro spoglie nelle bandiere | legate strette perché sembrassero intere. (da Dormono sulla collina, n.° 1)
  • Dov'è Jones il suonatore | che fu sorpreso dai suoi novant'anni | e con la vita avrebbe ancora giocato? | Lui che offrì la faccia al vento, | la gola al vino e mai un pensiero | non al denaro, non all'amore né al cielo. (da Dormono sulla collina, n.° 1)
  • Sembra di sentirlo ancora dire al mercante di liquore: | «Tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?» (da Dormono sulla collina, n.° 1)
  • Tu prova ad avere un mondo nel cuore | e non riesci ad esprimerlo con le parole. (da Un matto, n.° 2)
  • Cosa vuol dire avere | un metro e mezzo di statura, | ve lo rivelan gli occhi | e le battute della gente, | o la curiosità d'una ragazza irriverente | che vi avvicina solo | per un suo dubbio impertinente: | vuole scoprir se è vero | quanto si dice intorno ai nani, | che siano i più forniti della virtù meno apparente, | fra tutte le virtù la più indecente. (da Un giudice, n.° 3)
  • Passano gli anni e i mesi | e se li conti anche i minuti, | è triste trovarsi adulti | senza essere cresciuti, | la maldicenza insiste | batte la lingua sul tamburo | fino a dire che un nano | è una carogna di sicuro | perché ha il cuore troppo | troppo vicino al buco del culo. (da Un giudice, n.° 3)
  • Fu nelle notti insonni | vegliate al lume del rancore | che preparai gli esami, diventai procuratore | per imboccar la strada che dalle panche d'una cattedrale | porta alla sacrestia, quindi alla cattedra d'un tribunale, | giudice finalmente, arbitro in terra del bene e del male. (da Un giudice, n.° 3)
  • Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino, | non avevano leggi per punire un blasfemo, | non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte, | mi cercarono l'anima a forza di botte. | Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo | lo costrinse a viaggiare una vita da scemo, | nel giardino incantato lo costrinse a sognare, | a ignorare che al mondo c'è il bene e c'è il male. (da Un blasfemo, n.° 4)
  • Per paura che ormai non avesse padroni | lo fermò con la morte inventò le stagioni. (da Un blasfemo, n.° 4)
  • È proprio qui sulla Terra la mela proibita | e non Dio ma qualcuno che per noi l'ha inventato | ci costringe a sognare in un giardino incantato. (da Un blasfemo, n.° 4)
  • Cominciai a sognare anch'io insieme a loro | poi l'anima d'improvviso prese il volo. (da Un malato di cuore, n.° 5)
  • E mai poter bere alla coppa d'un fiato ma | a piccoli sorsi interrotti. (da Un malato di cuore, n.° 5)
  • Non credo che chiesi promesse al suo sguardo, | non mi sembra che scelsi il silenzio o la voce | quando il cuore stordì, e ora no, non ricordo | se fu troppo sgomento o troppo felice. | E il cuore impazzì e ora no, non ricordo | da quale orizzonte sfumasse la luce. (da Un malato di cuore, n.° 5)
  • Da bambino volevo guarire i ciliegi | quando rossi di frutti li credevo feriti. (da Un medico, n.° 6)
  • Un sogno, fu un sogno ma non durò poco, | per questo giurai che avrei fatto il dottore, | e non per un Dio ma nemmeno per gioco, | perché i ciliegi tornassero in fiore. (da Un medico, n.° 6)
  • Primavera non bussa, lei entra sicura, | come il fumo lei penetra in ogni fessura; | ha le labbra di carne, i capelli di grano. | Che paura, che voglia che ti prenda per mano; | che paura, che voglia che ti porti lontano. (da Un chimico, n.° 7)
  • Guardate l'idrogeno tacere nel mare, | guardate l'ossigeno al suo fianco dormire. (da Un chimico, n.° 7)
  • Son morto in un esperimento sbagliato | proprio come gli idioti che muoion d'amore | e qualcuno dirà che c'è un modo migliore. (da Un chimico, n.° 7)
  • Non più ottico ma spacciatore di lenti | per improvvisare occhi contenti, | perché le pupille abituate a copiare | inventino i mondi sui quali guardare. (da Un ottico, n.° 8)
  • Vedo che salgo a rubare il sole per non aver più notti, | perché non cada in reti di tramonti l'ho chiuso nei miei occhi; | e chi avrà freddo lungo il mio sguardo si dovrà scaldare. (da Un ottico, n.° 8)
  • In un vortice di polvere gli altri vedevan siccità, | a me ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa. (da Il suonatore Jones, n.° 9)
  • Libertà l'ho vista dormire nei campi coltivati | a cielo e denaro, a cielo ed amore, | protetta da un filo spinato. (da Il suonatore Jones, n.° 9)
  • Libertà l'ho vista svegliarsi ogni volta che ho suonato, | per un fruscìo di ragazze a un ballo, | per un compagno ubriaco. (da Il suonatore Jones, n.° 9)
  • e poi se la gente sa, e la gente lo sa, che sai suonare | suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare. (da Il suonatore Jones, n.° 9)
  • Finii con i campi alle ortiche | finii con un flauto spezzato | e un ridere rauco | e ricordi tanti | e nemmeno un rimpianto. (da Il suonatore Jones, n.° 9)

