Carlo Goldoni: differenze tra le versioni

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'''Carlo Goldoni''' (1707 – 1793), drammaturgo, scrittore e librettista italiano.
'''Carlo Goldoni''' (1707 – 1793), drammaturgo, scrittore e librettista italiano.
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==Citazioni di Carlo Goldoni==
==Citazioni di Carlo Goldoni==
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*Tutto il mio [[piacere]] consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la [[debolezza]] di quasi tutte le donne.
*Tutto il mio [[piacere]] consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la [[debolezza]] di quasi tutte le donne.


===Citazioni sul'opera===
===Citazioni sull'opera===
*Dal pensiero all'azione non v'è in Mirandolina, soluzione di continuità. Pensare vuol dire fare; e sarà timida e vergognosa, suadente e rispettosa, franca ed ingenua, disinvolta e spiritosa; e poi e poi... il resto verrà. ([[Gerolamo Bottoni]])
*Dal pensiero all'azione non v'è in Mirandolina, soluzione di continuità. Pensare vuol dire fare; e sarà timida e vergognosa, suadente e rispettosa, franca ed ingenua, disinvolta e spiritosa; e poi e poi... il resto verrà. ([[Gerolamo Bottoni]])
*[...] gli uomini non hanno imparato nulla dalle disgraziate vicende del cav. Ripafratta – nemmeno il Goldoni – né nulla mai impareranno. ([[Gerolamo Bottoni]])
*[...] gli uomini non hanno imparato nulla dalle disgraziate vicende del cav. Ripafratta – nemmeno il Goldoni – né nulla mai impareranno. ([[Gerolamo Bottoni]])
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*''Gl'innamorati'' non vivono del rapporto dei due protagonisti con l'ambiente e i personaggi che li circondano, come accade alle altre opere goldoniane. Tutta l'azione si svolge all'interno di loro stessi, del loro modo di amarsi e insieme di ferirsi, di lasciarsi e di perdersi. Mai prima di questa commedia, neppure in un capolavoro assoluto come ''La locandiera'', Goldoni aveva indagato con tanta acutezza sulla passione amorosa, senza per questo rinunciare minimamente agli aspetti comici o umoristici che scaturiscono anche dagli amori più travagliati e più inquietanti. ([[Giovanni Antonucci]])
*''Gl'innamorati'' non vivono del rapporto dei due protagonisti con l'ambiente e i personaggi che li circondano, come accade alle altre opere goldoniane. Tutta l'azione si svolge all'interno di loro stessi, del loro modo di amarsi e insieme di ferirsi, di lasciarsi e di perdersi. Mai prima di questa commedia, neppure in un capolavoro assoluto come ''La locandiera'', Goldoni aveva indagato con tanta acutezza sulla passione amorosa, senza per questo rinunciare minimamente agli aspetti comici o umoristici che scaturiscono anche dagli amori più travagliati e più inquietanti. ([[Giovanni Antonucci]])


==[[Incipit]] di alcune opere==
== Citazioni su Carlo Goldoni ==
===''Amor contadino''===
<center>Vasta campagna arativa, sparsa di vari fasci di grano mietuto. In lontano colline deliziose, ingombrate d'alberi e vigneti, con caduta d'acque, che formano un vago rivo, sopra il quale si vedono degli alberghi villerecci.<br>TIMONE, GHITTA, LENA, CIAPPO, FIGNOLO, ''tutti distesi al suolo dormendo, appoggiati ai fasci di grano. Villani e Villanelle sparsi per le colline''.</center>
<poem>'''Tim.''' Oh dolcissimo ristoro (svegliandosi)
Delle membra affaticate!
S'è dormito, ed al lavoro
Tempo è ormai di ritornar.
Su, svegliatevi.
Su, rialzatevi.
Ritornate a faticar.</poem>


===''Amor fa l'uomo cieco''===
<center>Città.<br>LIVIETTA ''in abito di Cittadina e'' MINGONE</center>
<poem>'''Liv.''' Vi sto ben?
Vi comparisco?
Eh, che ti par? (''al Servidore'')
Benché nata contadina,
Non sto ben da cittadina?
Non è ver?
Oh, lo credo; non giurar.</poem>

