Agostino d'Ippona: differenze tra le versioni

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Agostino d'Ippona

Aurelio Agostino d'Ippona, o Aurelius Augustinus Hipponensis, o anche Augustino di Ippo (354 – 430), santo, filosofo, vescovo e teologo.

Citazioni di Agostino d'Ippona

  • La corona della vittoria non si promette se non a coloro che combattono. (da Il combattimento cristiano)
  • Ama e fa' ciò che vuoi. (dai Trattati sulla prima epistola di Giovanni. tr. 7, 8) [1]
Dilige et quod vis fac
  • Chi meglio dà, maggiormente riceve. (citato in Natale Ginelli, La tua via, Edizioni Paoline, 1957)
  • Ciò che è il nostro spirito, cioè la nostra anima, per le membra del nostro corpo, è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, per il corpo di Cristo che è la Chiesa. (dai Discorsi 268, 2: PL 38, 1232)
  • Quello che il nostro spirito, ossia la nostra anima, è per le nostre membra, lo stesso è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, per il corpo di Cristo, che è la Chiesa. (citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, 797)
  • Ciò, quindi, non è dio, se dici di averlo compreso. E se lo è, allora non puoi averlo davvero compreso. (dai Discorsi 52, 16: PL 38, 360)
  • Colui che dice che non vi sarebbe potuta essere copulazione né generazione se non fosse stato per il peccato, si riduce a fare del peccato l'origine del sacro numero dei santi. (citato in Fulton J. Sheen, Tre per sposarsi, Edizioni Richter, Napoli 1964)
  • Comprendi dunque, se lo puoi, o anima tanto appesantita da un corpo soggetto alla corruzione e aggravata da pensieri terrestri molteplici e vari; comprendi, se lo puoi, che Dio è Verità. È scritto infatti che Dio è luce (1Gv 1, 5), non la luce che vedono i nostri occhi, ma quella che vede il cuore, quando sente dire: è la Verità. Non cercare di sapere cos'è la verità, perché immediatamente si interporranno la caligine delle immagini corporee e le nubi dei fantasmi e turberanno la limpida chiarezza, che al primo istante ha brillato al tuo sguardo, quando ti ho detto: Verità. Resta, se puoi, nella chiarezza iniziale di questo rapido fulgore che ti abbaglia, quando si dice: Verità. Ma non puoi, tu ricadi in queste cose abituali e terrene. Qual è dunque, ti chiedo, il peso che ti fa ricadere, se non quello delle immondezze che ti hanno fatto contrarre il glutine della passione e gli sviamenti della tua peregrinazione? (da La Trinità 8, 2)
  • Credi per comprendere: comprendi per credere. (citato nel Compendio del Catechismo)
  • Dio si conosce meglio nell'ignoranza. (dal De Ordine)
Melius scitur Deus, nesciendo.
  • Dio vuole che il suo dono diventi nostra conquista. (citato in Ermes Ronchi, Sciogliere le vele. Commento ai vangeli festivi. Anno A, Edizioni San Paolo, 2004, p. 10)
  • È meglio che i grammatici biasimino noi, piuttosto che la gente non comprenda. (dalle Esposizioni sui salmi 138, 20)
Melius est reprehendant nos grammatici quam non intelligant populi.
  • Fra l'ultimo nostro respiro e l'inferno, c'è tutto l'oceano della misericordia di Dio. (citato in Bruna D'Aguì, Creaturismo. Le fondamenta del creato, Nuova Stampa, Roma 2007, p. 221)
  • Infatti, ciascuno è ciò che ama. Ami la terra? Sarai terra. Ami Dio? Che cosa devo dire? Che tu sarai Dio? Io non oso dirlo per conto mio. Ascoltiamo piuttosto le Scritture: Io ho detto: "voi siete dèi, e figli tutti dell'Altissimo".[2] Se, dunque, volete essere dèi e figli dell'Altissimo, non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. (da In epistolam Ioannis ad Parthos)
  • Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole chi l'ha creata, se non la Bellezza Immutabile? (dai Discorsi 241, 2: PL 38, 1134)
  • Io non crederei al Vangelo, se non vi fossi costretto dall'autorità della Chiesa. (da Emilio Bossi, citato in Peyrat, Histoire élémentaire et critique de Jésus, pag. 70, troisième édition, Paris, Lévy Frères, 1864.)