Storia di un impiegato

Etichetta: Produttori Associati, 1973

  • Se avete preso per buone le verità della televisione, | anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti. (da Canzone del Maggio, n.° 2)
  • Chissà cosa si prova a liberare | la fiducia nelle proprie tentazioni, | allontanare gli intrusi dalle nostre emozioni, | allontanarli in tempo e prima di trovarsi solo | con la paura di non tornare al lavoro. (da La bomba in testa, n.° 3)
  • Qualcuno ha lasciato la luna nel bagno accesa soltanto a metà, | quel poco che mi basta per contare i caduti. (da Al ballo mascherato, n.° 4)
  • Imputato, | il dito più lungo della tua mano | è il medio, | quello della mia | è l'indice. (da Sogno numero due, n.° 5)
  • Vostro Onore, sei un figlio di troia, | mi sveglio ancora e mi sveglio sudato, | ora aspettami fuori dal sogno | ci vedremo davvero, | io ricomincio da capo. (da La canzone del padre, n.° 6)
  • Chi va dicendo in giro che odio il mio lavoro | non sa con quanto amore mi dedico al tritolo. (da Il bombarolo, n.° 7)
  • Intellettuali d'oggi idioti di domani | ridatemi il cervello che basta alle mie mani, | profeti molto acrobati della rivoluzione, | oggi farò da me senza lezione. (da Il bombarolo, n.° 7)
  • C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo. (da Il bombarolo, n.° 7)
  • Farai l'amore per amore | o per avercelo garantito? (da Verranno a chiederti del nostro amore n.° 8)
  • Continuerai a farti scegliere, | o finalmente sceglierai? (da Verranno a chiederti del nostro amore n.° 8)
  • Certo bisogna farne di strada | da una ginnastica d'obbedienza | fino ad un gesto molto più umano | che ti dia il senso della violenza; | però bisogna farne altrettanta | per diventare così coglioni | da non riuscire più a capire | che non ci sono poteri buoni. (da Nella mia ora di libertà, n.° 9)
  • Ci hanno insegnato la meraviglia | verso la gente che ruba il pane, | ora sappiamo che è un delitto | il non rubare quando si ha fame. (da Nella mia ora di libertà, n.° 9)
  • Di respirare la stessa aria | di un secondino non mi va | perciò ho deciso di rinunciare | alla mia ora di libertà. (da Nella mia ora di libertà, n.° 9)

Canzoni

Etichetta: Produttori Associati, 1974

  • E Gesù fu un marinaio finché camminò sull'acqua. (da Suzanne, n.° 5. 1972)
  • Abbandonato | nella nostra mente lui non naufragò. | E tu vuoi viaggiargli insieme, | vuoi viaggiargli insieme ciecamente, | forse avrai fiducia in lui perché ti ha toccato il corpo | con la mente. (da Suzanne, n.° 5. 1972)
  • Morire per delle idee, l'idea è affascinante, | per poco io morivo senza averla mai avuta, | perché chi ce l'aveva, una folla di gente, | gridando "Viva la morte" proprio addosso mi è caduta. (da Morire per delle idee, n.° 6)
  • Tanto più che la carogna è già abbastanza attenta, | non c'è nessun bisogno di reggerle la falce. | Basta con le garrote in nome della pace. (da Morire per delle idee, n.° 6)
  • Moriamo per delle idee; va be', ma di morte lenta. (da Morire per delle idee, n.° 6)
  • «E se tu sei il fuoco raffreddati un poco, | le tue mani ora avranno da tenere qualcosa» | e tacendo gli si arrampicò dentro | ad offrirgli il suo modo migliore di essere sposa. (da Giovanna d'Arco, n.° 9. 1972)
  • Vola il tempo lo sai che vola e va, | forse non ce ne accorgiamo, | ma più ancora del tempo che non ha età | siamo noi che ce ne andiamo. (da Valzer per un amore, n.° 11)