===''Amore in caricatura''===
<center>Giardino pensile.<br>''Madama di'' CRACCHÈ, ''Monsieur de la'' COTEROTI, ''il Marchese'' CARPOFERO, ''il Cavaliere'' TRITOGANO, ''il Conte'' POLICASTRO</center>
<poem>'''Mons.''' Vi presento, madam di Cracchè,
Quest'anemolo colto da me,
E con esso vi dono il mio cor.
Ah che viva, che viva l'amor!</poem>

===''Arcifanfano re dei matti''===
<center>Campagna deliziosa con collina amena in prospetto, adornata di vari alberetti; e da un lato veduta della Città, con porta che introduce nella medema.<br>ARCIFANFANO ''sotto un trono capriccioso. Due Pazzi, suoi ministri, al tavolino scrivendo; ed altri Pazzi serventi''.<br>Tutti gli altri sei Pazzi, uomini e donne, stanno sedendo, sparsi per la collina sotto gli alberetti; e due Pazzi stanno a' piedi della collina, ascoltando quello che loro dicono.<br>''Li sei Pazzi cantano come segue:''</center>
<poem>''a due'' Vogliamo l'Arcifanfano
Signor della città.
Veniam per esser sudditi
Noi pur di sua Maestà.</poem>

===''Aristide''===
<center>Cortile reale con fontana.<br>ARISTIDE ''e'' CARINO ''che dorme''.</center>
<poem>'''Aris.''' Sei amor, sei timor, tu che mi guidi
Nell'empia reggia a riveder la sposa?
Mille della sua fede
Prove mi dié. Ma prigioniera oppressa,
Temo che la sua fé non sia la stessa.
Scoprasi dunque... Ma che miro! Al suolo
Prosteso il servo mio riposa in pace?</poem>

===''Gli amanti timidi''===
<center>ARLECCHINO ''solo''.<br>Ripulisce un abito disteso sopra un tavolino ch'è ben innanzi, e facendo le sue incombenze, parla come segue:</center>
'''Arl.''' Dise el proverbio: ''o servi come servo, o fuggi come cervo'': no voggio ch'el me patron s'abbia da lamentar de mi. Ghe piase la pulizia, e amo anca mi la nettìsia. E po el xe cussì bon, ch'el merita de esser servio de cuor. Qualche volta el par un pochetto fantastico; ma un omo che xe innamorà, el gh'ha delle ore bone e delle ore cattive. (''porta l'abito sull'altro tavolino, e prende il cappello per ispazzarlo'') So mi, che brutta bestia che xe l'amor.

===''Gli amori di Zelinda e Lindoro''===
<center>Camera con un grande armadio nel fondo, due porte laterali aperte che poi si chiudono; ed un tavolino da una parte, ad uso di segretario, col bisogno da scrivere, e sedie.<br>'''Fabrizio''' ''solo''.</center>
Ah! Ci scommetterei la testa che Zelinda e Lindoro si amano segretamente. Li vedo troppo attaccati, e credo, se mal non ho inteso, si abbiano dato l'appuntamento di trovarsi qui insieme. Ecco la ragione, per cui costei mi disprezza, che altrimenti, se Lindoro è segretario, io son mastro di casa, e tutti due serviamo onorevolmente lo stesso padrone, ed ella, quantunque dia ad intendere di esser nata signora, è obbligata, come me, a nutrirsi di pane altrui, ed a servire da cameriera... Ma... Eccoli a questa volta. Vo' chiudermi in quest'armadio, e scoprire, se posso, i segreti loro. Se ne vengo in chiaro, se si amano veramente, non son Fabrizio, se non mi vendico. (''si chiude nell'armadio'')

===''L'adulatore''===
<center>DON SANCIO ''a sedere'', DON SIGISMONDO ''in piedi''.</center>
'''Sig'''. Eccellenza, ho formato il dispaccio per la Corte. Comanda di sentirlo?<br>
'''Sanc.''' È lungo questo dispaccio?<br>
'''Sig'''. Mi sono ristretto più che ho potuto. Ecco qui, due facciate di lettera.<br>
'''Sanc.''' Per ora ho poca volontà di sentirlo.<br>
'''Sig'''. Compatisco infinitamente Vostra Eccellenza: un cavaliere nato fra le ricchezze, allevato fra gli agi, pieno di magnifiche idee, soffre mal volentieri gl’incomodi. (Tutto ciò vuol dire ch’egli è poltrone). (''da sé'')<br>
'''Sanc.''' Scrivete al Segretario di Stato, che mi duole il capo; e con un complimento disimpegnatemi dallo scrivere di proprio pugno.

