Ippolito Pindemonte: differenze tra le versioni

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*''Son cari a Bacco [[Valpolicella|questi colli]], e cara | Questa fonte alle Naiadi è non meno. | Se troppo di quel Nume hai caldo il seno, | Tu con quest'[[acqua|acque]] a rinfrescarlo impara.'' (''Inscrizione sopra una fonte'')
*''Son cari a Bacco [[Valpolicella|questi colli]], e cara | Questa fonte alle Naiadi è non meno. | Se troppo di quel Nume hai caldo il seno, | Tu con quest'[[acqua|acque]] a rinfrescarlo impara.'' (''Inscrizione sopra una fonte'')
*''Un mucchio d'ossa | Sente l'onor degli accerchianti marmi | O de' custodi delle sue catene | Cale a un libero spirto?'' (da ''I sepolcri'', 40-43)


==[[Incipit]] di alcune opere==
==[[Incipit]] di alcune opere==

Versione delle 16:39, 22 gen 2012

Ippolito Pindemonte

Ippolito Pindemonte (1753 – 1828), poeta e scrittore italiano.

  • Son cari a Bacco questi colli, e cara | Questa fonte alle Naiadi è non meno. | Se troppo di quel Nume hai caldo il seno, | Tu con quest'acque a rinfrescarlo impara. (Inscrizione sopra una fonte)
  • Un mucchio d'ossa | Sente l'onor degli accerchianti marmi | O de' custodi delle sue catene | Cale a un libero spirto? (da I sepolcri, 40-43)

Incipit di alcune opere

Arminio

Far riviver gli estinti, e i prischi Eroi
Condurre a passeggiar tra pinte scene,
E a lor dar voce, che di lor sia degna;
Metter su gli occhi di chi ascolta il pianto,
Del non vero creando ambascia vera;
E alzar gli spirti, e col piacer cercato
La virtù non cercata indur ne' cori:
Questo io prima insegnai d'Ilisso in riva.

I cimiteri

Le anguste case e i bassi e freddi letti
Ove il raggio del sol mai non penètra,
E quella che Verona ai suoi negletti
Figli concede ultima stanza tetra,
Pria che a terra me pur la Parca getti,
Metter vogl'io su la sdegnata cetra.
Vieni, o Dea, vieni a me dal tuo Permesso,
E il crin mi cingi di feral cipresso.

I sepolcri

AL CORTESE LETTORE,

IPPOLITO PINDEMONTE

lo avea concepito un Poema in quattro Canti e in ottava rima sopra i Cimiteri, soggetto che mi parea nuovo, dir non potendosi che trattato l'abbia chi lo riguardò sotto un solo e particolare aspetto, o chi sotto il titolo di sepolture non fece che infilzare considerazioni morali e religiose su la fine dell'uomo. L'idea di tal Poema fu in me destata dal Camposanto ch'io vedea, non senza un certo sdegno, in Verona. Non ch'io disapprovi i Campisanti generalmente; ma quello increscevami della mia patria, perchè distinzione alcuna non v'era tra fossa e fossa, perchè una lapide non v'appariva, e perchè non concedevasi ad uomo vivo l'entrare in esso. Compiuto quasi io avea il primo Canto, quando seppi che uno scrittore d'ingegno non ordinario, Ugo Foscolo, stava per pubblicare alcuni suoi versi a me indirizzati sopra i Sepolcri. L'argomento mio, che nuovo più non pareami, cominciò allora a dispiacermi, ed io abbandonai il mio lavoro. Ma leggendo la poesia a me indirizzata, sentii ridestarsi in me l'antico affetto per quell'argomento; e sembrandomi che spigolare si potesse ancora in tal campo, vi rientrai, e stesi alcuni versi in forma di risposta all'autor de' Sepolcri, benchè pochissimo abbia io potuto giovarmi di quanto avea prima concepito e messo in carta su i Cimiteri.

La fata Morgana

Temira, udisti mai la meraviglia,
Che nel Siculo mare a i giorni estivi
Tra il lito di Messina e quel di Reggio
Il fortunato passeggier consola?
Su la cetra io l'ho posta; odila: quando
L'ora, e il loco al cantar ne invita, e quando,
Come tutto è quaggiù mutabil cosa,
Più di me non ti piace ormai che il canto.

Bibliografia

  • Ippolito Pindemonte, Arminio, Filadelfia [i.e. Pisa], dalla stamperia Klert, 1804.

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