Paul Henri Thiry d'Holbach: differenze tra le versioni

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*In verità, adorare [[Dio]] significa adorare le finzioni del proprio cervello, o, meglio ancora, non adorare nulla.
*In verità, adorare [[Dio]] significa adorare le finzioni del proprio cervello, o, meglio ancora, non adorare nulla.
*L'animale non è impressionato dagli stessi oggetti che fanno colpo sull'uomo. Non ha né gli stessi bisogni, né gli stessi desideri, né le stesse fantasie. Giunge molto rapidamente alla maturità, mentre nulla accade più raramente che vedere lo spirito umano godere completamente delle sue facoltà, esercitarle liberamente, farne un uso conveniente per la propria felicità.<ref name=D1>Citato in Ditadi 1994, p. 745.</ref>
*L'animale non è impressionato dagli stessi oggetti che fanno colpo sull'uomo. Non ha né gli stessi bisogni, né gli stessi desideri, né le stesse fantasie. Giunge molto rapidamente alla maturità, mentre nulla accade più raramente che vedere lo spirito umano godere completamente delle sue facoltà, esercitarle liberamente, farne un uso conveniente per la propria felicità.<ref name=D1>Citato in Ditadi 1994, p. 745.</ref>
*L'idea di un Dio terribile, raffigurato come un despota, ha dovuto rendere inevitabilmente malvagi i suoi sudditi. La paura non crea che schiavi [...] che credono che tutto divenga lecito quando si tratta o di guadagnarsi la benevolenza del loro Signore, o di sottrarsi ai suoi temuti castighi. La nozione di un Dio-tiranno non può produrre che schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti.
*L'idea di un Dio terribile, raffigurato come un despota, ha dovuto rendere inevitabilmente [[malvagità|malvagi]] i suoi sudditi. La paura non crea che schiavi [...] che credono che tutto divenga lecito quando si tratta o di guadagnarsi la benevolenza del loro Signore, o di sottrarsi ai suoi temuti castighi. La nozione di un Dio-tiranno non può produrre che schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti.
*L'[[intelligenza]] dell'uomo non dimostra l'intelligenza di Dio più di quanto la malvagità dell'uomo non dimostri la malvagità di quel Dio, di cui si pretende che l'uomo sia una creatura. Da qualsiasi lato la teologia affronti la questione, Dio sarà sempre una causa contraddetta dai suoi effetti.
*L'[[intelligenza]] dell'uomo non dimostra l'intelligenza di Dio più di quanto la malvagità dell'uomo non dimostri la malvagità di quel Dio, di cui si pretende che l'uomo sia una creatura. Da qualsiasi lato la teologia affronti la questione, Dio sarà sempre una causa contraddetta dai suoi effetti.
*La [[devozione]] è una malattia dell'immaginazione, contratta fin dall'infanzia; il devoto è un ipocondriaco che, a forza di medicine, non fa che aggravare il suo male.
*La [[devozione]] è una malattia dell'immaginazione, contratta fin dall'infanzia; il devoto è un ipocondriaco che, a forza di medicine, non fa che aggravare il suo male.
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Paul Henri Thiry d'Holbach

Paul-Henri Thiry, barone d'Holbach (1723 – 1789), filosofo ed enciclopedista tedesco naturalizzato francese.

Citazioni di Paul Henri Thiry d'Holbach

  • La natura non è una creazione; essa è sempre esistita; tutto accade nel suo seno; essa è un immenso laboratorio fornito di materiali, e fabbrica gli strumenti dei quali essa si serve per agire.[1]
  • La saggezza non è nulla se non conduce alla felicità.[2]
  • Se l'ignoranza della natura diede vita agli dei, la sua conoscenza li distruggerà.[3]

