Giuseppe Ferrari: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Giuseppe Ferrari==
==Citazioni di Giuseppe Ferrari==
*Per riassumermi, mi limiterò a trasmettervi l'impressione che reco da [[Napoli]], da me prima non vagheggiata se non ne' sogni o ammirata se non ne' libri suoi. Ho visto una città colossale, ricca, potente: innumerevoli sono i suoi palazzi, costrutti con titanica negligenza sulle colline, sulle alture, nei vichi, nelle piazze, quasi che indifferente fosse la scelta del luogo in una terra da per tutto incantevole. Ho visto strade meglio selciate che a [[Parigi]], monumenti più splendidi che nelle prime capitali d'[[Europa]], abitanti fratellevoli, intelligenti, rapidi nel concepire, nel rispondere, nel sociare, nel agire. Napoli è la più grande capitale italiana, e quando domina i fuochi del Vesuvio e le ruine di [[Pompei]] sembra l'eterna regina della natura e delle nazioni.<ref>Dalla tornata dell'8 ottobre 1860 della Camera dei Deputati; consultabile nel [http://storia.camera.it/regno/lavori/leg07/sed063.pdf resoconto stenografico], p. 936</ref>
*Io, lo confesso, aveva vagheggiato un'altra [[Italia]], nella quale il diritto di grazia cedesse il posto ad un nuovo diritto, per cui le nostre insurrezioni avessero un altro senso, e potessero raggiungere la meta in modo più diretto e più immediato. Io sperava che il voto universale potesse esprimere il voto della nazione redenta dal giogo dell'autorità; io sperava che le nostre discussioni, sciolte dai vincoli d'una religione dominante, potessero svolgersi chiedendo le conseguenze dei principii proclamati nel 1789, e che le attuali nostre agitazioni, ancora incerte e ondeggianti tra il mondo antico e il moderno, fossero i preludi d'una èra novella reclamata dalla scienza e non più soggetta né al rogo di [[Giordano Bruno|Bruno]], né ai tormenti di [[Galileo Galilei|Galileo]].<ref>In ''Atti del Parlmanento italiano (1861)'', Atti del parlamento italiano (1861)/8.</ref>
*Io, lo confesso, aveva vagheggiato un'altra [[Italia]], nella quale il diritto di grazia cedesse il posto ad un nuovo diritto, per cui le nostre insurrezioni avessero un altro senso, e potessero raggiungere la meta in modo più diretto e più immediato. Io sperava che il voto universale potesse esprimere il voto della nazione redenta dal giogo dell'autorità; io sperava che le nostre discussioni, sciolte dai vincoli d'una religione dominante, potessero svolgersi chiedendo le conseguenze dei principii proclamati nel 1789, e che le attuali nostre agitazioni, ancora incerte e ondeggianti tra il mondo antico e il moderno, fossero i preludi d'una èra novella reclamata dalla scienza e non più soggetta né al rogo di [[Giordano Bruno|Bruno]], né ai tormenti di [[Galileo Galilei|Galileo]].<ref>In ''Atti del Parlmanento italiano (1861)'', Atti del parlamento italiano (1861)/8.</ref>
*I reazionarii delle due Sicilie si battono sotto un vessillo Nazionale, voi potete chiamarli Briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul Trono di Napoli, ed ogni qual volta la Dinastia legittima è stata colla violenza cacciata, il Napoletano ha dato tanti briganti, da stancare l'usurpatore e farlo convincere che, nel Regno delle Due Sicilie, l'unico Sovrano che possa governare, dev'essere della Dinastia BORBONICA, perché in questa Famiglia Reale soltanto si ha fede, e non in altri. Dicano quel che vogliano i nemici dei Borboni, ma la mia convinzione è questa, ed è basata sull'esperienza del passato e sui fatti che attualmente si compiono.<ref>Citato in Teodoro Salzillo, ''[http://books.google.it/books?id=dd0YAAAAYAAJ&dq=potete+chiamarli+briganti&source=gbs_navlinks_s Roma e le menzogne parlamentari]'', Malta, 1863, p. 34.</ref>
*I reazionarii delle due Sicilie si battono sotto un vessillo Nazionale, voi potete chiamarli Briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul Trono di Napoli, ed ogni qual volta la Dinastia legittima è stata colla violenza cacciata, il Napoletano ha dato tanti briganti, da stancare l'usurpatore e farlo convincere che, nel Regno delle Due Sicilie, l'unico Sovrano che possa governare, dev'essere della Dinastia BORBONICA, perché in questa Famiglia Reale soltanto si ha fede, e non in altri. Dicano quel che vogliano i nemici dei Borboni, ma la mia convinzione è questa, ed è basata sull'esperienza del passato e sui fatti che attualmente si compiono.<ref>Citato in Teodoro Salzillo, ''[http://books.google.it/books?id=dd0YAAAAYAAJ&dq=potete+chiamarli+briganti&source=gbs_navlinks_s Roma e le menzogne parlamentari]'', Malta, 1863, p. 34.</ref>

Versione delle 14:28, 11 ago 2015

Giuseppe Ferrari

Giuseppe Ferrari (1811 – 1876), filosofo e politico italiano.

