Porfirio: differenze tra le versioni

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*Il [[sacrificio animale]] è posteriore ed è anche il più recente. Esso però non trae origine dalla gratitudine, come quello compiuto con le offerte vegetali, bensì da una circostanza sfavorevole provocata dalla fame o da qualche altra disgrazia. Per esempio, le uccisioni di animali perpetrate ad Atene affondano le radici nell'ignoranza, nella collera o nel timore. (II; 2015, p. 336)
*Il [[sacrificio animale]] è posteriore ed è anche il più recente. Esso però non trae origine dalla gratitudine, come quello compiuto con le offerte vegetali, bensì da una circostanza sfavorevole provocata dalla fame o da qualche altra disgrazia. Per esempio, le uccisioni di animali perpetrate ad Atene affondano le radici nell'ignoranza, nella collera o nel timore. (II; 2015, p. 336)
*E se per caso qualcuno sostenesse che oltre ai frutti della terra la divinità ci ha messo a disposizione anche gli animali perché ne facessimo uso, io gli risponderei che quando si sacrificano animali noi facciamo loro un torto, poiché li derubiamo dell'anima e che pertanto non bisogna sacrificarli! [...] Come ci può essere santità quando chi viene derubato di qualcosa che gli appartiene non è che la vittima di un atto di ingiustizia? (II; 2015, p. 338)
*E se per caso qualcuno sostenesse che oltre ai frutti della terra la divinità ci ha messo a disposizione anche gli animali perché ne facessimo uso, io gli risponderei che quando si sacrificano animali noi facciamo loro un torto, poiché li derubiamo dell'anima e che pertanto non bisogna sacrificarli! [...] Come ci può essere santità quando chi viene derubato di qualcosa che gli appartiene non è che la vittima di un atto di ingiustizia? (II; 2015, p. 338)
*Poiché dunque – io credo – l'amore e la percezione della parentela universale pervadevano tutta quanta la realtà, nessuno uccideva, in quanto l'uomo considerava familiari tutte le creature viventi. Ma da quando al potere giunsero Ares e Tumulto ed ebbero origine tutti i conflitti e le guerre, nessuno risparmiò più il suo prossimo. Bisogna però esaminare anche la questione seguente. Noi avvertiamo un senso di parentela verso tutti gli uomini, ma riteniamo comunque necessario eliminare e punire tutti i malfattori e chiunque sia spinto da un impulso di naturale malvagità a nuocere a qualcun altro. Probabilmente è giusto agire alla stessa maniera con gli animali privi di ragione, tra cui occorre sopprimere quelli che per natura sono aggressivi o nocivi o inclini a fare del male a chi si avvicina a loro. Quanto invece a tutti gli altri esseri viventi che non commettono alcuna ingiustizia né tendono per natura a fare il male, non c'è alcun dubbio: trucidarli e farne strage è un atto d'ingiustizia non meno grave che sopprimere uomini altrettanto innocenti. È solo un'apparenza che tra noi e gli altri animali non sussiste alcun diritto comune [...]. (II; 2015, p. 343)
*E infatti non bisogna lordare di sangue gli altari degli dèi e gli uomini non dovrebbero neppure sfiorare tale alimento, come del resto non toccano il corpo dei loro simili. (II; 2015, p. 347)
*[...] gli [[animale|animali]] sembrano possedere una sensibilità ben superiore alla nostra. (III; 1994, pp. 373-374)
*[...] gli [[animale|animali]] sembrano possedere una sensibilità ben superiore alla nostra. (III; 1994, pp. 373-374)
*Dopo il [[parto]] ogni animale netta il suo piccolo come se stesso. L'osservazione dimostra che gli animali sono sempre in ordine e si presentano a colui che li nutre con manifestazioni di gioia, sapendo riconoscere il proprio padrone e denunciare l'uomo malevolo. E chi non sa quale rispetto della giustizia verso gli altri si ritrovi fra gli animali che vivono in società, tra le formiche, le api e i loro simili? (III; 1994, p. 376)
*Dopo il [[parto]] ogni animale netta il suo piccolo come se stesso. L'osservazione dimostra che gli animali sono sempre in ordine e si presentano a colui che li nutre con manifestazioni di gioia, sapendo riconoscere il proprio padrone e denunciare l'uomo malevolo. E chi non sa quale rispetto della giustizia verso gli altri si ritrovi fra gli animali che vivono in società, tra le formiche, le api e i loro simili? (III; 1994, p. 376)

