Pier Paolo Pasolini: differenze tra le versioni

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m wlink maschera
+1
Riga 12: Riga 12:
*Il [[successo]] non è niente. Il successo è l'altra faccia della persecuzione. E poi il successo è sempre una cosa brutta per un uomo.<ref>''Il successo: l'altra faccia della persecuzione'', intervista con [[Enzo Biagi]] ([http://www.rai.it/RAInet/ammMultimedia/media/Pasoliniintv3.ram Filmato] e [http://www.cittadini.rai.it/RAInet/societa/Rpub/raiRSoPubArticolo2/0,,id_obj=34879%5Esezione=pasolini%5Esubsezione=123,00.html trascrizione] testuale dagli archivi Rai)</ref>
*Il [[successo]] non è niente. Il successo è l'altra faccia della persecuzione. E poi il successo è sempre una cosa brutta per un uomo.<ref>''Il successo: l'altra faccia della persecuzione'', intervista con [[Enzo Biagi]] ([http://www.rai.it/RAInet/ammMultimedia/media/Pasoliniintv3.ram Filmato] e [http://www.cittadini.rai.it/RAInet/societa/Rpub/raiRSoPubArticolo2/0,,id_obj=34879%5Esezione=pasolini%5Esubsezione=123,00.html trascrizione] testuale dagli archivi Rai)</ref>
*Io so questo che i napoletani oggi sono una grande tribù che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg e i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità. È un rifiuto sorto dal cuore della collettività contro cui non c'è niente da fare. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno, quando non ci saranno più, saranno altri. I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili ed incorruttibili. (citato in [[Andrea Geremicca]], ''Dentro la città'', Guida Editori, Napoli 1977)
*Io so questo che i napoletani oggi sono una grande tribù che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg e i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità. È un rifiuto sorto dal cuore della collettività contro cui non c'è niente da fare. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno, quando non ci saranno più, saranno altri. I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili ed incorruttibili. (citato in [[Andrea Geremicca]], ''Dentro la città'', Guida Editori, Napoli 1977)
*L'Italia – al di fuori naturalmente dei tradizionali comunisti – è nel suo insieme ormai un paese spoliticizzato, un corpo morto i cui riflessi non sono che meccanici. L'Italia cioè non sta vivendo altro che un processo di adattamento alla propria degradazione. [...] Tutti si sono adattati o attraverso il non voler accorgersi di niente o attraverso la più inerte sdrammatizzazione. (''Abiura dalla Trilogia della vita'', ''Il Corriere della Sera'', 9 novembre 1975, in ''Trilogia della vita. Le sceneggiature originali di Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il Fiore delle Mille e una notte'', Garzanti, 1995. p. 773)
*La Chiesa non può che essere reazionaria: non può che essere dalla parte del Potere; non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza. (da ''Scritti corsari'', Garzanti)
*La Chiesa non può che essere reazionaria: non può che essere dalla parte del Potere; non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza. (da ''Scritti corsari'', Garzanti)
*La [[libertà]] sessuale è necessaria alla creazione? Sì. No. O forse sì. No, no, certamente no. Però... sì. No è meglio no. O sì? Ah, incontinenza meravigliosa! (Ah, meravigliosa castità.) (da ''Saggi sulla politica e sulla società'')
*La [[libertà]] sessuale è necessaria alla creazione? Sì. No. O forse sì. No, no, certamente no. Però... sì. No è meglio no. O sì? Ah, incontinenza meravigliosa! (Ah, meravigliosa castità.) (da ''Saggi sulla politica e sulla società'')

Versione delle 22:13, 21 gen 2011

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975), scrittore, poeta e regista italiano.

