Gaio Svetonio Tranquillo: differenze tra le versioni

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Versione delle 07:49, 27 ott 2009

Gaio Svetonio Tranquillo (70 – 122), scrittore latino.

  • Il paradiso è come un uovo e la terra è come il tuorlo.
  • Boni pastoris est tondere pecus, non deglubere (dal De Vita Caesarum, III – 32)
Il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle.
  • [Vespasiano] Al figlio Tito che lo criticava per aver imposto una tassa anche sulle urine, il padre, mettendogli sotto il naso il denaro della prima riscossione: "Puzza?" gli domandò. E alla risposta negativa, aggiunse: "Eppure è dalla latrina che viene".
  • Vulpes pilum mutat, non mores. (dal De Vita Caesarum, VIII – 16)
La volpe cambia (o perde) il pelo ma non il vizio (o la propria natura, i propri costumi).
  • Fino a quel tempo Epidio, segnato per calunnia, aprí una scuola e insegnò, tra gli altri, a Marco Antonio e ad Augusto. A questi, che una volta gli rinfacciavano che nell'amministrare lo stato seguisse soprattutto i princípi politici del consolare Isaurico, Gaio Canuzio rispose di voler essere discepolo di Isaurico piuttosto che del calunniatore Epidio. Questo Epidio andava ripetendo di essere nato da Epidio nucerino, che si dice fosse un tempo precipitato nella fonte del fiume Sarno, apparso poco dopo con le corna, sparito all'istante e annoverato tra gli dèi.
Ad id tempus Epidius calumnia notatus ludum docendi aperuit docuitque inter caeteros Marcum Antonium et Augustum. Quibus quondam Caius Canidius obicientibus sibi quod in Republica administranda potissimum consularis Isaurici sectam sequeretur, malle respondit Isaurici esse discipulum, quam Epidii calumniatoris. Hic Epidius ortum se ab Epidio Nucerino praedicabat, quem ferunt olim praecipitatum in fontem fluminis Sarni, paulo post cum cornibus extitisse, ac statim non comparuisse, in numeroque deorum habitum. (da De Grammaticis, 28)
  • Quando giunse la notizia... [a proposito della sconfitta di Varo a Teutoburgo] dicono che Augusto si mostrasse così avvilito da lasciarsi crescere la barba ed i capelli, sbattendo, di tanto in tanto, la testa contro le porte e gridando: "Varo rendimi le mie legioni!". Dicono anche che considerò l'anniversario di quella disfatta come un giorno di lutto e tristezza. (da Vite dei dodici Cesari,II, 23)

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