Versione delle 16:14, 11 mar 2016

Porfirio

Porfirio (233/234 – 305), filosofo e teologo greco antico.

Citazioni di Porfirio

  • [Di Pitagora] erano universalmente noti alcuni suoi detti; anzitutto, che l'anima è immortale; poi, che essa trasmigra in altre specie di esseri viventi; e inoltre che, secondo determinati periodi di tempo, ciò che una volta è esistito ritorna, che nulla è nuovo in senso assoluto, e che tutti gli esseri animati devono esser considerati della stessa natura.[1]
  • Quattro principi fondamentali devono soprattutto valere per quanto riguarda Dio: fede, verità, amore, speranza. Bisogna infatti credere, perché l'unica salvezza è la conversione verso Dio: chi ha creduto deve quanto più è possibile impegnarsi a conoscere la verità su di lui; chi l'ha conosciuto amare colui che è stato conosciuto; chi l'ha amato, nutrire di buone speranze l'anima tutta la vita.[2]
  • [Pitagora] tanto aborriva da uccisioni e uccisori, che non solo si asteneva dal mangiare esseri viventi, ma neppure si accostava a macellai e cacciatori.[3]

De abstinentia

Incipit

Quando ho saputo dai miei ospiti che tu, caro Firmo, mentre condannavi la dieta vegetariana, sei tornato a mangiare carne, all'inizio non potevo crederci. La mia mente si concentrava infatti sulla tua sobrietà e sul rispetto che abbiamo maturato verso gli uomini del passato, che proprio nell'additarci questo stile di vita hanno mostrato di temere gli dèi. Poi però successive rivelazioni da parte di altri mi hanno confermato la notizia. Biasimarti per non esserti comportato secondo il proverbio, «fuggendo il male e cercando il meglio» oppure perché, come dice Empedocle, «dolendoti della tua vita passata non ti sei convertito a una migliore», mi sembrava un modo di fare rozzo, o comunque estraneo alla persuasione che si può ottenere con il ragionamento. Al contrario, ho ritenuto degno dell'amicizia che ci lega e di uomini che hanno predisposto la loro esistenza al rispetto della verità fare emergere la prova dei tuoi errori dal ragionamento e mostrarti così da quale altezza a quale abisso sei precipitato.

[Porfirio, De abstinentia, traduzione di Roberto Pomelli, in Aristotele, frammenti stoici, Plutarco, Porfirio, L'anima degli animali, a cura di Pietro Li Causi e Roberto Pomelli, Einaudi, Torino, 2015. ISBN 978-88-06-21101-1]

