Kṣemarāja: differenze tra le versioni

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*Permeata di questa triplice maculazione, la natura del multiforme conoscere, di cui si è detto, risulta così fondata su una erronea convinzione di limitatezza, sulla visione di una realtà conoscibile differenziata e su latenze karmiche buone o cattive. La Potenza che presiede a tale conoscere è la Mātṛkā – la 'madre sconosciuta – formata dall'insieme dei fonemi da A a Kṣ, la generatrice del tutto. (comm. a I.4; 1999)
*Permeata di questa triplice maculazione, la natura del multiforme conoscere, di cui si è detto, risulta così fondata su una erronea convinzione di limitatezza, sulla visione di una realtà conoscibile differenziata e su latenze karmiche buone o cattive. La Potenza che presiede a tale conoscere è la Mātṛkā – la 'madre sconosciuta – formata dall'insieme dei fonemi da A a Kṣ, la generatrice del tutto. (comm. a I.4; 1999)
*Lo slancio della coscienza che è per sua natura espansione e consapevolezza riflessa, l'emergenza dell'intuizione suprema come un improvviso erompere: Bhairava non è altro che questo. (comm. a 1.5; 1999)
*Lo slancio della coscienza che è per sua natura espansione e consapevolezza riflessa, l'emergenza dell'intuizione suprema come un improvviso erompere: Bhairava non è altro che questo. (comm. a 1.5; 1999)
*Per lo yogin divenuto simile a Śiva, nel modo che si è detto – il cui esistere è improntato alla modalità del suo riconoscersi come Śiva – l'essere, il sussistere della forma corporea costituisce l'osservanza religiosa. Un'osservanza da praticare rigorosamente, intenti ad un supremo atto di adorazione, ininterrotto, che altro non è se non la continua consapevolezza della propria intima natura. (comm. a III.26; 1999)


==Note==
==Note==

Versione delle 22:26, 19 mag 2012

Kṣemarāja (X – XI secolo), filosofo indiano.

Śivasūtravimarśinī

  • L'attività del percepire (dell'"avere coscienza di") si estende senza eccezione ad ogni realtà, poiché non può darsi esistenza di alcunché nell'universo che non sia oggetto di coscienza. [...] Coscienza, che qui ha il significato di relazione con l'illimitata attività cognitiva, è lo stesso che libertà assoluta. Tale libertà è soltanto del supremo Śiva. (comm. a I.1; 1999)[1]
  • Permeata di questa triplice maculazione, la natura del multiforme conoscere, di cui si è detto, risulta così fondata su una erronea convinzione di limitatezza, sulla visione di una realtà conoscibile differenziata e su latenze karmiche buone o cattive. La Potenza che presiede a tale conoscere è la Mātṛkā – la 'madre sconosciuta – formata dall'insieme dei fonemi da A a Kṣ, la generatrice del tutto. (comm. a I.4; 1999)
  • Lo slancio della coscienza che è per sua natura espansione e consapevolezza riflessa, l'emergenza dell'intuizione suprema come un improvviso erompere: Bhairava non è altro che questo. (comm. a 1.5; 1999)
  • Per lo yogin divenuto simile a Śiva, nel modo che si è detto – il cui esistere è improntato alla modalità del suo riconoscersi come Śiva – l'essere, il sussistere della forma corporea costituisce l'osservanza religiosa. Un'osservanza da praticare rigorosamente, intenti ad un supremo atto di adorazione, ininterrotto, che altro non è se non la continua consapevolezza della propria intima natura. (comm. a III.26; 1999)

Note

  1. La Śivasūtravimarśinī è il commento agli Śivasūtra, opera di Vasugupta.

Bibliografia

  • Kṣemarāja, Śivasūtravimarśinī; in Vasugupta, Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja, a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999.