Volume VIII

Etichetta: Produttori Associati, 1975

  • Un po' di tempo fa | eravamo distratti, | lei portava calze verdi, | dormiva con tutti. | «Ma cosa fai domani?» | non lo chiese mai a nessuno, | s'innamorò di tutti noi, | non proprio di qualcuno. (da Nancy, n.° 3)
  • E un po' di tempo fa, | col telefono rotto, | cercò dal terzo piano | la sua serenità. (da Nancy, n.° 3)
  • E nel vuoto della notte | quando hai freddo e sei perduto | è ancora Nancy che ti dice «Amore, | sono contenta che sei venuto». (da Nancy, n.° 3)
  • E adesso ridi e ti versi un cucchiaio di mimosa | nell'imbuto di un polsino slacciato. (da Giugno '73, n.° 5)
  • Io mi dico è stato meglio lasciarci | che non esserci mai incontrati. (da Giugno '73, n.° 5)
  • Perché già dalla prima trincea | ero più curioso di voi, | ero molto più curioso di voi. (Amico fragile, n.° 8)
  • «Lo sa che io ho perduto due figli» | «Signora, lei è una donna piuttosto distratta». (Amico fragile, n.° 8)
  • Pensavo «è bello che dove finiscono le mie dita | debba in qualche modo incominciare una chitarra». (Amico fragile, n.° 8)
  • Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta | fino a vederle spalancarsi la bocca. (Amico fragile, n.° 8)
  • Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane, | il mio è un po' di tempo che si chiama Libero. (Amico fragile, n.° 8)
  • Potevo attraversare litri e litri di corallo | per raggiungere un posto che si chiamasse "arrivederci". (Amico fragile, n.° 8)
  • E mai che mi sia venuto in mente | di essere più ubriaco di voi, | di essere molto più ubriaco di voi. (Amico fragile, n.° 8)

Rimini

Etichetta: Ricordi, 1978

  • «E due errori ho commesso, | due errori di saggezza: | abortire l'America e poi | guardarla con dolcezza». (da Rimini, n.° 1)
  • Ma voi che siete uomini | sotto il vento e le vele | non regalate terre promesse | a chi non le mantiene. (da Rimini, n.° 1)
  • «E un errore ho commesso – dice – | un errore di saggezza: | abortire il figlio del bagnino e poi | guardarlo con dolcezza». (da Rimini, n.° 1)
  • Ma voi che siete a Rimini | tra i gelati e le bandiere | non fate più scommesse | sulla figlia del droghiere. (da Rimini, n.° 1)
  • Quand'ero piccolo m'innamoravo di tutto, correvo dietro ai cani. (da Coda di lupo, n.° 3)
  • Capelli corti generale ci parlò all'università | dei fratelli tute blu che seppellirono le asce | ma non fumammo con lui, non era venuto in pace | e a un dio fatti il culo non credere mai. (da Coda di lupo, n.° 3)
  • E a un dio senza fiato non credere mai. (da Coda di lupo, n.° 3)
  • E Andrea l'ha perso, ha perso l'amore: la perla più rara. | E Andrea ha in bocca un dolore: la perla più scura. (da Andrea, n.° 4)
  • «Signore, il pozzo è profondo | più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto» | lui disse: «Mi basta, mi basta che sia più profondo di me». (da Andrea, n.° 4)
  • Ma il bosco era scuro, l'erba già alta, | dite a mia madre che non tornerò. (da Sally, n.° 7)

Fabrizio De André (L'indiano)

