Paul Auster: differenze tra le versioni

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
Riga 4: Riga 4:
*Essere vivi voleva dire respirare aria; respirare aria voleva dire aria aperta.
*Essere vivi voleva dire respirare aria; respirare aria voleva dire aria aperta.
*Ma nessuno è mai stato me. Può darsi che io sia il primo.
*Ma nessuno è mai stato me. Può darsi che io sia il primo.
*Basta guardare qualcuno in faccia un po' di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio.
*Basta guardare qualcuno in faccia un po' di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio. (da ''Mr Vertigo'' - Einaudi, traduzione a cura di Susanna Basso)
*Per me la più piccola [[parola]] è circondata da acri ed acri di silenzio, e perfino quando riesco a fissare quella parola sulla pagina mi sembra della stessa natura di un miraggio, un granello di dubbio che scintilla nella sabbia.
*Per me la più piccola [[parola]] è circondata da acri ed acri di silenzio, e perfino quando riesco a fissare quella parola sulla pagina mi sembra della stessa natura di un miraggio, un granello di dubbio che scintilla nella sabbia.



Versione delle 17:42, 18 giu 2006

Paul Auster (1947 - vivente), scrittore statunitense.

  • Scrivere non è più un atto di libera scelta per me, è una questione di sopravvivenza.
  • Essere vivi voleva dire respirare aria; respirare aria voleva dire aria aperta.
  • Ma nessuno è mai stato me. Può darsi che io sia il primo.
  • Basta guardare qualcuno in faccia un po' di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio. (da Mr Vertigo - Einaudi, traduzione a cura di Susanna Basso)
  • Per me la più piccola parola è circondata da acri ed acri di silenzio, e perfino quando riesco a fissare quella parola sulla pagina mi sembra della stessa natura di un miraggio, un granello di dubbio che scintilla nella sabbia.

Incipit di alcune opere

Trilogia di New York

[Paul Auster - Trilogia di New York - Einaudi, traduzione a cura di Massimo Bocchiola]

Città di vetro

Cominciò con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nel cuore della notte e la voce all'apparecchio che chiedeva di qualcuno che non era lui. Molto tempo dopo, quando fu in grado di pensare a ciò che gli era accaduto, avrebbe concluso che nulla era reale tranne il caso. Ma questo fu molto tempo dopo. All'inizio, non c'erano che il fatto e le sue conseguenze. La questione non è se si sarebbero potuti sviluppare altrimenti o se invece tutto fosse già stabilito a partire dalla prima parola detta dallo sconosciuto. La questione è la storia in sé: che abbia significato o meno, non spetta alla storia spiegarlo.

Fantasmi

In principio c'è Blue. Più tardi c'è White, e dopo ancora Black, e prima del principio c'è Brown. È Brown che l'ha svezzato, Brown che gli ha insegnato il mestiere, e quando Brown è invecchiato Blue ne ha preso il posto. È così che comincia: il luogo è New York, il tempo è il presente, e né l'uno né l'altro cambieranno mai. Ogni giorno Blue va in ufficio e siede alla scrivania aspettando che accada qualcosa. Non capita niente per un pezzo, finché un uomo di nome White varca la soglia, ed è così che comincia.

La stanza chiusa

Adesso mi sembra che Fanshawe ci sia sempre stato. È lui il luogo dove per me tutto comincia, senza di lui non credo che saprei chi sono. Quando ci siamo incontrati non sapevamo ancora parlare, eravamo lattanti che arrancavano carponi fra l'erba, e a sette anni ci eravamo già punti le dita con uno spillo proclamandoci fratelli di sangue per la vita. Ogni volta che ripenso alla mia infanzia, vedo Fanshawe. Era lui che mi stava vicino, la persona con cui condividevo i miei pensieri e che vedevo appena alzavo gli occhi da me stesso.