Citazioni di Pier Paolo Pasolini

  • Basta ai giovani contestatori staccarsi dalla cultura, ed eccoli optare per l'azione e l'utilitarismo, rassegnarsi alla situazione in cui il sistema si ingegna ad integrarli. Questa è la radice del problema: usano contro il neocapitalismo armi che in realtà portano il suo marchio di fabbrica, e sono quindi destinate soltanto a rafforzare il suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio, e invece non fanno altro che rinsaldarlo. (da Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori)
  • Bisogna essere molto forti | per amare la solitudine. (da Versi del testamento, in Trasumanar e organizzar, Garzanti, 1971)
  • Chi dice che io sono uno che non crede, mi conosce meglio di quanto io conosca me stesso. Io posso essere uno che non crede, ma uno che non crede che ha nostalgia per qualcosa in cui credere.  Citazione da controllare da controllare
  • Ciò che resta originario nell'operaio è ciò che non è verbale: per esempio la sua fisicità, la sua voce, il suo corpo. Il corpo: ecco una terra non ancora colonizzata dal potere. (da Saggi sulla politica e sulla società)
  • Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. (citato in la Repubblica del 10 luglio 2006, p. 19)
  • Il ciclismo è lo sport più popolare perché non si paga il biglietto. (citato in Riccardo Nencini, Il giallo e il rosa. Gastone Nencini e il ciclismo negli anni della leggenda, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze 1998)
  • Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia. (da Cos'è questo golpe? Io so, Corriere della sera, 14 novembre 1974)
  • Il successo non è niente. Il successo è l'altra faccia della persecuzione. E poi il successo è sempre una cosa brutta per un uomo.[1]
  • Io so questo che i napoletani oggi sono una grande tribù che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg e i Beja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità. È un rifiuto sorto dal cuore della collettività contro cui non c'è niente da fare. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno, quando non ci saranno più, saranno altri. I napoletani hanno deciso di estinguersi, restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili ed incorruttibili. (citato in Andrea Geremicca, Dentro la città, Guida Editori, Napoli 1977)
  • L'Italia – al di fuori naturalmente dei tradizionali comunisti – è nel suo insieme ormai un paese spoliticizzato, un corpo morto i cui riflessi non sono che meccanici. L'Italia cioè non sta vivendo altro che un processo di adattamento alla propria degradazione. [...] Tutti si sono adattati o attraverso il non voler accorgersi di niente o attraverso la più inerte sdrammatizzazione. (Abiura dalla Trilogia della vita, Il Corriere della Sera, 9 novembre 1975, in Trilogia della vita. Le sceneggiature originali di Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il Fiore delle Mille e una notte, Garzanti, 1995. p. 773)
  • La Chiesa non può che essere reazionaria: non può che essere dalla parte del Potere; non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza. (da Scritti corsari, Garzanti)
  • La libertà sessuale è necessaria alla creazione? Sì. No. O forse sì. No, no, certamente no. Però... sì. No è meglio no. O sì? Ah, incontinenza meravigliosa! (Ah, meravigliosa castità.) (da Saggi sulla politica e sulla società)
  • La tv: qui la donna è considerata a tutti gli effetti un essere inferiore: viene delegata a incarichi d'importanza minima, come per esempio informare dei programmi della giornata; ed è costretta a farlo in modo mostruoso, cioè con femminilità. Ne risulta una specie di puttana che lancia al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità e fa laidi occhietti. Oppure viene adoperata ancillarmente come "valletta" (al "maschio" Mike Bongiorno e affini). (dall'intervista di Dacia Maraini, «Ma la donna non è una "slot machine"»)
  • Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù… (dai Dialoghi con Pasolini, settimanale Vie Nuove, n. 42, 28 ottobre 1961)
  • Nel teatro la parola è doppiamente glorificata: è scritta, come nelle pagine di Omero, ma è anche pronunciata, come avviene fra due persone al lavoro: non c'è niente di più bello. (da Affabulazione, Einaudi, Torino, 1992)
  • Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione) non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre. (dal Corriere della sera, 9 dicembre 1973)
  • Non ha importanza dove si è nati, quando come e dove si sono avuti i primi approcci con il calcio, per diventare un appassionato, un tifoso. Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita. Io abitavo a Bologna. Soffrivo allora per questa squadra del cuore, soffro atrocemente anche adesso, sempre. (citato in Valerio Piccioni, Quando giocava Pasolini, Limina, Arezzo 1996)
  • Non illuderti: la passione non ottiene mai perdono. | Non ti perdono neanch'io, che vivo di passione. (da A Chiaromonte, in La religione del mio tempo, Garzanti, 1961)
  • Non posso tener conto della minor preparazione o capacità a comprendere quello che una proiezione vuol dire, da parte dell'uomo medio, perché in tal caso compirei un'immoralità nei confronti della libertà espressiva, non solo nei miei confronti ma anche nei confronti dello spettatore. (nel processo per Teorema; citato in Stefano Rodotà, Il processo, in La vita e le regole, Feltrinelli, p. 272)
  • O guardo i crepuscoli, le mattine | su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, | come i primi atti della Dopostoria, | cui io assisto, per privilegio d'anagrafe, | dall'orlo estremo di qualche età | sepolta. Mostruoso è chi è nato | dalle viscere di una donna morta. | E io, feto adulto, mi aggiro | più moderno d'ogni moderno | a cercare i fratelli che non sono più. (da Un solo rudere..., da Poesia in forma di rosa, 1962)
  • Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un'ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. (da Scritti corsari, Garzanti)
  • Per essere poeti, bisogna avere molto tempo. (da La religione del mio tempo)
  • Solo nella tradizione è il mio amore. (da Poesie mondane, in Poesia in forma di rosa, Garzanti)[2]
  • Sono contrario alla legalizzazione dell'aborto perché la considero una legalizzazione dell'omicidio. (citato da Antonio Socci in Il genocidio censurato)
  • Poiché il cinema non è solo un'esperienza linguistica, ma, proprio in quanto ricerca linguistica, è un'esperienza filosofica. (da "Poeta delle ceneri")

