Publio Terenzio Afro: differenze tra le versioni

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*È da saggi provare tutte le vie prima di arrivare alle armi. (da ''Eunuchus'', 789)
*È da saggi provare tutte le vie prima di arrivare alle armi. (da ''Eunuchus'', 789)
:''Omnia prius ecperiri quam armis sapientem decet''.
:''Omnia prius ecperiri quam armis sapientem decet''.
*La [[senilità|vecchiaia]] stessa è una malattia. (da ''Phormio'', 575)
:''Senectus ipsa est morbus.''
*Tanti uomini tanti modi di pensare. (da ''Phormio'', 454)
*Tanti uomini tanti modi di pensare. (da ''Phormio'', 454)
:''Quot homines tot sententiae''
:''Quot homines tot sententiae''

Versione delle 09:02, 9 mar 2012

Publio Terenzio Afro

Publio Terenzio Afro, in latino Publius Terentius Afer (195 a.C. – 159 a.C.), commediografo latino.

Citazioni di Publio Terenzio Afro

  • È da saggi provare tutte le vie prima di arrivare alle armi. (da Eunuchus, 789)
Omnia prius ecperiri quam armis sapientem decet.
  • La vecchiaia stessa è una malattia. (da Phormio, 575)
Senectus ipsa est morbus.
  • Tanti uomini tanti modi di pensare. (da Phormio, 454)
Quot homines tot sententiae

Senza fonte

  • A parer mio, uno dei principi regolatori dell'esistenza consiste nel non dedicarsi a nulla in modo esclusivo.
  • Buttare via un po' di soldi al momento opportuno produce talvolta grandi guadagni.
  • Impara a sopportare serenamente qualsiasi cosa la sorte ti recherà.
  • La carità comincia a casa.
  • La fortuna favorisce gli audaci.
  • L'amore, come tutte le cose che non conoscono ne logica ne misura, non può essere affrontato con la ragione o con il buon senso.
  • Massimamente quando tutte le cose ci sono favorevoli, allora con cura dobbiamo meditare in cuor nostro, per tenerci pronti a sopportare le calamità.
  • Si crede facilmente a ciò in cui si spera veramente.
  • Una bugia caccia l'altra.

Adelphoe (I fratelli)

Incipit

Storace! Questa notte Eschino non è tornata da pranzo, e così nessuno degli schiavetti che gli sono andati incontro. È proprio vero quel che dicono: se ti assenti, è meglio che si avverino gli accidenti che tua moglie ti manda.

Storax! — non rediit hac nocte a cena Aeschinus | neque servolorum quisquam, qui advorsum iverant. | Profecto hoc vere dicunt: si abis uspiam | aut ibi si cesses, evenire ea satius est | quae in te uxor dicit.

Citazioni

  • O dei immortali, non vi è di peggio che un ignorante che non riconosce nulla giusto se non quello che piace a lui. (I, 2, 98-99)
  • La vera saggezza consiste non solo nel vedere ciò che ci sta davanti al naso, ma anche nel prevedere ciò che potrebbe accaderci. (III, 3)
  • Spesso ti accadrà di dire, quando due fanno la stessa cosa: Ciò che questi può fare impunemente, non è lecito all'altro. (V, 3, 827-828)
Duo quum idem faciunt, saepe ut possis dicere: | Hoc licet impune facere huic, illi non licet.

Andria (La ragazza di Andros)

Incipit

Massimo Rossi

Simone. (entrando con Sosia e alcuni servi) Portate dentro codeste cose, voi, andate![1] (escono i servi) Sosia, tu aspetta un attimo; voglio parlarti un momentino.
Sosia. Fa' come se mi avessi già parlato; tanto vuoi dirmi di aver cura di questa roba, vero?
Simone. No, è un'altra cosa.
Sosia. Che cosa c'è, oltre a questo, che la mia ingegnosità possa fare per te?
Simone. Non c'è affatto bisogno di codesta ingegnosità per ciò che voglio fare io, ma di quelle doti che ho sempre saputo che tu possiedi, la fedeltà e la segretezza.
Sosia. Sono qui pronto ai tuoi desideri.