Il buon senso

  • In breve, chiunque accetterà di consultare il buon senso sulle credenze religiose, si accorgerà facilmente che tali credenze non hanno alcun solido fondamento; che ogni religione è un castello in aria; che la teologia non è che l'ignoranza delle cause naturali ridotta a sistema, nient'altro che un vasto tessuto di chimere e di contraddizioni. (dalla prefazione)
  • Per mettere in chiaro i veri princìpi della morale, gli uomini non hanno bisogno né di teologia, né di rivelazione, né di divinità: hanno bisogno solamente del buon senso. (dalla prefazione)
  • Altrettanto si può dire dell'uomo: questo beniamino della Provvidenza, questo «favorito» di Dio, corre rischi ben più grandi di tutti gli altri animali; dopo aver sofferto tanto in questo mondo, si crede in pericolo di soffrire eternamente nell'altro!
  • C'è una scienza che ha per oggetto solamente cose incomprensibili. Al contrario di tutte le altre scienze, essa non si occupa che di ciò che non può essere percepito dai sensi. [...] tal che il buon senso si trasforma in delirio. Questa scienza si chiama teologia, e questa teologia è un insulto continuo alla ragione umana.
  • Chi combatte la religione e i suoi fantasmi con le armi della ragione somiglia a uno che si serva d'una spada per uccidere dei moscerini; subito dopo che il fendente è stato vibrato, i moscerini e le chimere ricominciano a volteggiare, e riprendono nelle menti il posto da cui si credeva di averli eliminati.
  • Dio non è mai così in collera come quando si attenta ai diritti divini, ai privilegi, alle proprietà, alle immunità dei suoi preti.
  • È assolutamente impossibile far accettare i migliori argomenti a uomini fortemente interessati all'errore, prevenuti, non disposti a riflettere; ma è più che mai necessario che la verità disinganni le anime oneste che la cercano in buona fede.
  • È sempre il carattere dell'uomo che stabilisce il carattere del suo Dio; ciascuno si forgia un Dio per suo uso e in base a se stesso.
  • Filosofi accecati dai loro pregiudizi teologici, per trarsi d'imbarazzo, hanno spinto la loro follia fino a sostenere che le bestie non sono esseri senzienti.
    Gli uomini [...] invece d'inorgoglirsi, male a proposito, per le loro facoltà mentali, non saranno costretti ad ammettere che spesso quelle facoltà li rendono più infelici delle bestie, nelle quali non troviamo né le credenze, né i pregiudizi, né le vanità, né le follie che mettono continuamente a dura prova il benessere dell'uomo?[4]
  • Gli adepti dei diversi culti si accusano reciprocamente di superstizione e di empietà. I cristiani hanno orrore della superstizione pagana, cinese, maomettana. I cattolici romani trattano da empi i cristiani protestanti; questi a loro volta declamano senza posa contro la superstizione cattolica. Hanno tutti ragione. Essere empio significa avere opinioni ingiuriose verso il proprio dio; essere superstizioso significa averne idee errate. Accusandosi volta a volta di superstizione, i diversi religionisti somigliano a dei gobbi che si rinfacciano l'un l'altro la loro deformità.
  • I devoti, incapaci di accusare Dio di malvagità, si abituano a considerare i più duri colpi della sorte come prove indubbie della bontà celeste. Se sono immersi nel dolore, si ordina loro di credere che Dio li ama, che Dio li protegge, che Dio vuol metterli alla prova. Così la religione è arrivata a mutare il male in bene! Un incredulo diceva giustamente: «Se il buon Dio tratta così quelli che ama, lo prego con tutto il cuore di non pensare a me».
  • Ignoranza e paura, ecco i due sostegni di tutte le religioni. L'incertezza in cui l'uomo si trova in rapporto al proprio Dio è precisamente il motivo che lo tiene aggrappato alla sua religione.
  • Il popolo, diciamo la verità, non capisce nulla della propria religione. Ciò che esso chiama religione è soltanto un cieco attaccamento a credenze oscure e a pratiche misteriose. In realtà, togliere la religione al popolo significa non togliergli nulla.
  • In fatto di religione, gli uomini non sono che dei grandi bambini. Più una religione è assurda e piena di stranezze, più acquista diritti su di loro. Il devoto si crede obbligato a non porre alcun limite alla propria credulità: più le cose sono inconcepibili, più gli sembrano divine; più sono incredibili, più egli s'immagina che il credervi sia un merito.
  • In materia di religione, gli uomini, per la maggior parte, sono rimasti nella loro barbarie primitiva. Le religioni moderne non sono altro che follìe antiche, ringiovanite o presentate sotto qualche nuova forma.
  • In verità, adorare Dio significa adorare le finzioni del proprio cervello, o, meglio ancora, non adorare nulla.
  • L'animale non è impressionato dagli stessi oggetti che fanno colpo sull'uomo. Non ha né gli stessi bisogni, né gli stessi desideri, né le stesse fantasie. Giunge molto rapidamente alla maturità, mentre nulla accade più raramente che vedere lo spirito umano godere completamente delle sue facoltà, esercitarle liberamente, farne un uso conveniente per la propria felicità.[5]