===''L'Amante Cabala''===
<center>LILLA ''e'' FILIBERTO</center>
<poem>'''Lilla''' Resti, resti, e non s’incomodi.
'''Filib.''' Vuò venir; questo è il mio debito.
'''Lilla''' Nol permetto, in verità.
'''Filib.''' Se comanda, io resto qua.</poem>

===''L'amante di sé medesimo''===
<center>Camera in casa di don Mauro<br>''Il'' CONTE DELL'ISOLA ''ed il signor'' ALBERTO.</center>
<poem>'''Con.''' Un'ora star con voi solo, amico, mi preme.
Berrem, se non vi spiace, la cioccolata insieme.
'''Alb.''' Sior sì, la cioccolata, per bona che la sia,
Par che la riessa meggio bevuda in compagnia.
Che vuol dir, a proposito, sior Conte mio patron?
No la la beve al solito ancuo in conversazion?
'''Con.''' Mi sento stamattina lo stomaco indigesto.
Gli altri la bevon tardi; noi la berrem più presto.</poem>

===''L'amante militare''===
<center>Camera in casa di Pantalone.<br>ROSAURA ''e don'' ALONSO, ''ambi a sedere''.</center>
'''Ros.''' Caro don Alonso, vi supplico a ritirarvi.<br>
'''Alon.''' Perché, adorata Rosaura, mi allontanate da voi?<br>
'''Ros.''' Perché temo d’essere da mio padre sorpresa.<br>
'''Alon.''' Il signor Pantalone è un uomo saggio e ben nato. Sa ch’io sono un uffiziale d’onore, né può rimproverarvi perché io stia in vostra conversazione.

===''L'amore artigiano''===
<center>Piazzetta con varie case e botteghe ancora chiuse.<br>''Vedesi appena l'alba, e a poco a poco si va rischiarando''. ROSINA ''apre la finestra e si fa vedere; poi'' ANGIOLINA ''fa lo stesso nell'abitazione sua dirimpetto a quella della'' ROSINA; ''poi'' GIANNINO ''viene di strada, suonando il chitarrino e cantando''.</center>
<poem>'''Ros.''' (''Apre la finestra e si fa vedere'')
Bella cosa gli è il vedere
Spuntar l'alba in sul mattino:
Ma se passa il mio Giannino,
Fugge l'alba e spunta il sol.</poem>

===''L'amore paterno''===
<center>ARLECCHINO ''in abito da campagna, e'' SCAPINO</center>
'''Scap.''' Oh oh, signor Arlecchino, ben tornato dalla campagna.<br>
'''Arl.''' Com'èla, Scapin? Cossa vol dir? Mi te credeva ancora in Italia. Per che rason et tornà a Parigi?<br>
'''Scap.''' Oh bella! il signor Stefanello non mi ha mandato a Venezia per accompagnare a Parigi il signor Pantalone di lui fratello?<br>
'''Arl.''' E ben? Stefanello è morto. Pantalon non ha più da venir a Parigi, e ti ti averessi fatto meio a restar in Italia. (Costù no lo posso soffrir; so che una volta l'aveva delle pretension sora Camilla).

===''L'apatista''===
<center>''Il Cavaliere e don Paolino.''</center>
<poem>'''Paolino''': Cavalier, perdonate, se pria non son venuto
D'affetto e d'amicizia a rendervi un tributo.
'''Cavaliere''': Sempre caro mi siete. De' cari amici miei,
Per tempo o lontananza, scordarmi io non saprei.
Se vengono a vedermi, ne ho piacer, ne ho diletto;
Serbo lor, se non vengono, il medesimo affetto;
Stessero i mesi e gli anni a favorirmi ancora,
Quando mi favoriscono son grato a chi mi onora.</poem>

===''L'Arcadia in Brenta''===
<center>Camera terrena in casa di messer Fabrizio.<br>FABRIZIO ''che dorme sopra una poltrona, in veste da camera, e'' FORESTO</center>
<poem>'''For.''' Oh questa sì ch'è bella!
Il padrone di casa
A tutti i Forastieri dà ricetto,
E gli convien dormir fuori del letto.
Con questa bell'Arcadia
Ei si va rovinando, ed io che sono
Da questo sciocco economo creato,
Or che manca il denar, son imbrogliato.</poem>

