Vincent van Gogh: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Vincent Van Gogh==
==Citazioni di Vincent Van Gogh==
*Bisogna aver sempre presente la meta da raggiungere e che la vittoria ottenuta dopo un'intera vita di laboriosa fatica vale più di un facile successo. Chiunque viva sinceramente e affronti senza piegarsi dolori e delusioni è assai più degno di chi ha sempre avuto il vento favorevole, non conoscendo altro che una relativa prosperità. (''lettera a Theo'', 3 aprile 1878)
*Bisogna aver sempre presente la meta da raggiungere e che la vittoria ottenuta dopo un'intera vita di laboriosa fatica vale più di un facile successo. Chiunque viva sinceramente e affronti senza piegarsi dolori e delusioni è assai più degno di chi ha sempre avuto il vento favorevole, non conoscendo altro che una relativa prosperità.<ref>Da una lettera al fratello Theo, 3 aprile 1878.</ref>
*C'è fannullone e fannullone. C'è chi è fannullone per pigrizia o per mollezza di carattere, per la bassezza della sua natura, e tu puoi prendermi per uno di quelli. Poi c'è l'altro tipo di fannullone, il fannullone per forza, che è roso intimamente da un grande desiderio di azione, che non fa nulla perché è nell'impossibilità di fare qualcosa, perché gli manca ciò che gli è necessario per produrre, perché è come in una prigione, chiuso in qualche cosa, perché la fatalità delle circostanze lo ha ridotto a tal punto; non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d'istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d'essere! So che potrei essere un uomo completamente diverso! A cosa potrei essere utile, a cosa potrei servire? C'è qualcosa in me, che è dunque? Questo è un tipo tutto diverso di fannullone, se vuoi puoi considerarmi tale. Un uccello chiuso in gabbia in primavera sa perfettamente che c'è qualcosa per cui egli è adatto, sa benissimo che c'è qualcosa da fare, ma che non può fare: che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a se stesso: "gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata", e batte la testa contro le sbarre della gabbia. E la gabbia rimane chiusa e lui è pazzo di dolore. "Ecco un fannullone" dice un altro uccello che passa di là, "quello è come uno che vive di rendita". Intanto il prigioniero continua a vivere e non muore, nulla traspare di quello che prova, sta bene e il raggio di sole riesce a rallegrarlo. Ma arriva il tempo della migrazione. Accessi di malinconia – ma i ragazzi che lo curano nella sua gabbia si dicono che ha tutto ciò che può desiderare – ma lui sta a guardare fuori il cielo turgido carico di tempesta, e sente in sé la rivolta contro la propria fatalità. "Io sono in gabbia, sono in prigione, e non mi manca dunque niente imbecilli? Ho tutto ciò che mi serve! Ah, di grazia, la libertà, essere un uccello come tutti gli altri!". Quel tipo di fannullone è come quell'uccello fannullone. E gli uomini si trovano spesso nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile, orribile, spaventosamente orribile... Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede "Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l'eternità?". Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la simpatia, lì rinasce anche la vita. (''Lettere a Theo'', Guanda, Parma 1984, pp. 87-88)
*C'è fannullone e fannullone. C'è chi è fannullone per pigrizia o per mollezza di carattere, per la bassezza della sua natura, e tu puoi prendermi per uno di quelli. Poi c'è l'altro tipo di fannullone, il fannullone per forza, che è roso intimamente da un grande desiderio di azione, che non fa nulla perché è nell'impossibilità di fare qualcosa, perché gli manca ciò che gli è necessario per produrre, perché è come in una prigione, chiuso in qualche cosa, perché la fatalità delle circostanze lo ha ridotto a tal punto; non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d'istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d'essere! So che potrei essere un uomo completamente diverso! A cosa potrei essere utile, a cosa potrei servire? C'è qualcosa in me, che è dunque? Questo è un tipo tutto diverso di fannullone, se vuoi puoi considerarmi tale. Un uccello chiuso in [[gabbia]] in primavera sa perfettamente che c'è qualcosa per cui egli è adatto, sa benissimo che c'è qualcosa da fare, ma che non può fare: che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a se stesso: "gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata", e batte la testa contro le sbarre della gabbia. E la gabbia rimane chiusa e lui è pazzo di dolore. "Ecco un fannullone" dice un altro uccello che passa di là, "quello è come uno che vive di rendita". Intanto il prigioniero continua a vivere e non muore, nulla traspare di quello che prova, sta bene e il raggio di sole riesce a rallegrarlo. Ma arriva il tempo della migrazione. Accessi di malinconia – ma i ragazzi che lo curano nella sua gabbia si dicono che ha tutto ciò che può desiderare – ma lui sta a guardare fuori il cielo turgido carico di tempesta, e sente in sé la rivolta contro la propria fatalità. "Io sono in gabbia, sono in prigione, e non mi manca dunque niente imbecilli? Ho tutto ciò che mi serve! Ah, di grazia, la libertà, essere un uccello come tutti gli altri!". Quel tipo di fannullone è come quell'uccello fannullone. E gli uomini si trovano spesso nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile, orribile, spaventosamente orribile... Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede "Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l'eternità?". Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la [[simpatia]], lì rinasce anche la vita.<ref>Da ''Lettere a Theo'', Guanda, Parma 1984, pp. 87-88.</ref>