  • L'idea di un Dio terribile, raffigurato come un despota, ha dovuto rendere inevitabilmente malvagi i suoi sudditi. La paura non crea che schiavi [...] che credono che tutto divenga lecito quando si tratta o di guadagnarsi la benevolenza del loro Signore, o di sottrarsi ai suoi temuti castighi. La nozione di un Dio-tiranno non può produrre che schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti.
  • L'intelligenza dell'uomo non dimostra l'intelligenza di Dio più di quanto la malvagità dell'uomo non dimostri la malvagità di quel Dio, di cui si pretende che l'uomo sia una creatura. Da qualsiasi lato la teologia affronti la questione, Dio sarà sempre una causa contraddetta dai suoi effetti.
  • La devozione è una malattia dell'immaginazione, contratta fin dall'infanzia; il devoto è un ipocondriaco che, a forza di medicine, non fa che aggravare il suo male.
  • La natura, voi dite, è del tutto inesplicabile senza un Dio. In altri termini, per spiegare ciò che capite ben poco, avete bisogno di una causa che non capite affatto.
  • La religione ci parla d'un inferno dove Dio riserva tormenti infiniti alla maggioranza degli uomini. Così, dopo aver reso i mortali infelicissimi in questo mondo, la religione fa intraveder loro che Dio potrà renderli ancora più infelici in un altro mondo. Se la sbrigano dicendo che, in quel caso, la bontà di Dio cederà dinanzi alla sua giustizia.
  • La religione è un freno soltanto per coloro che sono stati già ridotti alla ragione, o dal loro temperamento o dalle circostanze della vita. Il timore di Dio non impedisce di peccare se non a quelli che non hanno una forte volontà di peccare, o che non sono più in grado di farlo.
  • La religione, in ogni epoca, non ha fatto che riempire lo spirito umano di tenebre, e mantenerlo nell'ignoranza dei suoi veri rapporti, dei suoi veri doveri, dei suoi veri interessi. Solo mettendo in fuga le sue nebbie e i suoi fantasmi scopriremo le fonti della verità, della ragione, della morale, e i motivi reali che devono condurci alla virtù.
  • La religione passa dai padri ai figli, come i beni di famiglia coi loro gravami. Ben pochi, nel mondo, avrebbero un Dio, se qualcuno non si fosse preso cura di darglielo.
  • La religione sembra fatta apposta per esaltare i prìncipi al di sopra dei popoli e abbandonare i popoli al loro arbitrio.
  • La superstizione assorbe quasi sempre le attenzioni, l'ammirazione e le finanze dei popoli. Essi hanno una religione molto costosa; ma non hanno denaro, né istruzione, né virtù, né felicità.
  • Le credenze religiose degli uomini di ogni paese sono antichi e durevoli relitti dell'ignoranza, della crudeltà, dei terrori e della ferocia dei loro antenati.
  • Le sragionevolezze umane, a chi le esamini con gli occhi della ragione, fanno dileguare ben presto la superiorità che, tanto arbitrariamente, l'uomo si arroga sugli altri animali.
    Quanti animali mostrano più bontà, riflessione e ragionevolezza dell'animale che si considera ragionevole per antonomasia! [...] Si sono mai viste delle bestie feroci della stessa specie darsi appuntamento nelle pianure per sbranarsi e annientarsi senza alcun vantaggio? Si sono forse viste scoppiare guerre di religione tra gli animali? La crudeltà degli animali contro quelli appartenenti ad altre specie ha per motivo la fame, il bisogno di nutrimento; la crudeltà dell'uomo contro l'uomo ha per unico motivo la vanità dei suoi capi e la follia dei suoi assurdi pregiudizi.[6]
  • Lo spirito si confonde e la ragione rimane interdetta alla vista delle pratiche ridicole e dei riti avvilenti che i ministri degli dèi hanno inventato nei vari paesi per purificare le anime e per rendere il Cielo favorevole ai popoli.
  • Nella specie umana ci sono individui così diversi gli uni dagli altri quanto è diverso l'uomo da un cavallo o da un cane.[5]
  • Non c'è dunque alcuna vera differenza tra la religione naturale e la superstizione più cupa e servile. Se il teista non vede Dio che dal lato buono, il superstizioso lo vede dal lato più ripugnante. La follia dell'uno è lieta, la follia dell'altro è lugubre, ma tutti e due sono egualmente deliranti.
  • Per la sua stessa essenza, la religione è la nemica della gioia e del benessere degli uomini. «Beati i poveri! Beati quelli che piangono! Beati quelli che soffrono!». E maledetti quelli coloro che si trovano nell'agiatezza e nella gioia! Tali sono le singolari scoperte annunciate dal cristianesimo!
  • Se Dio è dappertutto, è anche in me, agisce con me, sbaglia con me, offende Dio con me, combatte con me l'esistenza di Dio.
  • Tra i più funesti doni che la religione abbia fatto al mondo bisogna soprattutto annoverare questi monarchi devoti e bigotti, i quali, illudendosi di affaccendarsi per la salvezza dei loro sudditi, si sono fatti un sacrosanto dovere di tormentare, perseguitare, mandare a morte quelli che, in coscienza, la pensavano diversamente da loro.

