Alessandro Blasetti: differenze tra le versioni

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*Ho sempre sostenuto di non essere l'autore dei miei film, oppure di esserlo, ma soltanto insieme a tutti i miei collaboratori, dal soggettista allo sceneggiatore, dagli attori all'operatore. È mostruoso, pensavo fino a pochi giorni fa, che un film risulti concepito, sceneggiato, dialogato, diretto, interpretato, musicato e fotografato dalla stessa persona. L'eccezione di Chapolin che inevitabilmente mi veniva opposta quando sostenevo questa tesi, era per me quella che conferma la regola. [...] Oggi, pur attribuendo una importanza creativa ai miei collaboratori, rivendico a me non il diritto, ma il dovere di consentire con l'opera di ciascuno e di utilizzarla secondo le mie idee.<ref name=Espresso/>
*Ho sempre sostenuto di non essere l'autore dei miei film, oppure di esserlo, ma soltanto insieme a tutti i miei collaboratori, dal soggettista allo sceneggiatore, dagli attori all'operatore. È mostruoso, pensavo fino a pochi giorni fa, che un film risulti concepito, sceneggiato, dialogato, diretto, interpretato, musicato e fotografato dalla stessa persona. L'eccezione di Chapolin che inevitabilmente mi veniva opposta quando sostenevo questa tesi, era per me quella che conferma la regola. [...] Oggi, pur attribuendo una importanza creativa ai miei collaboratori, rivendico a me non il diritto, ma il dovere di consentire con l'opera di ciascuno e di utilizzarla secondo le mie idee.<ref name=Espresso/>


*Il mestiere del regista è un mestiere, fra tutti, estremamente difficile, perché richiede la contemporanea presenza di due sentimenti opposti dell'uomo: l'ambizione (chiamiamola anche presunzione) e l'umiltà. [...] All'ambizione che nasce dall'essere il responsabile unico dell'impresa occorre accoppiare l'umiltà. Il regista deve sempre poter essere in grado di pensare che se un film fallisce tutte le colpe sono sue, e se un film riesce non tutti i meriti, e i pregi dell'opera, sono suoi. Inoltre, il regista dev'essere un comandante, deve possedere le qualità umane e morali per poter dirigere un gruppo eterogeneo di persone. Deve capire e rispettare i suoi collaboratori, intenderne il lavoro (e lo stile e la portata morale del lavoro), a cominciare dagli scrittori. Deve essere un attore, saper scegliere gli attori, vederli in rapporto ai personaggi e farli recitare. Deve essere un pittore, perché è lui, e solo lui, che sceglie le immagini del suo film. Deve essere uno scenografo e soprattutto deve essere un musicista, dominatore della musicalità e del ritmo delle immagini. (da ''Radiocorriere TV'', n. 3, 1966; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')
*Il mestiere del [[regista]] è un mestiere, fra tutti, estremamente difficile, perché richiede la contemporanea presenza di due sentimenti opposti dell'uomo: l'ambizione (chiamiamola anche presunzione) e l'umiltà. [...] All'ambizione che nasce dall'essere il responsabile unico dell'impresa occorre accoppiare l'umiltà. Il regista deve sempre poter essere in grado di pensare che se un film fallisce tutte le colpe sono sue, e se un film riesce non tutti i meriti, e i pregi dell'opera, sono suoi. Inoltre, il regista dev'essere un comandante, deve possedere le qualità umane e morali per poter dirigere un gruppo eterogeneo di persone. Deve capire e rispettare i suoi collaboratori, intenderne il lavoro (e lo stile e la portata morale del lavoro), a cominciare dagli scrittori. Deve essere un attore, saper scegliere gli attori, vederli in rapporto ai personaggi e farli recitare. Deve essere un pittore, perché è lui, e solo lui, che sceglie le immagini del suo film. Deve essere uno scenografo e soprattutto deve essere un musicista, dominatore della musicalità e del ritmo delle immagini. (da ''Radiocorriere TV'', n. 3, 1966; citato in Gianfranco Gori, ''Alessandro Blasetti'')


* Il soggetto di ''[[1860]]'' mi fu suggerito da [[Emilio Cecchi]], una persona assolutamente lontana dal genere fascista e veniva da una novella di Mazzucchi, che non aveva nessun rapporto con le camicie nere. Il soggetto riguardava prettamente l'unità d' Italia, che è una cosa che trascende il fascismo, anche se certamente vi si allineava. Il soggetto di ''[[Sole (film)|Sole]]'', che esaltava la [[agricoltura|politica agricola]] del fascismo, grazie alla quale tantissimi contadini hanno trovato pane e che rifarei adesso, veniva da [[Aldo Vergano]], un antifascista che era nel nostro gruppo e che noi sapevano essere tale. Questo bisogno di verità c'era in quanto c'era sangue italiano, c'era la voglia di parlare della realtà. (dal video ''[http://www.italica.rai.it/cinema/telefoni/blasetti.htm Blasetti parla del suo cinema]'')
* Il soggetto di ''[[1860]]'' mi fu suggerito da [[Emilio Cecchi]], una persona assolutamente lontana dal genere fascista e veniva da una novella di Mazzucchi, che non aveva nessun rapporto con le camicie nere. Il soggetto riguardava prettamente l'unità d' Italia, che è una cosa che trascende il fascismo, anche se certamente vi si allineava. Il soggetto di ''[[Sole (film)|Sole]]'', che esaltava la [[agricoltura|politica agricola]] del fascismo, grazie alla quale tantissimi contadini hanno trovato pane e che rifarei adesso, veniva da [[Aldo Vergano]], un antifascista che era nel nostro gruppo e che noi sapevano essere tale. Questo bisogno di verità c'era in quanto c'era sangue italiano, c'era la voglia di parlare della realtà. (dal video ''[http://www.italica.rai.it/cinema/telefoni/blasetti.htm Blasetti parla del suo cinema]'')

Versione delle 18:28, 30 set 2009

Alessandro Blasetti (1900 – 1987), regista italiano.