*Ho dunque schizzato i dieci "Travaux des champs" di Millet e ne ho eseguito uno a fondo. Inoltre ho disegnato dall'incisione l'"Angelus" che mi hai mandato. (da una lettera al fratello del 7 settembre 1880; citato in Ernst Fischer, ''L'arte è necessaria?'')
*Ho dunque schizzato i dieci "Travaux des champs" di [[Jean-François Millet|Millet]] e ne ho eseguito uno a fondo. Inoltre ho disegnato dall'incisione l'"Angelus" che mi hai mandato.<ref>Da una lettera al fratello Theo, 7 settembre 1880; citato in Fischer 1975.</ref>
*Non bisogna giudicare il buon Dio da questo [[mondo]], perché è uno schizzo che gli è venuto male.<ref name="multi">{{Rif|2}}</ref>
*Non bisogna giudicare il buon Dio da questo [[mondo]], perché è uno schizzo che gli è venuto male.<ref name="multi">{{Rif|2}}</ref>
*Non c'è [[blu]] senza il [[giallo]] e senza l'arancione.
*Non c'è [[blu]] senza il [[giallo]] e senza l'arancione.
:''There is no blue without yellow and without orange.''<ref>Citato in Jack Stewart, ''The Vital Art of D. H. Lawrence: Vision and Expression'', SIU Press, 1999, [http://books.google.it/books?id=vPafTxLVkigC&pg=PA218 p. 218] ISBN 0809323885.</ref>
:''There is no blue without yellow and without orange.''<ref>Citato in Jack Stewart, ''The Vital Art of D. H. Lawrence: Vision and Expression'', SIU Press, 1999, [http://books.google.it/books?id=vPafTxLVkigC&pg=PA218 p. 218]. ISBN 0809323885</ref>
*Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento [[artista]], creatore... con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell'arte.<ref>Da una lettera al fratello Theo, 29 luglio 1888; citato in Serena Zoli, Giovanni B. Cassano, ''E liberaci dal male oscuro'', TEA, Milano, 2009, p. 478. ISBN 978-88-502-0209-6</ref>
*Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento [[artista]], creatore... con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell'arte.<ref>Da una lettera al fratello Theo, 29 luglio 1888; citato in Serena Zoli, Giovanni B. Cassano, ''E liberaci dal male oscuro'', TEA, Milano, 2009, p. 478. ISBN 978-88-502-0209-6</ref>
*Se torni nello studio ti accorgerai subito, credo, che ho sempre avuto in mente il piano riguardante le figure di lavoratori in litografia, anche se non ne parlo tanto. Ho un seminatore, un mietitore, una lavandaia, una operaia di miniera, una sarta, uno che scava, una donna con la pala, l'orfana, un ragazzo con una carriola di letame e altro ancora. (da una lettera al fratello; citato in Ernst Fischer, ''L'arte è necessaria?'')
*Se torni nello studio ti accorgerai subito, credo, che ho sempre avuto in mente il piano riguardante le figure di lavoratori in litografia, anche se non ne parlo tanto. Ho un seminatore, un mietitore, una lavandaia, una operaia di miniera, una sarta, uno che scava, una donna con la pala, l'orfana, un ragazzo con una carriola di letame e altro ancora.<ref name="Fischer">Da una lettera al fratello Theo; citato in Fischer 1975.</ref>
*Siamo tanto attaccati a questa vecchia vita perché accanto ai momenti di tristezza, abbiamo anche momenti di gioia in cui anima e cuore esultano – come l'allodola che non può fare a meno di cantare al mattino, anche se l'anima talvolta trema in noi, piena di timori. (''lettera al fratello Theo'', 30 maggio 1877)
*Siamo tanto attaccati a questa vecchia vita perché accanto ai momenti di tristezza, abbiamo anche momenti di gioia in cui anima e cuore esultano – come l'allodola che non può fare a meno di cantare al mattino, anche se l'anima talvolta trema in noi, piena di timori.<ref>Da una lettera al fratello Theo, 30 maggio 1877.</ref>
*Una cosa resta – la fede – si sente istintivamente, ché moltissimo si cambia e che tutto si cambierà: siamo nell'ultimo quarto di un secolo che nuovamente finirà con una grandiosa rivoluzione. Ma anche supponendo che alla fine della nostra vita noi ne vedremo l'inizio, sicuramente non vedremo i tempi migliori dell'aria pura e del rinnovamento di tutta la società dopo questa grande tempesta. (da una lettera al fratello; citato in Ernst Fischer, ''L'arte è necessaria?'')
*Una cosa resta – la fede – si sente istintivamente, ché moltissimo si cambia e che tutto si cambierà: siamo nell'ultimo quarto di un secolo che nuovamente finirà con una grandiosa rivoluzione. Ma anche supponendo che alla fine della nostra vita noi ne vedremo l'inizio, sicuramente non vedremo i tempi migliori dell'aria pura e del rinnovamento di tutta la società dopo questa grande tempesta.<ref name="Fischer" />