Citazioni

  • [...] il regime vegetariano contribuisce alla salute e nello stesso tempo ad acquisire una resistenza commisurata agli sforzi che l'esercizio della filosofia richiede. (I; 2015, p. 301)
  • Noi ci rivolgiamo a chi sospetta, una volta per tutte, che la nostra permanenza in terra e la dimora in cui trascorriamo l'esistenza non sono che un incantesimo; a chi ha riconosciuto che è proprio della sua natura restare insonne e ha scoperto il potere soporifero della regione in cui viviamo: a costui noi intendiamo raccomandare un'alimentazione coerente con la sua diffidenza verso la dimora terrena e con la sua conoscenza di sé. (I; 2015, pp. 313-314)
  • Un'alimentazione priva di carne, essenziale e facile da procacciarsi per chiunque, [...] procura un senso di pace alla ragione che predispone i mezzi per la nostra salvezza. Come dice Diogene, infatti, dai mangiatori di farina non provengono né ladri né nemici mentre è dai mangiatori di carne che nascono spie e tiranni. (I; 2015, p. 324)
  • Il piacere che si prova grazie all'opulenza neppure si avvicina a quello che l'autosufficienza produce in chi ha sperimentato questa condizione. Assai piacevole è infatti rendersi conto di quante poche cose ciascuno ha effettivo bisogno. (I; 2015, p. 328)
  • Il precetto di non cibarsi di esseri animati [...] riguarda [...] in particolare coloro che fanno dipendere la loro felicità da Dio e dall'imitazione di Lui. (II; 2015, p. 332)
  • Il sacrificio animale è posteriore ed è anche il più recente. Esso però non trae origine dalla gratitudine, come quello compiuto con le offerte vegetali, bensì da una circostanza sfavorevole provocata dalla fame o da qualche altra disgrazia. Per esempio, le uccisioni di animali perpetrate ad Atene affondano le radici nell'ignoranza, nella collera o nel timore. (II; 2015, p. 336)
  • E se per caso qualcuno sostenesse che oltre ai frutti della terra la divinità ci ha messo a disposizione anche gli animali perché ne facessimo uso, io gli risponderei che quando si sacrificano animali noi facciamo loro un torto, poiché li derubiamo dell'anima e che pertanto non bisogna sacrificarli! [...] Come ci può essere santità quando chi viene derubato di qualcosa che gli appartiene non è che la vittima di un atto di ingiustizia? (II; 2015, p. 338)
  • Poiché dunque – io credo – l'amore e la percezione della parentela universale pervadevano tutta quanta la realtà, nessuno uccideva, in quanto l'uomo considerava familiari tutte le creature viventi. Ma da quando al potere giunsero Ares e Tumulto ed ebbero origine tutti i conflitti e le guerre, nessuno risparmiò più il suo prossimo. Bisogna però esaminare anche la questione seguente. Noi avvertiamo un senso di parentela verso tutti gli uomini, ma riteniamo comunque necessario eliminare e punire tutti i malfattori e chiunque sia spinto da un impulso di naturale malvagità a nuocere a qualcun altro. Probabilmente è giusto agire alla stessa maniera con gli animali privi di ragione, tra cui occorre sopprimere quelli che per natura sono aggressivi o nocivi o inclini a fare del male a chi si avvicina a loro. Quanto invece a tutti gli altri esseri viventi che non commettono alcuna ingiustizia né tendono per natura a fare il male, non c'è alcun dubbio: trucidarli e farne strage è un atto d'ingiustizia non meno grave che sopprimere uomini altrettanto innocenti. È solo un'apparenza che tra noi e gli altri animali non sussiste alcun diritto comune [...]. (II; 2015, p. 343)
  • E infatti non bisogna lordare di sangue gli altari degli dèi e gli uomini non dovrebbero neppure sfiorare tale alimento, come del resto non toccano il corpo dei loro simili. (II; 2015, p. 347)
  • [...] gli animali sembrano possedere una sensibilità ben superiore alla nostra. (III; 1994, pp. 373-374)
  • Dopo il parto ogni animale netta il suo piccolo come se stesso. L'osservazione dimostra che gli animali sono sempre in ordine e si presentano a colui che li nutre con manifestazioni di gioia, sapendo riconoscere il proprio padrone e denunciare l'uomo malevolo. E chi non sa quale rispetto della giustizia verso gli altri si ritrovi fra gli animali che vivono in società, tra le formiche, le api e i loro simili? (III; 1994, p. 376)
