Indro Montanelli e Marco Nozza: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Garibaldi}} Aveva per esempio un debole per [[Nino Bixio|Bixio]], il suo figliolo discolo, ma raramente ne sollecitava il parere. In qualche occasione politica in cui Bixio si prese la libertà di esprimerne uno, il generale gli rispose:<br />"Tacete, Bixio, queste non sono cose per voi..."<br />E Bixio tacque, perché questo guerrigliero irruente, d'un coraggio a tutta prova, implacabile col nemico e talvolta perfino sanguinario, davanti al suo generale diventava un pulcino bagnato. (cap. XV, pp. 418-419)
*{{NDR|Garibaldi}} Aveva per esempio un debole per [[Nino Bixio|Bixio]], il suo figliolo discolo, ma raramente ne sollecitava il parere. In qualche occasione politica in cui Bixio si prese la libertà di esprimerne uno, il generale gli rispose:<br />"Tacete, Bixio, queste non sono cose per voi..."<br />E Bixio tacque, perché questo guerrigliero irruente, d'un coraggio a tutta prova, implacabile col nemico e talvolta perfino sanguinario, davanti al suo generale diventava un pulcino bagnato. (cap. XV, pp. 418-419)
*{{NDR|[[Giuseppe Sirtori|Sirtori]]}} Era un ex prete che aveva perso la fede, o meglio l'aveva trasferita da Dio alla patria; ma aveva conservato l'ascetismo. Sempre in lotta con l'esaurimento nervoso, si preparava alle battaglie come un tempo si era preparato alle messe, digiunando e meditando. Era un uomo malinconico, taciturno, turbato ed esangue, chiuso nel suo sacerdozio di soldato, e col goliardico ambiente legionario non si appastò mai, rimanendone sempre un po' remoto e in disparte. Dovunque apparisse, le risate si spegnevano e le bocche si chiudevano. Però le orecchie si tendevano perché le sue parole, le rare volte che ne pronunziava, facevano testo. (cap. XV, p. 419)
*{{NDR|[[Giuseppe Sirtori|Sirtori]]}} Era un ex prete che aveva perso la fede, o meglio l'aveva trasferita da Dio alla patria; ma aveva conservato l'ascetismo. Sempre in lotta con l'esaurimento nervoso, si preparava alle battaglie come un tempo si era preparato alle messe, digiunando e meditando. Era un uomo malinconico, taciturno, turbato ed esangue, chiuso nel suo sacerdozio di soldato, e col goliardico ambiente legionario non si appastò mai, rimanendone sempre un po' remoto e in disparte. Dovunque apparisse, le risate si spegnevano e le bocche si chiudevano. Però le orecchie si tendevano perché le sue parole, le rare volte che ne pronunziava, facevano testo. (cap. XV, p. 419)
*[[Enrico Cosenz|Cosenz]] era il tecnico delle battaglie e lo rimase, con pieno merito, anche nell'esercito regolare. Questo meridionale flemmatico, silenzioso e un po' irsuto, considerava la guerra una scienza esatta, e i suoi legionari dicevano ridendo che avrebbe preferito una sconfitta ragionata a una vittoria casuale. Come un uomo simile fosse nato in una provincia borbonica e poi si fosse imbrancato con un improvvisatore come Garibaldi, Dio solo lo sa. (cap. XV, p. 419)
*Il più completo {{NDR|tra i luogotenenti di Garibaldi}} era [[Giacomo Medici|Medici]], ch'era l'unico che desse del tu al generale e ne godesse la più assoluta fiducia. Comandava la più bella divisione, quella dei volontari lombardi, il suo coraggio non era inferiore a quello di [[Nino Bixio|Bixio]], ma imbrigliato dalla volontà e completato da qualcosa che a Bixio mancava: l'autorità. Ne esercitava anche su Garibaldi. (cap. XV, p. 420)


==Bibliografia==
==Bibliografia==

Versione delle 18:28, 27 mag 2015

Voci principali: Indro Montanelli, Marco Nozza.

Garibaldi

  • Questa non è una biografia romanzata. È una biografia, e basta. Se qua e là somiglia a un romanzo, il merito è solo di Garibaldi, non dei suoi ritrattisti. (quarta di copertina)
  • [Garibaldi] Aveva per esempio un debole per Bixio, il suo figliolo discolo, ma raramente ne sollecitava il parere. In qualche occasione politica in cui Bixio si prese la libertà di esprimerne uno, il generale gli rispose:
    "Tacete, Bixio, queste non sono cose per voi..."
    E Bixio tacque, perché questo guerrigliero irruente, d'un coraggio a tutta prova, implacabile col nemico e talvolta perfino sanguinario, davanti al suo generale diventava un pulcino bagnato. (cap. XV, pp. 418-419)
  • [Sirtori] Era un ex prete che aveva perso la fede, o meglio l'aveva trasferita da Dio alla patria; ma aveva conservato l'ascetismo. Sempre in lotta con l'esaurimento nervoso, si preparava alle battaglie come un tempo si era preparato alle messe, digiunando e meditando. Era un uomo malinconico, taciturno, turbato ed esangue, chiuso nel suo sacerdozio di soldato, e col goliardico ambiente legionario non si appastò mai, rimanendone sempre un po' remoto e in disparte. Dovunque apparisse, le risate si spegnevano e le bocche si chiudevano. Però le orecchie si tendevano perché le sue parole, le rare volte che ne pronunziava, facevano testo. (cap. XV, p. 419)
  • Cosenz era il tecnico delle battaglie e lo rimase, con pieno merito, anche nell'esercito regolare. Questo meridionale flemmatico, silenzioso e un po' irsuto, considerava la guerra una scienza esatta, e i suoi legionari dicevano ridendo che avrebbe preferito una sconfitta ragionata a una vittoria casuale. Come un uomo simile fosse nato in una provincia borbonica e poi si fosse imbrancato con un improvvisatore come Garibaldi, Dio solo lo sa. (cap. XV, p. 419)
  • Il più completo [tra i luogotenenti di Garibaldi] era Medici, ch'era l'unico che desse del tu al generale e ne godesse la più assoluta fiducia. Comandava la più bella divisione, quella dei volontari lombardi, il suo coraggio non era inferiore a quello di Bixio, ma imbrigliato dalla volontà e completato da qualcosa che a Bixio mancava: l'autorità. Ne esercitava anche su Garibaldi. (cap. XV, p. 420)

Bibliografia

  • Indro Montanelli e Marco Nozza, Garibaldi, Rizzoli, Milano, 1966 (1962).

Voci correlate