==Citazioni su Vincent Van Gogh==
==Citazioni su Vincent Van Gogh==
*Una grandiosa rivoluzione verrà, ma il pittore di un [[mondo]] vulcanico non vivrà i «tempi migliori» di cui van Gogh è convinto. ([[Ernst Fischer]])
*Una grandiosa rivoluzione verrà, ma il pittore di un mondo vulcanico non vivrà i «tempi migliori» di cui van Gogh è convinto. ([[Ernst Fischer]])
*Van Gogh disse una cosa molto bella: il modo migliore di amare la [[vita]] è amare molte cose. ([[Leo Buscaglia]])
*Van Gogh disse una cosa molto bella: il modo migliore di amare la [[vita]] è amare molte cose. ([[Leo Buscaglia]])


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*Ernst Fischer, ''L'arte è necessaria?'' (''Von der Notwendigkeit der Kunst''), traduzione di Fausto Codino, Editori Riuniti, Roma, 1975.
*Ernst Fischer, ''L'arte è necessaria?'' (''Von der Notwendigkeit der Kunst''), traduzione di Fausto Codino, Editori Riuniti, Roma, 1975.


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[[Categoria:Pittori olandesi|Van Gogh, Vincent]]
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Versione delle 16:52, 20 giu 2013

Autoritratto

Vincent Willem Van Gogh (1853 – 1890), pittore olandese.