  • Debbo confessare di essere un oceano di contraddizioni. Mi sono contraddetto in tutto: in politica, nelle preferenze letterarie, nei gusti, dai gastronomici ai musicali. Insomma, nella mia vita, almeno da quando ho messo i pantaloni lunghi fino ad oggi, non c'è un momento di cui qualcuno non possa dire: «Un uomo incostante come Blasetti è difficile trovarlo». In questo mare di contraddizioni Blasetti è rimasto costante soltanto in due cose. La prima è che si è sempre contraddetto con sincerità, senza secondi fini (non c'è mai disaccordo fra quello che dico e quello che penso o che sento). La seconda è l'amore per la macchina da presa, per i carrelli, i riflettori, i cavi elettrici, i teatri di posa.[1]
  • Ho sempre sostenuto di non essere l'autore dei miei film, oppure di esserlo, ma soltanto insieme a tutti i miei collaboratori, dal soggettista allo sceneggiatore, dagli attori all'operatore. È mostruoso, pensavo fino a pochi giorni fa, che un film risulti concepito, sceneggiato, dialogato, diretto, interpretato, musicato e fotografato dalla stessa persona. L'eccezione di Chapolin che inevitabilmente mi veniva opposta quando sostenevo questa tesi, era per me quella che conferma la regola. [...] Oggi, pur attribuendo una importanza creativa ai miei collaboratori, rivendico a me non il diritto, ma il dovere di consentire con l'opera di ciascuno e di utilizzarla secondo le mie idee.[1]
  • Il mestiere del regista è un mestiere, fra tutti, estremamente difficile, perché richiede la contemporanea presenza di due sentimenti opposti dell'uomo: l'ambizione (chiamiamola anche presunzione) e l'umiltà. [...] All'ambizione che nasce dall'essere il responsabile unico dell'impresa occorre accoppiare l'umiltà. Il regista deve sempre poter essere in grado di pensare che se un film fallisce tutte le colpe sono sue, e se un film riesce non tutti i meriti, e i pregi dell'opera, sono suoi. Inoltre, il regista dev'essere un comandante, deve possedere le qualità umane e morali per poter dirigere un gruppo eterogeneo di persone. Deve capire e rispettare i suoi collaboratori, intenderne il lavoro (e lo stile e la portata morale del lavoro), a cominciare dagli scrittori. Deve essere un attore, saper scegliere gli attori, vederli in rapporto ai personaggi e farli recitare. Deve essere un pittore, perché è lui, e solo lui, che sceglie le immagini del suo film. Deve essere uno scenografo e soprattutto deve essere un musicista, dominatore della musicalità e del ritmo delle immagini. (da Radiocorriere TV, n. 3, 1966; citato in Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti)
  • Il soggetto di 1860 mi fu suggerito da Emilio Cecchi, una persona assolutamente lontana dal genere fascista e veniva da una novella di Mazzucchi, che non aveva nessun rapporto con le camicie nere. Il soggetto riguardava prettamente l'unità d' Italia, che è una cosa che trascende il fascismo, anche se certamente vi si allineava. Il soggetto di Sole, che esaltava la politica agricola del fascismo, grazie alla quale tantissimi contadini hanno trovato pane e che rifarei adesso, veniva da Aldo Vergano, un antifascista che era nel nostro gruppo e che noi sapevano essere tale. Questo bisogno di verità c'era in quanto c'era sangue italiano, c'era la voglia di parlare della realtà. (dal video Blasetti parla del suo cinema)
  • Io sono liberale perché convinto che una sola strada possa condurre così alla giustizia sociale come al progresso in ogni campo: quella della libertà. [...] Senza libertà non c'è verità, non c'è coraggio, non c'è dignità umana. E la prima libertà è quella di espressione, per tutti. Le idee debbono scontrarsi - diciamo più civilmente: incontrarsi - con le idee non con la polizia. E vinca quella che è più forte perché avrà i più forti difensori. Solo chi non è convinto della propria idea può rifuggire dal confrontarla con quella altrui: anche se quegli col quale si parla vuol fare il sordo, hanno buone orecchie quelli che ascoltano e cioè quelli che dovranno giudicare. (da Cinema Nuovo, maggio 1954; citato in Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti)
  • La maschera di Charlot tocca il massimo assoluto della spontanea capacità inventiva e, nello stesso momento, il minimo assoluto dell'impegno pre-determinato, cioè della finalità politica. Per questo ha toccato il cuore del mondo sulla ingiusta sorte dei diseredati e degli emarginati, ha contribuito ad imporre alle classi politiche il dovere di una nuova giustizia sociale con efficacia incomparabilmente maggiore di quella che possono avere conseguito, tutti insieme, tutti i film socialmente «impegnati» di tutta la storia del cinema. [...] Tanto più autentica, credibile, efficace l'istanza sociale che scaturisce dall'omino: proprio perché non la pronuncia. (da Edav, gennaio 1978; citato in Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti)
  • Tra i milioni di italiani che amano ascoltare il suono della propria voce ci sono anch'io. Anzi, meriterei di essere in prima fila. Io penso che l'Italia sarà un paese veramente libero solo quando gli italiani, me compreso, sapranno frenare quell'inflazione di parole che troppo spesso li sommerge.[1]

Note

  1. a b c Da L'Espresso, 27 ottobre 1957; citato in Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti

Bibliografia

  • Gianfranco Gori, Alessandro Blasetti, La nuova Italia, Firenze, 1984.

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