Beppe Fenoglio: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
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*Scesero la collina, molti piangendo e molti bestemmiando, scuotendo la testa guardavano la città che laggiù tremava come una creatura. (''I ventitré giorni della città di Alba'')
*Essere una ragazza è la cosa più cretina di questo mondo.
*Essere una ragazza è la cosa più cretina di questo mondo.
*Se si sfrega a lungo e fortemente le dita di una mano sul dorso dell'altra e poi si annusa la pelle, l'odore che si sente, quello è l'odore della [[morte]]. Carlo lo aveva imparato fin da piccolo, forse dai discorsi di sua madre con le altre donne del cortile, o più probabilmente in quelle adunate di ragazzini nelle notti estive, nel tempo che sta tra l'ultimo gioco e il primo lavoro.
*Se si sfrega a lungo e fortemente le dita di una mano sul dorso dell'altra e poi si annusa la pelle, l'odore che si sente, quello è l'odore della [[morte]]. Carlo lo aveva imparato fin da piccolo, forse dai discorsi di sua madre con le altre donne del cortile, o più probabilmente in quelle adunate di ragazzini nelle notti estive, nel tempo che sta tra l'ultimo gioco e il primo lavoro.

Versione delle 21:52, 2 ago 2015

Beppe Fenoglio

Giuseppe Fenoglio detto Beppe (1922 – 1963), scrittore italiano.

Citazioni di Beppe Fenoglio

  • Indugiarono un po' a considerare le orme che i partiti avevano lasciato e poi mossero gli occhi intorno e in alto. C'era da restare accecati a voler fissare là dove il cielo d'un azzurro di maggio si saldava alla cresta delle colline, di tutto nude fuorché di neve cristallizzata. Una irresistibile attrazione veniva, col barbaglio, da quella linea: sembrava essere la frontiera del mondo, da lassù potersi fare un tuffo senza fine. (da Un giorno di fuoco, Einaudi)
  • – Non ti senti bene? diceva Leo con la sua querula pazienza. – Ti sto chiedendo se giocavi a tennis nella vita.
    – No no. – rispose a precipizio. – Troppo caro. Sentivo che quello era il mio gioco, ma troppo caro. Il solo prezzo della racchetta mi faceva rimordere la coscienza. Così mi diedi alla pallacanestro.
    – Magnifico sport – disse Leo. – Tutto anglosassone. Milton, non ti è mai passato per la testa, allora, che chi praticava la pallacanestro non poteva esser fascista?
    – Già. Ora che mi ci fai pensare.
    – E tu, eri un buon cestista?.
    – Ero... discreto. (da Una questione privata, pp. 24-25)
  • Ricordatevi, o giovani, che le donne sono bestie. Non le potete acchiappare perché non hanno la coda, ma se le picchiate in testa sentono. (da La malora, Einaudi)
  • Tu non devi sapere niente, solo che io ti amo. Io invece debbo sapere, solo se io ho la tua anima. Ti sto pensando, anche ora, anche in queste condizioni sto pensando a te. Lo sai che se cesso di pensarti, tu muori, istantaneamente? Ma non temere, io non cesserò mai di pensarti. (da Una questione privata)

I ventitré giorni della città di Alba

Incipit

Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell'anno 1944.
Ai primi d'ottobre, il presidio repubblicano, sentendosi mancare il fiato per la stretta che gli davano i partigiani dalle colline (non dormivano da settimane, tutte le notti quelli scendevano a far bordello con le armi, erano esauriti gli stessi borghesi che pure non lasciavano più il letto), il presidio fece dire dai preti ai partigiani che sgomberava, solo che i partigiani gli garantissero l'incolumità dell'esodo. I partigiani garantirono e la mattina del 10 ottobre il presidio sgomberò.