Etichetta: Ricordi, 1981

  • Quello che non ho sono le tue pistole | per conquistarmi il cielo, per guadagnarmi il sole. (da Quello che non ho, n.° 1)
  • Quello che non ho è quel che non mi manca. (da Quello che non ho, n.° 1)
  • Quello che non ho sei tu dalla mia parte. (da Quello che non ho, n.° 1)
  • Notte sola, sola come il mio fuoco | piega la testa sul mio cuore e spegnilo poco a poco. (da Canto del servo pastore, n.° 2)
  • Fu un generale di vent'anni, | occhi turchini e giacca uguale; | fu un generale di vent'anni, | figlio d'un temporale. (da Fiume Sand Creek, n.° 3)
  • Chiusi gli occhi per tre volte | mi ritrovai ancora lì; | chiesi a mio nonno «è solo un sogno?» | mio nonno disse «sì». (da Fiume Sand Creek, n.° 3)
  • Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso, il lampo in un orecchio, nell'altro il Paradiso... (da Fiume Sand Creek, n.° 3)
  • Passerà anche questa stazione senza far male, | passerà questa pioggia sottile come passa il dolore. (da Hotel Supramonte, n.° 5)
  • Ma se ti svegli e hai ancora paura, ridammi la mano; | cosa importa se sono caduto, se sono lontano? | Perché domani sarà un giorno lungo e senza parole, | perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole. (da Hotel Supramonte, n.° 5)
  • Filo, filo del mio cuore che dagli occhi porti al mare, | c'è una lacrima nascosta che nessuno mi sa disegnare. (da Franziska n.° 6)
  • Se ti tagliassero a pezzetti il vento li raccoglierebbe | il regno dei ragni cucirebbe la pelle | e la luna tesserebbe i capelli e il viso | e il polline di Dio di Dio il sorriso. (da Se ti tagliassero a pezzetti, n.° 7)
  • E adesso aspetterò domani | per avere nostalgia. | Signora libertà, signorina fantasia (anarchia) | così preziosa come il vino, così gratis come la tristezza | con la tua nuvola di dubbi e di bellezza. (da Se ti tagliassero a pezzetti, n.° 7)
  • E ora non piangere perché | presto la notte finirà | con le sue perle "stelle e strisce" | in fondo al cielo. | E ora sorridimi perché | presto la notte se ne andrà | con le sue stelle arrugginite | in fondo al mare. (da Verdi pascoli, n.° 8)

Le nuvole

Etichetta: Fonit Cetra/Ricordi, 1990

  • Vanno, | vengono, | per una vera | mille sono finte e si mettono lì | tra noi e il cielo | per lasciarci soltanto una voglia di pioggia. (da Le nuvole, n.° 1)
  • Ah che bell' 'o cafè | pure in carcere 'o sanno fà | co' 'a ricetta ch'a Ciccirinella, | compagno di cella, ci ha dato mammà. (da Don Raffae', n.° 3)
  • Prima pagina venti notizie, | ventun'ingiustizie e lo Stato che fa? | Si costerna, s'indigna, s'impegna, | poi getta la spugna con gran dignità. (da Don Raffae', n.° 3)
  • La domenica delle salme | nessuno si fece male, | tutti a seguire il feretro | del defunto ideale. (da La domenica delle salme, n.° 4)
  • Il ministro dei temporali, in un tripudio di tromboni, | auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni. (da La domenica delle salme, n.° 4)
  • «Voglio vivere in una città | dove all'ora dell'aperitivo | non ci siano spargimenti di sangue | o di detersivo». (da La domenica delle salme, n.° 4)
  • «Voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio, | coi pianoforti a tracolla vestiti da Pinocchio, | voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti, | per l'Amazzonia e per la pecunia, | nei palastilisti e dai padri Maristi, | voi avevate voci potenti, | lingue allenate a battere il tamburo, | voi avevate voci potenti | adatte per il vaffanculo». (da La domenica delle salme, n.° 4)
  • La domenica delle salme gli addetti alla nostalgia | accompagnarono tra i flauti il cadavere di Utopia. (da La domenica delle salme, n.° 4)
  • Mentre il cuore d'Italia | da Palermo ad Aosta | si gonfiava in un coro | "di vibrante protesta". (da La domenica delle salme, n.° 4)