Citazioni su Paul Henri Thiry d'Holbach

  • Mi vien detto che l'origine del sistema filosofico del Barone e del suo calore in sostenerlo venga originalmente dall'aver veduto morire la prima sua moglie [...] fra gli orrori di un'eternità di tormenti… D'allora in poi è divenuto ateista furiosissimo... (Alessandro Verri)

Note

  1. Da Sistema della natura, II, 1; citato in Armstrong 1995, p. 367.
  2. Da Saggio sui pregiudizi, a cura di Domenico di Iasio, Guerini e Associati.
  3. Da Sistema della natura, I, 18; citato in Armstrong 1995, p. 367.
  4. Citato in Ditadi 1994, pp. 747-748.
  5. a b Citato in Ditadi 1994, p. 745.
  6. Citato in Ditadi 1994, pp. 746-747.

Bibliografia

  • Karen Armstrong, Storia di Dio: 4000 anni di religioni monoteiste, traduzione di Aldo Mosca, Marsilio Editori, 1995.
  • Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 2, Isonomia editrice, Este, 1994. ISBN 88-85944-12-4
  • Paul Henri Thiry d'Holbach, Il buon senso, a cura di S. Timpanaro, Garzanti 1985.
  • Paul Henri Thiry d'Holbach, Il buon senso, traduzione di Sebastiano Timpanaro, Garzanti, Guerini e Associati, 1993.

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