== Citazioni su Carlo Goldoni ==
*''A te, porgente su l'argenteo Sile | Le braccia a l'avo da l'opima cuna, | Ne la festante ilarità senile | Parve la vita accorrere con una || Marïonetta in mano. Al sol d'aprile | Te fuggente la logica importuna | Presago accolse il comico navile | Veleggiando la tacita laguna''. ([[Giosuè Carducci]])
*''A te, porgente su l'argenteo Sile | Le braccia a l'avo da l'opima cuna, | Ne la festante ilarità senile | Parve la vita accorrere con una || Marïonetta in mano. Al sol d'aprile | Te fuggente la logica importuna | Presago accolse il comico navile | Veleggiando la tacita laguna''. ([[Giosuè Carducci]])


==Bibliografia==
==Bibliografia==
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Amor contadino]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''Memorie'', Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Paola Ranzini, Milano 1993.
*Carlo Goldoni, ''La locandiera'', a cura di Gerolamo Bottoni, Carlo Signorelli Editore, Milano 1934.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Amor fa l'uomo cieco]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Amore in caricatura]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Arcifanfano re dei matti]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Aristide]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''Gl'innamorati'', Newton Compton, Roma 1994.
*Carlo Goldoni, ''Gl'innamorati'', Newton Compton, Roma 1994.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Gli amanti timidi]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm Gli amori di Zelinda e Lindoro]'', in "Commedie scelte", Volume Terzo, 4a edizione, Edoardo Sonzogno Editore, Milano, 1890.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'adulatore]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'Amante Cabala]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'amante di sé medesimo]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'amante militare]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'amore artigiano]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'amore paterno, o sia La serva riconoscente]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'apatista o sia L'indifferente]'', in "I capolavori", a cura di Giovanni Antonucci, Newton Compton Editori, 1992.
*Carlo Goldoni, ''[http://www.liberliber.it/biblioteca/g/goldoni/index.htm L'Arcadia in Brenta]'', in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
*Carlo Goldoni, ''La locandiera'', a cura di Gerolamo Bottoni, Carlo Signorelli Editore, Milano 1934.
*Carlo Goldoni, ''Memorie'', Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Paola Ranzini, Milano 1993.


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Versione delle 20:05, 8 mag 2010

Carlo Goldoni

Carlo Goldoni (1707 – 1793), drammaturgo, scrittore e librettista italiano.

Citazioni di Carlo Goldoni

  • Come l'appetito rende saporite le vivande! (da Le memorie, a cura di Rosolino Guastalla, La Nuova Italia, 1933; attribuita anche a Paolo Mantegazza)
  • Ero avvocato; ero stato presentato al tribunale: si trattava ora di trovare i clienti. Tutti i giorni andavo al palazzo per vedere arringare i maestri in quell'arte e, intanto, mi guardavo bene attorno, sperando che il mio aspetto potesse risultare gradevole a qualche difensore il quale decidesse così di affidarmi una causa in appello. Infatti un avvocato novello non può brillare e farsi onore nei tribunali di prima istanza; solo nelle corti superiori si può fare sfoggio della propria scienza, della propria eloquenza, della propria voce e della propria abilità: quattro mezzi tutti ugualmente necessari affinché un avvocato, a Venezia, sia di primo rango. (dalle Memorie, Libro I, capitolo XXIV)
  • [...] finalmente arrivammo a Udine, che è la capitale del Friuli veneziano. [...] vi è nel castello di Udine una sala pel parlamento, nella quale gli stati si radunano, singolar privilegio che non esiste in nessun'altra provincia d'Italia... La città è bellissima, le chiese assai riccamente decorate... Vi è il pubblico passaggio nel mezzo della città, gradevoli sobborghi e dintorni deliziosi. (dalle Memorie, cap. XV, 1787)
  • Il mondo è un bel libro, ma poco serve a chi non lo sa leggere. (da La Pamela)
  • Il mondo è un bellissimo libro, che tutti potrebbero leggere anche a piccole dosi.  Se sai qual è la fonte di questa citazione, inseriscila, grazie. citazione necessaria
  • Io non sapea quasi cosa mi fare nel terzo (atto), venutomi in mente che sogliono codeste lusinghiere donne, quando vedono nei loro lacci gli amanti, aspramente trattarli, ho voluto dare un esempio di questa barbara crudeltà, di questo ingiurioso disprezzo con cui si burlano dei miserabili, che hanno vinti per mettere in orrore la schiavitù, che si procurano gli sciagurati e rendere odioso il carattere delle incantatrici sirene. La scena dello stirare, allora quando la Locandiera si burla del cavaliere, che languisce, non muove gli animi a sdegno contro colei che, dopo averlo innamorato, l'insulta? Oh bello specchio agli occhi della gioventù! Dio volesse, che io medesimo cotale specchio avessi avuto per tempo, che non avrei veduto ridere del mio pianto qualche barbara locandiera. (citato in Gerolamo Bottoni, prefazione a La locandiera)
  • La gola è un vizio che non finisce mai, ed è quel vizio che cresce sempre quanto più l'uomo invecchia. (da La bottega del caffè)
  • Le astuzie delle donne, in genere, si moltiplicano e si perfezionano coi loro anni.  Se sai qual è la fonte di questa citazione, inseriscila, grazie. citazione necessaria
  • Le bugìe sono per natura così feconde, che una ne suole partorir cento. (da Il bugiardo)
  • Oh bella! Ghe n'è tanti che cerca un padron, e mi ghe n'ho trovà do. Come diavol oia da far? Tutti do no li posso servir. No? E perché no? (da Il servitore di due Padroni)
  • Tutti cercan di fare quello che fanno gli altri. Una volta correva l'acquavite, adesso è in voga il caffè. (da La bottega del caffè)

