Spandakārikā: differenze tra le versioni
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*Sia lode al [[Shiva|dio]] al cui aprirsi e chiudersi di ciglia l'[[universo]] sorge e si dissolve. (I.1)<ref name=Torella>Citato in [[Vasugupta]], ''Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja'', a cura e traduzione di [[Raffaele Torella]], Mimesis, 1999.</ref> |
*Sia lode al [[Shiva|dio]] al cui aprirsi e chiudersi di ciglia l'[[universo]] sorge e si dissolve. (I.1)<ref name=Torella>Citato in [[Vasugupta]], ''Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja'', a cura e traduzione di [[Raffaele Torella]], Mimesis, 1999.</ref> |
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*Chi sta come immerso nello stupore, contemplando la vera natura propria come quella che a tutto presiede, come può ancora essere soggetto a questa dolorosa [[saṃsāra|trasmigrazione]]? (I.11)<ref name=Torella/> |
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*L'[[anima]] individuale è sostanziata dal tutto, poiché è da essa che sorge ogni cosa, tale identità con il tutto essendo mostrata dalla natura del suo percepire la realtà; ne consegue che non v'è stato – nelle parole, negli oggetti significati, nel pensare – che non sia Śiva . A presentarsi come realtà fruibile è sempre e comunque il fruitore, e il fruitore soltanto. (II.3-4)<ref name=Torella/> |
*L'[[anima]] individuale è sostanziata dal tutto, poiché è da essa che sorge ogni cosa, tale identità con il tutto essendo mostrata dalla natura del suo percepire la realtà; ne consegue che non v'è stato – nelle parole, negli oggetti significati, nel pensare – che non sia Śiva . A presentarsi come realtà fruibile è sempre e comunque il fruitore, e il fruitore soltanto. (II.3-4)<ref name=Torella/> |
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Versione delle 12:22, 18 mag 2012
Spandakārikā, testo dello shivaismo.
Citazioni
- Sia lode al dio al cui aprirsi e chiudersi di ciglia l'universo sorge e si dissolve. (I.1)[1]
- Chi sta come immerso nello stupore, contemplando la vera natura propria come quella che a tutto presiede, come può ancora essere soggetto a questa dolorosa trasmigrazione? (I.11)[1]
- L'anima individuale è sostanziata dal tutto, poiché è da essa che sorge ogni cosa, tale identità con il tutto essendo mostrata dalla natura del suo percepire la realtà; ne consegue che non v'è stato – nelle parole, negli oggetti significati, nel pensare – che non sia Śiva . A presentarsi come realtà fruibile è sempre e comunque il fruitore, e il fruitore soltanto. (II.3-4)[1]
Note
- ↑ a b c Citato in Vasugupta, Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja, a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999.