Suso Cecchi D'Amico: differenze tra le versioni

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*Questa è una mia caratteristica un po' curiosa. I vincoli dell'amicizia e dell'affetto cancellano il tempo. Come accade ai cani, anche per me ieri e cinquant'anni fa sono la stessa cosa. (p. 19)
*Questa è una mia caratteristica un po' curiosa. I vincoli dell'amicizia e dell'affetto cancellano il tempo. Come accade ai cani, anche per me ieri e cinquant'anni fa sono la stessa cosa. (p. 19)
*[[Alberto Moravia|Moravia]] era molto simpatico. Dicono di lui che fosse cattivo, ma non riesco a spiegarmene la ragione: era una persona veramente buona, semmai infantile. Aveva le impazienze di un bambino nervoso: non stava fermo un secondo, sfasciava tutto. [...] La sceneggiatura è un lavoro di pazienza, e lui non l'aveva proprio. (p. 22)
*[[Alberto Moravia|Moravia]] era molto simpatico. Dicono di lui che fosse cattivo, ma non riesco a spiegarmene la ragione: era una persona veramente buona, semmai infantile. Aveva le impazienze di un bambino nervoso: non stava fermo un secondo, sfasciava tutto. [...] La sceneggiatura è un lavoro di pazienza, e lui non l'aveva proprio. (p. 22)
*Con il passare degli anni, seguendo una metamorfosi che ho osservato in parecchi produttori, la passione di [[Carlo Ponti|Ponti]] per il cinema si trasformò nella passione per i soldi. (p. 24)
*{{NDR|[[Piero Tellini]]}} Sceneggiatore e soggettista di talento, ritratto del cinema di quei tempi. Bugiardo fino all'inverosimile, molto simpatico. Era di quelli che lavoravano solo la notte con la simpamina, una specie di anfetamina per rimanere svegli. (p. 25)
*All'epoca nessuno scriveva una sceneggiatura [...] senza fare almeno una nottata. [...] La verità è che non c'era alcuna necessità di queste nottate, ma sarebbe sembrato brutto non farne almeno una. Tutti facevano largo uso di simpamina. Io la provai una volta, ma non mi fece nessun effetto. (pp. 25-26)
*{{NDR|[[Totò]]}} Vidi subito che non gli ispiravo nessuna fiducia. Nessunissima. [...] Forse in quanto donna, che lui vedeva unicamente nei ruoli di sposa o amante. (p. 27)
*Era attore nel vero senso della parola: non si portava appresso quello che era in effetti nella vita, ed era completamente diverso da come lo si vedeva sullo schermo. [...] [[Totò]] nel lavoro non ha mai fatto se stesso, ma ha interpretato altri personaggi, anche nei gesti, nel modo di muoversi. (pp. 27-28)
*A un certo punto Moravia cominciò a portare a casa di mio padre [[Elsa Morante]]. Non era bella, ma curiosa, intrigante. Aveva una singolare voce acuta, i denti davanti molto aperti; ricordava non saprei quale animale. Ci feci amicizia dopo che si sposarono, e vennero da noi parecchie volte. Ci vedemmo meno quando io ebbi i bambini, e poi fu la guerra a dividerci. Mi piacevano i suoi romanzi, molto più di quelli di Moravia, ma come persona apprezzavo di più lui. (p. 29)
*Avevo poco più di vent'anni quando una mattina di primavera, scendendo a piedi per via Capo le Case, vidi la mia immagine riflessa in una vetrina e rallentai il passo per rimirarla: «Carina, elegante, felice», decretai tra me e me compiaciuta. Ed ecco che di colpo, con una violenza da mozzare il fiato e fermare il cuore, mi balenò alla mente come in un vortice di tempesta il pensiero: «E poi dovrò morire». (p. 31)
*Non so spiegare come sia potuto accadere che io continui a sentire presenti le persone che ho più amato e delle quali dovrei soffrire la mancanza. Il rapporto che ho avuto con loro nel passato continua inalterato, tranquillo, né faccio nulla per trovare una risposta a questo mistero che mi è proposto, e dal quale traggo la confortante persuasione che tutto ciò che è esistito esiste. (pp. 35-36)


==Bibliografia==
==Bibliografia==

Versione delle 17:08, 25 apr 2010

Suso Cecchi D'Amico (1914 – vivente), sceneggiatrice italiana.