La locandiera

Incipit

Sala di locanda
Il marchese: Fra voi e me, vi è qualche differenza.
Il conte: Sulla locanda tanto vale il vostro denaro quanto vale il mio.
Il marchese: Ma se a me la locandiera usa a me delle distinzioni, mi si convengono più che a voi.
Il conte: Per quale ragione?
Il marchese: Io sono il Marchese di Forlipopoli.
Il conte: Ed io sono il Conte d'Albafiorita.
Il marchese: Sì Conte. Contea comprata.
Il conte: Io ho comprato la Contea, quando voi avete venduto il Marchesato.
Il marchese: Oh basta: son chi sono, e mi si deve portar rispetto.
Il conte: Chi ve lo perde il rispetto? Voi siete quello, che con troppa libertà parlando...
Il marchese: Io sono in questa locanda, perché amo la locandiera. Tutti lo sanno, e tutti devono rispettare una giovane, che piace a me.
Il conte: Oh questa è bella! Voi mi vorreste impedire ch'io amassi Mirandolina? Perché credete ch'io sia in Firenze? Perché credete ch'io sia in questa locanda?
Il marchese: Oh bene. Voi non farete niente.
Il conte: Io no, e voi sì.
Il marchese: Io sì, e voi no. Io son chi sono. Mirandolina ha bisogno della mia protezione.
Il conte: Mirandolina ha bisogno di denari e non di protezione.
Il marchese: Denari?... non ne mancano.

Citazioni

  • Mirandolina: Grazie, signori miei, grazie. Ho tanto spirito, che basta per dire ad un forestiero ch'io non lo voglio; e circa all'utile, la mia, la mia locanda non ha mai camere in ozio. (p. 18)
  • Il marchese: (Maledetto Conte! Con questi suoi denari mi ammazza.)
    Mirandolina: In verità il signor Conte s'incomoda troppo.
    Il marchese: Costoro hanno quattro soldi, e gli spendono per vanità, per albagia. Io gli conosco, so il viver del mondo.
    Mirandolina: Eh il viver del mondo lo so ancor io.
    Il marchese: Pensano, che le donne della vostra sorta si vincono con i regali.
    Mirandolina: I regali non fanno male allo stomaco. (p. 19)
  • Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne.