  • La causa è finita: voglia il cielo che una buona volta finisca anche l'errore! (dai Discorsi 131, 10.10)
Causa finita est: utinam aliquando finiatur error!
  • La donna non è fatta a immagine e somiglianza di Dio. È nell'ordine della natura che le mogli servano i loro mariti ed i figli i loro genitori, e la giustizia di ciò risiede nel principio che gli inferiori servano i superiori[...]. È la giustizia naturale che vuole che i meno capaci servano i più capaci. Questa giustizia diventa evidente nel rapporto tra gli schiavi ed i loro padroni, che eccellono in intelletto, ed eccellono in potere. (da Questioni sull'Eptateuco, Libro I, § 153)
  • L'ira è una pagliuzza, l'odio invece è una trave. (dai Discorsi)
Ira festuca est, odium trabes est.
  • La fede consiste nella volontà di chi crede. (da De praedestinatione sanctorum (429), cap. 5)
  • Nella preghiera avviene la conversione del cuore verso Colui che è sempre pronto a dare se noi siamo in grado di ricevere. Nella conversione poi avviene la purificazione dell'occhio interiore, quando si escludono le cose che si bramavano temporalmente, e ciò affinché la pupilla del cuore possa sopportare la luce semplice che risplende senza tramonto o mutazione; e non solo sopportarla ma anche abitare in essa; e abitarvi non solo senza fastidio ma anche con ineffabile gaudio, nel quale consiste la vita veramente e genuinamente beata. (da De serm. D. in m. 2, 3, 14)
  • Non avrà Dio per padre, chi avrà rifiutato di avere la Chiesa per madre. (da De Symbolo ad Catechumenos)
Non habebit Deum patrem, qui Ecclesiam noluerit habere matrem.
Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas.
  • Percorri l'uomo per raggiungere Dio. (citato da Ermes Ronchi in Le ragioni della speranza, Rai Uno, 10 luglio 2010)
  • Poteva esserci misericordia verso di noi infelici maggiore di quella che indusse il Creatore del cielo a scendere dal cielo e il Creatore della terra a rivestirsi di un corpo mortale? Quella stessa misericordia indusse il Signore del mondo a rivestirsi della natura di servo, di modo che pur essendo pane avesse fame, pur essendo la sazietà piena avesse sete, pur essendo la potenza divenisse debole, pur essendo la salvezza venisse ferito, pur essendo vita potesse morire. E tutto questo per saziare la nostra fame, alleviare la nostra arsura, rafforzare la nostra debolezza, cancellare la nostra iniquità, accendere la nostra carità. (dai Discorsi 207, 1)
  • Prega per comprendere. (da De doctrina christiana)
  • Rivolgano lo sguardo a se stessi, scendano dentro di sé, si esaminino attentamente. Dentro di sé trovano giorni cattivi. Non vorrebbero la guerra ma la pace. Chi non ha questo desiderio? Eppure, pur detestando tutti la guerra e volendo tutti la pace, anche colui che vive nella giustizia, se volge a sé lo sguardo, trova in se stesso la guerra. (dai Discorsi 25, 4)
  • Se infatti sbaglio, esisto. (da La città di Dio XI, 26)
Si enim fallor, sum.
  • Se mi viene data una formula, e io non ne conosco il significato, non può insegnarmi nulla. Ma se so già cosa significa, che cosa può insegnarmi quella formula? (da De Magistro X, 23)
  • Sei è un numero perfetto di per sé, e non perché Dio ha creato il mondo in sei giorni; piuttosto è vero il contrario. Dio ha creato il mondo in sei giorni perché questo numero è perfetto, e rimarrebbe perfetto anche se l'opera dei sei giorni non fosse esistita. (da La città di Dio)
  • Togli le prostitute dalla società e ogni cosa verrà sconvolta dalla libidine. (dal De Ordine II, c. 4, 12)
Aufer meretrices de rebus humanis, turbaveris omnia libidinus.
  • Tutte le Scritture sono state scritte per questo: perché l'uomo capisse quanto Dio lo ama e, capendolo, s'infiammasse d'amore verso di lui. (da De catechizandis rubidus 1,8)
  • Una madre avrà nel regno dei cieli un posto inferiore a quello della figlia vergine. (dal Discorso 534)