Citazioni di Giuseppe Ferrari

  • Per riassumermi, mi limiterò a trasmettervi l'impressione che reco da Napoli, da me prima non vagheggiata se non ne' sogni o ammirata se non ne' libri suoi. Ho visto una città colossale, ricca, potente: innumerevoli sono i suoi palazzi, costrutti con titanica negligenza sulle colline, sulle alture, nei vichi, nelle piazze, quasi che indifferente fosse la scelta del luogo in una terra da per tutto incantevole. Ho visto strade meglio selciate che a Parigi, monumenti più splendidi che nelle prime capitali d'Europa, abitanti fratellevoli, intelligenti, rapidi nel concepire, nel rispondere, nel sociare, nel agire. Napoli è la più grande capitale italiana, e quando domina i fuochi del Vesuvio e le ruine di Pompei sembra l'eterna regina della natura e delle nazioni.[1]
  • Io, lo confesso, aveva vagheggiato un'altra Italia, nella quale il diritto di grazia cedesse il posto ad un nuovo diritto, per cui le nostre insurrezioni avessero un altro senso, e potessero raggiungere la meta in modo più diretto e più immediato. Io sperava che il voto universale potesse esprimere il voto della nazione redenta dal giogo dell'autorità; io sperava che le nostre discussioni, sciolte dai vincoli d'una religione dominante, potessero svolgersi chiedendo le conseguenze dei principii proclamati nel 1789, e che le attuali nostre agitazioni, ancora incerte e ondeggianti tra il mondo antico e il moderno, fossero i preludi d'una èra novella reclamata dalla scienza e non più soggetta né al rogo di Bruno, né ai tormenti di Galileo.[2]
  • I reazionarii delle due Sicilie si battono sotto un vessillo Nazionale, voi potete chiamarli Briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul Trono di Napoli, ed ogni qual volta la Dinastia legittima è stata colla violenza cacciata, il Napoletano ha dato tanti briganti, da stancare l'usurpatore e farlo convincere che, nel Regno delle Due Sicilie, l'unico Sovrano che possa governare, dev'essere della Dinastia BORBONICA, perché in questa Famiglia Reale soltanto si ha fede, e non in altri. Dicano quel che vogliano i nemici dei Borboni, ma la mia convinzione è questa, ed è basata sull'esperienza del passato e sui fatti che attualmente si compiono.[3]
  • Non potete negare che intere famiglie vengono arrestate senza il minimo pretesto; che vi sono, in quelle province, degli uomini assolti dai giudici e che sono ancora in carcere. Si è introdotta una nuova legge in base alla quale ogni uomo preso con le armi in pugno viene fucilato. Questa si chiama guerra barbarica, guerra senza quartiere. Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue, non so più come esprimermi.[4]

Incipit di alcune opere

Storia delle Rivoluzioni d'Italia

Dov'è adunque l'Italia? In che consiste? Qual legame unisce le repubbliche, i signori, i papi, gli imperatori, le invasioni? Qual rapporto tra gli uomini e le moltitudini, tra le sette e le guerre, tra le guerre e le rivoluzioni? L'erudizione non giova ad illuminarci: lungi dal guidarci essa attesta il caos, conta le invasioni, le guerre, le rivoluzioni, le catastrofi, i personaggi dualizzati, gli eroi contraddittori. i fenomeni strani, i problemi da sciogliersi.

Filosofia della Rivoluzione

Lo stesso procedimento che ci promette la certezza ci conduce al dubbio.
Noi c'inganniamo ad ogni istante: l'errore è sempre immanente al nostro pensiero; siam condannati a diffidare delle nostre idee, dei nostri sensi, della nostra mente siamo costretti a verificare ogni nostro giudizio. Si verificano i nostri giudizi sottomettendoli all'impero della logica. La logica ci promette la certezza con le tre forme dell'identità, dell'equazione e del sillogismo. L'identità ci assicura che una cosa è quella che è; dubitare dell'identità è negare ciò che si afferma, è un affermare ciò che si nega, è rendere impossibile perfino il discorso. L'equazione spiega una cosa per mezzo di un'altra che le è uguale: anche qui se X è uguale a B, X è conosciuta e non è se non che B sotto un'altra forma: contestarlo sarebbe contestare B che viene affermato.

La mente di Pietro Giannone

Signori.

La dignità dei popoli è varia e comprovata dai titoli diversi coi quali conquistano il loro posto nel campo della storia. Gli uni si fondano sulle armi e vivono combattendo, gli altri propugnano la libertà e vincono i regni colle republiche. Hannovi terre, come l'India e l'Arabia, fertili di profeti e di redentori, altre terre nutrono nazioni positive dedite all'industria ed al commercio, e se volessimo figurarci tutti gli stati riuniti in una grande assemblea del genere umano noi vedremmo le forze della loro sovranità tratte dalle fonti più opposte in quel modo stesso che a Vestfaglia nel 1649 o a Vienna nel 1815 ogni stato sanzionava il suo diritto a nome della chiesa o della riforma, della rivoluzione o della reazione.

Citazioni su Giuseppe Ferrari

  • Ferrari, incompreso e incomprensibile alla Camera, raro e interrotto sulla cattedra, non pensa ch'egli solo o per primo almeno potrebbe fondare «la scuola critica italiana» che non ha da noi né sistema, né maestri, né cultori, né cattedre, né giornali, il che torna a dire che il pensiero soccombe o tiraneggia senza esame, senza discussione, senza tace. (Giuseppe Guerzoni)
  • I due santoni del federalismo, Cattaneo e Ferrari. (Indro Montanelli e Marco Nozza)

Note

  1. Dalla tornata dell'8 ottobre 1860 della Camera dei Deputati; consultabile nel resoconto stenografico, p. 936
  2. In Atti del Parlmanento italiano (1861), Atti del parlamento italiano (1861)/8.
  3. Citato in Teodoro Salzillo, Roma e le menzogne parlamentari, Malta, 1863, p. 34.
  4. Citato in Patrick Keyes O'Clery, La rivoluzione italiana. Come fu fatta l'Unità della nazione, Ares, Milano, 2000. p. 528. ISBN 88-8155-194-2

Bibliografia

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