  • E la natura che li ha creati [gli animali] li ha resi bisognosi degli uomini, e gli uomini bisognosi degli animali, inscrivendo nella loro natura il dovere di giustizia verso gli uomini, e negli uomini il dovere di giustizia verso di loro. E se ve ne sono che attaccano l'uomo, di questo non c'è da stupirsi; perché è vero, come dice Aristotele, che se il cibo fosse offerto agli animali a profusione, essi non sarebbero feroci né tra loro né verso di noi, i loro odi e le loro amicizie derivano solo dalla necessità di assicurarsi il nutrimento, ancorché limitato allo stretto necessario, e lo spazio vitale. (III; 1994, p. 377)
  • Ma un solo vizio è loro [agli animali] sconosciuto, la malevolenza per colui che si manifesta loro amico: essi rispondono sempre con una amicizia assoluta. E tanto grande è la loro fiducia nell'uomo benevolente, che lo seguono dovunque li conduca, fosse anche al sacrificio o a un pericolo manifesto; e benché non li si nutra per loro ma per sé, essi provano amicizia per il padrone. (III; 1994, p. 377)
  • Del resto l'astinenza dalla carne degli animali non ci impedisce di vivere né di vivere bene. (III; 1994, p. 378)
  • [...] condurre animali al macello, e, inebriato di massacro, farli cuocere, non per nutrirsene e saziarsene, ma allo scopo di trovarvi piacere e di soddisfare la propria ghiottoneria, non c'è nome per designare questo misfatto, questo crimine. (III; 1994, p. 379)
  • A tutte le scuse di coloro che ammettono di fatto che si mangi carne per piacere ed intemperanza, e adducono invece sfacciatamente come pretesto di fare ciò per una necessità che attribuiscono, più di quanto convenga, alla nostra natura, mi sembra, Castrico, di essermi opposto a sufficienza con i libri precedenti. (III; 1994, p. 379)
  • [Gli egizi] seppero bene che dio era passato non solo attraverso l'uomo e che l'anima non aveva posto il suo tabernacolo solamente nell'uomo, ma che essa era penetrata quasi in tutti gli animali. Perciò, nel costruire immagini degli dèi, presero assieme all'uomo ogni tipo di animale e mescolarono in qualche modo il corpo dell'uomo con quello di animali o di uccelli. [...] Indicano chiaramente con queste raffigurazioni che gli animali sono uniti fra di loro per volere divino, e che, sia domestici che selvatici, ci sono affini non senza un volere divino. (IV; 1994, p. 387)
  • [Gli egizi] avevano osservato che l'anima di ciascun animale, non appena sciolta dal corpo, era razionale, conoscitrice del futuro, capace di vaticinare e di fare tutto ciò che anche l'uomo, libero dal corpo, poteva fare. Perciò, giustamente, li onoravano e si astenevano dal cibarsi di essi per quanto potevano. (IV; 1994, p. 388)

Citazioni su Porfirio

  • Negli scritti di filosofi «pagani» come Plutarco e Porfirio troviamo un'etica umanitaria particolarmente elevata che, dopo avere subìto una lunga repressione ecclesiastica durante il Medioevo, è ricomparsa, seppure inizialmente in forma attenuata e irregolare, nella letteratura del Rinascimento, per riapparire in modo più definito nel XVIII secolo con la scuola denominata della «sensibilità». (Henry Stephens Salt)

Note

  1. Citato in Cardini 1958, p. 45.
  2. Da Lettera a Marcella, 24.
  3. Citato in Cardini 1958, p. 47.

Bibliografia

  • Porfirio, De abstinentia, traduzione di Roberto Pomelli, in Aristotele, frammenti stoici, Plutarco, Porfirio, L'anima degli animali, a cura di Pietro Li Causi e Roberto Pomelli, Einaudi, Torino, 2015. ISBN 978-88-06-21101-1
  • Porfirio, Perì apokhês empsykhon (De abstinentia); citato in Gino Ditadi (a cura di), I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994. ISBN 88-85944-12-4
  • ‎Maria Timpanaro Cardini (a cura di), Pitagorici: testimonianze e frammenti, La Nuova Italia, Firenze, 1958.

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