Attribuite

  • Il buon cristiano dovrebbe stare attento ai matematici e a tutti i falsi profeti. C'è il pericolo che i matematici abbiano stretto un patto col diavolo per annebbiare lo spirito, e mandare l'uomo all'inferno. (citato in Piergiorgio Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove, Einaudi, 2008)
    • Citazione corretta: Ecco perché un buon cristiano deve guardarsi non solo dagli astrologhi ma anche da qualsiasi indovino che usi mezzi contrari alla religione, soprattutto quando dicono il vero, per evitare che ingannino l'anima mettendola in rapporto con i demoni e la irretiscano in una specie di patto d'alleanza con loro. (da La Genesi alla lettera, libro 2, 17.37)[3]
La ben nota ma non corretta traduzione in inglese è stata pubblicata a pagina 3 del Mathematics in Western culture di Morris Kline (1953). Questo libro è uno dei preferiti tra gli studenti anglofoni di matematica e a tutt'oggi è ancora in ristampa. La parola latina mathematici deriva dal significato greco di "arte dell'apprendere", riferito principalmente all'astrologia. Questo, all'epoca, era il ramo principale della matematica, ma è stato sostituito in tempi moderni da una miriade di altri filoni. Secondo The shorter Oxford dictionary, 3ª edizione, nel 1710 la parola matematico significava ancora "astrologo".[4]

Senza fonte

  • Ascolta l'altra parte.
  • Chi non vede la meta del suo cammino, si attacchi alla Croce ed Essa lo porterà.
  • Dio può essere meglio immaginato che descritto, e Lui esiste ancor più sicuramente di quanto possa essere immaginato.
  • Il modo in cui lo spirito è unito al corpo non può essere compreso dall'uomo, e tuttavia in questa unione consiste l'uomo.
  • Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina.
  • Il popolo che fu sempre vincitore assomigliava più a un vinto che a un vincitore.
  • La castità fa gli angeli, e chi la conserva è un angelo.
  • La debolezza degli arti dei bambini piccoli è innocente, non le loro anime.
  • La massa non dev'essere seguita.
Multitudo non est sequenda.
  • La misura dell'amore è amare senza misura.
  • La perfezione dell'uomo consiste proprio nello scoprire le proprie imperfezioni.
  • La punizione è giustizia per l'ingiusto.
  • La volontà sta alla grazia come il cavallo alla corsa.
  • L'astinenza perfetta è più facile della perfetta moderazione.
  • Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle; e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi.
  • Nel corso usuale degli studi sono arrivato al libro di un certo Cicerone.
  • Non può essere conosciuto nessuno se non per amicizia.
  • Non sarei cristiano senza i miracoli.
  • O è il male ciò di cui abbiamo paura, o il male è che abbiamo paura.
  • Pecca fortemente, ma ancor più fortemente confida e godi in Cristo.
Pecca fortier, sed fortius fide et gaude in Christo.

Confessioni

Libro I (Nascita, infanzia e fanciullezza)

Incipit

M. Pellegrino

Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile [Salmi, 47. 1; 95. 4; 144. 3; 146. 5.]. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi [Lettera di Giacomo, 4. 6; Prima lettera a Pietro, 5. 5.]. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te. Concedimi, Signore, di conoscere e capire se si deve prima invocarti o lodarti, prima conoscere oppure invocare. (1, 1)
[Agostino, Confessioni, traduzione di M. Pellegrino, Einaudi, Torino, 1966]

Carlo Vitali

Grande sei, o Signore, degno di somma lode; grande è la tua potenza, senza limiti la tua sapienza. L'uomo vuol cantare le tue lodi, l'uomo, particella della tua creazione, che porta seco il peso della sua natura mortale, del suo peccato, la certezza che Tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo, particella della tua creazione, vuol cantare le tue lodi. Tu lo sproni, affinché gusti la gioia del lodarti, poiché ci hai creati per Te e il nostro cuore non ha pace fino a che non riposi in Te. Dammi grazia, o Signore, di conoscere appieno se prima ti si debba invocare o lodare; se la conoscenza di Te debba precedere l'invocazione.
[Sant'Agostino, Le confessioni di un peccatore, traduzione di Carlo Vitali, RCS Quotidiani, 2010]

Citazioni

  • O non piuttosto nulla ti occorre che ti contenga, tu che tutto contieni, poiché ciò che riempi, contenendo lo riempi? Davvero non sono i vasi pieni di te a renderti stabile. Neppure se si spezzassero, tu ti spanderesti; quando tu ti spandi su di noi, non tu ti abbassi, ma noi elevi, non tu ti disperdi, ma noi raccogli. (3, 3)

Libro II (Il sedicesimo anno)

  • Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposi in Te. (1)
  • Ma io, sciagurato, cosa amai in te, o furto mio, o delitto notturno dei miei sedici anni? Non eri bello se eri un furto; anzi, sei qualcosa per cui possa rivolgerti la parola? Belli erano i frutti che rubammo... ma non quelli bramò la mia anima miserabile, poiché ne avevo in abbondanza di migliori. Eppure colsi proprio quelli al solo scopo di commettere un furto. (6, 12)