Simo. Vos istaec[2] intro auferte: abite. – Sosia, ades dum:[3] paucis te volo.
Sosia. dictum puta: nempe ut curentur recte haec?
Simo. immo aliud.
Sosia. quid est quod tibi mea ars efficere hoc possit amplius?
Simo. nil istac opus est arte ad hanc rem quam paro, sed eis quas semper in te intellexi sitas, fide et taciturnitate.
Sosia. exspecto quid velis.

[Publius Terentius Afer, La ragazza di Andros (Andria), traduzione di Massimo Rossi, Ugo Mursia Editore, Milano, 1996. ISBN 8842519995]

Luisa Bergalli

Simone: Or via portate voi coteste cose là dentro in casa, andate su. Tu Sosia, sta qui, che ti ho da dir quattro parole.
Sosia: Fate conto, ch'io l'ho sentite. Voi volete, che si aggiustin quelle robe. Con istudio.
Simone: Eh, voglio altro.
Sosia: Deh, in che maggior facenda potete valervi del fatto mio?
Simone: Di questo fatto tuo non me ne accade in quel, che mi apparecchio di far: ma si di quella segretezza, e fedeltà, che so, che tu hai sempre avuta.
Sosia: Aspetto sentir ciò che voi vogliate.

[Terenzio, L'Andria, traduzione di Luisa Bergalli, appresso Cristoforo Zane, Venezia, 1735]

Citazioni

  • L'ossequio ti genera amici, la verità odio. (68)
Obsequium amicos, veritas odium parit.
  • I litigi tra gli innamorati completano l'amore. (555)
Amantium irae amoris integratio est.
  • Quando la mente è presa dal dubbio viene spinta qua e là da un impulso leggerissimo. (I, 5)
  • Il mio prossimo per me è me stesso. (IV, I, 637)
Proximus sum egomet mihi.

Heautontimoroumenos (Il punitore di se stesso)

  • Homo sum: nihil humani mihi alienum puto. (I, 1, 25)
Io sono un uomo e non considero nulla che sia umano estraneo a me.
Io sono un uomo, e non ritengo nulla di umano estraneo a me.
Sono un uomo: di ciò che è umano nulla reputo a me estraneo.
Sono un uomo: niente di ciò che è umano considero estraneo a me.
Sono un uomo: nulla che capiti ad un uomo lo considero a me estraneo.
Sono un uomo; nulla, che sia umano, mi è estraneo.
Sono uomo: nulla di ciò che è umano mi è estraneo.
  • Il tempo libera l'uomo dagli affanni. (422)
Diem adimere aegritudinem hominibus.
  • Nulla è tanto difficile che, a forza di cercare, non se ne possa venire a capo. (675)
Nil tam difficile est quin quaerendo investigari possiet.
  • Nullast tam facilis res quin difficilis siet, quam invitus facias. (818)
Non c'è niente di così facile che non diventi difficile quando si fa controvoglia.
Non vi è cosa tanto facile che non sia difficile se la si fa contro voglia.

Note

  1. Simone si rivolge ai servi che tornano dal mercato recando gli acquisti fatti in vista della celebrazione delle nozze di Panfilo.
  2. istaec: pron. dimostr. rafforzato con la particella epidittica -ce in forma apocopata. (da ista-i-ce), molto frequente negli autori arcaici. Qui è neutro plur.
  3. dum: è qui attestato l'antico significato avverbiale di "per un momento". Probabilmente la sua radice è quella del verbo durare.

Bibliografia

  • Publius Terentius Afer, La ragazza di Andros (Andria), traduzione di Massimo Rossi, Ugo Mursia Editore, Milano, 1996. ISBN 8842519995
  • Terenzio, I fratelli, traduzione di Mario Scàndola, Rizzoli, 1951.
  • Terenzio, L'Andria, traduzione di Luisa Bergalli, appresso Cristoforo Zane, Venezia, 1735.

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