Citazioni sull'opera

  • Dal pensiero all'azione non v'è in Mirandolina, soluzione di continuità. Pensare vuol dire fare; e sarà timida e vergognosa, suadente e rispettosa, franca ed ingenua, disinvolta e spiritosa; e poi e poi... il resto verrà. (Gerolamo Bottoni)
  • [...] gli uomini non hanno imparato nulla dalle disgraziate vicende del cav. Ripafratta – nemmeno il Goldoni – né nulla mai impareranno. (Gerolamo Bottoni)
  • Il caro e grande Goldoni aveva torto (ebbe ragione il Goethe a dire che Mirandolina sposa il suo Fabrizio per farsene un servo); e doppio torto, per avere insistito ad affermare "che fra tutte le commedie composte fino al 1760 era questa la più morale, la più utile, la più istruttiva", poiché, riflettendo sul carattere e sugli avvenimenti del cavaliere, si sarebbe trovato "un esempio vivissimo della presunzione avvilita, ed una scuola che insegna a fuggir i pericoli per non soccombere alle cadute". (Gerolamo Bottoni)
  • [...] la freddezza inalterabile, il crudele piacere della vendetta finiscono per muovere il nostro sdegno; tanto che per avere un marito servo, l'insulso scioglimento ci soddisfa poco o punto. (Johann Wolfgang von Goethe)

Gl'innamorati

Incipit

Eugenia e Flaminia
Eugenia: Che cosa avete, signora sorella, che mi guardate così di mal occhio?
Flaminia: Eugenia mia, compatitemi; mi fate tanto venir la bile, che oramai non vi posso più guardar con amore.
Eugenia: Bella davvero! che cosa vi ho fatto, che non mi potete vedere?
Flaminia: Non posso soffrire quella maniera aspra, litigiosa, indiscreta, con cui solete trattare il signor Fulgenzio. Egli è innamorato di voi perdutamente; si vede, si conosce che spasima, che vi adora, e voi non cercate che d'inquietarlo, e corrispondergli con mala grazia.
Eugenia: In verità mi fareste ridere. Avete tanta compassione per il signor Fulgenzio?

Citazioni

  • Se conoscete che la persona che amate meriti l'amor vostro, disponete l'animo a sofferir qualche cosa. (p. 46)
  • Dalle donne qualche cosa convien soffrire; quando si sa specialmente che una donna vuol bene, non serve il sofisticare, non convien pesar le parole colla bilancia dell'oro, e guardare i moscherini col microscopio per ingrandirli. (p. 47)
  • La sincerità non vi è oro che la paghi. (p. 57)

Citazioni sull'opera

  • Gl'innamorati non vivono del rapporto dei due protagonisti con l'ambiente e i personaggi che li circondano, come accade alle altre opere goldoniane. Tutta l'azione si svolge all'interno di loro stessi, del loro modo di amarsi e insieme di ferirsi, di lasciarsi e di perdersi. Mai prima di questa commedia, neppure in un capolavoro assoluto come La locandiera, Goldoni aveva indagato con tanta acutezza sulla passione amorosa, senza per questo rinunciare minimamente agli aspetti comici o umoristici che scaturiscono anche dagli amori più travagliati e più inquietanti. (Giovanni Antonucci)

Incipit di alcune opere

Amor contadino

Vasta campagna arativa, sparsa di vari fasci di grano mietuto. In lontano colline deliziose, ingombrate d'alberi e vigneti, con caduta d'acque, che formano un vago rivo, sopra il quale si vedono degli alberghi villerecci.
TIMONE, GHITTA, LENA, CIAPPO, FIGNOLO, tutti distesi al suolo dormendo, appoggiati ai fasci di grano. Villani e Villanelle sparsi per le colline.

Tim. Oh dolcissimo ristoro (svegliandosi)
Delle membra affaticate!
S'è dormito, ed al lavoro
Tempo è ormai di ritornar.
Su, svegliatevi.
Su, rialzatevi.
Ritornate a faticar.

Amor fa l'uomo cieco

Città.
LIVIETTA in abito di Cittadina e MINGONE

Liv. Vi sto ben?
Vi comparisco?
Eh, che ti par? (al Servidore)
Benché nata contadina,
Non sto ben da cittadina?
Non è ver?
Oh, lo credo; non giurar.

Amore in caricatura

Giardino pensile.
Madama di CRACCHÈ, Monsieur de la COTEROTI, il Marchese CARPOFERO, il Cavaliere TRITOGANO, il Conte POLICASTRO

Mons. Vi presento, madam di Cracchè,
Quest'anemolo colto da me,
E con esso vi dono il mio cor.
Ah che viva, che viva l'amor!