Citazioni di Vincent Van Gogh

  • Bisogna aver sempre presente la meta da raggiungere e che la vittoria ottenuta dopo un'intera vita di laboriosa fatica vale più di un facile successo. Chiunque viva sinceramente e affronti senza piegarsi dolori e delusioni è assai più degno di chi ha sempre avuto il vento favorevole, non conoscendo altro che una relativa prosperità.[1]
  • C'è fannullone e fannullone. C'è chi è fannullone per pigrizia o per mollezza di carattere, per la bassezza della sua natura, e tu puoi prendermi per uno di quelli. Poi c'è l'altro tipo di fannullone, il fannullone per forza, che è roso intimamente da un grande desiderio di azione, che non fa nulla perché è nell'impossibilità di fare qualcosa, perché gli manca ciò che gli è necessario per produrre, perché è come in una prigione, chiuso in qualche cosa, perché la fatalità delle circostanze lo ha ridotto a tal punto; non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d'istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d'essere! So che potrei essere un uomo completamente diverso! A cosa potrei essere utile, a cosa potrei servire? C'è qualcosa in me, che è dunque? Questo è un tipo tutto diverso di fannullone, se vuoi puoi considerarmi tale. Un uccello chiuso in gabbia in primavera sa perfettamente che c'è qualcosa per cui egli è adatto, sa benissimo che c'è qualcosa da fare, ma che non può fare: che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a se stesso: "gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata", e batte la testa contro le sbarre della gabbia. E la gabbia rimane chiusa e lui è pazzo di dolore. "Ecco un fannullone" dice un altro uccello che passa di là, "quello è come uno che vive di rendita". Intanto il prigioniero continua a vivere e non muore, nulla traspare di quello che prova, sta bene e il raggio di sole riesce a rallegrarlo. Ma arriva il tempo della migrazione. Accessi di malinconia – ma i ragazzi che lo curano nella sua gabbia si dicono che ha tutto ciò che può desiderare – ma lui sta a guardare fuori il cielo turgido carico di tempesta, e sente in sé la rivolta contro la propria fatalità. "Io sono in gabbia, sono in prigione, e non mi manca dunque niente imbecilli? Ho tutto ciò che mi serve! Ah, di grazia, la libertà, essere un uccello come tutti gli altri!". Quel tipo di fannullone è come quell'uccello fannullone. E gli uomini si trovano spesso nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile, orribile, spaventosamente orribile... Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede "Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l'eternità?". Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la simpatia, lì rinasce anche la vita.[2]
  • Ho dunque schizzato i dieci "Travaux des champs" di Millet e ne ho eseguito uno a fondo. Inoltre ho disegnato dall'incisione l'"Angelus" che mi hai mandato.[3]
  • Non bisogna giudicare il buon Dio da questo mondo, perché è uno schizzo che gli è venuto male.[4]
  • Non c'è blu senza il giallo e senza l'arancione.
There is no blue without yellow and without orange.[5]
  • Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore... con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell'arte.[6]
  • Se torni nello studio ti accorgerai subito, credo, che ho sempre avuto in mente il piano riguardante le figure di lavoratori in litografia, anche se non ne parlo tanto. Ho un seminatore, un mietitore, una lavandaia, una operaia di miniera, una sarta, uno che scava, una donna con la pala, l'orfana, un ragazzo con una carriola di letame e altro ancora.[7]
  • Siamo tanto attaccati a questa vecchia vita perché accanto ai momenti di tristezza, abbiamo anche momenti di gioia in cui anima e cuore esultano – come l'allodola che non può fare a meno di cantare al mattino, anche se l'anima talvolta trema in noi, piena di timori.[8]
  • Una cosa resta – la fede – si sente istintivamente, ché moltissimo si cambia e che tutto si cambierà: siamo nell'ultimo quarto di un secolo che nuovamente finirà con una grandiosa rivoluzione. Ma anche supponendo che alla fine della nostra vita noi ne vedremo l'inizio, sicuramente non vedremo i tempi migliori dell'aria pura e del rinnovamento di tutta la società dopo questa grande tempesta.[7]

Citazioni su Vincent Van Gogh

  • Una grandiosa rivoluzione verrà, ma il pittore di un mondo vulcanico non vivrà i «tempi migliori» di cui van Gogh è convinto. (Ernst Fischer)
  • Van Gogh disse una cosa molto bella: il modo migliore di amare la vita è amare molte cose. (Leo Buscaglia)

Note

  1. Da una lettera al fratello Theo, 3 aprile 1878.
  2. Da Lettere a Theo, Guanda, Parma 1984, pp. 87-88.
  3. Da una lettera al fratello Theo, 7 settembre 1880; citato in Fischer 1975.
  4. Template:Rif
  5. Citato in Jack Stewart, The Vital Art of D. H. Lawrence: Vision and Expression, SIU Press, 1999, p. 218. ISBN 0809323885
  6. Da una lettera al fratello Theo, 29 luglio 1888; citato in Serena Zoli, Giovanni B. Cassano, E liberaci dal male oscuro, TEA, Milano, 2009, p. 478. ISBN 978-88-502-0209-6
  7. a b Da una lettera al fratello Theo; citato in Fischer 1975.
  8. Da una lettera al fratello Theo, 30 maggio 1877.

Bibliografia

  • Ernst Fischer, L'arte è necessaria? (Von der Notwendigkeit der Kunst), traduzione di Fausto Codino, Editori Riuniti, Roma, 1975.

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