Giovanni Falcone: differenze tra le versioni
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Versione delle 15:54, 21 mar 2012
Giovanni Falcone (1939 – 1992), magistrato italiano.
Citazioni di Giovanni Falcone
- È tutto teatro[1]. Quando la mafia lo deciderà, mi ammazzerà lo stesso. (citato in Juan Arias, La mia triste Italia, El Pais, 15 giugno 2009)
- L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza. (Falcone intervistato da Marcelle Padovani in La solitudine del Giudice Falcone)
- Giovanni Falcone : Confondi indipendenza con arbitrio, è questo il problema : chi è indipendente deve sempre rispondere.
Altro interlocutore : i magistrati no.
Giovanni Falcone : ah no? come no? c'è una bellissima legge sulla responsabilità civile e dici no? [2]
Senza fonte
- Bisogna però rendersi conto che [la mafia] è un fenomeno terribilmente serio e grave, e che va combattuto non pretendendo l'eroismo di inermi cittadini, ma coinvolgendo nella lotta le forze migliori delle istituzioni.
- Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere.
- [Alla domanda di un giornalista «Ma chi glielo fa fare?»] Solamente lo spirito di servizio.
Attribuite
- Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola. (Paolo Borsellino)
- Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
- Questa frase è generalmente attribuita a John Fitzgerald Kennedy; sembra che Falcone ne conservasse una copia nel proprio portafoglio (altri indicano invece come frase del ritaglio la citazione seguente). È riportata in una targa commemorativa deposta il 23 maggio 2002 al ministero della Giustizia. Tuttavia, il primo periodo appartiene a Camillo Benso, conte di Cavour, dalle Lettere edite ed inedite di Camillo Cavour, 1887.
- Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana. (John Fitzgerald Kennedy)
Cose di Cosa Nostra
- Il quadro realistico dell'impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. Emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall'impressione suscitata da un dato crimine o dall'effetto che una particolare iniziativa governativa può esercitare sull'opinione pubblica.
- La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
- La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
- Lo stesso meccanismo di espulsione, praticamente, che si ritrova tra gli eschimesi e presso altri popoli che abbandonano i vecchi, i malati gravi, i feriti perché intralciano il loro cammino in una terra ostile, mettendo in pericolo la sopravvivenza di tutti. In un gruppo come la mafia, che deve difendersi dai nemici, chi è debole o malato deve essere eliminato.
- Perché rievoco questo episodio? Perché dimostra ancora una volta quanto siano abili, decisi, intelligenti i mafiosi, e quanta capacità e professionalità è necessaria per contrastare la violenza mafiosa. La mia grande preoccupazione è che la mafia riesca sempre a mantenere un vantaggio su di noi.
- Per vent'anni l'Italia è stata governata da un regime fascista in cui ogni dialettica democratica era stata abolita. E successivamente un unico partito, la Democrazia cristiana, ha monopolizzato, soprattutto in Sicilia, il potere, sia pure affiancato da alleati occasionali, fin dal giorno della Liberazione. Dal canto suo, l'opposizione, anche nella lotta alla mafia, non si è sempre dimostrata all'altezza del suo compito, confondendo la lotta politica contro la Democrazia cristiana con le vicende giudiziarie nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra, o nutrendosi di pregiudizi: "Contro la mafia non si può far niente fino a quando al potere ci sarà questo governo con questi uomini".
- Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto.
- Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.
- Temo che la magistratura torni alla vecchia routine: i mafiosi che fanno il loro mestiere da un lato, i magistrati che fanno più o meno bene il loro dall'altro, e alla resa dei conti, palpabile, l'inefficienza dello Stato.
- Un'affermazione del genere mi costa molto, ma se le istituzioni continuano nella loro politica di miopia nei confronti della mafia, temo che la loro assoluta mancanza di prestigio nelle terre in cui prospera la criminalità organizzata non farà che favorire sempre di più Cosa Nostra.
Citazioni su Giovanni Falcone
- [Dopo il maxi–processo di Palermo] In un altro Paese gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nella condizione di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario. (Alexander Stille)
- Maierovitch, uomo dalla loquela sommessa e dai lineamenti un po' da gufo, divenne un personaggio di spicco nei primi anni Ottanta, quando collaborò con Giovanni Falcone nei suoi sforzi, coronati da successo, di rintracciare i mafiosi latitanti. Insieme i due convinsero Tommaso Buscetta a tornare in Italia e a divenire un pentito di stato nel cosiddetto maxiprocesso alla cupola della mafia siciliana. Nel gennaio del 1992, grazie alla sua testimonianza furono condannati circa 350 capi mafiosi. Falcone e il suo collega, il magistrato Paolo Borsellino, sono i titani della lotta antimafia in tutto il mondo. Furono assassinati in Sicilia a due mesi di distanza l'uno dall'altro, nel 1992, poco tempo dopo che la sentenza del maxiprocesso era stata confermata, e la loro morte scosse, e infine scardinò, il sistema politico italiano. Entrambi erano partiti (giustamente) dal presupposto che i personaggi più importanti della mafia siciliana godevano della protezione delle più alte gerarchie politiche di Roma. Maierovitch mi racconta delle sue cene con Falcone, e di come si ingegnarono per proteggere il grande pentito Buscetta vuoi da possibili omicidi vuoi dal suicidio. (Un tentativo di suicidio quasi gli riuscì mentre era sotto la tutela del giudice brasiliano.) Dapprima Maierovitch sorride nel ricordare il suo amico italiano, ma dopo un po' comincia a versare lacrime silenziose: un omaggio che ben si addice a Falcone (cui Maierovitch intitolò il suo Istituto di lotta alla criminalità), il cui carisma e impegno in nome della giustizia, alla faccia della classe dirigente corrotta di Roma, hanno fatto di lui un eroe popolare in tutta Italia e presso tutti coloro che nel mondo lottano contro il crimine. (Misha Glenny)
Note
- ↑ Falcone si riferiva alle sirene spiegate e ai poliziotti armati fino i denti che lo proteggevano durante l'incontro avuto con lo scrittore spagnolo Juan Arias.
- ↑ http://www.youtube.com/watch?v=hbAk7oirxfk&feature=player_embedded#!
Bibliografia
- Giovanni Falcone, Cose di Cosa Nostra, a cura di Marcelle Padovani, BUR, 2004. ISBN 881700233X
Voci correlate
Altri progetti
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