Citazioni

  • Scesero la collina, molti piangendo e molti bestemmiando, scuotendo la testa guardavano la città che laggiù tremava come una creatura. (I ventitré giorni della città di Alba)
  • Essere una ragazza è la cosa più cretina di questo mondo.
  • Se si sfrega a lungo e fortemente le dita di una mano sul dorso dell'altra e poi si annusa la pelle, l'odore che si sente, quello è l'odore della morte. Carlo lo aveva imparato fin da piccolo, forse dai discorsi di sua madre con le altre donne del cortile, o più probabilmente in quelle adunate di ragazzini nelle notti estive, nel tempo che sta tra l'ultimo gioco e il primo lavoro.
  • Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano.
  • Sentì il rumore della fine del mondo e tutti i capelli gli si rizzarono in testa. Qualcosa al suo fianco si torse e andò giù morbidamente. Lui era in piedi, e la sua schiena era certamente intatta, l'orina gli irrorava le cosce, calda tanto da farlo quasi uscir di sentimento. Ma non svenne e sospirò: – Avanti!

Il partigiano Johnny

Incipit

Johnny stava osservando la sua città dalla finestra della villetta collinare che la sua famiglia s'era precipitata ad affittargli per imboscarlo dopo il suo imprevisto, insperato rientro dalla lontana, tragica Roma fra le settemplici maglie tedesche. Lo spettacolo dell'8 settembre locale, la resa di una caserma con dentro un intero reggimento davanti a due autoblindo tedesche not entirely manned, la deportazione in Germania in vagoni piombati avevano tutti convinto, familiari ed hangers-on, che Johnny non sarebbe mai tornato; nella più felice delle ipotesi stava viaggiando per la Germania in uno di quei medesimi vagoni piombati, partito da una qualsiasi stazione dell'Italia centrale.

Citazioni

  • Si sentì investito – nor death itself would have been divestiture – in nome dell'autentico popolo d'Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente piú inebriante la coscienza dell'uso legittimo che ne avrebbe fatto". (da Il partigiano Johnny, Torino 1968, p. 40; citato in Ginsborg 1989, p. 14)
  • E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno. Scattò il capo e acuì lo sguardo come a vedere più lontano e più profondo, la brama della città e la repugnanza delle colline l'afferrarono insieme e insieme lo squassarono, ma era come radicato per i piedi alle colline. – I'll go on to the end. I'll never give up. (p. 392)

Explicit

Pierre bestemmiò per la prima ed ultima volta in vita sua. Si alzò intero e diede il segno della ritirata. Altri camion apparivano in serie dalla curva, ancora qualche colpo sperso di mortaio, i partigiani evacuavano la montagnola lenti e come intontiti, sordi agli urli di Pierre. Dalle case non sparavano più, tanto erano contenti e soddisfatti della liberazione. Johnny si alzò col fucile di Tarzan ed il semiautomatico... Due mesi dopo la guerra era finita.

Il libro di Johnny

Incipit

Dall'alto della torre medievale la sirena ululò nella notte di giugno. Subito la madre lo chiamò con la sua voce imperterrita: – Johnny? l'unpa –. Johnny rotolò da un ciglio all'altro del letto, sospirando vestì una parte dei suoi leggeri indumenti estivi. Poi passò nella camera dei genitori, torrida. Suo padre giaceva in un sonno inviolabile, con un fendente di luce lunare attraverso il viso. – Posso frugare nelle tasche di papà per una sigaretta? – bisbigliò, rivolto all'angolo di buio assoluto in cui era coricata sua madre. Non poteva affrontare senza tabacco ore e ore di vagabondo servizio unpa. Trovò nelle tasche del padre una sigaretta, deformata della pressione di un mazzo di chiavi.

