Indro Montanelli e Marco Nozza: differenze tra le versioni

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==''Garibaldi''==
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*Questa non è una biografia romanzata. È una biografia, e basta. Se qua e là somiglia a un romanzo, il merito è solo di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]], non dei suoi ritrattisti. (quarta di copertina)
*Questa non è una biografia romanzata. È una biografia, e basta. Se qua e là somiglia a un romanzo, il merito è solo di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]], non dei suoi ritrattisti. (quarta di copertina)
*La morte del [[padre]] è sempre, per qualunque figlio, un dolore mescolato di rimorsi. (cap. VII, p. 122)
*Essa {{NDR|[[Anita Garibaldi|Anita]]}} non era il guerriero personaggio che l'agiografia risorgimentale ha dipinto. Era soltanto una donna coraggiosissima accanto al suo uomo, e capace di seguirlo in tutti i rischi e repentagli, ma sempre impaurita di perderlo. Nelle battaglie, salutava alzando la mano le granate che la sfioravano, ma se non vedeva più il suo José perdeva la testa. (cap. VII, p. 123)
*{{NDR|Anita}} Non capì mai gl'ideali del suo José, ma li condivise sempre sino in fondo, fino a morirne, ritenendoli sacrosanti solo perché lui li considerava tali. Era gelosa, e il suo carattere ridiventava protervo quando José si distraeva dai doveri coniugali. Ma subito dopo tornava ad addolcirsi. Non ebbe mai ambizioni né intellettuali né mondane. Accettò la propria ignoranza come una condizione irreversibile, e anche quando José diventò un personaggio importante e famoso, rimase una donna modesta, senza pretese, neanche materiali, contenta di vivere nell'ombra di lui. (cap. VII, pp. 123-124)
*L'[[Francesco Anzani|Anzani]] era un bel tipo di cavaliere della rivoluzione, ma serio, positivo e autorevole. (cap. VII, p. 129)
*L'[[Francesco Anzani|Anzani]] era un bel tipo di cavaliere della rivoluzione, ma serio, positivo e autorevole. (cap. VII, p. 129)
*Era un tipo autorevole, l'Anzani, che metteva soggezione con quel suo viso aggrondato che pochi avevano visto ridere. (cap. VII, p. 130)
*Era un tipo autorevole, l'Anzani, che metteva soggezione con quel suo viso aggrondato che pochi avevano visto ridere. (cap. VII, p. 130)

Versione delle 12:34, 9 lug 2015

Voci principali: Indro Montanelli, Marco Nozza.

Garibaldi

  • Questa non è una biografia romanzata. È una biografia, e basta. Se qua e là somiglia a un romanzo, il merito è solo di Garibaldi, non dei suoi ritrattisti. (quarta di copertina)
  • La morte del padre è sempre, per qualunque figlio, un dolore mescolato di rimorsi. (cap. VII, p. 122)
  • Essa [Anita] non era il guerriero personaggio che l'agiografia risorgimentale ha dipinto. Era soltanto una donna coraggiosissima accanto al suo uomo, e capace di seguirlo in tutti i rischi e repentagli, ma sempre impaurita di perderlo. Nelle battaglie, salutava alzando la mano le granate che la sfioravano, ma se non vedeva più il suo José perdeva la testa. (cap. VII, p. 123)
  • [Anita] Non capì mai gl'ideali del suo José, ma li condivise sempre sino in fondo, fino a morirne, ritenendoli sacrosanti solo perché lui li considerava tali. Era gelosa, e il suo carattere ridiventava protervo quando José si distraeva dai doveri coniugali. Ma subito dopo tornava ad addolcirsi. Non ebbe mai ambizioni né intellettuali né mondane. Accettò la propria ignoranza come una condizione irreversibile, e anche quando José diventò un personaggio importante e famoso, rimase una donna modesta, senza pretese, neanche materiali, contenta di vivere nell'ombra di lui. (cap. VII, pp. 123-124)
  • L'Anzani era un bel tipo di cavaliere della rivoluzione, ma serio, positivo e autorevole. (cap. VII, p. 129)
  • Era un tipo autorevole, l'Anzani, che metteva soggezione con quel suo viso aggrondato che pochi avevano visto ridere. (cap. VII, p. 130)
  • [Garibaldi] Era un uomo d'azione all'eterna ricerca di un ideale che giustificasse l'azione. (cap. VII, p. 131)
  • La Farina era linguacciuto e vanaglorioso, non godeva nessun credito presso i suoi compaesani, e Garibaldi e Crispi lo detestavano. (cap. XV, p. 381)
  • [Garibaldi] Aveva per esempio un debole per Bixio, il suo figliolo discolo, ma raramente ne sollecitava il parere. In qualche occasione politica in cui Bixio si prese la libertà di esprimerne uno, il generale gli rispose:
    "Tacete, Bixio, queste non sono cose per voi..."
    E Bixio tacque, perché questo guerrigliero irruente, d'un coraggio a tutta prova, implacabile col nemico e talvolta perfino sanguinario, davanti al suo generale diventava un pulcino bagnato. (cap. XV, pp. 418-419)
  • [Sirtori] Era un ex prete che aveva perso la fede, o meglio l'aveva trasferita da Dio alla patria; ma aveva conservato l'ascetismo. Sempre in lotta con l'esaurimento nervoso, si preparava alle battaglie come un tempo si era preparato alle messe, digiunando e meditando. Era un uomo malinconico, taciturno, turbato ed esangue, chiuso nel suo sacerdozio di soldato, e col goliardico ambiente legionario non si appastò mai, rimanendone sempre un po' remoto e in disparte. Dovunque apparisse, le risate si spegnevano e le bocche si chiudevano. Però le orecchie si tendevano perché le sue parole, le rare volte che ne pronunziava, facevano testo. (cap. XV, p. 419)
  • Cosenz era il tecnico delle battaglie e lo rimase, con pieno merito, anche nell'esercito regolare. Questo meridionale flemmatico, silenzioso e un po' irsuto, considerava la guerra una scienza esatta, e i suoi legionari dicevano ridendo che avrebbe preferito una sconfitta ragionata a una vittoria casuale. Come un uomo simile fosse nato in una provincia borbonica e poi si fosse imbrancato con un improvvisatore come Garibaldi, Dio solo lo sa. (cap. XV, p. 419)
  • Il più completo [tra i luogotenenti di Garibaldi] era Medici, ch'era l'unico che desse del tu al generale e ne godesse la più assoluta fiducia. Comandava la più bella divisione, quella dei volontari lombardi, il suo coraggio non era inferiore a quello di Bixio, ma imbrigliato dalla volontà e completato da qualcosa che a Bixio mancava: l'autorità. Ne esercitava anche su Garibaldi. (cap. XV, p. 420)
  • Chi ha detto che l'Italia si è sciupata nel crescere? È sempre stata come noi la conosciamo. (cap. XVII, p. 466)

Bibliografia

  • Indro Montanelli e Marco Nozza, Garibaldi, Rizzoli, Milano, 1966 (1962).

Voci correlate