La meglio gioventù

  • Io sono nero di amore, né fanciullo né usignolo, tutto intero come un fiore, desidero senza desiderio.
Jo i soj neri di amòur | né frut né rosignòul | dut intèir coma un flòur | i brami sensa sen. (da Dansa di Narcís I, vv. 1-4)
  • Io ti ricordo, Narciso, avevi il colore | della sera, quando le campane | suonano a morto.
Jo ti recuardi, Narcìs, ti vèvis il colòur | de la sera, quand li ciampanis | a súnin di muàrt. (da Il nini muàrt, vv. 4 – 6, Poesie a Casarsa)

Lettere luterane

  • La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. [...] la droga viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. Per amare la cultura occorre una forte vitalità. Perché la cultura – in senso specifico o, meglio, classista – è un possesso: e niente necessita di una più accanita e matta energia che il desiderio di possesso. [...] Anche a un livello più alto si verifica qualcosa di simile [...] ma stavolta si tratta non semplicemente di un vuoto di cultura, bensì di un vuoto di necessità e di immaginazione. La droga in tal caso serve a sostituire la grazia con la disperazione, lo stile con la maniera. (La droga: una vera tragedia italiana: p. 87)
  • Strano a dirsi: è vero che i potenti sono stati lasciati indietro dalla realtà con addosso, come una ridicola maschera, il loro potere clerico-fascista, ma anche gli uomini dell'opposizione sono stati lasciati indietro dalla realtà con addosso, come una ridicola maschera, il loro progressismo e la loro tolleranza.
    Una nuova forma di potere economico (cioè la nuova, reale anima – se Moro permette – della democrazia cristiana, che non è più un partito clericale perché la Chiesa non c'è più) ha realizzato attraverso lo sviluppo una fittizia forma di progresso e tolleranza. I giovani che sono nati e si sono formati in questo periodo di falso progressismo e falsa tolleranza, stanno pagando questa falsità (il cinismo del nuovo potere che ha tutto distrutto) nel modo più atroce. (Fuori dal Palazzo: p. 96)
  • La società preconsumistica aveva bisogno di uomini forti, e dunque casti. La società consumistica ha invece bisogno di uomini deboli, e perciò lussuriosi. Al mito della donna chiusa e separata (il cui obbligo alla castità implicava la castità dell'uomo) si è sostituito il mito della donna aperta e vicina, sempre a disposizione. Al trionfo dell'amicizia tra maschi e dell'erezione, si è sostituito il trionfo della coppia e dell'impotenza. I maschi giovani sono traumatizzati dall'obbligo che impone loro la permissività: cioè l'obbligo di far sempre e liberamente l'amore. (Soggetto per un film su una guardia di PS: p. 104)
  • Chi si scandalizza è sempre banale: ma, aggiungo, è anche sempre male informato. (Processo anche a Donat Cattin: p. 139)
  • Che cos'è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall'ansia economica di esserlo? Che cos'è che ha trasformato le «masse» dei giovani in «masse» di criminaloidi? L'ho detto e ripetuto ormai decine di volte: una «seconda» rivoluzione industriale che in realtà in Italia è la «prima»: il consumismo che ha distrutto cinicamente un mondo «reale», trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c'è più scelta possibile tra male e bene. Donde l'ambiguità che caratterizza i criminali: e la loro ferocia, prodotta dall'assoluta mancanza di ogni tradizionale conflitto interiore. Non c'è stata in loro scelta tra male e bene: ma una scelta tuttavia c'è stata: la scelta dell'impietrimento, della mancanza di ogni pietà. (Due modeste proposte per eliminare la criminalità in Italia: p. 168)
  • I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. (p. 193)
  • I vari casi di criminalità che riempiono apocalitticamente la cronaca dei giornali e la nostra coscienza abbastanza atterrita, non sono casi: sono, evidentemente, casi estremi di un modo di essere criminale diffuso e profondo: di massa.
  • L'Italia – e non solo l'Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: «contaminazioni» tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di «raptus»: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti.
  • ...il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in bruti e stupidi automi adoratori di feticci. (Gennariello in Il Mondo, 6 marzo – 5 giugno 1975, ora in Lettere luterane, pp. 15-63.)