Anime salve

Etichetta: BMG Ricordi, 1996

  • Sono la pecora, sono la vacca | che agli animali si vuol giocare, | sono la femmina camicia aperta | piccole tette da succhiare. (da Prinçesa, n.° 1)
  • Nel dormiveglia della corriera | lascio l'infanzia contadina, | corro all'incanto dei desideri, | vado a correggere la fortuna. (da Prinçesa, n.° 1)
  • Dove tra ingorghi di desideri | alle mie natiche un maschio s'appende, | nella mia carne, tra le mie labbra | un uomo scivola, l'altro si arrende. (da Prinçesa, n.° 1)
  • Il cuore rallenta, la testa cammina | in quel pozzo di piscio e cemento, | a quel campo strappato dal vento, | a forza di essere vento. (da Khorakhané, n.° 2)
  • Per la stessa ragione del viaggio viaggiare. (da Khorakhané, n.° 2)
  • Saper leggere il libro del mondo | con parole cangianti e nessuna scrittura | nei sentieri costretti in un palmo di mano, | i segreti che fanno paura | finché un uomo ti incontra e non si riconosce | e ogni terra si accende e si arrende la pace. (da Khorakhané, n.° 2)
  • I figli cadevano dal calendario, | Jugoslavia, Polonia, Ungheria, | i soldati prendevano tutti | e tutti buttavano via. (da Khorakhané, n.° 2)
  • E un sollievo di lacrime a invadere gli occhi | e dagli occhi cadere. (da Khorakhané, n.° 2)
  • Ora alzatevi spose bambine | che è venuto il tempo di andare, | con le vene celesti dei polsi | anche oggi si va a caritare; | e se questo vuol dire rubare | questo filo di pane tra miseria e fortuna | allo specchio di questa kampina | ai miei occhi limpidi come un addio | lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca | il punto di vista di Dio. (da Khorakhané, n.° 2)
  • Mille anni al mondo, mille ancora, | che bell'inganno sei anima mia | e che bello il mio tempo, che bella compagnia. (da Anime salve, n.° 3)
  • Sono state giornate furibonde | senza atti d'amore, senza calma di vento, | solo passaggi e passaggi, | passaggi di tempo... (da Anime salve, n.° 3)
  • Ore infinite come costellazioni e onde, | spietate come gli occhi della memoria. (da Anime salve, n.° 3)
  • Mi sono spiato illudermi e fallire, | abortire i figli come i sogni, | mi sono guardato piangere in uno specchio di neve, | mi sono visto che ridevo, | mi sono visto di spalle che partivo. (da Anime salve, n.° 3)
  • E l'amore ha l'amore come solo argomento | e il tumulto del cielo ha sbagliato momento. (da Dolcenera, n.° 4)
  • Come fa questo amore | che dall'ansia di perdersi | ha avuto in un giorno | la certezza di aversi. (da Dolcenera, n.° 4)
  • Così fu quell'amore | dal mancato finale | così splendido e vero | da potervi ingannare. (da Dolcenera, n.° 4)
  • E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà. (da Disamistade, n.° 6)
  • Si accontenta di cause leggere | la guerra del cuore. (da Disamistade, n.° 6)
  • Che ci fanno queste figlie a ricamare e a cucire, | queste macchie di lutto rinunciate all'amore? | Fra di loro si nasconde una speranza smarrita | che il nemico la vuole, che la vuol restituita. (da Disamistade, n.° 6)
  • Luce luce lontana | più bassa delle stelle | sarà la stessa mano | che ti accende e ti spegne. (da Ho visto Nina volare, n.° 8)
  • Ho visto Nina volare | tra le corde dell'altalena, | un giorno la prenderò | come fa il vento alla schiena. (da Ho visto Nina volare, n.° 8)
  • Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria | col suo marchio speciale di speciale disperazione | e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi | per consegnare alla morte una goccia di splendore, | di umanità, di verità. (da Smisurata preghiera, n.° 9)
  • Ricorda Signore questi servi disobbedienti | alle leggi del branco, | non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare | è appena giusto che la fortuna li aiuti | come una svista, | come un'anomalia, | come una distrazione, | come un dovere... (da Smisurata preghiera, n.° 9)