Libro III

  • Si devono detestare e punire dappertutto e sempre i vizi contrari alla natura, per esempio i vizi dei sodomiti, che se pure tutti i popoli della terra li praticassero, la legge divina li coinvolgerebbe in una medesima condanna per il loro misfatto, poiché non ha creato gli uomini per fare un tale uso di se stessi. (8)

Libro IV (Insegnante per nove anni a Tagaste e Cartagine)

  • Io stesso ero divenuto per me un grande enigma. (4, 9)

Libro VIII (La conversione)

  • Sì, dalla volontà perversa si genera la passione, e l'ubbidienza alla passione genera l'abitudine, e l'acquiescenza all'abitudine genera la necessità. (5, 10)
  • Molti anni della mia vita si erano perduti con me, forse dodici da quello in cui, diciannovenne, leggendo l'Ortensio di Cicerone mi ero sentito spingere allo studio della sapienza; e ancora rinviavo il momento di dedicarmi, nel disprezzo della felicità terrena, all'indagine di quell'altra, la cui non dirò scoperta, ma pur semplice ricerca si doveva anteporre persino alla scoperta di tesori, di regni terreni e ai piaceri fisici, che affluivano a un mio cenno da ogni dove. Eppure da giovinetto, ben misero, sì, misero proprio sulla soglia della giovinezza, ti avevo pur chiesto la castità. "Dammi, ti dissi, la castità e la continenza, ma non ora", per timore che, esaudendomi presto, presto mi avresti guarito dalla malattia della concupiscenza, che preferivo saziare, anziché estinguere. Mi ero così incamminato per le vie cattive [Sir 2. 16.] di una superstizione sacrilega, senza esserne sicuro, è vero, ma comunque anteponendola alle altre dottrine, che invece di indagare devotamente, combattevo ostilmente. (7, 17)
  • Così tornai concitato al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: "Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo né assecondate la carne nelle sue concupiscenze" [Lettera ai Romani, 13. 13 s.]. Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono. (12, 30)

Libro X (Dopo la ricerca e l'incontro con Dio)

  • Giungo allora ai campi e ai vasti quartieri della li memoria, dove riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose, introdotte dalle percezioni; dove sono pure depositati tutti i prodotti del nostro pensiero, ottenuti amplificando o riducendo o comunque alterando le percezioni dei sensi, e tutto ciò che vi fu messo al riparo e in disparte e che l'oblio non ha ancora inghiottito e sepolto. Quando sono là dentro, evoco tutte le immagini che voglio. (8, 12)
  • Eppure gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi, la circonferenza dell'Oceano, le orbite degli astri, mentre trascurano se stessi. Non li meraviglia ch'io parlassi di tutte queste cose senza vederle con gli occhi; eppure non avrei potuto parlare senza vedere i monti e le onde e i fiumi e gli astri che vidi e l'Oceano di cui sentii parlare, dentro di me, nella memoria tanto estesi come se li vedessi fuori di me. (8, 15)
  • Anche i sentimenti del mio spirito contiene la stessa memoria, non nella forma in cui li possiede lo spirito all'atto di provarli, ma molto diversa, adeguata alla facoltà della memoria. Ricordo di essere stato lieto, senza essere lieto; rievoco le mie passate tristezze senza essere triste; mi sovvengo senza provare paura di aver provato talvolta paura, e sono memore di antichi desideri senza avere desideri. Talvolta ricordo all'opposto con letizia la mia passata tristezza, e con tristezza la letizia. [...] In realtà la memoria è, direi, il ventre dello spirito e invece letizia e tristezza sono il cibo ora dolce ora amaro. Quando i due sentimenti vengono affidati alla memoria, passano in questa specie di ventre e vi si possono depositare, ma non possono avere sapore. È ridicolo attribuire una somiglianza a due atti tanto diversi; eppure non c'è una dissomiglianza assoluta. (14, 21)
  • La facoltà della memoria è grandiosa. Ispira quasi un senso di terrore, Dio mio, la sua infinita e profonda complessità. E ciò è lo spirito, e ciò sono io stesso. (17, 26)
  • Ma quando è la memoria a perdere qualcosa, come avviene allorché dimentichiamo e cerchiamo di ricordare, dove mai cerchiamo, se non nella stessa memoria? Ed è lí che, se per caso ci si presenta una cosa diversa, la respingiamo, finché capita quella che cerchiamo. E quando capita, diciamo: «È questa», né diremmo cosí senza riconoscerla, né la riconosceremmo senza ricordarla. Dunque ce n'eravamo davvero dimenticati. O forse non ci era caduta per intero dalla mente e noi, con la parte che serbavamo, andavamo in cerca dell'altra parte quasi che la memoria, sentendo di non sviluppare tutt'insieme ciò che soleva ricordare insieme, e zoppicando, per cosí dire, con un moncone d'abitudine, sollecitasse la restituzione della parte mancante? (19, 28)
  • Ma dove dimori nella mia memoria, Signore, dove vi dimori? (25, 36)
  • Dove dunque ti trovai, per conoscerti? Certo non eri già nella mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti trovai, per conoscerti, se non in te, sopra di me? Lí non v'è spazio dovunque: ci allontaniamo, ci avviciniamo, e non v'è spazio dovunque. Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole. Servo tuo piú fedele è quello che non mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode. (26, 37)
  • Tardi ti amai, bellezza cosí antica e cosí nuova, tardi ti amai. Sí, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lí ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace. (27, 38)