Arcifanfano re dei matti

Campagna deliziosa con collina amena in prospetto, adornata di vari alberetti; e da un lato veduta della Città, con porta che introduce nella medema.
ARCIFANFANO sotto un trono capriccioso. Due Pazzi, suoi ministri, al tavolino scrivendo; ed altri Pazzi serventi.
Tutti gli altri sei Pazzi, uomini e donne, stanno sedendo, sparsi per la collina sotto gli alberetti; e due Pazzi stanno a' piedi della collina, ascoltando quello che loro dicono.
Li sei Pazzi cantano come segue:

a due Vogliamo l'Arcifanfano
Signor della città.
Veniam per esser sudditi
Noi pur di sua Maestà.

Aristide

Cortile reale con fontana.
ARISTIDE e CARINO che dorme.

Aris. Sei amor, sei timor, tu che mi guidi
Nell'empia reggia a riveder la sposa?
Mille della sua fede
Prove mi dié. Ma prigioniera oppressa,
Temo che la sua fé non sia la stessa.
Scoprasi dunque... Ma che miro! Al suolo
Prosteso il servo mio riposa in pace?

Gli amanti timidi

ARLECCHINO solo.
Ripulisce un abito disteso sopra un tavolino ch'è ben innanzi, e facendo le sue incombenze, parla come segue:

Arl. Dise el proverbio: o servi come servo, o fuggi come cervo: no voggio ch'el me patron s'abbia da lamentar de mi. Ghe piase la pulizia, e amo anca mi la nettìsia. E po el xe cussì bon, ch'el merita de esser servio de cuor. Qualche volta el par un pochetto fantastico; ma un omo che xe innamorà, el gh'ha delle ore bone e delle ore cattive. (porta l'abito sull'altro tavolino, e prende il cappello per ispazzarlo) So mi, che brutta bestia che xe l'amor.

Gli amori di Zelinda e Lindoro

Camera con un grande armadio nel fondo, due porte laterali aperte che poi si chiudono; ed un tavolino da una parte, ad uso di segretario, col bisogno da scrivere, e sedie.
Fabrizio solo.

Ah! Ci scommetterei la testa che Zelinda e Lindoro si amano segretamente. Li vedo troppo attaccati, e credo, se mal non ho inteso, si abbiano dato l'appuntamento di trovarsi qui insieme. Ecco la ragione, per cui costei mi disprezza, che altrimenti, se Lindoro è segretario, io son mastro di casa, e tutti due serviamo onorevolmente lo stesso padrone, ed ella, quantunque dia ad intendere di esser nata signora, è obbligata, come me, a nutrirsi di pane altrui, ed a servire da cameriera... Ma... Eccoli a questa volta. Vo' chiudermi in quest'armadio, e scoprire, se posso, i segreti loro. Se ne vengo in chiaro, se si amano veramente, non son Fabrizio, se non mi vendico. (si chiude nell'armadio)

L'adulatore

DON SANCIO a sedere, DON SIGISMONDO in piedi.

Sig. Eccellenza, ho formato il dispaccio per la Corte. Comanda di sentirlo?
Sanc. È lungo questo dispaccio?
Sig. Mi sono ristretto più che ho potuto. Ecco qui, due facciate di lettera.
Sanc. Per ora ho poca volontà di sentirlo.
Sig. Compatisco infinitamente Vostra Eccellenza: un cavaliere nato fra le ricchezze, allevato fra gli agi, pieno di magnifiche idee, soffre mal volentieri gl’incomodi. (Tutto ciò vuol dire ch’egli è poltrone). (da sé)
Sanc. Scrivete al Segretario di Stato, che mi duole il capo; e con un complimento disimpegnatemi dallo scrivere di proprio pugno.

L'Amante Cabala

LILLA e FILIBERTO

Lilla Resti, resti, e non s’incomodi.
Filib. Vuò venir; questo è il mio debito.
Lilla Nol permetto, in verità.
Filib. Se comanda, io resto qua.

L'amante di sé medesimo

Camera in casa di don Mauro
Il CONTE DELL'ISOLA ed il signor ALBERTO.

Con. Un'ora star con voi solo, amico, mi preme.
Berrem, se non vi spiace, la cioccolata insieme.
Alb. Sior sì, la cioccolata, per bona che la sia,
Par che la riessa meggio bevuda in compagnia.
Che vuol dir, a proposito, sior Conte mio patron?
No la la beve al solito ancuo in conversazion?
Con. Mi sento stamattina lo stomaco indigesto.
Gli altri la bevon tardi; noi la berrem più presto.