Il caos

  • Ora, degli italiani piccolo-borghesi si sentono tranquilli davanti a ogni forma di scandalo, se questo scandalo ha dietro una qualsiasi forma di opinione pubblica o di potere; perché essi riconoscono subito, in tale scandalo, una possibilità di istituzionalizzazione, e, con questa possibilità, essi fraternizzano. (13 agosto 1968)
  • Quando un giovane, o un anziano molto aggiornato, accusando se stesso e gli altri – fino a ridursi alla disperazione e allo sciopero – dice che non c'è nulla da fare, che il sistema non può fatalmente non «mangiare» dice in realtà: io desidero essere mangiato, sparire. (3 settembre 1968)
  • Finché perdura il sistema che si combatte (nella specie, il sistema capitalistico) esso non va considerato il male, perché anche sotto di esso c'è la realtà, ossia Dio. Infatti la realtà è infinitamente più estesa del sistema, ma il sistema è infinitamente più esteso di noi: e quindi, come il sistema non coprirà mai tutta la vita, noi non potremo mai giungere ai confini del sistema e scavalcarlo. (3 settembre 1968)
  • La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline. (21 settembre 1968)
  • È esperienza di ogni giorno: si richiede la santità agli altri, per tenere tranquilla la coscienza, nel momento i cui ci si accorge che non sono santi. Ma nel momento in cui ci si accorge che lo sono, li si consacra. La consacrazione li discrimina, li cataloga: li rende innocui, e anche un po' ridicoli e ufficiali. (7 dicembre 1968)
  • Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene. (7 dicembre 1968)
  • E quando dicevo che il Movimento Studentesco non può fare la guerra, volevo dire che la guerra la fanno gli eserciti, e che gli eserciti sono delle istituzioni. (15 marzo 1969)
  • Chi di noi assomiglia a un tecnico americano o a una guardia rossa cinese? Nessuno. Eppure l'apparente analogia tra «il rapporto sacrilego con il passato» del tecnico e quello del rivoluzionario, si verifica anche in Italia: per esempio, in certo atteggiamento drastico dei giovani, che condannano indiscriminatamente «tutto» ciò che è vecchio in nome della rivoluzione, facendosi così portatori di un valore neocapitalistico: la sostituzione totale del nuovo potere industriale ai vecchi poteri. Oppure nel culto che hanno certi gruppi di giovani per il lavoro collettivo, d'équipe! come se appunto si trattasse di una collettivizzazione del lavoro di tipo rivoluzionario e popolare, mentre si tratta proprio di una richiesta di spersonalizzazione da parte della cultura di massa. (22 marzo 1969)
  • L'opinione pubblica, come una belva, ha bisogno di essere tranquillizzata a proposito di fatti che essa non voglia odiare, mentre ha bisogno di essere aizzata a proposito di fatti che essa vuole odiare. I giornali per esempio sono restati visibilmente delusi, quando si affacciata l'ipotesi che ad ammazzare il bambino di Viareggio non sia stato, come speravano, un bruto; infatti, l'opinione pubblica sperava di poter essere soddisfatta in questo suo odio razzistico, che andava dunque drammatizzato. (5 aprile 1969)
  • Può un uomo collocarsi fuori dalla sua storia [...]? No, non lo può. Questo uscire dalla storia, adottando una falsa e bugiarda ottica di postero o di cherubino, è un atto caro ai reazionari, e i giornali di destra sono pieni di scrittori che si prestano a simili ascesi, atte a soddisfare il bisogno spiritualistico dei piccoli borghesi (che, sia pure inconsapevolmente, son essi i nefandi «materialisti», oggetti del loro odio). (9 agosto 1969)
  • Il razzismo è un odio di classe inconscio. Si confronti il razzismo americano: esso è stato appunto, fino a oggi e ancora oggi, un odio di classe inconscio. Ma dal momento che i negri hanno incominciato a lottare a da vare consapevolezza di sé come classe povera, l'odio razzistico, oscuro e indecifrabile, di sta trasformando in un chiarissimo e decifrabilissimo odio di classe. L'odio cioè che un borghese italiano prova per un comunista, non per un «terrone» o un carcerato (che è ancora oscuro e indecifrabile). (11 ottobre 1969)
  • Tutto si integra nell'eterno ritorno: ciò lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti. (25 ottobre 1969)
  • Ho capito di colpo che cosa è oggi il Movimento Studentesco. Esso è un movimento politico la cui ascesi consiste nel fare. È qualcosa di più e di diverso dal pragmatismo talvolta ricattatorio sotto il cui segno il Movimento Studentesco è cominciato: pragmatismo che non trascendeva ancora se stesso in una specie di religione di se stesso: ma era un semplice dato, non privo, nei casi peggiori (il fanatismo per Che Guevara) di vecchia retorica piccolo borghese. Ora, per la prima volta, che io sappia, nella storia il Credere nasce dal Fare: mentre dal tempo della Bibbia, attraverso San Paolo fino ai giorni nostri, il Fare non era che l'altra faccia del Credere.
    È da supporsi che un Credere (incondito, rimosso, non affrontato, spregiato) presieda a tutta questa operazione: e che non si tratti che di un ritorno adesso, attraverso la scoperta del Fare (dell'Organizzare). (6 dicembre 1969)
  • La serietà! Dio mio la serietà! Ma la serietà è la qualità di coloro che non ne hanno altre: è uno dei canoni di condotta, anzi, il primo canone, della piccola borghesia! Come ci si può vantare della propria serietà? Seri bisogna esserlo, non dirlo, e magari neanche sembrarlo! Seri si è o non si è: quando la serietà viene enunciata diventa ricatto e terrorismo! (20 dicembre 1969)
  • Certe cose sono sconvolgenti e inaccettabili alla comune coscienza. La comune coscienza è inadattabile alle atrocità. E ci sarà pure qualche ragione. Forse perché essa, in realtà, le vuole. La comune coscienza prima non ha accettato le atrocità naziste, e poi ha preferito dimenticarle. [...] Certe cose atroci architettate o comunque volute dal Potere (quello reale non quello sia pur fittiziamente democratico) sono comunissime nella storia: dico comunissime: eppure alla comune coscienza paiono sempre eccezionali e incredibili. (20 dicembre 1969)