Non incluse negli album

  • E adesso aspetterò domani per avere nostalgia. Signora libertà, signorina fantasia. (da Se ti tagliassero a pezzetti, nella versione di Ed avevamo gli occhi troppo belli, 2001)
    • Variante live dello stesso verso: Signora libertà, signorina anarchia.
    • Altra variante: Signora libertà, signorina natura.
  • Titti aveva due amori: | uno in terra, uno in cielo, | insomma di segno contrario; | uno buono, uno vero. (da Titti, 1980)
  • Per il segno che c'è rimasto | non ripeterci quanto ti spiace, | non ci chiedere più come è andata | tanto lo sai che è una storia sbagliata. (da Una storia sbagliata, 1980)

Una goccia di splendore

  • Sono le persone che creano i problemi che non cambiano.
  • Se i cosiddetti "migliori" di noi avessero il coraggio di sottovalutarsi almeno un po' vivremmo in un mondo infinitamente migliore.
  • Le vere domande e le vere risposte non sono fatte di parole: sono fatte di azioni, di gesti, di atti, di opere in cui possono anche essere compresse le parole. Eppure ogni cosa fatta in qualche modo la si paga in ansia, in insuccesso e, se tutto va bene, in nostalgia.
  • È molto più difficile essere capiti facendo del bene che del male.
  • La sinistra non deve dare ai vecchi un "passato", ma un futuro.
  • Il capitalismo non può essere democratico.
  • Anarchismo possibile in un nuovo sistema dei bisogni, finalmente liberato dalla necessità. Purtroppo le necessità esistono ancora.
  • Agli estorsori di consensi convengono i disagi sociali degli uomini: gli uomini disagiati, senza lavoro, senza soldi, sono facilmente orientabili, sono facilissime fonti di consensi (anche elettorali).
  • [Alla domanda "Il denaro la attrae, signor De André?" di un giornalista] Sì, sono io che non sono mai riuscito ad attrarre lui.
  • Cosa farò dei soldi di questo disco? Non so se spenderli nel farmi tirare la faccia per sembrare più giovane, o se usarli per concedermi il tempo di scrivere qualcosa di serio, per sembrare più vecchio.
  • La storia la scrive chi vince.
  • Non è mai stata scritta una storia della pace.
  • Perché non c'è mai stato uno scrittore come ministro della cultura?
  • La televisione è come la storia: c'è chi la fa e chi la subisce.
  • Certe volte mi chiedo se noi che cantiamo insieme al pubblico non siamo rimasti per caso un "club" di signorine romantiche che giocano a "palla a mano" fra le mura di un giardino di melograni mentre fuori la gente si sbrana.
  • Non chiedete a uno scrittore di canzoni che cosa ha pensato, che cosa ha sentito prima dell'opera: è proprio per non voleverlo dire che si è messo a scrivere. La risposta è nell'opera.
  • Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O Anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile.
  • La musica non è simbolica. La musica rappresenta se stessa. È un fenomeno protomentale, anticipa la ragione. Evoca, ma non simbolicamente.
  • Nel trasformare in musica cantata una poesia non esiste un'antinomia radicale. Esiste, semmai, l'esigenza formale di volgarizzare quella poesia, nel senso di modificarne il lessico interpolandolo con un linguaggio volgare, che possa raggiungere sentimento e ragione di un uditorio più vasto. Tutto ciò con l'aiuto della magia della musica, che rimane l'unico linguaggio universale che io conosca.
  • Gli artisti, maledizione! Un intellettuale integrato, poverino, io lo capisco: è uno che legge dentro le righe e capisce quello che succede molto più degli altri. Capisco che se non è artista, se non riesce a trasformare quello che capisce in qualcosa d'altro che arriva ancora meglio, deve integrarsi: l'artista è un anticorpo che la società si crea contro il potere. Se si integrano gli artisti, ce l'abbiamo nel culo!
  • Il cuore del marinaio è sempre all'asciutto, a scaldarsi intorno al fuoco. Il marinaio non ama il mare: ci lavora e lo teme. Sogna di avere sempre la terra sotto i piedi, ricorda gli aromi, i volti e i sapori di casa.
  • Mi comperai la vita con i canti e i sorrisi.
  • Non essendo padrone che di una piccola arte spesso dovetti cambiarla con il cibo.
  • Noi siamo dei venditori. Bisogna vedere se siamo abbastanza onesti da vendere carne fresca oppure carne marcia.
  • Raramente un artista è stato un eroe. Più spesso vive isolato e come timidissimo coniglio.
  • Non aver casa vuol dire avere la cultura della strada, per capire il cielo e le nuvole, per conoscere le erbe e i frutti, per guidare il carretto o la macchina, per farsi obbedire dal cavallo ed evitare i poliziotti. Scrivere comporta tempo, anche per le chiacchiere di un concerto. Ma è meglio non scrivere una frase intera piuttosto che togliere una sola parola che dia il senso a una frase.
  • Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare.
  • I finali eclatanti a strappare l'applauso di solito me li riservo per le canzoni.
  • Quando non hai nessuna possibilità di decidere del tuo destino, ti metti nelle mani di qualcuno che, in quel momento, speri che esista. E così ti arrendi alla tentazione della preghiera: non una preghiera tua, che forse non ne sei capace, ma una di quelle che ti hanno insegnato da bambino e che, magari, ti ricordi ancora a memoria.
  • La cosa peggiore quando stai per morire è sapere che hai una possibilità di salvarti.
  • Non mi sento responsabile d'essere migliore degli altri. Ciò che non sopporto è di provare piacere nel dimostrarlo.
  • La solitudine (il silenzio, suo stretto parente, bisogna imparare ad ascoltarlo. Il silenzio non esiste) non esiste; nel senso che la solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici (per esempio ascoltando il silenzio, stretto parente della solitudine). Ma il silenzio vero non esiste, come non esiste la vera solitudine. Basta abbandonarsi alle voci dell'Universo.
  • Attraverso l'esercizio della solitudine si coltiva la dignità: trovo estremamente più dignitoso chiedere l'elemosina che fare le scarpe al proprio collega in ufficio.
  • Il cancro e l'AIDS sono bestie educate: mangiano una ben misera razione di carne rispetto a quella che hai mangiato tu e non ti lasciano solo come tu tenti di fare con loro.
  • Se credessi in Dio, crederei che la vita ci prometta un celestiale dessert dopo un orribile pasto.