L'amante militare

Camera in casa di Pantalone.
ROSAURA e don ALONSO, ambi a sedere.

Ros. Caro don Alonso, vi supplico a ritirarvi.
Alon. Perché, adorata Rosaura, mi allontanate da voi?
Ros. Perché temo d’essere da mio padre sorpresa.
Alon. Il signor Pantalone è un uomo saggio e ben nato. Sa ch’io sono un uffiziale d’onore, né può rimproverarvi perché io stia in vostra conversazione.

L'amore artigiano

Piazzetta con varie case e botteghe ancora chiuse.
Vedesi appena l'alba, e a poco a poco si va rischiarando. ROSINA apre la finestra e si fa vedere; poi ANGIOLINA fa lo stesso nell'abitazione sua dirimpetto a quella della ROSINA; poi GIANNINO viene di strada, suonando il chitarrino e cantando.

Ros. (Apre la finestra e si fa vedere)
Bella cosa gli è il vedere
Spuntar l'alba in sul mattino:
Ma se passa il mio Giannino,
Fugge l'alba e spunta il sol.

L'amore paterno

ARLECCHINO in abito da campagna, e SCAPINO

Scap. Oh oh, signor Arlecchino, ben tornato dalla campagna.
Arl. Com'èla, Scapin? Cossa vol dir? Mi te credeva ancora in Italia. Per che rason et tornà a Parigi?
Scap. Oh bella! il signor Stefanello non mi ha mandato a Venezia per accompagnare a Parigi il signor Pantalone di lui fratello?
Arl. E ben? Stefanello è morto. Pantalon non ha più da venir a Parigi, e ti ti averessi fatto meio a restar in Italia. (Costù no lo posso soffrir; so che una volta l'aveva delle pretension sora Camilla).

L'apatista

Il Cavaliere e don Paolino.

Paolino: Cavalier, perdonate, se pria non son venuto
D'affetto e d'amicizia a rendervi un tributo.
Cavaliere: Sempre caro mi siete. De' cari amici miei,
Per tempo o lontananza, scordarmi io non saprei.
Se vengono a vedermi, ne ho piacer, ne ho diletto;
Serbo lor, se non vengono, il medesimo affetto;
Stessero i mesi e gli anni a favorirmi ancora,
Quando mi favoriscono son grato a chi mi onora.

L'Arcadia in Brenta

Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
FABRIZIO che dorme sopra una poltrona, in veste da camera, e FORESTO

For. Oh questa sì ch'è bella!
Il padrone di casa
A tutti i Forastieri dà ricetto,
E gli convien dormir fuori del letto.
Con questa bell'Arcadia
Ei si va rovinando, ed io che sono
Da questo sciocco economo creato,
Or che manca il denar, son imbrogliato.

Citazioni su Carlo Goldoni

  • A te, porgente su l'argenteo Sile | Le braccia a l'avo da l'opima cuna, | Ne la festante ilarità senile | Parve la vita accorrere con una || Marïonetta in mano. Al sol d'aprile | Te fuggente la logica importuna | Presago accolse il comico navile | Veleggiando la tacita laguna. (Giosuè Carducci)

Bibliografia

  • Carlo Goldoni, Amor contadino, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, Amor fa l'uomo cieco, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, Amore in caricatura, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, Arcifanfano re dei matti, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, Aristide, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, Gl'innamorati, Newton Compton, Roma 1994.
  • Carlo Goldoni, Gli amanti timidi, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, Gli amori di Zelinda e Lindoro, in "Commedie scelte", Volume Terzo, 4a edizione, Edoardo Sonzogno Editore, Milano, 1890.
  • Carlo Goldoni, L'adulatore, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, L'Amante Cabala, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, L'amante di sé medesimo, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, L'amante militare, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, L'amore artigiano, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, L'amore paterno, o sia La serva riconoscente, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, L'apatista o sia L'indifferente, in "I capolavori", a cura di Giovanni Antonucci, Newton Compton Editori, 1992.
  • Carlo Goldoni, L'Arcadia in Brenta, in "Tutte le opere", a cura di Giuseppe Ortolani, I Classici Mondadori, 1955.
  • Carlo Goldoni, La locandiera, a cura di Gerolamo Bottoni, Carlo Signorelli Editore, Milano 1934.
  • Carlo Goldoni, Memorie, Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Paola Ranzini, Milano 1993.

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