Libro XI (Meditazioni sul primo versetto della Genesi)

  • Non ci fu dunque un tempo, durante il quale avresti fatto nulla, poiché il tempo stesso l'hai fatto tu; e non vi è un tempo eterno con te, poiché tu sei stabile, mentre un tempo che fosse stabile non sarebbe tempo. Cos'è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole? Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre conversazioni? Quando siamo noi a parlarne, certo intendiamo, e intendiamo anche quando ne udiamo parlare altri. Cos'è dunque il tempo? Se nessuno m'interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m'interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono, dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere tempo, deve tradursi in passato, come possiamo dire anche di esso che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere. (14, 17)
  • Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa. (20, 26)
  • È in te, spirito mio, che misuro il tempo. Non strepitare contro di me: è così; non strepitare contro di te per colpa delle tue impressioni, che ti turbano. È in te, lo ripeto, che misuro il tempo. L'impressione che le cose producono in te al loro passaggio e che perdura dopo il loro passaggio, è quanto io misuro, presente, e non già le cose che passano, per produrla; è quanto misuro, allorché misuro il tempo. E questo è dunque il tempo, o non è il tempo che misuro. (27, 36)
  • Dunque il futuro, inesistente, non è lungo, ma un lungo futuro è l'attesa lunga di un futuro; cosí non è lungo il passato, inesistente, ma un lungo passato è la memoria lunga di un passato. (28, 37)

Citazioni su Sant'Agostino

  • Agostino non è un autore qualsiasi. In lui si trova tutto: c'è il giovanotto che conosce un'esistenza brillante e c'è il santo; è un cittadino del mondo e non soltanto un colto, inoltre è moderno perché le sue pagine lo fanno sentire ancora vivo nelle idee. Papini sosteneva che è uno degli uomini che non riescono a morire. (Agostino Trapè)
  • Agostino sa spiegare le grandi verità della fede anche agli analfabeti. È sempre sorprendente, anche se lo si rilegge più volte. (Franco Monteverde)
  • Egli è tutto ad un tempo, sublime e popolare. Egli ascende a' più alti principii colle più familiari espressioni; egli interroga, si fa interrogare, e risponde . La sua predica è una conversazione tra lui e 'l suo uditorio. Le similitudini gli si offrono acconcie a dissipar ogni dubbio. Egli discende sino a' più volgari pregiudizi della plebe per raddrizzarli. (Fénelon)
  • Molti non parlano degli Angeli. Sarebbe invece opportuno ricordarli più spesso come ministri della Provvidenza nel governo del mondo e degli uomini, cercando di vivere, come han fatto i santi da Agostino a Newman in familiarità con essi. (Papa Giovanni Paolo I)
  • Quando parla della preghiera si sente vibrare nelle sue parole qualcosa di profondo, tutto il suo animo che, sitibondo di Dio, ricorre spontaneamente alla preghiera. (Agostino Trapè)
  • Quando sant'Agostino diceva: il conversare e lo scrivere mi hanno formato; egli chiudeva in queste brevi parole il più vero precetto che possa darsi ad un giovane, perché acquisti la facoltà di diventare un ottimo scrittore. (Giuseppe Bianchetti)
  • Sant' Agostino non delude mai... è sempre in anticipo sui tempi in cui si legge. (Julien Green)

Note

  1. Template:Rif
  2. Citazione tratta dal Salmo 82 (81), 6, ripresa da Gesù nel Vangelo di Giovanni (10, 34).
  3. Cfr. anche versione bilingue latino-italiano.
  4. Il commento è stato riportato e tradotto dalla Voce inglese.

Bibliografia

  • Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana.
  • Agostino, Confessioni, traduzione italiana di M. Pellegrino, Einaudi, Torino, 1966.
  • Sant'Agostino, Le confessioni di un peccatore, traduzione di Carlo Vitali, RCS Quotidiani, 2010.

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