Citazioni

  • Johnny remava malissimo, la palata sinistra incorreggibilmente più superficiale e debole della destra, col risultato che l'imbarcazione avanzava tarda e obliqua. Elda però non ci faceva caso, persa a contemplare la sponda, il parco, i viali. Disse: – Ecco Torino: il punto di partenza di noi tutti per ciò che chiamiamo vita. Per che cosa parti da Torino, tu Johnny? Ti rendi conto che sei fatto in un certo modo per cui dovrò giudicarti fallimento ogni cosa in cui riuscirai? Anche se a trent'anni sarai ordinario di cattedra di Lingua e letteratura inglese? Dovrò considerarti sempre e comunque un fallito, perché sei fatto a quel certo modo. – Dunque – aveva risposto Johnny, – dovrei morire molto giovane. – Perché sei fatto a quel certo modo, – ripeté. Allora egli fermò i remi. – E se diventassi uno scrittore? – Elda giunse le mani, poi per l'entusiasmo tanto si scosse che la barca si sbilanciò, cozzò nei macigni emergenti attorno a un pilone di Ponte Isabella, a un niente dal naufragio. (p. 21)
  • Sull'acqua correvano brividi di felicità, il cielo era d'un turchino granuloso, fregiato di un'unica nube, affusolata e forte come l'ala di un arcangelo, i milioni di pietre del greto antistante l'isola cona barbagliavano come un selciato di diamanti. (p. 28)
  • «A Palazzo Venezia non so, Lui non c'era, questo si sapeva. Il Re? Booh, il Re. Chi sa mai niente del Re? Il Papa invece, il Papa è sceso in mezzo al popolo, io l'ho visto di persona, Petrangeli confermalo tu, è sbarcato da una grande macchina nera, da capo a piedi vestito di bianco, le sue interminabili braccia aperte in croce. Tutti si sono inginocchiati, lo chiamavano Padre e Pastore, guardasse le rovine, gli hanno invocato pace, pace, la pace. Io e Petrangeli stavamo in divisa, ma ci siamo inginocchiati pure noi, anche una ronda coi mitra ho visto inginocchiarsi al Papa, una ronda della paoi. Che dimostrazione hanno fatta al Papa!» (p. 134)
  • Disse D'Addio: – Che razza d'eunuchi. Che dovrebbero dire e fare i napoletani che si beccano bombardamenti dalla prima notte di guerra? Lascio giudicare a voi.
    – Appunto. Che dovrebbero dire Genova e Torino? Ma che si credono questi romani?
    – Questa è bella. Le altre città vengono bombardate per quello che hanno, la fiat o il porto. Roma no, non dev'essere bombardata proprio per quello che ha: le pietracce sue.
    – E questo Papa? Ti risulta che nelle altre città abbiano mai invocato il Papa? Che c'entra il Papa? Ma qui il Papa è come Papà, Papalino. Papalino, tu che lo puoi, fai cessare la guerra, mandaci la pace. Qui Re e Duce sono scartine, l'asso è il Papa. Il Papa come Papà.
    – Papalino, vedi che ce buttano 'e bombe in testa.
    – Bagascioni di romani.
    – Romani cacaioli.
    – Che schifo, i discendenti di Giulio Cesare.
    – Discendenti di chi?
    – Abbasso il Duce!
    – A morte!
    – È ora di finirla! – intimò il ridestato Dian. senza precisare se con la guerra o il regime o il bordello. (pp. 134-135)

Incipit di alcune opere

La malora

Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sotto terra.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Primavera di bellezza

Insensibile al freddo mordace, Johnny fissava vacuamente lo scarico della latrina. Si riscosse all'arrivo di un compagno, ciabattante, malsano, terrone. Lo scansò a testa bassa e filò via rasentò il muro sgocciolante, orientandosi sull'alone funereo della lampada della sua camerata. Rivide il distretto, quel lercio maresciallo nel primo ufficio, che portava l'uniforme come una camicia da notte, i cassetti della scrivania pieni di omaggi e pedaggi in viveri e tabacco. Quindi il colonnello comandante, nella sala visite: in perfetta divisa, calzava sotto i gambali fruste pianelle di marocchino. Batté il piede per richiamare l'attenzione dello scritturale e decretò: «...esimo fanteria. Battaglione d'istruzione. Moana.»

Bibliografia

  • Beppe Fenoglio, I ventitré giorni della città di Alba, Einaudi.
  • Beppe Fenoglio, Il libro di Johnny, Einaudi, Torino, 2015. ISBN 978-88-06-22543-8
  • Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Einaudi, Torino 1978
  • Beppe Fenoglio, Primavera di bellezza, Garzanti, 1959.
  • Beppe Fenoglio, Una questione privata, Einaudi, Torino, 2006. ISBN 9788806180751
  • Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, traduzione di Marcello Flores e Sandro Perini, Einaudi, 1989. ISBN 8806160548

Altri progetti

Opere