Citazioni su Fabrizio De André

  • Doveva essere un bel "cazzaro". Te lo immagini a cena con il suo amico Villaggio? Non so cosa avrei dato per esserci. (Fiorello)
  • E invece Fabrizio è tra i grandi poeti del rock, anzi per me è un santo. (Wim Wenders)
  • Fabrizio De André è uno chansonnier, e lo è nel senso più vero: il senso in cui la poesia, il testo letterario e la musica convivono necessariamente. (Mario Luzi)
  • Giornate intere di bonaccia, calma quasi piatta, e poi improvvise scosse elettriche con rincorse verso l'alto o verso il basso. In alto lo spirito filosofico e in basso il fondo dei garbugli umani. Secondo l'umore, secondo la giornata. Troppo terribilmente intelligente per definirlo un buono. Ma quest'ultimo era il Fabrizio che preferivo. (Ivano Fossati)
  • La memoria di Fabrizio ha diritto oggi a qualcosa di diverso, ne sono più che convinto. Merita più delle agiografie, delle biografie, delle scontate raccolte di canzoni rimasterizzate e reimpacchettate. Merita soprattutto di sfuggire all'aneddotica prêt à porter cui vengono fatalmente adattate le figure dei grandi artisti quando non sono più in grado di confutare o di precisare. Quando gli amici, i compagni di strada, quelli che sanno, che hanno visto, quelli che c'erano, si moltiplicano a dismisura. (Ivano Fossati)
  • Si dice che Fabrizio sia il Dylan italiano, perché non dire che Dylan è il Fabrizio americano? (Fernanda Pivano)

Bibliografia

  • Fabrizio De André, Una goccia di splendore. Un'autobiografia per parole e immagini, a cura di G. Harari, Rizzoli, 2007. ISBN 9788817011662
  1. L'amore sacro, l'amor profano – omaggio a Fabrizio De André, a cura di Piero Ameli, BURsenzafiltro, Bergamo, 2006. Allegato al DVD Omaggio a Fabrizio De André, concerto tributo registrato il 10 luglio 2005 all'Anfiteatro Romano di Cagliari. ISBN 8817012963

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