Incipit di Ragazzi di vita

Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s'era alzato già alle cinque; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia coi calzoni lunghi grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare.

Citazioni su Pier Paolo Pasolini

  • Dirò che Pasolini sta al PCI come don Giuseppe Diana, il prete operaista trucidato dalla camorra a Casal di Principe il 19 Marzo del 1994, sta alla monarchia britannica o alla Chiesa di Roma. (Aldo Busi)
  • Il Pasolini di Teorema ha una prospettiva spirituale che può essere accettata come la profonda riflessione di un cristiano. (Krzysztof Zanussi)
  • Ormai se ti dico buongiorno ho paura dell'eco, | tu, disperato teatro, sontuosa rovina. || Eppure t'aveva lasciata, il mio verso, una spina. | Ma va' senza ritorno, perfetto e cieco. (Franco Fortini)
  • Non imiterò che me stesso, Pasolini. | Più morta di un inno sacro | la sublime lingua borghese è la mia lingua. | Non conoscerò che me stesso. La mia prigione | vede più della tua libertà. (Franco Fortini)
  • Quando penso a Pasolini, a come agiva rispetto alla società, alle cose, mi stimo molto poco. (Massimo Troisi)
  • Storie da Pasolini nelle macchine strette | con dietro i sedili dei bambini e le sigarette (Enrico Ruggeri)

Note

  1. Il successo: l'altra faccia della persecuzione, intervista con Enzo Biagi (Filmato e trascrizione testuale dagli archivi Rai)
  2. La poesia da cui è tratta questa citazione viene letta da un regista (interpretato da Orson Welles) a un giornalista, nell'episodio La ricotta del film Ro.Go.Pa.G., diretto da Pier Paolo Pasolini.

Bibliografia

  • Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane, L'Unità/Einaudi, Roma 1991.
  • Pier Paolo Pasolini, Il caos. L'«orrendo universo» del consumo e del potere, a cura di Gian Carlo Ferretti, Editori Riuniti, Roma 1998. ISBN 8835940141
  • Pier Paolo Pasolini, La meglio gioventù: poesie friulane, Sansoni, 1954.
  • Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Garzanti, 1955.

Film

Altri progetti