Storie di cinema (e d'altro) raccontate a Margherita D'Amico

  • [Enrico Cuccia] Un amico al quale ho voluto un gran bene perché era di umore sempre calmo, non gli ho mai sentito alzare la voce. (p. 18)
  • Questa è una mia caratteristica un po' curiosa. I vincoli dell'amicizia e dell'affetto cancellano il tempo. Come accade ai cani, anche per me ieri e cinquant'anni fa sono la stessa cosa. (p. 19)
  • Moravia era molto simpatico. Dicono di lui che fosse cattivo, ma non riesco a spiegarmene la ragione: era una persona veramente buona, semmai infantile. Aveva le impazienze di un bambino nervoso: non stava fermo un secondo, sfasciava tutto. [...] La sceneggiatura è un lavoro di pazienza, e lui non l'aveva proprio. (p. 22)
  • Con il passare degli anni, seguendo una metamorfosi che ho osservato in parecchi produttori, la passione di Ponti per il cinema si trasformò nella passione per i soldi. (p. 24)
  • [Piero Tellini] Sceneggiatore e soggettista di talento, ritratto del cinema di quei tempi. Bugiardo fino all'inverosimile, molto simpatico. Era di quelli che lavoravano solo la notte con la simpamina, una specie di anfetamina per rimanere svegli. (p. 25)
  • All'epoca nessuno scriveva una sceneggiatura [...] senza fare almeno una nottata. [...] La verità è che non c'era alcuna necessità di queste nottate, ma sarebbe sembrato brutto non farne almeno una. Tutti facevano largo uso di simpamina. Io la provai una volta, ma non mi fece nessun effetto. (pp. 25-26)
  • [Totò] Vidi subito che non gli ispiravo nessuna fiducia. Nessunissima. [...] Forse in quanto donna, che lui vedeva unicamente nei ruoli di sposa o amante. (p. 27)
  • Era attore nel vero senso della parola: non si portava appresso quello che era in effetti nella vita, ed era completamente diverso da come lo si vedeva sullo schermo. [...] Totò nel lavoro non ha mai fatto se stesso, ma ha interpretato altri personaggi, anche nei gesti, nel modo di muoversi. (pp. 27-28)
  • A un certo punto Moravia cominciò a portare a casa di mio padre Elsa Morante. Non era bella, ma curiosa, intrigante. Aveva una singolare voce acuta, i denti davanti molto aperti; ricordava non saprei quale animale. Ci feci amicizia dopo che si sposarono, e vennero da noi parecchie volte. Ci vedemmo meno quando io ebbi i bambini, e poi fu la guerra a dividerci. Mi piacevano i suoi romanzi, molto più di quelli di Moravia, ma come persona apprezzavo di più lui. (p. 29)
  • Avevo poco più di vent'anni quando una mattina di primavera, scendendo a piedi per via Capo le Case, vidi la mia immagine riflessa in una vetrina e rallentai il passo per rimirarla: «Carina, elegante, felice», decretai tra me e me compiaciuta. Ed ecco che di colpo, con una violenza da mozzare il fiato e fermare il cuore, mi balenò alla mente come in un vortice di tempesta il pensiero: «E poi dovrò morire». (p. 31)
  • Non so spiegare come sia potuto accadere che io continui a sentire presenti le persone che ho più amato e delle quali dovrei soffrire la mancanza. Il rapporto che ho avuto con loro nel passato continua inalterato, tranquillo, né faccio nulla per trovare una risposta a questo mistero che mi è proposto, e dal quale traggo la confortante persuasione che tutto ciò che è esistito esiste. (pp. 35-36)

Bibliografia

  • Suso Cecchi D'Amico, Storie di cinema (e d'altro) raccontate a Margherita D'Amico, Garzanti, 1996. ISBN 88-11-73855-5

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